Tra complessità e complicazioni, elaborazione permanente, piattaforme programmatiche e saggi che discettano il carrozzone della polizia mortuaria italiana, questa sta conoscendo una stagione di forti destabilizzazioni e riallineamenti alla ricerca di una sua coerenza interna ancora tutta da inventare.
I seminari on line sui servizi funerari, mai come quest’anno, diverranno pertanto un “must”, un appuntamento imperdibile per tutti i fans o gli operatori della polizia mortuaria un po’ come accade con il concerto di Vasco a San Siro per tutti noi italici rockettari impenitenti.
Il programma è particolarmente appetibile ed intrigante: si tratta di capire effetti e contraccolpi causati da un passaggio anche piuttosto brusco, tra momenti di stallo paralizzanti e accelerazioni scorbutiche, da una normativa articolata sostanzialmente su due livelli, e con un ferreo rapporto gerarchico, ad un quadro che si sviluppa su più piani[1] e per diverse materie con competenze ora esclusive ora di legislazione concorrente.
Insomma, se volessimo trasporre e geometrizzare l’ordinamento di polizia mortuaria in un modello “esploso” vedremmo una figura a tre dimensioni poliedrica, complessa ed in perenne divenire poiché attraversata lungo le sue direttrici da mille linee di tensione; essa, infatti, è ben lungi dall’aver finalmente raggiunto una posizione stabile e certa.
I rapporti tra normazione locale e potestà statuale, in un quadro di pari ordinazione, tra i diversi ambiti di governo, in effetti, sta ingenerando diversi problemi interpretativi proprio riguardo all’applicazione delle norme.
La situazione è, pertanto, fluida e, come è evidente, i processi di trasferimento di funzioni e responsabilità, già difficoltosi per natura, diventano ancor più complessi nell’attuale fase di transizione ad un modello di amministrazione decentrato.
Vi esortiamo a ricorrere liberamente alla tecnica narrativa del flusso di coscienza, in cui si ravvisano sempre le dinamiche di condensazione e spostamento tanto care alla nebulosa letteratura decadente, attraverso macroaree tematiche, sui passaggi di maggior interesse vissuti nella realtà del vigente diritto funerario.
La polizia mortuaria, ossia il complesso dei servizi necroscopici, funebri, cimiteriali e delle relative funzioni istituzionali, esercitate dalle autorità preposte (comune in primis, ma anche A.USL), è un fenomeno meramente tecnico-sanitario a rilevanza giuridica, quindi, anche se essa non raggiunge le vette di sublime astrazione da paradiso dantesco delle fattispecie del diritto penale, esige pur sempre, per una sua piena comprensione, un elemento fondamentale: la massima precisione del linguaggio, come, del resto, ci insegnano i “guru” della giurisprudenza a proposito di tutto lo scibile legale.
I relatori Vi promettono, sin d’ora, che i lavori saranno condotti con una tattica di comunicazione piuttosto innovativa, sovvertendo il classico rapporto verticistico tra il docente e l’uditorio tipico di tanti convegni piuttosto cattedratici, dove il potere di parlare (ed in qualche misura di esistere come soggetti attivi) è limitato, gelosamente, al conferenziere.
Siccome tutto il comparto funebre e cimiteriale naviga “a vista” in un contesto piuttosto magmatico e decostruito dove a colpi di leggi regionali, determine, direttive e delibere si sta smantellando il sistema normativo[2] piuttosto rigido del DPR 285/90, la scelta obbligata è consistita nel rimuovere, o razionalizzare tutte le sovrastrutture, anche terminologiche e semantiche, sino a raggiungere un faticoso denominatore comune, e, dunque, un vocabolario da tutti condiviso che non può più essere il solo DPR 285/90, proprio perché esso nasce dalla combinazione “ragionata” e contemperata delle diverse esperienze e prassi locali.
Sarete , così, Voi “studenti” ad aprire subito il dibattito, enucleando quam celerrime le questioni strategiche su cui si incardinerà lo sviluppo logico del seminario, e su questo canovaccio di continui feed back cercheremo di costruire tutto il percorso didattico che ci renderà edotti sulla nuova forma di una polizia mortuaria in fieri, (de)strutturata come una rete fluttuante senza più un centro, in cui gli unici margini di certezza sembrano essere, ad oggi, i limiti territoriali ed i diritti di civiltà[3].
In ultima analisi ci accorgeremo -insieme – di essere linguaggi e problemi diversi, in quanto, nel tessuto della polizia mortuaria italiana si rileva una fortissima discrasia dovuta non solo alle riforme su scala regionale ma anche alla variabile impazzita della cremazione che s’impone come un convitato di pietra all’attenzione di tutti gli studiosi della materia funeraria.
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[1] Mutuando una felice espressione della grammatica italiana potremmo asserire che gli elementi della legislazione funeraria si relazionano trasversalmente tra di loro secondo legami in parte di paratassi (coordinazione) in parte di ipotassi (subordinazione).
[2] Anziché seguire il criterio adottato in altre Regioni in passato e cioè chiarire esplicitamente quali fossero gli articoli modificati del DPR 285/90, altra filosofia riformatrice sceglie la strada di modificare con il nuovo enunciato, senza abrogazione esplicita, parti del DPR 285/90, senza richiamarlo, se non nella relazione di accompagnamento. In talune altre parti si richiamano invece esplicitamente flussi informativi, modulistica e autorizzazioni della normativa statale vigente.
Ne discende un utilizzo della tecnica legislativa che si presterà a notevole contenzioso, non essendo chiaro cosa resti in vigore e cosa venga modificato.
[3] Tra questi dobbiamo necessariamente annoverare i diritti della personalità come il potere di decidere per sé stessi e per i propri congiunti anche per il post mortem.