Nome in codice: cassa da morto. In realtà hashish

I giudici della V sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Gioacchino Scaduto, hanno condannato a 20 anni di carcere Giuseppe Bertolino, palermitano, coinvolto in un maxitraffico di hashish ed eroina. Bertolino era accusato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. A 12 anni, per lo stesso reato, è stato condannato Emilio Sacra, altro componente della banda. Assolti due presunti pusher Girolamo Pirrone e Giuseppe Leone. In cella, per il maxitraffico, finirono anche i fratelli di Bertolino, Maurizio e Stanislao, già condannati in abbreviato. Secondo gli inquirenti, per spacciare lo stupefacente, l’organizzazione si sarebbe servita, come copertura, di una agenzia di onoranze funebri; mentre per trasportare hashish e cocaina avrebbe utilizzato un’ambulanza. L’inchiesta ha svelato un asse tra trafficanti campani e siciliani: la banda si riforniva, a Napoli della droga che poi smistava a Palermo. Nelle conversazioni telefoniche i trafficanti utilizzavano frasi convenzionali per indicare la cocaina che veniva chiamata “cassata” o “fuoristrada”; mentre l’hashish era la “cassa da morto”.

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