Con l’entrata in vigore della legge sulle liberalizzazioni (2006) gli operatori funebri si sono moltiplicati. A Brindisi hanno fatto i conti e da otto sono passati a venti in sei anni appena. Le agenzie e le imprese funebri si moltiplicano, sebbene gli investimenti per avviare un’attività in quel settore siano abbastanza onerosi: ogni dipendente assunto costerebbe all’anno da 25 a 35 mila euro. Un carro funebre viene più o meno 135 mila euro. Il furgone, 60mila euro. E sempre in osservanza della normativa regionale pugliese, ogni ditta dovrebbe avere alle dipendenze almeno quattro necrofori. A Brindisi, facendo i conti degli assunti, si scopre che esiste un ben pò di lavoro irregolare. Su questo argomento sta facendo un reportage senzacolonne.it che denuncia pure il sottobosco nelle strutture sanitarie, il solito giro di mazzette per conoscere i nomi dei defunti per primi. Uno spaccato della imprenditoria funebre locale che almeno si è avuto il coraggio di denunciare, contrariamente a molte altre città – anche del Nord – dove dopo una retata o una indagine, passato un paio d’anni si riparte con gli illeciti. Ma la colpa è sempre e solo delle imprese funebri o è anche di uno Stato assente in termini di leggi da emanare, di Comuni che latitano nei controlli, di aziende ospedaliere che si coprono occhi, orecchie e si turano pure il naso, di sistemi associativi funebri regionali e nazionali che spesso si riempiono la bocca di parole come moralità e poi alla prova dei fatti difendono l’orticello conquistato da qualche RAS locale?