Sembra che chi lavora nelle pompe funebri si stia sdoganando e diventi sempre più oggetto della curiosità di scrittori, lettori e registi e telespettatori. Interessante la recensione fatta dalla Stampa del romanzo, Il dolore secondo Matteo, della non ancora trentenne Veronica Raimo. Di seguito si riporta un estratto dell’intero articolo “Le pompe funebri, che teatro” a firma di Renato Barilli, recuperabile sul sito www.lastampa.it
Filippo è il tramite attraverso cui il nostro protagonista entra nella carriera di funzionario in un’agenzia di pompe funebri, gestita dai genitori del compagno, il che costituisce il dato primo e più godibile del cinismo in cui si avvoltola il romanzo. Infatti, quale occasione più tipica di dolore, di compunzione dovrebbe essere data dalle pompe funebri? Ma il nostro Matteo, nel suo cinismo, ovvero, in un implacabile riferimento ai fatti nella loro crudezza, dimostra invece che i parenti afflitti vengono alle onoranze funerarie pronti a concedersi gratificazioni sessuali, erotiche, anche se non confessate. La vita ha bisogno della sua rivincita, deve pur giocare di contropiede, si direbbe in termini calcistici. E dunque il nostro Matteo se ne sta pronto, come un ragno, come un gatto sornione ad afferrare i topi, ovvero le fanciulle piangenti che in realtà in lui, nella sua apparente irreprensibilità, nel suo suadente savoir faire, credono di aver trovato ciò che fa per loro. Come è nel caso di Claudia, giovane fanciulla in lutto per la perdita del padre, pronta a convolare a giuste nozze con un conforme e mediocre Alberto, ma proprio per questo, per il grigiore del fidanzato, la giovane vuole fingersi storie di perversione con il disponibile Matteo, che come sempre, apparentemente neutro, imperturbabile, ostenta di stare al gioco, ma alla fine vuole dimostrare che quello messo in scena dai vari personaggi è solo un teatrino in cui cercano di fingersi per quello che non sono. [leggi l’integrale]