Un luogo del commiato, oggi come 2.000 anni fa, parrebbe una coincidenza straordinaria, uno scherzo del destino (dopo tutto, come dicevano gli antichi Romani, ” in nomen omen”) ma è proprio così: dove ora sorge Terracielo Funeral Home, in località Fossalta a Modena, già alla fine del I sec. a.C. c’era una necropoli. Lo confermano gli scavi, avviati nel 2001 per la costruzione della sede di COFIM S.p.A. e poi ripresi nel 2009 proprio per la casa funeraria. In entrambi i casi i lavori sono stati interrotti e ripresi solo al termine delle campagne di scavi, portate avanti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna.
L’idea non avrebbe potuto che essere di un veterano, professionista del settore da oltre 45 anni, avendo seguito le orme del padre: si tratta di Gianni Gibellini, titolare della Cofim S.p.A., azienda con 35 dipendenti con sede a Modena.
La funeral home modenese ha un nome evocativo: “TERRACIELO” e si presenta, idealmente come un punto d’equilibrio tra l’immaterialità del post mortem e lo struggente bisogno di aiuto concreto di chi abbia subito un lutto.
Nove stanze del commiato e una grande sala polivalente per per celebrazioni religiose o laiche sormontata da un imponente soppalco con una capienza totale di circa 700 posti.
Terracielo si estende su una superficie di circa 5.000 metri quadri: è una struttura di concezione innovativa e internazionale, realizzata con un investimento di circa 6 milioni di euro. E’ divisa in spazi separati e accoglienti, ampi e ben arredati, per consentire di dare con grande dignità l’estremo saluto ai propri cari.
Un’idea, accarezzata per anni, come ci confida lo stesso Sig.Gianni Gibellini, nasce spesso da una tensione morale, a volte insostenibile, ed affiora da un magma incomposto che si geometrizza in ordinate architetture, in sfondi metafisici; quest’ultimi hanno la grazia di un sogno, alimentato e sorretto quasi da un ricordo, da una suggestione ancestrale.
Tutto in quest’imponente realizzazione (5.000 metri quadrati), cioè piani, volumi, figure, apparizioni concorre a dare del nostro tempo l’immagine più consequenziale e netta, sfiorata da tutti i dubbi possibili e, tuttavia, tesa a una molteplicità di realizzazioni consolatorie.
Perché appare anche evidente che l’universo composito di una moderna funeral home, e le sue ieratiche scansioni figurative a un dato certo vogliono approdare, ed é quello, intenso e struggente, della consolazione totale.
La casa funeraria, qui a Modena, è un complesso di ambienti, locali e servizi che si svolge con metodo entro volumi, superfici e profondità sapientemente alternati è, insomma una felice sintesi tra pura forma e funzione.
L’edificio si presenta come un possente quadrilatero le cui solide masse sono attraversate ed alleggerite da gallerie o umbratili camminamenti che paiono inabissarsi verso un ignoto e raccolto regno interno dove esercitare il culto del dolore e della memoria.
L’universo composito di una moderna funeral home con le sue ieratiche scansioni vuole approdare al fine ultimo di un conforto assoluto e totale.
Questo intento traspare dall’assortimento dei colori, dalle armoniose tecniche compositive sempre aperte però all’intuizione estemporanea, all’arbitrio creativo.
Gesti e simboli di autentica disperazione e sconfitta esistenziale (la crocefissione, ad esempio, proposta per una camera ardente di ispirazione cristiana) e di genuina speranza di redenzione aleggiano su uno spazio emotivo indefinito ed indistinto, ma dominato dal riverbero discreto di un dolcissimo sollievo dell’anima dalle afflizioni di un’umanità violata dall’angelo della morte.
I visitatori che varcano la soglia sono subito accolti da un piccolo chiostro, cuore della struttura, attorno a cui si sviluppano, su due piani, le nove sale del commiato. Già questo luogo, ricco di simboli e percorsi figurati, è una dichiarazione d’intenti: “Il claustro, storicamente, è un luogo di silenzio e meditazione; qui si è creato un piccolo giardino, con un albero d’ulivo e una fontana che richiamano gli elementi della terra e dell’acqua. La funzione di questo spazio è di rasserenare e trasmettere calma a chi lo attraversa o lo osserva”.
Superfici sofferte, rigide e nette, come un fendente di spada, si fondono nelle pareti lignee come un doloroso panneggio, ma le decorazioni in vetro di Murano recano agli arredi, pur sempre personalizzabili attraverso moduli già predisposti ,una maggior leggerezza, rompendo la continuità dei piani con un motivo, che, assieme alla diversa profondità, accentua l’effetto chiaroscurale e lo sviluppo dei volumi.
Piccoli, raffinati dettagli, poi, conferiscono alle nove camere ardenti, con annesso salotto di anticamera, una forma morbida e, non quindi seccamente squadrata, ma leggermente sinuosa ed accogliente.
Simili accorgimenti rendendono così più sfuggenti le linee, nella loro proiezione prospettica, e sono in grado di donare una notevole plasticità alle masse murarie.
Luce e colori sono parte integrante delle scelte architettoniche: niente toni scuri, troppo deprimenti, ma tinte con sfumature tenui, valorizzate da un attento utilizzo della luce, sia naturale che artificiale, teso ad enfatizzare spazi e a sottolineare volumi.
Tutte le porte e i serramenti sono realizzati con vetri traslucidi, che lasciano filtrare la luce, ma mantengono la privacy di chi è all’interno e diventano anch’essi elementi illuminanti. Niente a Terracielo è lasciato al caso: anche gli arredi, eleganti ma essenziali, sono stati scelti con cura. In ogni sala i divani, le poltrone e i tavolini di Le Corbusier sono in tinte che richiamano il colore che caratterizza ogni diverso spazio. Alle pareti, anche i quadri retroilluminati in vetro di murano del pittore modenese Erio Carnevali riprendono il filo dell’astrazione lirica, del colore come risonanza interiore.
“L’aspetto più complesso dell’intero progetto è stata la necessità di mediare tra elementi psicologici ed esigenze costruttive” – sottolinea l’architetto Claudio Grillenzoni, direttore dei lavori. “Volevamo mettere a disposizione della città un luogo ricco di suggestioni in grado di accogliere il dolore e le emozioni delle persone nel momento di un lutto e – per quanto possibile – dare loro quel sollievo e quella serenità che solo “l’incanto”, come sosteneva Giò Ponti, può trasmettere. Al contempo, però, questo luogo doveva essere funzionale ed efficiente. Per questo è stato fondamentale il confronto e lo scambio continuo con i colleghi”. La fase progettuale, infatti, ha coinvolto diversi professionisti: il gruppo di lavoro che ha ideato la struttura comprende, oltre a Claudio Grillenzoni, gli architetti Ezio ed Emiliano Righi e Katia Valli.
Nota della Redazione.
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