Pubblichiamo l’articolo “Non c’è nulla che non sia mercato …“, pubblicato il 26 luglio 2008 sul sito www.finansol.it.
Al di là delle facili battute, è perfettamente logico e noto che i servizi funebri siano un’attività mediamente molto redditizia e che “il mercato in questione è per definizione anti-ciclico”, com’è scritto nell’articolo di La Repubblica del 25 Luglio us , relativo all’evoluzione del settore negli U.S.A.
Anche in Italia le acque del settore (che di solito si potrebbero definire “un po’ morte”…) si stanno muovendo, almeno in alcune grandi città: se fate un giro a Torino in quest’ultimo periodo troverete i muri tappezzati di svariate “offerte” di prodotti funerari: da quelli “classici” a quelli low cost per arrivare fino alle offerte di pagamenti in “comode rate” (e spesso si tratta dell’offerta multipla della stessa ditta).
E’ vero che il mercato torinese è segnato da alcune caratteristiche precipue: alcuni anni fa una grande impresa (la Giubileo) aveva lanciato un’inedita campagna promozionale in grande stile che l’ha portata ad avere una posizione quasi dominante sulla piazza torinese, scardinando il tradizionale settore fatto di piccole e piccolissime imprese, spesso a carattere familiare. Ma stiamo parlando della città che ha anche visto, sempre negli ultimi anni, l’esperimento di una cooperativa sociale che propone i “funerali no profit”, facendo leva sia sulla trasparenza e sull’equità dei prezzi sia sull’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Non solo: già dal primo dopoguerra opera a Torino un’altra cooperativa – la Astra – legata storicamente all’area di ciò che era il P.C.I. (Partito Comunista Italiano; coi tempi che corrono, non vorremmo che qualcuno non sappia di che si parla […])
Anche loro sono di recente “riapparsi sui muri” di Torino, con interessanti messaggi promozionali plurilingue destinati ai cittadini stranieri che vivono (e muoiono, come tutti gli altri) in Piemonte.
Infine, Torino è forse la città dove la cremazione ha radici più antiche e consolidate, con la tradizione già ottocentesca della So.Crem, che ha più di 40.000 soci per i quali (non chiedeteci perché) organizza anche il “Concerto di Primavera “Galà dell’Operetta”, oltre logicamente ai servizi funerari.Ma l’aspetto più interessante dell’articolo che segnaliamo è in realtà un altro: negli U.S.A. prende sempre più piede, per svariati motivi, l’abitudine di pagarsi “in anticipo” i funerali, con la conseguente raccolta di ingenti masse di capitali: «gestiscono un tesoretto di 3,5 miliardi ricevuti da clienti in perfetta salute come caparra sui loro funerali. Soldi investiti in Borsa […]».
Anche da noi, a detta di molti operatori finanziari, esiste da tempo, ben prima delle mode della generazione dei “baby-boomers” di cui si parla, una fortissima domanda di servizi finanziari di questo genere (ossia la possibilità di morire “con i funerali già pagati”, ad esempio per non gravare sui superstiti o per decidere da soli le modalità della cerimonia).Questa domanda non è mai stata soddisfatta da un’adeguata offerta, né da parte delle imprese di pompe funebri (mediamente non strutturate per gestire questo tipo di attività), né da parte delle banche o di altre strutture finanziarie. Pensate (e a suo tempo il progetto “Farewell ci pensò in collaborazione con la MAG di Torino, ma non riuscì a proseguire il discorso per vicissitudini interne) ad un mercato “solidale” in questo specifico settore: con il denaro raccolto da una parte si potrebbe ragionare in ottica “mutualistica”, ossia dare la possibilità di pagare a rate il servizio funebre a coloro che non possono permettersi una spesa ingente e spesso imprevista (e, come sappiamo, in questa categoria ci sono sempre più persone), oppure si potrebbero finanziare iniziative socialmente utili di svariato genere.
E se qualcun altro nel mondo della finanza etica/critica/solidale volesse tornare a rifletterci?(Nota: forse stiamo dando un’idea troppo “lugubre” del capoluogo sabaudo, ma è la sua storia che parla… e chi scrive a Torino c’è nato e probabilmente, come tutti gli altri, ci morirà. La differenza dei torinesi è forse che più degli altri a questo tema ci pensano spesso, aiutati in questo dalla tradizione “nera” della città e dalla sua urbanistica allegra e variopinta …)