“Devotio” esposizione di arte sacra ed arredo liturgico

Si è tenuta nel quartiere fieristico di Bologna, al padiglione n. 33 la prima edizione di “Devotio”, mostra di articoli, accessori votivi, arredi liturgici e servizi avanzati per il mondo religioso.

La rassegna, articolata su quattro intensi giorni di apertura al pubblico, si è chiusa l’11 ottobre 2017 con un bilancio estremamente positivo per questo settore così atipico e di nicchia.

Hanno partecipato all’evento 123 espositori, con 1600 presenze totalizzate in quattro giorni: questa prima esperienza ha già evidenziato il carattere internazionale dell’iniziativa e l’attenzione verso il made in Italy e il prodotto di qualità da parte principalmente del mondo ecclesiastico (ma anche laico e civile) di tutto il mondo con la partecipazione di 36 Paesi visitanti, Italia compresa.

La manifestazione ha proposto diversi momenti di riflessione e dibattito a tutto tondo sul tema che ha caratterizzato e dominato tutto il cammino didattico di questa nuova sfida, “I cinque sensi nella liturgia”, tra particolari allestimenti artistici dal percorso sensoriale, con un davvero riuscito mix tra musica ed iconografia sacra, e convegni di approfondimento culturale.

Valentina Zattini, responsabile di Devotio, sottolinea come “i convegni si sono principalmente orientati alla formazione dei sacerdoti che spesso non hanno le stesse occasioni dei professionisti di poter praticare con regolarità un accrescimento continuo e dedicato. È stato incoraggiante aver visto già da questa prima edizione una buona risposta di presenze”.

Fra gli incontri più attesi si segnala quello su Chiese cimiteriali e liturgia delle esequie in occasione della cremazione, con un par terre d’eccezione, si annoveravano, infatti, tra il pubblico in sala diversi esponenti dell’imprenditoria funebre e cimiteriale, sia privata sia pubblica, senza poi contare il prezioso contributo di diverse società cremazioniste.

“Significati antropologici del trattamento dei defunti: morte e riti funerari nella preistoria e nell’antichità” è stato il tema sviluppato da don Fiorenzo Facchini, professore emerito di Antropologia presso l’Università di Bologna. l’argomento della cura del corpo umano nel post mortem, secondo il pensiero cristiano ( tra naturale disgregazione ed afflati di conservazione sine die) è stato trattato nelle relazioni unitarie “L’ultima Pasqua del cristiano: significato delle esequie e della sepoltura” e “Tradizione della sepoltura e pratica della cremazione: l’attuale normativa canonica” esposte da don Amilcare Zuffi, direttore Ufficio Liturgico Diocesi di Bologna e segretario della Commissione Regionale Emilia-Romagna per la Liturgia.

L’aspetto della progressiva cancellazione della morte e del morire, quasi a volerli negare, così da esorcizzarli nella loro tragica ineluttabilità, dai cardini valoriali della società contemporanea, sempre più secolarizzata, è stato ben illustrato da Claudia Manenti, architetto, con l’intervento “Rimozione della morte e luoghi della memoria”; l’Arch. Manenti ha anche proposto un esempio concreto del Nord Europa, laddove si fondono culture diverse e differenti sensibilità, frutto della pacifica convivenza tra cattolicesimo e dottrina delle chiese riformate, nell’approfondimento ”Sepoltura delle ceneri e liturgia battesimale nelle chiese cimiteriali della Germania”.

Considerazione a latere e molto personale: ad una precisa domanda sulla legittimità della pratica dispersionista per le ceneri, seppur in giardino delle rimembranze, ossia in luogo confinato ed interno al cimitero, la risposta, ai sensi del punto 7 dell’istruzione “Ad Resurgendum cum Christo” la risposta delle autorità ecclesiastiche, è stata negativa e tranchant: essa non è ammessa, punto!

Capiamo la ragioni anche profonde di Santa Romana Chiesa sullo sversamento delle ceneri in natura (concezioni panteistiche, materialistiche o pervase da nichilismo del post mortem, le quali lasciano perplesso anche i più convinti dispersionisti…ma in terra consacrata), ma nel nostro ordinamento di polizia mortuaria (quando scade la concessione, ad esempio, e nessuno la rinnova) anche le ceneri tumulate in sepolcro privato sono irrimediabilmente destinate allo sparpagliamento in forma massiva, promiscua, anonima ed indistinta in cinerario comune.

Ci chiediamo provocatoriamente: ll D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 all’art. 80 comma 6 è forse sotteso da una velata blasfemia o da indomito spirto anticristiano? E le ceneri non richieste provenienti da cremazione di resti mortali non richiesti non sono forse avviate, quali res nullius, alla medesima sistemazione irreversibile? Non parliamo poi della calcinazione delle ossa contenute in ossario comune.

La singolarità della sepoltura privata e dedicata è uno status privilegiato a tempo determinato, per definizione; altrimenti i nostri già tentacolari cimiteri strariperebbero e deborderebbero, oltre il limite della saturazione di per sè pure gravemente patologica essendo l’attività cimiteriale, per sua intima natura ciclica e senza soluzione di continuità.

Abbiamo come la strana sensazione che ai piani alti delle gerarchie ecclesiastiche non abbiano contezza del problemi, molto terreni, insiti della gestione del fenomeno funerario, da uno come Papa Francesco ci saremmo aspettati un’apertura più coraggiosa, tuttavia chi vi scrive da cattolico, con un malcelato dispiacere nel veder frustrate le sue speranzose attese di accoglimento di questa forma di trattamento delle ceneri, si adeguerà alla normativa canonica condita e condenda (del doman non v’è certezza, men che meno nell’ambito del diritto funerario!). Tanto la fine è già segnata: cinerario comune e chi sì è visto s’è visto….

E se poi, nel corso dei secoli, sopprimono in cimitero? Dove saranno custodite le intangibili urne cinerarie….Mah, per adesso ci fermiamo qui!

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