La Festa dei morti in Sicilia

Si narra che nella notte tra l’1 ed il 2 novembre i defunti visitassero i cari ancora in vita portando ai bambini dei doni. Per riceve i defunti i bimbi prima di andare a letto, preparavano sul tavolo della cucina un bicchiere d’acqua e un tozzo di pane che sarebbero serviti per dare il benvenuto ai visitatori notturni. Altri ancora scrivevano una lettera ai defunti, un pò come oggi si fa con Babbo Natale. E ancora c’era chi invece del pane e dell’acqua preparava un vassoio di trucioli fatti ritagliando la carta di giornale. La mattina una volta svegli i bambini cercavano i doni nascosti in casa, dando vita ad una gioiosa caccia al tesoro. Dopo aver scartato i regali ci si preparava per far visita ai propri cari al cimitero. Altra usanza che va perdendosi è legata i dolci tipici di questa ricorrenza. Si vendono sempre meno i “morticini”, biscotti croccanti dal sapore e dal profumo intenso di garofano, la frutta secca, e soprattutto la frutta martorana che le abili mani dei pasticceri sanno plasmare dandole le forme più svariate.

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3 thoughts on “La Festa dei morti in Sicilia

  1. Secondo il libro intitolato “GLOBAL-MENTE – metafore culturali per capire 17 Paesi” [nell’era della mondializzazione] di Martin J. Gannon, in Sicilia i colleghi delle pompe funebri sono capaci di ben altro come, ad esempio, ingaggiare prefiche per accompagnare il rito delle esequie.

    Nell’Antica Roma le prefiche erano donne che che, dietro richiesta, ed ovvio pagamento della prestazione, piangevano un defunto e ne cantavano l’elogio.

  2. Ciao, ma è vero che in Sicilia può capitare che ci siano persone che si offrono a pagamento per sostituire altre persone ai funerali?

  3. IL MENÙ FUNERARIO IN SICILIA

    Il funerale, nella mentalità siciliana è vissuto come una fortissima occasione sociale in cui magari si rinsaldano vincoli di amicizia o parentela che, forse, durante gli anni si erano allentati o indeboliti.

    Nella stanza dove c’è il morto, naturalmente, si parla a bassa voce e non si fuma.

    Il defunto è stato vestito, abito scuro, camicia bianca, cravatta scura, calze e scarpe nere.. Le mani sono incrociate sul petto e l’impresa di pompe funebri si assicura che esse stringano un Rosario.

    Scarpe e Rosario, spesso vengono fornite dall’agenzia.

    Si istituiscono dei turni di veglia, perché la salma non può mai esser lasciata sola.
    Nelle altre stanze i partecipanti si incontrano e chiacchierano.

    Per la tradizione mediterranea ogni momento di socializzazione che si rispetti, deve sempre prevedere anche la fase istituzionale del convivio, dove i famigliari ed amici si relazionano mentre consumano insieme vivande.
    Insomma il banchetto funebre, sin dalla più remota antichità, ha sempre rivestito una funzione rituale.

    Chi si occupa, allora, dei cibo?
    Certo, nessuno dei componenti della famiglia ha fame, ma vero è anche che bisogna pur mangiare non fosse altro per “conservare le energie” dissipate in lacrime ed afflizione.

    Ma nessun dolente, ovviamente, pensa a cucinare in certi frangenti.

    Scatta così l’operazione “consolo” o “consolato”.
    A spadellare sono i vicini di casa, e non farciscono certo banali panini: il “consolo” ha il suo rigido menù: pastina in brodo di pollo e pollo lesso all’insalata.

    C’è, comunque, chi interpreta il “consolato” in modo estensivo e porta in casa del morto ogni bendiddio, dalla pasta al forno agli involtini di pesce spada. Senza dimenticare il vino. Alla fine, ci si alza da tavola perché è il momento di andare , i necrofori, infatti, con saldatore e stagno stanno già chiudendo la cassa.

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