Ma dove sono sepolti i cinesi morti?

Pubblichiamo la bella inchiesta giornalistica dal titolo “I funerali invisibili degli immigrati. Ecco come funziona l’ultimo viaggio”a firma di Margherita Grazioli, pubblicata sulla Gazzetta di Mantova del 25/8/2008. Ne consigliamo la lettura.

L’INTEGRAZIONE E LE TRADIZIONI
I funerali invisibili degli immigrati
Ecco come funziona l’ultimo viaggio
I cinesi anziani tornano in patria per morire
I bangladesi fanno una colletta per il trasporto

Mantova è una delle province a più alta densità di immigrati. Tanti uomini e donne che nascono oppure si trasferiscono sul nostro territorio alla ricerca di fortune migliori. Sappiamo molto dei viaggi con cui arrivano qui. Ma ben poco dell’ultimo: i funerali degli stranieri sembrano invisibili. Quanti possono dire di aver assistito al funerale di un esponente della comunità cinese o marocchina nelle nostra città? Che fine fanno le salme degli extracomunitari che decedono in Italia? Esistono usanze funebri particolari? Curiosità comuni a molti italiani. Tanto da alimentare anche leggende metropolitane sulle reali sorti delle salme, che sarebbero fatte sparire per riciclare l’identità del morto e rivenderla ad un immigrato in arrivo.
Una prima risposta su questa ‘invisibilità’ la offrono proprio gli stranieri appartenenti alle comunità più numerose sul nostro territorio: cinesi, marocchini e bangladesi.
«I nostri anziani preferiscono ritornare in Cina prima di morire – spiega una ristoratrice cinese residente a Mantova da più di vent’anni – perchè per tradizione è importante per loro essere sepolti nel paese d’origine».
A quanto pare tuttavia le abitudini dei cinesi stanno lentamente cambiando, complice l’età media di quelli residenti in Italia.
«La nostra è una comunità con pochi anziani, in quanto si trasferiscono qui i più giovani e intraprendenti – racconta ancora la ristoratrice – e col tempo l’integrazione è sempre maggiore. Se un giovane muore la sepoltura viene disposta in genere qui in Italia».
La giovane età dei cinesi presenti sul territorio rende la casistica dei lutti meno probabile, e le tradizioni spiegano il perchè sia molto difficile assistere al funerale di un anziano esponente della comunità cinese.
L’integrazione sta tuttavia giocando un ruolo fondamentale nel modificare le abitudini legate ai lutti.
Non sembra valere lo stesso ragionamento per marocchini, indiani e bangladesi. La tradizione e l’attaccamento al Paese d’origine sono il cuore dell’atteggiamento tenuto da queste comunità nel caso del decesso di uno di loro.
Bangladesi e indiani tengono in modo particolare a riportare la salma del caro estinto in patria. E riuscirci diventa un obiettivo che coinvolge l’intera comunità presente in città.
«Tutti noi preferiamo riportare i nostri cari in Bangladesh, una volta morti – spiega Bagom Afroza, proprietario di un negozio alimentare etnico in viale Risorgimento – per noi è una cosa molto importante. Vogliamo officiare il rito funebre secondo le usanze del nostro Paese».
In Bangladesh i funerali si svolgono prevalentemente nelle moschee e, a differenza dei funerali italiani, il morto non viene composto, ma semplicemente coperto di veli bianchi.
Una volta avvenuto il funerale, i più ricchi spesso scelgono di seppellire il defunto nel giardino di casa. Una sorta di cimitero personale, per avere sempre accanto il caro estinto.
«Per coloro che non hanno le disponibilità economiche per far rientrare la salma in patria – spiega Afroza – si organizza una colletta fra tutta la comunità bangladese della città. Ovviamente l’offerta è libera, ma si chiede a tutti di contribuire».
«I soldi servono per pagare il servizio alle pompe funebri – conclude il commerciante – non tanto il trasporto aereo. La compagnia di bandiera bangladese permette di effettuare il rimpatrio della salma con forti sconti se non gratis».
Segno che l’usanza di seppellire i defunti in patria è un’usanza particolarmente radicata nella comunità.
Un discorso simile vale anche per la comunità marocchina.
«Viste le nostre tradizioni per i funerali e il costante desiderio di tornare in patria, chi muore qui viene riportato in Marocco per la sepoltura» racconta una collaboratrice domestica marocchina. In patria il funerale viene celebrato nella moschea, e il lutto viene osservato per quaranta giorni.
Una volta finito, festa a base di cous cous, inviato anche alla moschea affinchè si preghi per l’anima del defunto. Ma anche per i marocchini riportare la salma in patria non è sempre facile. E soprattutto economico.
«Anche noi organizziamo raccolte di fondi tra familiari e amici per chi non è in grado di permettersi il trasporto aereo della salma».
La diffusione della colletta non sfugge a chi ha a che fare ogni giorno con gli immigrati.
«Questa pratica è piuttosto frequente – spiega Vittorino Marinoni dell’Anolf Cisl – tanto più che è stata abolita la legge che prevedeva per gli extracomunitari meno abbienti un fondo dell’Inps per riportare le salme dei parenti in patria».
Decisione invisa al sindacalista, che ritiene che in questo modo ci si presenti «socialmente scoperti» di fronte a un fenomeno di vaste proporzioni.
Sta di fatto che a tutt’oggi le spese sono interamente a carico dei familiari. Eppure, nonostante il peso economico, questa scelta è praticata dalla maggior parte degli stranieri. Ma come ha luogo tutta la procedura per il rimpatrio della salma? Tutto viene organizzato dalle agenzie di onoranze funebri. «Molto spesso la famiglia o la comunità di appartenenza si occupano autonomamente di organizzare composizione della salma e rito funebre officiato da un connazionale prima di rivolgersi a noi – spiega la Tea Onoranze Funebri – e le pratiche per il rimpatrio vengono eseguite secondo i regolamenti di polizia mortuaria. L’agenzia si occupa della documentazione necessario e dei particolari del trasporto». E le tariffe? Impossibile stabilirne una uniforme. «Tutto dipende dal Paese dove rimpatriare la salma, dall’aeroporto di partenza e dallo spedizioniere» spiega Maffioli. Il costo medio tuttavia, secondo le onoranze funebri Gusberti, si aggira sui 3mila euro. E da dove partono le salme? «In genere le partenze vengono organizzate da Bologna e soprattutto da Malpensa» spiegano gli operatori del settore. Ma quanto è consistente in termini di traffico aeroportuale questo servizio? Secondo i dati in possesso di uno dei servizio cargo dell’aeroporto milanese di Malpensa, Mle, solo nel primo semestre di quest’anno sono partiti alla volta dei paesi d’origine quasi 200 defunti.
Ma cosa succede a chi non può permettersi di esportare la salma e opta per la sepoltura in Italia? «I musulmani richiedono prevalentemente la sepoltura a terra. E se possibile con la bara rivolta in direzione della Mecca – spiega un responsabile della Tea Onoranze Funebri – mentre gli indiani chiedono di essere cremati». E il fenomeno della tumulazione in Italia sembra essere in continua crescita. «Il trasporto delle salme sta subendo negli anni un lento calo – conclude la Tea – perché coi ricongiungimenti familiari a volte nel paese d’origine non è rimasto nessuno. E vista la giovane età della popolazione straniera, nei prossimi vent’anni questa tendenza si renderà sempre più evidente».

Fonte: La gazzetta di Mantova

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