l’uso delle casse mortuarie nel DPR 10 settembre 1990 n.285.

Nello spirito del DPR 10 settembre 1990 n.285, così come nei precedenti regolamenti nazionali di polizia mortuaria, la forma classica di sepoltura è 1-049 jpg jpgl’inumazione ed essa deve, naturalmente, avvenire nel luogo di decesso (Art. 50 cit. e Art. 337 Regio Decreto n.1265/1934).
Le casse, allora, sono considerate in funzione soprattutto del trasporto e non della destinazione finale. l’Art. 75 comma 2, però, affronta, prima in termini ablatori il problema della biodegradabilità, vietando l’immissione nelle quadre di terra di materiali non facilmente decomponibili poi in modo positivo (anche se vago) con una norma “in bianco” (Art. 75 comma 3) implementata solo con il recente D.M. 12 aprile 2007.

Nulla, invece, si dice a proposito della cremazione e di cofani a basso impatto ecologico da immettere nei forni (almeno sino all’avvento del D.M. 12 aprile 2007 con cui s’autorizzano casse di cellulosa), solo la regione Lombardia ha dettato in merito alcune norme, in totale autonomia rispetto al DPR 285/1990 sintetizzate nell’allegato 3 al proprio regolamento regionale 9 novembre 2004 n. 6 vietando, contemporaneamente l’incinerazione di feretri confezionati con la doppia cassa di legno e zinco.

A livello nazionale Solo la Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24 con il paragrafo 9.1 chiede spessori minimi per bare da inumazione o cremazione, questa prescrizione per una maggior efficacia (le circolari non sono fonti di diritto) dovrebbe esser codificata nei regolamenti comunali di polizia mortuaria e, magari, associata ad una sanzione amministrativa con cui si punisca l’impiego di feretri irregolari.

Questa responsabilità, come acutamente osservato nel saggio, a cura di Massimo Cavallotti, intitolato “Decreto Dirigenziale della Regione Liguria per l’utilizzo di materiali diversi da quelli dell’Art. 30 DPR 285/1990, nell’evenienza di mancata decomposizione del cadavere inumato può essere sinonimo di consegna al cliente di un bene per origine e qualità diverso da quella dichiarata e costituire, al di là della non corrispondenza con il dettato dell’Art. 75 DPR 285/90, il reato di frode nell’esercizio del commercio (515 c.p.) Nella definizione di Imprenditore contenuta nel Codice Civile è, infatti, insita l’obbligatoria conoscenza della normativa che disciplina il settore in cui si opera.

Inoltre l’utilizzo reiterato, e non occasionale, di un prodotto idoneo a determinare in un determinato segmento del mercato un pregiudizio verso un altro manufatto invece omologato e quindi regolare costituisce concorrenza sleale a norma dell’art. 2598 C.C.. Infatti la Suprema Corte ha già ritenuto che la violazione di norme penali, fiscali ed amministrative ben costituisce di per sé l’elemento sufficiente a caratterizzare l’atto di concorrenza sleale.

L’Art. 30 è centrale in tutta l’architettura normativa del DPR 285/1990, in quanto disciplina diverse fattispecie, svariando dai trasporti di cadavere (e quindi a cassa rigorosamente chiusa) su lunga distanza (anche internazionali), alla pratica funebre della tumulazione, senza dimenticare il trattamento di cadaveri portatori di morbo infettivo diffusivo di cui al D.M. 15 dicembre 1990.

Proviamo a schematizzare le complesse norme che scaturiscono dal combinato disposto tra l’art. 30 dpr 285/1990 e il punto 9 della circolare n.24 del 24 giugno 2003.

Nei trasporti da comune a comune con lunghezza inferiore ai 100 KM per salme:

1) Di persone morte non a causa di malattie infettivo-diffusive
2) Destinate a cremazione o inumazione
Si usa sempre e solo un cofano ligneo con lo spessore delle tavole non inferiore ai 25 millimetri (paragrafo…Circ.Min. 24 giugno 1993 n.24).

Emerge subito un dato interessante: per trasporti interni al comune, di feretri destinati ad inumazione, lo spessore minimo, invece, è di soli 20 mm.

Perchè?

La maggiorazione di 5 millimetri, con ogni probabilità, è prevista al fine di consentire al cofano un maggior capacità nel trattenere almeno i liquidi, perché i composti aeriformi, in assenza di un rivestimento impermeabile, sarebbero pur sempre liberi di propagarsi nell’ambiente esterno grazie all’impercettibile fessura tra coperchio e cassa.

Per trasporti internazionali, invece (fuori dei casi elencati dalla Convenzione di Berlino del 10 febbraio 1937 recepita dall’ordinamento italiano con Regio Decreto 1 luglio 1937 n. 1379) e dalla Convenzione 28 aprile 1938 tra Santa Sede e Stato Italiano approvata con Regio Decreto 16 giugno 1938 n. 1055) oppure da comune a comune di durata superiore ai 100 Km, quale che sia la tecnica di sepoltura prescelta, il feretro sarà preparato secondo una di modalità qui di seguito proposte.

Bisogna prima ricordare che per tutte queste soluzioni occorrerà pur sempre una bara in legno dallo spessore minimo di 25 millimetri, abbinata ad uno strato di torba polverizzata, segatura di legno o ad altro strumento biodegradabile, volto all’assorbimento dei liquami cadaverici, da interporre tra il fondo dei due contenitori (di legno, metallo, o plastica) in cui il cadavere verrà racchiuso.

1. Cassa di zinco esterna (è di sicuro il metodo peggiore sotto il profilo della sicurezza, perché, durante la movimentazione, il nastro metallico può provocare tagli e ferite, non essendo, tra l’altro dotato di maniglie).
2. Vasca interna + cerchiatura del cofano ligneo le reggette (soluzione poco pratica ed assolutamente antiestetica).
3. Controcassa zincata interna + valvola depuratrice collocata sotto al coperchio di metallo.
4. Lamiera di zinco interna + dispositivo atto a fissare o neutralizzare i miasmi della decomposizione cadaverica (ad oggi ex Art. 77 comma 3 DPR 285/1990 ed Art. 115 comma 1 lettera b) Decreto Legislativo n.112/1998 non esistono autorizzazioni alternative alla valvola).
5. Sistema ad effetto impermeabilizzante + valvola depuratrice (metodo poco comodo e di dubbia efficacia).
6. Dispositivo plastico + congegno idrofilo capace di ridurre, nel tempo, il rilascio di gas putrefattivi e liquidi.
7. Lenzuolino impermeabile con cui foderare solo il fondo della cassa e le pareti laterali per il tempo strettamente necessario alla celebrazione delle esequie (la mancanza di una reale chiusura con colla o cerniera, favorisce l’ossigenazione e quindi i processi putrefattivi.

Nei casi 5 e 6 (ed anche 7) il l’involucro a tenuta stagna è sempre collocato internamente alla cassa di legno, a diretto contatto con la salma e non deve presentare soluzione di continuità in tutta la sua superficie.

Un’ulteriore fase del confezionamento, ai sensi dell’Art. 32 DPR 285/1990 è poi costituita dal trattamento antiputrefattivo, ossia con la siringazione cavitaria, anche se molte regioni (almeno per i trasporti interni al loro territorio) disapplicano il sullodato Art. 32 per l’intrinseca pericolosità della formalina responsabile, tra l’altro dell’inibizione dei processi degenerativi a carico dei tessuti organici.

Ovviamente queste prescrizioni sono minimali, quindi è possibile utilizzare fra i due contenitori (cassa di legno e cassa metallica) materassini assorbenti addizionati con una sostanza antisettica.

Per i feretri da inviare a cremazione, alle volte, si ricorre al confezionamento di cui al punto 1 così da rimuovere facilmente la cassa zincata, siccome diversi crematori non sono predisposti per bruciare anche il metallo, oppure si opta per l’adozione del manufatto Barriera che è sì impermeabile, ma anche facilmente combustibile.

Per il trasporto funebre di persone decedute in seguito a malattia infettivo-diffusiva non vale il discrimen dei 100 Kilometri.

In questa fattispecie contemplata dal DPR 285/90 è indifferente se il cadavere, portatore di malattia infettivo-diffusiva, sia destinato a tumulazione o inumazione, è, infatti, sempre d’obbligo la cassa di zinco con la disposizione e gli apparecchi meccanici o chimici di cui sopra, a prescindere dalla distanza da coprire per raggiungere il luogo della sepoltura.

E’, poi, prescritta, dalla Legge Italiana, un’ulteriore operazione di profilassi: la spoglia mortale sarà deposta nella cassa solo dopo esser stato avvolta in un lenzuolino imbevuto con sostanza ad alto potere disinfettante

Solo in caso di cremazione la cassa di zinco potrà esser sostituita con il dispositivo “Barriera” abbinato di volta in volta a valvole depuratrici o sistemi chimico-meccanici atti a contenere esalazioni e percolazioni cadaveriche.

ZincoIl DPR 285/1990, con l’Articolo 30, stabilisce precisi criteri costruttivi in merito a quei feretri composti dalla doppia cassa lignea e metallica, cui si debbono aggiungere particolari dispositivi meccanici, quali reggette, valvola depuratrice a depressione, e chimico-fisici, come strato di torba, segatura o polvere assorbente biodegradabile, da sistemare nell’intercapedine, tra cassa di legno e vasca zincata, per il contenimento di eventuali percolazioni cadaveriche gassose o liquide.

La Legge fissa, poi, spessori piuttosto generosi per le tavole di legno massiccio (di un solo pezzo nel senso della lunghezza) che costituiscono la cassa e per lo stesso nastro di zinco o piombo, mentre il coperchio [Anche il coperchio della cassa lignea deve esser unito alla cassa con viti collocate con distanza piuttosto ravvicinata tra loro, proprio per offrire maggiore resistenza meccanica ad eventuali rigonfiamenti dell’involucro zincato, a causa della pressione originata dai gas putrefattivi] di lamiera deve esser assicurato alla vasca metallica tramite saldatura continua, estesa lungo tutto il labbro perimetrale di contatto tra i due elementi da unire, così da garantire, nel tempo, la perfetta ermeticità della bara.

Per i cofani destinati a cremazione o inumazione (con trasporto, per entrambi, sotto i 100 KM), invece, la legge prescrive parametri costruttivi da cui derivano casse capaci di reggere solo, e limitatamente [Una delle condizioni fondamentali per la mineralizzazione certa dei cadaveri è che la cassa, dopo qualche tempo dalla sepoltura, si “sfasci”, permettendo il libero passaggio di liquidi e gas negli strati di terreno circostanti] al periodo in cui esse debbono esser movimentate, l’affaticamento meccanico dovuto al peso inerte del cadavere.
Non è, infatti, prevista, né tanto meno imposta, nessuna soluzione tecnica per il trattenimento, anche solo temporaneo, dei miasmi cadaverici all’interno del feretro.

La Stessa chiusura [ La scelta linguistica del legislatore è sintomatica: infatti nel testo della Circolare si parla di saldatura della cassa metallica: ovvero dell’unica chiusura capace di garantire davvero l’impermeabilità] della cassa da effettuare in tempi rapidi, una volta decorso il periodo d’osservazione, per imprescindibili ragioni di igiene, di cui si parla al paragrafo 9, punto 6 della Circolare n. 24 del 24/06/93 ne feretri costituiti dalla sola cassa lignea è una misura del tutto inadeguata, perché il coperchio, ancorché apposto e vitato, non isola il cadavere dall’ambiente esterno.
Tuttavia, anche i corpi esanimi racchiusi nella semplice cassa di legno sono soggetti a perfusione di liquami, spesso accompagnati da fetide esalazioni maleodoranti.

Il DPR 285/1990 sembra non ponderare questa possibilità, invece così drammaticamente reale, perché nulla dispone a tale proposito.
Altissimo, allora, per i necrofori, è il rischio biologico di contaminazione, quando essi dovessero entrare, anche accidentalmente, a contatto con gli umori emessi dai cadaveri, durante il trasporto e la sepoltura dei feretri realizzati con solo legno.

Certo, l’industria funeraria, da diverso tempo, propone involucri plastici (in materia biodegradabile) ad effetto impermeabilizzante, oppure cassoni [Il ricorso a tali dispositivi è contemplato espressamente dalla Circolare Ministero della Sanità n.24 del 24/06/93] esterni muniti di guarnizioni a tenuta stagna, con cui rivestire le bare lignee durante la loro movimentazione.

Ci sarebbero anche particolari materassini o traverse da collocare sotto la schiena del cadavere per impermeabilizzare almeno il fondo, siccome le esalazioni ammorbanti continuerebbero a sprigionarsi liberamente, grazie ai giochi millimetrici pur sempre presenti, tra cassa e coperchio, ma il vero problema è che l’adozione di questi accorgimenti, per altro molto utili, è demandata alla discrezionalità dei singoli operatori, quando il comune, con apposita norma regolamentare, non sia intervenuto per sanare questa lacuna del regolamento nazionale di polizia mortuaria.

In un sistema legislativo, come il nostro, dove la materia sanitaria è anche di competenza regionale, con legislazione di tipo concorrente, potrebbero esser le regioni a definire misure di salvaguardia per la salute pubblica e dei necrofori, quando si debba trasportare un cadavere entro la sola cassa lignea.

Si paventa però, un reale rischio da valutare attentamente prima di intraprendere un’azione legislativa a livello di enti locali: 20 Leggi regionali che definisco standards e requisiti tecnici, per la costruzione di casse mortuarie, profondamente difformi e contraddittori tra loro, ingenererebbero il caos più completo nel comparto funerario italiano, con forti elementi di antieconomicità (una normativa troppo polverizzata, infatti, renderebbe impraticabile la produzione in larga scala di articoli funerari).

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Carlo Ballotta

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One thought on “l’uso delle casse mortuarie nel DPR 10 settembre 1990 n.285.

  1. Dopo le norme speciali in tema di casse mortuarie introdotte dalla Regione Lombardia con l’allegato 3 al proprio regolamento regionale 9 novembre 2004 n. 6 così come modificato dal successivo regolamento 6 febbriao 2007 n. 1 (intervenuto con l’Art. 20 comma 9 anche sul confezionamento dei feretri per resti mortali), senza dimenticare il Decreto Dirigenziale n.2006 del 29 settembre 2001 emanato dalla regione Liguria proprio in tema di dispositivi plastici ex Art. 31 DPR 285/1990 in sostituzione della cassa metallica un collega mi chiede legittimamente se le recenti autorizzazioni ministeriali adottate rispettivamente con D.M. 7 febbraio 2007 e D.M. 28 Giugno 2007 siano valide su tutto il territorio nazionale.

    La risposta è tendenzialmente positiva ed offre lo spunto per qualche riflessione di ordine generale sull’uso delle casse nel nostro impianto normativo di polizia mortuaria.

    Muovo da una citazione d’autore, queste parole, infatti, appartengono alla Risoluzione del Ministero della Salute n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004:

    “Per quel che concerne la procedura più corretta per il trattamento e confezionamento dei resti mortali a seguito di estumulazione, si considerano valide le norme dettate per il trattamento dei resti mortali provenienti da esumazione.

    Nel caso non sussistano motivi ostativi di natura igienico-sanitaria, per il trasporto di resto mortale è sufficiente l’uso di contenitore di materiale biodegradabile (inumazione) o facilmente combustibile (cremazione). Il contenitore di resti mortali deve avere caratteristiche di spessore e forma capaci di contenere un resto mortale, di sottrarlo alla vista esterna e di sostenere il peso. Il contenitore di resti mortali, all’esterno deve riportare nome cognome, data di nascita e di morte.

    Nel caso in cui la competente autorità di vigilanza (A.U.S.L. o Comune in funzione delle specifiche normative regionali o locali) abbia rilevato la presenza di parti molli, è d’obbligo per il trasporto dei resti mortali, l’uso di feretri aventi le caratteristiche analoghe a quelle per il trasporto di cadavere”.

    Quindi ai sensi dell’Art. 31 DPR 285/90 recante disposizioni in materia di meccanismi di contenimento alternativi alla vasca di zinco ed ai sensi dei Decreti Ministeriali del 7 febbraio 2007 e del 28 giugno 2007(autorizzazione all’uso dei manufatti realizzati in materiale plastico denominato Mater BI sostitutivi della cassa di zinco) per i trasporti oltre i 100 KM e per feretri destinati alla cremazione è legittimo ricorrere ad un involucro flessibile facilmente biodegradabile o combustibile in cui avvolgere il cadavere e tale da assicurare la perfetta ermeticità a gas e liquidi cadaverici per il tempo necessario al trasporto ed all’avvio del feretro alla sua destinazione ultima.

    Per i cadaveri infetti da non avviare a cremazione (saranno quindi o tumulati o inumati), invece, occorre un feretro confezionato con la tradizionale doppia cassa lignea e metallica.

    La cassa usata per il trasferimento del resto mortale dal cimitero in cui è stato esumato/estumulato verso il crematorio non deve esser necessariamente un cofano per cadaveri, può, infatti, esser costituita da un semplice cofano in carta, cartone, cellulosa, pasta di legno purchè rigido così da potre sostenere il peso inerte dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo/conservativo, permettendone un’agevole movimentazione.

    Il dispositivo ad effetto impermeabilizzante, per un corretto uso, deve esser posto sempre e solo all’interno del cofano ligneo, in carta, cartone, cellulosa, pasta di legno.

    In altre parole il manufatto deve fasciare direttamente il resto mortale o il cadavere.

    I Decreti Ministeriali di cui sopra ai sensi della Circolare del Ministero della Salute del 21.05.2002 n. 400.VIII/9L/1924 e soprattutto dell’Art. 115 comma 1 lettera b) decreto legislativo n. 112 del 1998 (inerente ai compiti ed alle funzioni amministrative conservati allo Stato) hanno valore sull’intero territorio nazionale, dunque, non si pone il problema dell’extraterritorialità rispetto alla regione da cui parte il trasporto funebre alla volta del forno crematorio.

    Questo orientamento del Dicastero della Salute è stato ribadito anche con il D.M. 12 aprile 2007 (autorizzazione alla produzione di un cofano da inumazione o cremazione ex Artt. 31 e 75 comma 3 DPR 285/1990). Per quest’ultima fattispecie le uniche perplessità potrebbero sorgere sull’applicazione della norma nella Regione Lombardia, la quale, come prima precisato, si è dotata di un proprio autonomo corpus normativo in tema di cofani funebri.

    C’è un altra soluzione, di solito consigliata per se la cremazione dei resti mortali avviene nello stesso cimitero da cui sono stati esumati o estumulati.

    La cassa di carta, polimeri facilmente combustibili, cellulosa, legno leggero, pasta di legno dev e esser dotata di una “traversa” ovveso di un lenzuolino impermeabile che ne foderi il fondo, così da trattenere eventuali rilasci, ancorchè residui, di liquido cadaverico.

    Questa traversa deve esser cosparsa di prodotti a base enziamatica capaci di asciugare le percolazioni, abbattendone anche gli sgradevoli odori, quando magari il “feretrino” sosta in camera mortuaria per diverse ore in attesa dell’incinerazione.

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