Il Tribunale di Bari ha condannato il boss barese Antonio Di Cosola, da alcuni mesi collaboratore di giustizia, a 3 anni di reclusione al termine del processo cosiddetto ‘Caro estinto, su un presunto giro di tangenti legato al business dei funerali. Stessa condanna è stata inflitta alla titolare di una agenzia di pompe funebri, Rosa Porcelli, e a Pellegrino Labellarte, ritenuto il tramite fra il boss e gli infermieri in servizio all’obitorio dell’ospedale Di Venere di Carbonara che avrebbero segnalato i decessi. Di Cosola, Porcelli e Labellarte erano accusati di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Nei confronti del boss pentito, i giudici hanno inoltre riconosciuto le attenuanti generiche per il comportamento processuale. Altri due imputati, Francesco Perrini e Francesco Lattanzi, infermieri all’epoca in servizio al Policlinico di Bari accusati di peculato per essersi appropriati di materiale sanitario (come guanti in lattice e confezioni di cotone) conservato nell’obitorio, sono stati condannati alla pena di 2 anni di reclusione. Il Tribunale ha infine dichiarato il non luogo a procedere per prescrizione di tutti i reati per gli altri 43 imputati nel processo, accusati a vario titolo di associazione per delinquere, concussione, corruzione, abuso d’ufficio, peculato, estorsione e truffa.