Negli ultimi tempi si stanno ricevendo in redazione segnalazioni di lettori preoccupati dal fatto che taluni Comuni, stanno elevando la misura del diritto per il rilascio di autorizzazione al trasporto funebre. Talvolta sostituendolo al diritto fisso di privativa (ex art. 19 commi 2 e 3 del DPR 285/90). Altre volte ex novo. Stante la situazione della finanza locale, è giocoforza vedere aumenti di questi diritti, ma ciò è visto con sempre maggiore ostilità da parte dell’imprenditoria privata. Poiché la discussione non è mai precisa, cioé non si ha la percezione della giusta misura del diritto, si ritiene utile inserire questo post, dove far emergere il problema e consentire una discussione aperta.
Di seguito talune segnalazioni:
Spero di essere nel forum….
Volevo discutere nel forum dei diritti fissi che i comuni continuano ad imporre.
In pratica tutti sappiamo che con la caduta delle privative in seguito alle varie sentenze di t.a.r e antitrust, è venuto a cadere anche il diritto di privativa che i comuni imponevano in pratica alle imprese funebri.
Ora qualche comune che sà di non poter più imporre tale diritto lo cerca di imporlo come diritto di rilascio alla autorizzazione al trasporto che per legge dice si può applicare.
D’accordo ancora purtroppo!!!
Ora però bisognerebbe capire bene questi diritti che onerosità possono avere visto che alla fine per ricevere l’autorizzazione al singolo trasporto da parte di un ufficio di stato civile non corrisponde a molti minuti di lavoro e quindi di occupazione del impiegato comunale addetto a tale lavoro.
Gradirei la vostra opinione su tale questione.Volevo chiedere fino a che punto un ente (comune) puo deliberare di eliminare il diritto di privativa e poi mettere in essere un diritto per il rilascio autorizzazione al singolo trasporto aumentando il vecchio diritto di quasi il duecento per cento.
Praticamente è cambiato solo che la privativa non esiste più ma i comuni possono decidere qualsiasi cifra come diritto?A che tipo di diritto si riferisce? Sulla legittimità dirò in funzione del tipo di diritto a cui si riferisce.
Non sono un amante della valutazione dell’aumento su basi percentauli, quel che conta è la base di partenza.
Difatti il 200% di molto poco è sempre poco. Il 10% di tanto è ancor di più.Il problema non sta negli aumenti percentuali, quanto sull’importo.
In altri termini: se l’importo precedente fosse stato di 30 euro e quello successivo di 90 euro, l’aumento è del 200%, ma quel che conta è se con i 90 euro a pratica si coprono le spese di formazione dell’atto, comprensive degli oneri generali comunali.
Per un trasporto funebre che interessi due o più comuni è senz’altro illegittimo esigere il diritto fisso “in entrata” di cui all’Art. 19 DPR 10 settembre 1990 n. 285, tuttavia il comune di transito o, comunque, il comune di arrivo può richiedere un diritto fisso “d’istruttoria” quando vi sia l’uso di particolari attrezzature (esempio parcheggio per sosta feretro regolamentato da ordinanza sindacale).
x maximo
Mi aspettavo da lei qualche altra nozione di giurisprudenza in merito, in quanto la vedo esprimersi in modo chiaro.
aspetto grazie
in merito al post posso dirvi che nei Comune di Rocca di Papa (RM) e Velletri (RM) a partire dal mese di maggio 2009 impongono di pagare la tassa x il trasporto di 1 salma che sia in entrata o in uscita la somma di € 150.00 poichè nei loro territori hanno 1 percentuale di decessi annui che varia dai 350 morti ai 450 annui, ovviamente a conti fatti avranno un introito sicuro che nel bilancio comunale avrà il suo peso, facendo i conti ogni anno avranno una somma pari ad € 52.500 fino ad arrivare ad € 67.500, sperando che tali somme vadano ad assicurare un servizio pubblico sempre migliore. meditate ……….
Mio fratello è morto nel 2014 nell’hospice di Rocca di Papa. Per portare la salma a ROMA ci hanno fatto pagare €500 di tassa!!! Non commento oltre. Speculano sullo stato d’animo dei familiari che in certi momenti non si mettono a discutere sui soldi. UNA VERGOGNA!!!
x Mara
abbiamo cercato nel sito del Comune di Rocca di Papa e non ci risulta che siano applicate tariffe per uscita di feretri di 500 euro. E’ propio sicura di quello che afferma?
x sig. Maximo
e sono ancora d’ accordissimo con voi
e se le dicessi che il comune riscuote in modo illeggittimo il diritto di entrata che le dicevo,con delibera in cui lo chiama ” autorizzazione trasporto salma non residente”, senza ,che come le ha prontamente messo in evidenza, non ha rilasciato nessuna autorizzazione visto che la salma viene da fuori comune, in misura di euro 250,00, cosa ne penserebbe???????
x Maximo
Salve vorrei fare una considerazone sul suo articolo appena letto e cioè…..
Sono D’accordo sul molte delle sue considerazioni però devo ripetermi ed essere sicuro che mi sia spiegato bene. Vorrei sapere da lei una considerazione precisa sulla richiesta da parte dell’ ente comune per entrata salma in cimitero, salma proveniente da altro comune.
tra l’ altro che il comune riscuote sotto forma di “autorizzazione al trasporto di salma non residente”.
E’ sbagliato. Il comune non può chiedere un diritto per per trasporto funebre in entrata nel cimitero a titolo di autorizzazione a trasporto funebre di non residente, in quanto l’autorizzazione al trasporto funebre in questione l’ha fatta un altro comune.
Può chiedere un diritto per la verifica che il defunto avesse o meno diritto ad essere sepolto nel cimitero del comune o in tomba presente nel cimitero.
La tariffa per rilascio di autorizzazione al trasporto funebre può essere richiesta solo dal comune di partenza di un feretro (sia che il trasporto si esegua interamente dentro il suo territorio, sia che avvenga per fuori comune). Aggiungo che l’importo in questione non è commisurato alla mancata esecuzione di un trasporto funbre (ex diritto di privativa), ma semplicemente per rilascio della autorizzazione.
x Francesco
mi pare lei dica alcune cose sensate, sostenute da non so quale livore contro il comune, unite ad altre errate, sempre con lo stesso livore.
La cosa sensata è che la privativa è illegittima, almeno per le nuove istituzioni dopo il 2001. Per quelle antecedenti occorre una deliberazione del consiglio comunale per levarla.
La cosa errata è la sua asserzione che il servizio pubblico a domanda individuale è tariffato con l’esazione del bollo.
Ma dove se l’è inventato?
Forse che quando va all’asilo, in biblioteca, a teatro, a pagare la illuminazione votiva, le operazioni cimiteriali, il trasporto funebre gestito in economia diretta dal comune ce la si cava con la marca da bollo?
A me pare Lei faccia volutamente una bella confusione!
Si legga la normativa di finanza locale prima di sparare sentenze!
Capirà che cosa è la classificazione economica di servizio pubblico locale.
E il rilascio di autorizzazione al trasporto funebre, nonché quello dell’autorizzazione alla sepoltura non sono servizi pubblici a domanda individuale.
Per venire alla faccenda della tariffa per rilascio di autorizzazione al trasporto funebre questa è fissata dal Consiglio comunale e poi, ad ogni variazione dalla Giunta municipale, sulla scorta degli indirizzi circa l’incremento tariffario di tutti i servizi. Per cui non c’entra nulla con la marca da bollo.
Invece è corretto che l’autorizzazione alla inumazione o alla tumulazione (un avolta chiamati permesso di seppellimento) sono da rilasciare senza spese e in carta libera.
Vede, la differenza tra la seconda e la prima è che la seconda è materia di stato civile, con espressa (di legge) previsione di rilascio in carta libera e senza spese. La prima, l’autorizzazione al trasporto funebre è materia del comune che fissa le tariffe come ritiene corretto. Poi sarà il comune a risponderne ai suoi elettori.
A proposito di risponderne: perché si danna tanto l’anima su diritti comunali, tariffe e bolli?
Non è che protestando contro “l’ingordigia comunale” svii l’attenzione sul ricarico che lei mette sulle forniture di beni e servizi in occasione di un funerale?
Vale proprio il detto che a guardare la paglizza nell’occhio altrui (leggi comune), rischi di non vedere la trave nel tuo di occhio!
Se un articolo di legge viene motivatamente definito abrogato in una sentenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato (quindi sentenzae finali di un iter giudiziario) è giustificato credere che sia stato abrogato. Le scuole di pensiero c’entrano poco. Il fatto grave è che i comuni continuano a fare orecchie da mercante grazie a gradite consulenze esterne. Non dimentichiamoci che il Comune di Novi fu condannato alla restituzione del maltolto (con prescizione decennale) dalla sentenza del TAR Piemonte del 26 LUG ’01 (antecedente Consiglio di Stato e Corte di Cassazione) con le stesse motivazioni) e che prudentemente non si appellò. Per ciò che riguarda i diritti comunali (nel senso di denaro che passa dalle tasche degli utenti a quelle del comune) per rilascio di Autorizzazione al Trasporto è difficile trovare una motivazaione se non altro perchè trattandosi di un servizio a domanda individuale è previsto che la tariffa venga assolta attraverso l’imposta di bollo: € 14,62 per la domanda + 14,62 per l’autorizzazione. Qualsiasi pretesa ulteriore è da considerarsi illegittima perchè così è previsto che si paghi questo semplice foglietto legalizzato aggiuntivo a ciò che è stato rilasciato in “carta libera e senza spese” (Autorizzaaazine al Seppellimento) e pretestuosa.
Smettendo di volare con tecnicismi e mettendo i piedi a terra concentriamoci ora sulla cronologia; l’art. 19 DPR 285/90 è stato abrogato il 13/6/90 e chi lo ha subito ne ha avuto danni enormi, ma l’AGCM solo nel’98 si accorgeva del drogaggio di mercato ed i comuni hanno continuato ad esercitare la privativa anche nel millenio seguente, direttamente (con travaso dei costi sul trasporto) o con privati ben contenti. Convenzioni multiple e accreditamenti (entrambi amorali ed illegittimi) portavano avanti le cose fino a non molto tempo fa, sempre per travasare denaro dalle tasche di qualcuno alle tasche di qualcunaltro magari con utili da parte di qualche terzo.
I diritti, nel solito senso, inventati ed illegittimi continuano ad essere estorti; ci si domanda fino a quando. Se dal 1925 siamo arrivati al 1998 per accorgerci che ci rubavano i soldi e poi siamo nel 2009 e ancora funziona con l’art. 19 od altro, la previsione è nera.
Dovere di ogni cittadino è di osservare la legge e di farla osservare e se qualcuno entra in casa nostra per rubare è nostro dovere opporci e non dire “si accomodi”, che è la cosa che stiamo facendo se non ci opponiamo.
Cosa si può fare? Una bella letterina al Sig. Sindaco con richiesta di restituzione dell’indebitamente versato. Se non risponde entro i 60 gg. basta trasmettere il tutto alla Procura della Repubblica con una denuncia per omissione in atti d’ufficio. Se risponde con le solite cose si può iniziare un iter giudiziario.
Chiudo in maniera definitiva perchè l’informaazione costa tempo e denaro e sprecar tempo su una tastiera, nel caso specifico, serve solo ad aumentarli.
Saluti a tutti.
Carlo dice che secondo lui il diritto al rilascio autorizzazione al singlolo trasporto,art. 24, è quanto meno leggittimo.
Francesco se ho capito bene è contrario in quanto mi dice che tale articolo non dovrebbe avere valenza patrimoniale.
Io chiedo se addirittura il comune puo richiedere somme esagerate per la sola entrata salma in cimitero comunale,salma proveniente da fuori comune.
Si ha, qui, un’impressione cioè quella che si confondano alcuni termini (e ciò non sarebbe la prima volta che avviene, in particolare per il fatto che ricorrano termini che hanno più significati).
In altre parole, un conto è il “diritto” ad esercitare un’attività in regime di privativa, altro è la titolarità all’esazione di somme a fronte di determinate situazioni.
Il primo, era (fino a che vigente) riferito, nella fattispecie all’esercizio del servizio di trasporto funebre nell’ambito del territorio comunale, disposizione un tempo regolata dall’art. 1, n. 8) del T.U. di cui al R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, che è ritenuto (almeno dalla dottrina maggioritaria) essere stato abrogato. Abrogazione che è motivata sulla base dell’art. 35, comma 12, lett. g) L. 28 dicembre 2001, n. 448, entrata in vigore il 1° gennaio 2002. Vi sono posizioni, minoritarie, che sosterrebebro come tale disposizione non abbia, quanto meno integralmente, determinata l’abrogazione del T.U. di cui al R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, posizioni che possono essere qualificate del tutto “deboli”, anche in termini di motivazioni ed argomentazioni (ma non possono, in ogni caso, essere ignorate).
Certo, vi sono stati orientamenti precedenti all’entrata in vigore della L. 28 dicembre 2001, n. 448 che avrebebro sostenuto come l’abrogazione del T.U. di cui al .R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578 sia antecedente, tesi che, ad un’analisi approfondita, non hanno grande fondamento (indipendentemente dal soggetto che vi abbia fatto riferimento) facendosi riferimento ad una riserva di legge, poiché il T.U. sopra citato era (fino a ché vigente) norma di rango primario. Prova della non sostenibilità di tale impianto interpretativo è il fatto che negli stessi atti in cui prima si afferma una ritenuta intervenuta abrogazione del medesimo T.U., poi si conclude “auspicando” una modifica (e di norma di rango secondario!) nel senso di un superamento di talune previsioni: ora, se l’abrogazione fosse effettivamente avvenuta, si doveva concludere come le norme secondarie che la richiamssero fossero, a loro volta, venute meno, limitatamente a questi richiami.
La questione non interessa, ormai, più dato che nel 2009 si è ben oltre il 1° gennaio 2002, data di entrata in vigore della L. 28 dicembre 2001, n. 448, considerandosi comunque oggi non più sussistente il titolo, la legittimazione da parte dei comuni di esercitare il servizio di trasporto funebre (quello a pagamento, unica tipologia (fino a ch erano vigenti entrambe le lett. a) e b) dell’art. 16, comma 1 d.P.R. 16 settembre 1990, n. 285) cui poteva applicarsi l’istituto dell’esercizio con il c.d. diritto di privativa (cioe’, in regime di monopolio legale).
Del tutto diversa la questione sulla titolarità a percepire somme in relazione ad attività amministrative, che non ha relazioni di sorta con il diverso significato del termine “diritto” considerato in precedenza.
Sotto questo ultimo profilo, si deve ritenere del tutto sussistente la titolarità del comune ad esigere somme (si usa questa terminologia al fine, esplicito, di prevenire confusioni che potrebbero derivare dall’uso di altre parole, specie se a significanze plurime) per l’espletamento di attività servizi e prestazioni, come nel caso di attività di servizio, d’istruttoria amministrativa e consimili. Oltretutto, non si può ignorare come la formulazione dell’art. 19, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (visto che a questa disposizione di fa riferimento, spesso e altrettanto spesso senza approfondirne il testo) presenti alcune, chiamiamole, criticità, dato che il presupposto (anzi, i presupposti) di questa percezione sono formulati in un dato modo: A) il comune non deve esercitare il servizio di trasporto funebre, a pagamento (quello dell’art. 16, comma 1, lett. a) d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (e, per inciso, la lett. b) risulta abrogata per effetto dell’art. 1, comma 7.bis, III periodo, D.-L-.27 dicembre 2000, n. 392, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2001, n. 26, in vigore dal 2 marzo 2001;ma la norma è stata redatta in precedenza), B) non deve esercitare il servizio di trasporto funebre, a pagamento, nelc omune con diritto (nel senso di cui alla prima parte) di privativa: ora, se ricorre la condizione A) (= non esercizio), la condizione B) non può proprio sussistere (poiché la condizione B implica quanto meno la condizione A), condizione che (nel passato) poteva effettuarsi sia SENZA che CON la scelta dell’istituto della c.d. “privativa”. Non solo, ma in presenza della condizione A) (= non esercizio), la norma prevede, tuttora, che il comune “consenta di eseguire a terzi”: se il servizio non è esercitato dal comune (indipendentemente dai modi o da altri aspetti), appare evidente come il servizio non possa che essere esercitato da terzi (rispetto al comune) per cui quel “consenta” assume un significato che non può essere riconducibile a quello che ne sarebeb proprio nel linguaggio comune.
Oltretutto, le attività poste in essere dal comune per l’istruttoria ed il rilascio delle autorizzazioni al trasporto, quale ne sia la percorrenza, non trovano corrispettivo in imposte o tasse, specie quando si tratti (come è il caso dell’imposta regolata dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 e succ. modif.) di imposte erariali, cioè a pro dello Stato. In queste fasi vi è un complesso di attività e prestazioni i cui oneri sono a carico del comune, la cui misura non può che essere determinata se non in misura non inferiore a quella che risulti dalla necessaria applicazione dei criteri stabiliti all’art. 117 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif., salvo che non si ritenga di ricondurle ai servizi considerati dal succ. art. 243 stesso T.U., il ché proprio non è in quanto il D.M. 31 dicembre 1983 (n. 18) considera tra questi ultimi il servizio di trasporto funebre e non l’attività istruttoria ed il rilascio dell’autorizzazione ad eseguire il singolo trasporto funebre.
In conclusione, apapre opportuno avere ben presenti le differenziazioni tra i diversi istituti, anche quando siano in uso termini che presentano una pluralità di significati (dato che l’identità di un termine avente più significati) può indurre in errori di valutazione.
Per Mimmo e a completamento di quanto scritto il 16 u.s.. L’art. 23 del DPR 285/90, che non può essere disgiunto dall’art. 24 (come invece hanno fatto in reg. Longobardia) non ha valenza patrimoniale ed è un atto dovuto. Da sempre le privative di trasporto sono state drogaggi di mercato per togliere denaro a qualcuno e farne incamerare ad altri. Finalmente nel 1998 l’AGCM ha detto la sua. Che si fa allora: si chieono indietro gli importi non dovuti e i comuni ai quali li ho chiesti non hanno trovato niente di meglio che rispondere che sono dovuti in base all’art. 19 punto 2 (con la consulenza di un noto amministrativista del nostro settore, che forse li ha accontetati per non perdersi i clienti) inquanto avevano dovuto mollare la privativa, ma l’art. in questione era da considerarsi ed è stato abrogato dall’entrata in vigore della L. 8/6/902 n. 142.
A Carlo non so che dire se non che il principio di legalità continua ad essere un principio del diritto e che il Comune è nel contempo oggetto e soggetto di diritto; in altre parole non può imporre balzelli che non siano previsti dalla legge. Nel caso specifico l’esenzione da IVA del servizio funebre e il rilascio di autorizzazione al seppellimento in “carta libera e senza spese” corrispondono a principi di socialità. Una sacrosanta verità e che se capita di spostare una salma tra due comuni che applicano “diritti comunali” si possono tirar fuori anche € 250,00 + naturalmente le due marche da bollo da 14,62 + i bollettini o le spese di bonifico. Se ci vogliono, ciò che per adesso non è, bene, ma se non ci vogliono mi pare doveroso, nell’interesse di chi ci concede fiducia, cercare di non darglieli. A questo punto si potrebbe decidere di andare avanti oppure continuare ad abbaiare. Dobbiamo solo dire grazie ai nostri colleghi, che, a spese loro e magari rischiando un giudice con l’acidità di stomaco o altro sono arrivati al Consiglio di Stato o in Corte di Cassazione. Non dimentichiamoci la causa di Vigevano (Reg. Pol. Mortuaria 1975 riportato pari pari nel DPR 285/90) che dopo aver vinto per 10 anni ed a giusta ragione si è visto dar torto in Cassazione in una manciata di minuti, guarda caso da colui che fu il primo presidente dell’AGCM.