Oggi parliamo di tecniche di costruzione e confezionamento di cofani funebri, esclusi, ratione materiae, i casi di feretri CoVid-19 positivi, per i quali vale la Circ. Min. Salute n. 818/2021, in via esclusiva e speciale.
1. La corretta lettura dell’Art. 30 DPR 285/90, nell’evenienza di trasporti internazionali, continua a suscitare perplessità.
Spesso, alcune imprese sollevano la questione dell’utilizzo della valvola depuratrice (Art. 77 comma 3), molto più pratica ed efficiente, soprattutto, in sostituzione delle obsolete fasce metalliche, per il trasferimento di cadaveri dall’Italia verso uno Stato firmatario della Convenzione di Berlino, o viceversa.
Tali ditte sostengono che, in base al paragrafo 9.2 della C.M. Salute n.24/1993, sarebbe finalmente possibile accantonare, in modo definitivo, le scomode reggette, senza più dovere sprecare tempo in operazioni di cerchiaggio, assolutamente antiestetiche e pericolose per il personale necroforo, perché potrebbero provocare ferite da taglio o fastidiose abrasioni.
La convenzione di Berlino, in molti suoi disposti, è assolutamente anacronistica: si riferisce ad un assetto geopolitico (si era alla vigilia della II Guerra Mondiale) tramontato da ormai 60 anni, di cui nessuno avverte la nostalgia (in Europa imperversava l’impero nazista), ma, sin quando non verrà novellata, deve esser osservata scrupolosamente.
Questo rilievo, allora, non è tecnicamente corretto poiché il paragrafo 9.2 della C.M.24/93 è relativo all’interpretazione dell’art. 30 del DPR 285/90, e nei trasporti internazionali le prescrizioni di cui all’art. 30 valgono solo nel caso di estradizione verso Stati NON aderenti alla Convenzione di Berlino, o rimpatrio feretri sempre eccettuati i Paesi firmatari dell’Accordo di Berlino.
2. La massa effettiva media di un feretro sta creando molti problemi, soprattutto per le imprese serie che vogliono rispettare lo spirito del D.lgs n. 81/2008 e s.m.i.
Come dimostrato già in tante occasioni, 4 necrofori quasi mai sono sufficienti per la movimentazione, in piena sicurezza di una bara.
Spesso molti impresari e gestori delle aree sepolcrali si chiedono se sia possibile, per ridurre il peso dei feretri, porre dei limiti di spessore massimo all’interno del regolamento di polizia mortuaria comunale.
Il DPR 285/90 pone delle prescrizioni minimali, ossia dei limiti da non eccedere in negativo cui necessariamente attenersi, ad esempio la cassa con le caratteristiche di cui all’Art. 30 deve avere assi spesse non meno di 25 millimetri, quindi un’asse di 23 mm è illegale, un’altra di 28, invece, sarebbe pienamente legittima.
All’interno di questo ipotetico range, in cui la Legge fissa solo un estremo (quello più basso), il comune potrebbe ritagliarsi qualche intelligente spazio di autonomia.
Elemento di supporto giuridico, di tale modifica regolamentare, è il penultimo capoverso del paragrafo 9.1 della circolare n. 24 del 24/6/93 del Ministero della Sanità.
Esso, infatti, così recita : “È opportuno che, per i cofani destinati alla inumazione o alla cremazione, vengano realizzati gli spessori minimi consentiti ed essenze lignee tenere, facilmente degradabili”.
In Lombardia, invece, all’alba della legislazione regionale sulla polizia mortuaria, con l’Art. 7 comma 3 della prima versione della L.R. n. 22/2003, fu la stessa regione ad autorizzare l’uso di feretri in legno dolce e non verniciato per ridurre i tempi dell’incinerazione e l’emissione di fumi inquinanti. Poi subito modificato nel regolamento attuativo, prevedendo un limite di 1 Kg. di vernici (come residuo secco).
3. Il vero problema, però, è sempre rappresentato dalla limitata sovranità di provvedimenti assunti da Enti Locali; un comune d’Italia e la stessa regione Lombardia non possono assoggettare ai loro requisiti costruttivi i feretri in arrivo o in partenza, che, nel trasporto, varchino i rispettivi confini rispettivamente comunali o regionali: dette restrizioni sul peso dei feretri (legno + zinco) avrebbero valore solo per i funerali, che si svolgessero completamente entro lo stesso distretto amministrativo.
Un alleggerimento dei cofani, purché quest’ultimi, garantiscano, pur sempre, un’adeguata tenuta meccanica, sarebbe funzionale a due scopi: minor sforzo durante la movimentazione ed agevolazione della scheletrizzazione grazie all’immissione nel ciclo cimiteriale di sostanze meno resistenti, nel tempo, ai processi disgregativi della materia biologica.
4. Il DPR 285/90 sembra non considerare ,in modo approfondito, questa seconda possibilità ed affronta il problema della biodegradabilità soprattutto in termini ablativi e negativi, vietando, con il comma 1 dell’Art. 75, per i feretri da inumare, l’impiego di materiali non facilmente aggredibili dai normali processi della decomposizione organica, mentre il comma 3 dello stesso articolo accenna all’uso di casse più “leggere”. Sarebbe di interesse valutare anche l’uso di materiali nuovi.
Ricordiamo come l’autorizzazione per nuovi materiali per bare (artt. 31 e 75 DPR 285/90) e per valvole o altri dispositivi (art. 77 DPR 285/90), anche dopo la riforma al Titolo V della Carta Costituzionale fosse rimasta, per lungo tempo, materia dello Stato, siccome tali fattispecie sarebbero state inquadrabili nella previsione di cui all’art. 115, comma 1, lettera b) del D.Lgs 112/98. Poi ai piani alti dei ministeri hanno – repentinamente – cambiato idea, riconoscendo, su queste ultime fattispecie autorizzative di natura tecnica e normativa competenza regionale, pur sempre entro una cornice stabilita, come prove da effettuare e obiettivi da raggiungere stabiliti dallo Stato (o meglio secondo gli indirizzi del Consiglio Superiore di sanità).
Quest’ipotesi, tuttavia, seppur ragionevole, non ha prodotto, negli oltre 30 anni passati dall’entrata in vigore del DPR 285/90, sostanziali cambiamenti o silenziose rivoluzioni nel comparto funebre e cimiteriale italiano, forse perché la stessa industria funeraria non è mai stata davvero interessata ad esplorare nuove frontiere e metodologie per la costruzione dei cofani.
Gli unici tentativi fatti sono passati attraverso la normativa UNI (11519 e 11520), osteggiata apertamente dal Ministero della salute.
5. Il legno, tutto sommato, è un’essenza nobile, antichissima e costosa, che ben si coniuga con il concetto di “pompa” funebre, ossia di sfarzo e sontuosità funeraria di cui il made in Italy ha saputo divenire grande protagonista, con produzioni di alta classe.