Raro caso di morte apparente in Polonia

Stava per essere sepolta, ma mentre si trovava all’obitorio si e’ risvegliata e ha chiesto una tazza di te’ caldo. Protagonista della ‘resurrezione’ un’anziana polacca di 91 anni, Janina Kolkiewicz, dichiarata morta dal medico di famiglia a Ostrow Lubelski, nel sud est della Polonia. Secondo quanto riferisce il ‘Telegraph’, ad accorgersi che la donna era ancora viva, dopo 11 ore trascorse nella camera mortuaria, sono stati i sanitari dell’obitorio che hanno visto muoversi il sacco nero contenente il presunto cadavere della donna della donna. "Siamo in stato di shock.
A mezzanotte abbiamo ricevuto una chiamata dalle pompe funebri che ci avvertiva che la zia era viva", ha riferito la nipote che ha aggiunto: "Non sa cosa le sia successo a lei, ma e’ in buona salute. Si lamentava solo di avere freddo".
Ed e’ bastata una bevanda calda a rianimarla del tutto. Il medico che ha rilasciato il certificato di morte non e’ in grado di spiegare il suo errore. "Non so come questo sia stato possibile, se avessi avuto dei dubbi avrei chiamato un’ambulanza e avrei cercato di rianimarla ma non aveva segni vitali: nessun impulso, niente".
Sconvolto anche Henryk Klementewicz, direttore della ditta funebre coinvolta: "In piu’ di 30 anni di lavoro non ci e’ mai successa una cosa simile". Mentre un vicino di casa della signora Kolkiewicz ha dichiarato alla stampa di pensare che si tratti di "un miracolo". Nel frattempo la polizia ha avviato un’indagine per verificare eventuali responsabilita’.

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One thought on “Raro caso di morte apparente in Polonia

  1. L’accertamento di morte, per fortuna, è ben presente nel nostro ordinamento di polizia mortuaria, anzi esso risente pure di una certa stratificazione normativa, dovuta all’intersecarsi, nel tempo, di più istituti quali: a) il periodo d’osservazione. b) la visita necroscopica c) l’autorizzazione alla più tradizionale sepoltura o alla cremazione, quest’ultima, poi, sottoposta ad ulteriori filtri medico-legali e di legittimità.

    Peraltro una “deroga” al generalizzato intervento del medico nescroscopo già è stata introdotta dall’art. 6, comma 2, del Decreto 22 agosto 1994, n. 582 “Regolamento recante le modalità per l’accertamento e la certificazione di morte” adottato ex Legge n.578/1993, in materia di prelievo di organi e tessuti a scopo di trapianto (Legge n.91/1999), senza poi dimenticare il D.M. correttivo ed integrativo 11 aprile 2008.

    L’art. 74 del Regolamento di Stato Civile n. 396/2000 (e prima ancora l’art. 141 del O.S.C. 1238/1939) dispone che l’ufficiale dello stato civile non possa accordare l’autorizzazione all’inumazione/tumulazione se egli non si sia accertato della morte medesima, per mezzo di un medico necroscopo o di altro delegato sanitario.

    Sappiamo anche, però, che la disciplina dello stato civile conserva ancora oggi elementi e retaggi arcaici, quasi ottocenteschi. Nell’Ottocento, infatti, il servizio sanitario e l’assistenza sanitaria di base si configuravano in maniera completamente diversa rispetto alla situazione attuale, molto più garantita.

    La presenza o l’intervento di un medico nella circostanza di un decesso era privilegio riservato a pochi.

    Ne discendeva che chiunque avesse notizia di un decesso (ancora oggi la dichiarazione di morte all’ufficiale dello stato civile può essere fatta “da persona informata del decesso”) doveva correre ad avvisare l’Autorità Amministrativa Locale (l’ufficiale dello stato civile), la quale poi si sarebbe preoccupata di accertare l’effettività di quanto le era stato dichiarato.

    Peraltro, fino ai primi anni del secolo XX, era lo stesso ufficiale di stato civile che constatava personalmente la realtà del decesso.

    La funzione essenziale ed originaria del sanitario necroscopo era ed è, tutt’oggi proprio questa: acclarare l’incontrovertibilità della morte, evitando il rischio, ancorché remoto, che una persona possa essere sepolta viva.

    La disposizione per cui il cadavere debba rimanere in osservazione per 24 ore, riducibili o prolungabili in determinati casi, ha la stessa motivazione di fondo: rilevare eventuali segni di vita, anche se molto flebili, sino all’inequivocabile comparsa dei cosiddetti signa mortis.

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