Come accertare l’identità del de cuius prima del trasporto

Il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria (DPR 10 settembre 1990 n. 285) non contempla espressamente modi e procedure per stabilire con certezza gli estremi anagrafici e le generalità del de cuius, se non una targhetta metallica da apporre sulla cassa da cui evincere nome, cognome, data di nascita e morte del defunto (Art. 75 comma 11 per le bare da inumazione ed Art 77 comma 2 per quelle da tumulazione).

Non ha fondamento giuridico, quanto di prassi (per altro fondata e che – a parere personale appare anche condivisibile) un conferimento di tale responsabilità in capo al medico necroscopo.
Infatti, al medico necroscopo non può attribuirsi un onere di identificazione della salma (in forma diretta), ma la sua indicazione (si noti come qui abbiamo usato due vocaboli semanticamente differenti come ‘indicazione’ e “identificazione”).

Detto riconoscimento indiretto non può non derivare se non da un’identificazione operata altrimenti, nella specie, preferibilmente, da testimoni (esempio.: familiari, amici, ecc.) o da documenti (specie nel caso d i ricoveri in strutture di cura pubbliche o private). Non dobbiamo dimenticare come ai sensi del DPR 445/2000 cognome e nome, luogo e data di nascita, cittadinanza, stato civile e residenza possano esser provati mediante esibizione di documenti di identità.P5280086

L’operazione è molto più agevole quando tali dati possano esser desunti dal processo verbale redatto dall’Ufficiale di Polizia Giudiziaria coadiuvato da un medico quando ricorra la situazione di morte violenta o sospetta di esserlo di cui all’Art. 77 DPR 3 novembre 2000 n. 396 ed all’Art. 116 del Decreto Legislativo 28/7/1989, n. 271. In tali frangenti è lo stesso nulla osta rilasciato dall’Autorità Giudiziaria a fornire tutti gli elementi necessari.
Tuttavia tra riscontri attribuiti dal paragrafo 9.7 della circolare n. 24/93 del Ministero della Sanità all’autorità sanitaria (trattasi tra , l’altro di certificazioni non surrogabili da soggetti terzi ex Art. 49 DPR 445/2000) in quali rientrano nell’orbita dei compiti propri dell’AUSL, per la loro intrinseca natura sanitaria e di ente pubblico che la stessa possiede, si annoverano:
1. identità del cadavere ;
2. accertamento dell’avvenuto trattamento conservativo di cui all’art. 32 ;

3. rispondenza del cofano alle prescrizioni stabilite dall’art. 30 a seconda che :

– il feretro effettui un tragitto superiore a 100 km (in sostituzione dello zinco si può ricorrere ad un dispositivo impermeabilizzante ex D.M. 7 febbario 2002 e 9 luglio 2002)

– il feretro venga tumulato

– si sia in presenza di morto di malattia infettivo diffusiva o di cadavere portatore di radioattività.

La verifica feretro, tuttavia è “random” ossia a campione, essa invece risulta obbligatoria solo per i trasporti internazionali “in uscita” ossia dall’Italia verso l’Estero (Art. 29 lettera b DPR 285/90) ed in caso di cadavere portatore di morbo infettivo diffusivo (Art. 25 DPR 295/90)

Anche per l’introduzione entro i confini nazionali di cadaveri provenienti Paesi non aderenti alla convenzione internazionale di Berlino stipulata ormai nel lontano 10.2.1937, si rileva questa lacuna. Nella fattispecie in esame si applicano, infatti, le disposizione stabilite dall’Art. 28 del DPR 10.9.1990 n.285.

Il punto b) del comma 1 dell’art.28 richiede “altri eventuali documenti e dichiarazioni che il ministero della sanità dovesse prescrivere in rapporto a situazioni determinate”.

Il punto a) dello stesso comma 1 prevede unicamente “certificato della competente autorità sanitaria locale, dal quale risulti che sono state osservate le prescrizioni di cui all’art. 30.”, con l’indiretta conseguenza che le Autorità dello Stato di Partenza, confezionando il feretro secondo il dettato dell’Art. 30 DPr 285/90 debbono seguire non la loro legge, ma quella italiana e ciò risulterebbe una certa forzatura al principio della Sovranità degli Stati.

Tra gli eventuali documenti e dichiarazioni prescritti dal Ministero della sanità italiano, per il caso in esame, si può individuare unicamente quanto stabilito al punto 8.3 della circolare Ministero Sanità 24.6.1993 n.24. In detto paragrafo non è richiamata espressamente la necessità di identificazione del cadavere né quella di apposizione di sigillo, circostanza invece ripresa dal paragrafo 9.7 della citata circolare, ma non riferita in modo specifico al trasporto internazionale di salme.

Si registra comunque una certa asimmetria normativa, siccome i controlli di cui al paragrafo 9.7 della Ministero Sanità 24.6.1993 n.24, sono, invece, sempre obbligatori in caso di infetti ed, appunto, di trasporti in partenza dall’Italia diretti oltre i confini nazionali di cui all’29 DPR 285/90 (estradizione di feretri verso Paesi non aderenti alla Convenzione di Berlino).

A nostro avviso, al momento della partenza del feretro, l’autorità sanitaria del luogo deve in ogni caso controllare se per quella cadavere composto in un cofano a norma sono state osservate le misure tecniche e sanitarie dettate dagli art. 30 e 32 del DPR 285/90.

Conseguentemente detta Autorità Sanitaria Locale deve acclarare per il de cuius la corrispondenza della salma al certificato dal quale risulta la causa di morte e all’estratto dell’atto di morte.

Sarebbe difatti irrazionale ed errato accertare la situazione sanitaria di una salma che viaggia con documenti anagrafici non corrispondenti.

Per quanto riguarda la garanzia che nel corso del tragitto non avvengano sostituzioni di cadavere o comunque aperture del feretro per introdurvi oggetti o sostanze improprie, non resta che affidarsi alla legislazione del luogo di partenza, alle regole dei vettori o infine agli usi e consuetudini locali. Se quindi si ritiene utile un metodo che consenta di valutare se vi sono state aperture improprie del feretro, la norma italiana e la circolare applicativa nulla dispongono circa la competenza ad apporre un sigillo per trasporti internazionali di feretri in partenza da un Paese estero. Pertanto le funzioni citate possono essere richieste alle locali autorità sanitarie dello Stato di partenza del feretro.

Nella filosofia delle recenti leggi regionali in materia di servizi necroscopici, funebri e cimiteriali si è affermato un nuovo principio secondo cui la verbalizzazione del rispetto delle prescrizioni su caratteristiche della bara e sua chiusura va effettuata sempre in tutti i casi ed essa spetta non più ai vigili sanitari, ma direttamente all’incaricato del trasporto così come definito dal paragrafo 5 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n. 24,

Interessante è la soluzione adottata dalla regione Lombardia con il Regolamento Regionale n.1/2007 adottato ad integrazione e modifica del Regolamento Regionale n.6/2004

Ci concentreremo soprattutto sulla nuova formulazione dell’Art 36, commi 1 e 2.

Con la modifica al comma 1, vengono, infatti, precisate le modalità d’identificazione del cadavere.

Peraltro, a tale conclusione poteva pervenirsi ugualmente avendo presente la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio per la Riforma dell’Amministrazione, prot. n. 778/8/8/1 del 21 ottobre 1968, tuttora operante, da cui, evidentemente, le modalità considerate sono state mutuate, salvo che per quanto riguarda il numero delle testimonianze che, con la norma regolamentare così posta, possono essere limitate ad una.

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Carlo Ballotta

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3 thoughts on “Come accertare l’identità del de cuius prima del trasporto

  1. X Mauro

    Regione Emilia-Romagna? Bene siamo conterranei.

    Problema interessante, il Suo! “Roba” buona per azzeccagarbugli, causidici e legulei fanatici cultori della materia funeraria.

    La normativa di riferimento per la verifica feretro di cui al paragrafo 9.7 della Circ. Min. n24/1993 ora transitata in capo all’addetto al trasporto è Determinazione del Responsabile del Servizio Sanità Pubblica della Regione Emilia Romagna 6 ottobre 2004, n. 13871, adottata ex Art. 10 comma 13 della L.R. 29 luglio 2004 n. 19, in calce alla quale troviamo il modulo da compilare per la corretta redazione del cosiddetto verbale di chiusura cassa, sostitutivo della certificazione sanitaria per i trasporti funebri che originino e s’esauriscano all’interno del confini regionali.

    L’identificazione di una persona tramite testimoni integra un’ipotesi consolidata nella prassi amministrativa e trova un fondamento giuridico anche nella legge notarile del 1913.

    In materia di carta di identità, però, in particolare, l’art. 288 del R. D. 6.5.1940, n. 635 recante il regolamento per l’esecuzione del T.U.L.P.S., dispone che “La carta di identità costituisce mezzo di identificazione ai fini di polizia. Chi la richiede è tenuto soltanto a dimostrare la propria identità personale.”
    L’art. 289 del citato decreto, inoltre, prevede che “La carta d’identità deve essere rilasciata dopo rigorosi accertamenti sulla identità della persona richiedente, da eseguirsi, ove sia necessario, a mezzo degli organi di polizia”.
    Inoltre, si rende opportuno citare l’art. 292 del summenzionato regio decreto il quale specifica che, al fine di attestare l’identità personale, possono essere utilizzati anche altri documenti equipollenti, ovvero documenti rilasciati dall’ Amministrazione dello Stato e muniti di fotografia; pertanto, in tale contesto, non risulta possibile rinvenire alcuna espressa previsione normativa che consenta l’identificazione per mezzo di testimoni.

    Tuttavia, in questo caso, rilevata la lacuna legis, è applicabile, per analogia con il mondo…dei vivi, la Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio riforma dell’amministrazione – Prot. n. 778/8/8/1 del 21 ottobre 1968 Istruzioni per l’applicazione della legge 4 gennaio 1968, n. 15, recante “Norme sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione di firme”. Essa così recita: “[…omissis]

    L’accertamento dell’identità personale del dichiarante (nel nostro frangente…del de cuius) può avvenire in uno dei seguenti modi: conoscenza diretta da parte del pubblico ufficiale; testimonianza di due idonei fidefacienti dallo stesso conosciuti; esibizione di valido documento di identità personale, munito di fotografia, rilasciato da una pubblica autorità.

    I testimoni debbono quindi esser due, non pare, quindi, legittima, se ci atteniamo a questa circolare, la procedura (magari molto opportuna ai fini di una certa semplificazione burocratica) del far firmare l’atto ad un solo testimone; in realtà solo la Regione Lombardia sembra essersi posta la questione con il nuovo Art. 36 commi 1 e 2 del proprio regolamento regionale n. 6/2004 così come riformato e novellato dal Regolamento Regionale n.1/2007. Con questa riformulazione il numero di testimoni necessari è ridotto ad un minimo di uno.

  2. Regione Emilia-Romagna, nel verbale sul corretto confezionamento del feretro, redatto dall’incaricato al trasporto, l’identità del de cuius è verificata per conoscenza diretta o per identificazione da parte di testimoni (numero non precisato) o per presa visione di documento di identità. Quanti debbono esser i testimoni in questione? Ho visto attestati di garanzia per trasporto cadavere in cui compare una sola firma a questo punto di un unico testimone sottoscrittore. E’ corretta questa procedura?

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