Il Tribunale di Chieti, in persona del giudice Camillo Romandini, ha rigettato l’opposizione di una Società, costituita da cinesi e italiani, avverso l’ordinanza del sindaco del Comune di Casacanditella, Giuseppe D’Angelo, di confisca di oltre 350 bare funebri, sequestrate dalla Guardia di Finanza.
Ai cofani erano stati apposti, successivamente al sequestro, timbri falsificati di origine cinese. L’istruttoria ha acclarato che i marchi erano cancellabili addirittura con un dito. In pratica le bare, di bassa lega, venivano importate dall’estero, soprattutto dalla Cina, mediante Società di comodo costituite da cinesi e italiani e una volta in Italia sulle stesse prima di commercializzarle venivano apposti marchi di Imprese costruttrici cinesi.
Ciò violava la normativa di settore (DPR n. 285/1990) che prescrive per motivi di igiene che i timbri vengano apposti al momento della fabbricazione delle bare così da poter individuare la Società costruttrice e quindi la provenienza dei cofani. Sono ancora in corso indagini della Procura della Repubblica di Chieti in ordine al reato di violazione di sigilli finalizzato all’apposizione di timbri successivamente al sequestro delle bare.
Il Comune era difeso dallo studio legale Luciani – De Merolis di Francavilla al Mare.
La Società è stata condannata al pagamento delle spese processuali. A luglio scorso la finanza di Chieti aveva sequestrato complessivamente 1200 bare rinvenute in alcuni depositi, utilizzati da società gestite principalmente da cittadini cinesi, siti nei Comuni di Vacri, Casacanditella e Francavilla al Mare.
Secondo quanto emerso nel corso delle indagini si sarebbe creato un mercato al ribasso sia nella qualità dei prodotti che nella gestione dei servizi, ove allo sconto- ma non sempre- di un prezzo minore si accompagna una sacca di illegalità che favorisce l’evasione d’imposta ed il ricorso al lavoro nero.
E’ stato anche accertato che i soggetti coinvolti hanno presentato in dogana, all’atto dell’importazione dei cofani funebri, dichiarazioni doganali mendaci indicando una generica tipologia della merce importata (altri lavori di legno), fruendo dell’esenzione dai dazi doganali, e un valore unitario della merce in misura nettamente inferiore a quello reale, ottenendo, così, un pagamento minore dell’iva dovuta all’atto dell’importazione.
Si sarebbe dunque configurato il cosiddetto contrabbando intraispettivo e pertanto 4 persone sono state segnalate all’autorità giudiziaria per il reato di contrabbando aggravato previsto dagli artt. 292 e 295 del Testo Unico Leggi Doganali.