Le ‘doulas‘ della morte

Nel mondo anglosassone ed americano è sempre più frequente – all’approssimarsi del decesso di una persona cara – il ricorso a particolari figure di supporto emotivo, fisico e psicologico: le doulas, anche dette le ‘ostetriche della morte’.
Nato negli Stati Uniti nel corso degli anni ’70, questo soggetto – non medico e non sanitario – ha affermato inizialmente il proprio ambito, affiancandosi all’ostetrica, per preparare le future madri nel momento della nascita del figlio, occupandosi del sostegno emotivo e pratico della donna e della famiglia, dalla gravidanza fino al primo anno di vita del bambino.
Poi, con estrema naturalezza, l’ambito di azione si è esteso, avvertendo la necessità di una analoga esigenza di accompagnamento e sostegno, anche in quella fase del circolo della vita, complementare alla nascita, che è il travaglio della morte, garantendo un supporto al morente ed alla sua famiglia: verso, durante e dopo il momento del distacco.
Shelby Kirillin, una doula di Richmond, in Virginia, è stata per vent’anni un’infermiera in area neurointensiva. E questa sua esperienza ospedaliera, costellata da troppe morti fredde, sterili e solitarie, l’ha resa consapevole di quanto “morire non fosse unicamente una questione medica, ma anche e soprattutto spirituale”, portandola alla scelta di diventare una doula.
L’attuale società ha, in effetti, totalmente scisso la vita dalla morte, considerandole come opposti, incompatibili fra di loro, piuttosto che come un’evoluzione naturale, un cerchio dove tutto si trasforma, senza inizio né fine.
E così si è arrivati ad essere meno pronti ad affrontare la morte, adoperandosi unicamente per nasconderla, remotizzarla, esorcizzarla. Per dirla con le parole di Woody Allen: “Non è che ho paura di morire, è solo che non voglio esserci quando accadrà.”
Anche in ambito ospedaliero e medicale, chi riceve una diagnosi infausta di una malattia terminale, viene maggiormente proiettato verso la prospettiva di guadagnare più tempo o di pervenire ad una guarigione insperata, piuttosto che preparato ad affrontare l’eventualità – purtroppo ben più probabile – della propria dipartita.
Così facendo, si elude l’accettazione della fine ed il morire si traduce solo e soltanto in un’inarrestabile spirale discendente, pregna di dolore, ansia e sfinimento psico-fisico, che colpisce il malato terminale e la sua famiglia, il più delle volte oppressa da sensi di colpa sulla gestione dell’assistenza al morente.
L’ottica spirituale delle doulas parte dalla consapevolezza che l’accettazione della morte non la renderà meno dolorosa, né per il morente, né per chi resta.
Tuttavia, il lutto deve avere la possibilità di esprimersi compiutamente, nelle sue fasi, per poter arrivare ad una elaborazione, che lo renda sostenibile ed accettabile per chi sta lasciando la propria vita e per chi deve continuarla, dopo aver subito la perdita del proprio caro.
La rassicurazione del morente avviene aiutandolo a riflettere sulla propria vita in modo consapevole, a pianificare i suoi ultimi giorni secondo i propri desideri, immaginando l’eredità che lascerà dietro di sé ai propri cari.
Tale percorso attraversa le fasi dell’introspezione e del riesame della propria esistenza, prendendo in esame successi ed insuccessi, gli insegnamenti ricevuti, i rimpianti e le questioni rimaste in sospeso.
Si arriva infine alla pianificazione dei propri ultimi giorni di vita, prendendo decisioni che – ad un certo punto della malattia – non si potrebbe più elaborare autonomamente: la scelta di chi avere al proprio fianco; di una benedizione religiosa; di quali rituali debbano essere eseguiti.
Il processo ha lo scopo di offrire al morente – e conseguentemente ai suoi familiari – una profonda tranquillità emotiva ed un maggiore controllo su come affrontare la fine della propria vita.
Nel periodo successivo alla morte e dopo averli accompagnati e sostenuti nei momenti precedenti insieme al morente, il supporto della doula si trasferisce ai familiari del deceduto.
Questo solitamente avviene dalle tre alle sei settimane dopo l’avvenuto decesso. La tempistica è dovuta alla convinzione di non doversi sovrapporre al sostegno reciproco ed alle attenzioni, che amici e parenti esprimono all’interno delle dinamiche familiari.
Dopo questo periodo, affiora la sensazione di vuoto, lasciata dalla perdita subita, unitamente alla profondità del dolore. Ed è in questo momento che la doula si affianca alla famiglia, per aiutarla ad elaborare il lutto ed a trasformare un’esperienza di sofferenza, ansia e paura in una dimensione, che permetta di affrontare le emozioni ed i sentimenti ancora in sospeso, liberandosi da ogni senso di colpa o di inadeguatezza e segnando la transizione da una realtà ad un’altra, per poter proseguire la propria esistenza con rinnovata serenità e consapevolezza.

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