Vi proponiamo questi scampoli di riflessione due settimane dopo la chiusura di Tanexpo 2006.
Nei grandi accordi di sistema tra i 'capi' del comparto funerario italiano si parla sempre piu' spesso di opportunita', intraprendenza, businnes, marketing, sinergie e sempre meno di morti, quando notoriamente la materia prima delle imprese funebri sono proprio salme, cadaveri, e lo trasformazioni di stato. La spia linguistica e' evidente, ragio per cui si puo' temere un distacco dei vertiti dalla base di quei tanti piccoli o medi imprenditori che si sentono non tanto managers rampanti con l'orologio al polsino quanto ancora semplici necrofori messisi finalmente in proprio.
Quando tra imprenditori non si sa piu' quali pesci pigliare si comincia ad agitare lo spettro di qualche agghiacciante monopolio come le privative sui trasporti, o il regime di esclusiva sui servizi necroscopici e cimiteriali. In realta' ogni buon imprenditore vorrebbe esser monopolista nel proprio campo per esercitare una schiacciante supremazia sulla concorrenza. L'esempio piu' calzante e' la casa funeraria cosi' come concepita in Lombardia. Senza regole ferree per garantire la parita' di accesso ai servizi privati del commiato casa funeraria) le imprese prive di un loro deposito d'osservazione se la veglia funebre uscira' dal circuito domestico o famigliare cosi' da approdare alla sala del commiato saranno strangolate perche' il vero monopolista, ossia il proprietario della casa funeraria potra' facilmente metterle fuori giuoco imponendo loro prezzi e condizioni capestro, oltre ad un'indebita pressione psicologica sui dolenti. W la liberta' d'impresa, aspettiamo una presa di posizione forte e limpida dal nuovo polo funerario la cui storica costituzione si e' proprio celebrata nei padiglioni di Tanexpo 2006.
La bugia delle privative. La grande fortuna dell'associazionismo funerario di stampo privato e' dovuta alla feroce e spettacolare battaglia su monopolio comunale dei trasporti funebri. Certo il trasporto di salme e cadaveri e' una libera attivita' imprenditoriale, come ribadito anche dalle recenti leggui regionali in materia di polizia mortuaria e tale servizio non puo' esser assunto in privativa perche' manca una disposzione di legge in tal senso, tuttavia occorre riflettere su queste considerazioni. Decadute le orrende privative reminiscenze del dirigismo bolscevico tutti si sono sentiti un po' piu' imprenditori e meno necrofori e sono corsi ad acquistare a prezzo osceni autofunebri da sballo, con il bel risultato che dover mantenere un veicolo cosi' costoso per chi effettua pochi servizi all'anno diventa un tracollo finanziario. Gli economisti chiamano Break Even Point quello spartiacque nemmeno troppo astratto prima del quale un impresa lavora in perdita, oltre cui, invece, inizia il margine del profitto. Spesso l'ottimale sfruttamento degli automezzi, non supera la soglia del Break Even Point e produce danno nella gestione delle aziende. Perche' nessuno ne ha mai parlato? Bisogna poi rilevare come complementari all'autofunebre siano poi i 4 necrofori addetti al trasporto e quattro stipendi costano molto!!!
La seconda maxi menzogna sulle privative. Le privative, anche se in spegio alla libera concorrenza, non sono sempre un male assoluto per l'imprenditore scaltro. Ad esempio la privativa con concessione multipla alle sole imprese con sede legale in un particolare centro urbano impediva ai competitori della provincia di affacciarsi sul mercato dei funerali in citta'. Tale filtro, per nulla liberale o liberista, permetteva di abbattere buona parte della concorrenza e mantenere ottimi margini di profitto, mentre adesso la guerra tra imprese ha condotto ad un generale abbassamento dei prezzi. Molti impresari attenti non alle affermazioni ideologiche ma al proprio portafoglio hanno capito qust'inganno in cui lo slogan 'piu' mercato' si ritorce contro di loro. Chi si degnera' di rappresentarli? Anch'essi, pur sempre pagano una quota associativa ed il denaro, a differenza dei morti, non emana mai cattivo odore.
I protagonisti dello storico accordo tra l'associazionismo dell'imprenditoria funebre privata hanno gia' dichiarato la loro perniciosa volonta' di intervenire presso le competenti sedi legislative per ottenere una riforma sull'ordinamento di polizia mortuaria ed ancora invocano con vivo rimpianto quella mostruosita' dell'Atti Senato 3310 fortunatamente abortita nell'ultimo scorcio della passata legislatura. Innanzi tutto la polizia mortuaria e' materia troppo delicata e comoplessa per esser abbandonata ai famelici e voraci appetiti imprenditoriali. Una norma, quando, e' sottesa da troppi oscuri interessi, nasce male, e' pasticciata e viziata sin d'all'origine pe produce danni interpretativi rilevanti, distorcimenti non sempre superabili con la prassi o l'orientamento costante della giurisprudenza, soprattutto in un sistema giuridico rigido come il nostro. Ognono deve fare il proprio mestiere, le imprese funebre possono e devono esprimere una loro opinione in merito alla riforma del DPR 285/90 ma non possono surrogare la funzione legislativa in un caotico mercanteggiamento delle regole. Da oltre 200 anni e stato enunciato il principio delle separazione tra i poteri, e la polizia mortuaria non e' solo un giro d'affari connessi ai funerali, essa al suo interno comprende ruoli, mansioni pubbliche e responsabilita' mai riconducibili a servizi di rilevanza economica, volerli, per forza, piegare a logiche mercantili con il miraggio dei soldi facili, e' miope e deleterio. Emilia Romagna e Lombardia cominciano ad avvertire pesantemente questi problemi dovuti alla mancanza di raccordo tra i diversi livelli normativi. Leggi regionali approvate sulla scorta dell'ondata cremazionista accusano tutti i loro limiti, con il pretesto di dare risposta alle sacrosante istanza del movimento d'opinione cremazionista sono state varate discipline regionali per nulla omogenee tra loro, sono gli stessi impresari, per loro amara ammissione, a non capirci piu' niente. Per fortuna che queste nuove leggi erano state disegnate tutt'intorno a loro, come recita un celebre spot della telefonia cellulare. Senza una visione organica della galassia della polizia mortuaria e' meglio tenerci il tanto vituperato, ma in se' onestissimo, DPR 285/90.
La fiera. Tanexpo ormai e' un evento mondiale, diversi operatori, pero', comunciano a tradire qualche inquietudine. la cadenza bienanle, forse, e' troppo ravvicinata, per un settore dove le reali innovazioni sono poche e molto rare data la stabilita' regolamentare almeno a livelo nazionale. . Molte case produttrici di articoli per tanatoprassi, ad esempio, hanno disertato l'appuntamento, il motivo e' semplice: se i trattamenti conservativi di embalming in Italia sono vietati e' irrazionale accollarsi un costo cosi' alto per esser presenti in una piazza dove la vendita di tali articoli e' del tutto marginale. il costo degli stands, poi, nel corso degli anni, e' lievitato esponenzialmente forse anche a causa dell'intenso battage pubblicitario, la fiera, insomma, e' un circus ipertrofico (o un 'Carrozzone' se preferite la citazione in stile Renato Zero), dove tutto costa troppo, e', si', un appunamento tassativo ed obbligatorio, ma in perdita. Chi dirige TanExpo ha maturato un'idea completamente opposta e si accinge nel 2008 ad allestire una mostra ancora piu' faraonica approfittando addirittura del mega quartiere fieristico di Bologna. C'e' poi un dato da dissacrare, ossia la presenza di visitatori stranieri. Certo per i padiglioni di tanexpo si aggiravano molti colleghi europie ed anche qualche delegazione proveniente dall'America Latina, ma le diverse esperienze sono difficilmente sovrapponibili proprio per la complessa differenza regolamentare, non esiste un omogenea disciplina legislativa nelleno nei paesi di Eurolandia, tutto e' diverso, dallo spessore delle casse alla profondita' delle fosse. Come si fa allora a parlare di tanexpo come di un punto d'equilibrio ed integrazione tra le varie espressioni dell'universo funerario?
Cremazione: Tanxpo, ad ogni edizione, sempra il festival dei cremazionisti incavolati persi che puntualmente dichiarano come il futuro sia ormai cosa loro poiche' il sorpasso sulle piu' tradizionali forme di sepoltura sia imminente, quando non gia' avvenuto. Ogni due anni siamo sempre in attesa della grande rivoluzione epocale, ma questa come nel teatro dell'assurdo di Aspettando Godot, non arriva mai. La cremazione e' una nebulosa complicatissima dove convivono sentimenti contrastanti che si dibattono tra slanci ideali, coscienze ecologiste, manie new age, afflati di sincerorinnovamento religioso pulsioni protestatarie, e', insomma, un fenomeno conesso ai diritti della personalita' e, dunque, troppo delicato per esser degradato a semplice moda funeraria. Dopo la sbornia dovuta ai recentissimi istituti di Affido Personale e Dispersione si dovra' meditatre sulla relae incidenza della pratica cremazionista. Presto molti 'ultras' dell'incinerazione comincieranno ad accorgersi che l'affido personale ingenera solo complicazioni psicologiche ed anche burocratiche e molti esperti cominciano a paventare il rientro delle urne nel recinto cimiteriale. Prima di parlare di svolta cremazionista bisognerebbe visitare assiduamente i cimiteri, siccome si rischia di scambiare i propri personalissimi sogni con ula realta' sempre meno poetica. La richiesta di locul, comlessivamente, non accenna a diminuire e la cremazione, resta comunque, una scelta consapevole, radicata ed in espansione solo in alcune regioni dell'Italia, in quanto per l'italiano medio il sogno sepolcrale mostruosamente proibito resta, comunque, la tomba perpetua.