ALL.1
COORDINAMENTO TECNICO PER LA PREVENZIONE
DEGLI ASSESSORATI ALLA SANITÀ DELLE REGIONI E PROVINCE
AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO
Decreto Legislativo n. 626/94
DOCUMENTO N. 14
LINEE GUIDA SU TITOLO V
La movimentazione manuale
dei carichi
Versione definitiva approvata il 16/7/1996
dalle Regioni e Province autonome
di Trento e Bolzano e dagli Istituti centrali
Regione referente : Lombardia
1. INTRODUZIONE
Le affezioni cronico-degenerative della colonna vertebrale sono di assai frequente riscontro presso collettività lavorative dell'agricoltura, dell'industria e del terziario. Esse, sotto il profilo della molteplicità delle sofferenze e dei costi economici e sociali indotti (assenze per malattia, cure, cambiamenti di lavoro, invalidità) rappresentano uno dei principali problemi sanitari nel mondo del lavoro.
Il National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH - USA) pone tali patologie al secondo posto nella lista dei dieci problemi di salute più rilevanti nei luoghi di lavoro.
Negli Stati Uniti il low-back pain determina una media di 28,6 giorni di assenza per malattia ogni 100 lavoratori; le patologie del rachide sono la principale causa di limitazione lavorativa nelle persone con meno di 45 anni e gli indennizzi per patologie professionali della colonna assorbono il 33% dei costi totali di indennizzo. È stato stimato che, per tali affezioni, i settori produttivi dell'industria statunitense spendono ogni anno una somma di circa 20.000 miliardi di lire italiane per trattamenti e compensi assicurativi.
Nei Paesi Scandinavi la media di giorni di assenza per low-back pain è di 36 per 100 lavoratori ed il 25% delle pensioni per invalidità lavorativa sono dovute a spondiloartropatie croniche lombari.
In Gran Bretagna si registra una media di 32,6 giorni di malattia per low-back pain ogni 100 lavoratori: fra questi il 4% cambia ogni anno lavoro per patologie della colonna vertebrale.
In Italia, le sindromi artrosiche sono, secondo ripetute indagini ISTAT sullo stato di salute della popolazione, le affezioni croniche di gran lunga più diffuse.
D'altro lato, le affezioni acute dell'apparato locomotore sono al secondo posto (dopo le affezioni delle vie respiratorie comprendenti anche le sindromi influenzali) nella prevalenza puntuale di patologie acute accusate dagli italiani.
Ancora in Italia, le sindromi artrosiche sono al secondo posto tra le cause di invalidità civile. Secondo stime provenienti dagli Istituti di Medicina del Lavoro, le patologie croniche dei rachide sono la prima ragione nelle richieste di parziale non idoneità al lavoro specifico. Tra gli infortuni sul lavoro, la lesione da sforzo, che nel 60-70% dei casi è rappresentata da una lombalgia acuta, non fa registrare alcun trend negativo nonostante vi siano ampi fenomeni di sottostima per via di omesse registrazioni.
Gran parte delle affezioni qui citate, trovano in specifiche condizioni lavorative un preciso ruolo causale o concausale. In particolare in letteratura è ormai consolidato il rapporto esistente tra attività di movimentazione manuale di carichi ed incremento del rischio di contrarre affezioni acute e croniche dell'apparato locomotore ed in particolare del rachide lombare.
Questa constatazione ha spinto alcuni paesi occidentali ad emanare specifiche normative e standards rivolti a limitare l'impiego della forza manuale nello svolgimento delle attività lavorative; sono di rilievo in tal senso la guida dello statunitense NIOSH (1981) per il sollevamento dei carichi e la legislazione svedese (1984) sull'argomento.
L'esperienza italiana dei servizi di medicina del lavoro sulla materia si è sviluppata a partire dalla metà anni '80 ed è stata in grado di dimostrare l'esistenza di specifici rischi lavorativi in diversi contesti in cui vi è un largo ricorso alla forza manuale: addetti all'edilizia, operatori mortuari, addetti all'industria ceramica, cavatori, operatori ospedalieri, addetti alle operazioni di facchinaggio, sono tutte categorie in cui è stato possibile dimostrare un eccesso di patologie riconducibili ala concreta condizione lavorativa.
2. PRECEDENTI NORMATIVI
Va registrata una relativa povertà della preesistente normativa italiana sulla materia.
Una antica legge, la n. 635 del 1934, determina in 20 kg il peso massimo sollevabile dalle donne adulte.
La legge 1204/71 sulla tutela delle lavoratrici madri stabilisce che le donne in gestazione e fino a sette mesi dopo il parto non devono essere adibite al trasporto e sollevamento di pesi.
La legge 977/67 relativa al lavoro dei fanciulli (minori di 15 anni) e degli adolescenti (minori di 18 anni) determina (seppure con riferimento al lavoro agricolo) i pesi massimi trasferibili dagli stessi differenziando per sesso (fanciulli M = 10 Kg - F = 5 kg, adolescenti M = 20 kg - F = 15 kg).
Questi richiami, come si vedrà, risultano ancora oggi utili a determinare le condizioni di accettabilità in funzione delle specifiche caratteristiche individuali, quali il sesso e l'età dei lavoratori coinvolti in attività di movimentazione manuale.
3. IL TITOLO V DEL D.Lgs 626/94
In tale Titolo, con tre articoli (n. 47, 48, 49) ed un allegato (allegato VI) viene recepita la direttiva comunitaria n. 269/90 in modo sostanzialmente immodificato sia pure in un quadro di congruenze con l'intero testo del decreto. Con riferimento al testo dei tre articoli in questione valgono le seguenti note e considerazioni.
a) L'articolo 47, che definisce il campo di applicazione, chiarisce in particolare che cosa si intende per azioni od operazioni di movimentazione manuale di carichi, ricomprendendo fra esse non solo quelle più tipiche di sollevamento, ma anche quelle, rilevanti, di spinta, traino e trasporto di carichi che "in conseguenza di condizioni ergonomiche sfavorevoli comportano, tra l'atro, rischi di lesioni dorso-lombari". Si noti che il significato dell'inciso "tra l'altro è ovvio: nella movimentazione manuale di carichi vi sono altri tipi di rischio quali quelli di infortunio o per altri segmenti dell'apparato locomotore diversi dal rachide dorso-lombare (es. cumulative trauma disorders del tratto cervicale e degli arti superiori) o ancora per altri apparati (es. cardiovascolare) che pur non essendo l'oggetto principale dell'attenzione del Titolo V, andranno comunque considerati sulla scorta delle indicazioni dello stesso D.Lgs. 626/94 e di altre norme di carattere generale o particolare;
b) L'articolo 48 identifica gli obblighi specifici del datore di lavoro delineando una precisa strategia di azioni. Tale strategia, riassunta nello schema di flusso più avanti proposto, prevede nell'ordine di priorità:
1. l'individuazione dei compiti che comportano una movimentazione manuale potenzialmente a rischio (presenza di uno o più degli elementi di rischio riportati nell'allegato VI).
2. la meccanizzazione dei processi in cui vi sia movimentazione di carichi per eliminare il rischio.
3. laddove ciò non sia possibile, l'ausiliazione degli stessi processi e/o l'adozione di adeguate misure organizzative per il massimo contenimento del rischio.
4. l'uso condizionato della forza manuale. In quest'ultimo caso si tratta prima di valutare l'esistenza e l'entità del rischio e di adottare le eventuali misure per il suo contenimento tenendo conto di quanto riportato nell'allegato V1°.
5. la sorveglianza sanitaria (accertamenti sanitari preventivi e periodici) dei lavoratori addetti ad attività di movimentazione manuale.
6. l'informazione e la formazione (art. 49) degli stessi lavoratori che, per alcuni versi, si struttura come un vero e proprio training di addestramento al corretto svolgimento delle specifiche manovre di movimentazione manuale, previste dal compito lavorativo.
Di grande interesse è, per altro verso, l'esame dell'allegato VI.
Esso infatti fornisce un'ampia lista dei diversi elementi lavorativi ed individuali che, se presenti, da soli o in modo reciprocamente interrelato, comportano un rischio più o meno elevato per il rachide dorso-lombare.
Di tali elementi, fra loro integrati, va tenuto in debito conto tanto in fase di valutazione preliminare del rischio quanto in fase di verifica dell'adeguatezza dei provvedimenti adottati per il contenimento del rischio medesimo.
L'allegato è il frutto dell'accorpamento dei due allegati originari alla direttiva CEE 269/90 dedicati rispettivamente ai fattori lavorativi e ai fattori individuali di rischio.
Il testo è rimasto immodificato fatto salvo l'inserimento di una specifica quantitativa (30 kg) posta tra parentesi dopo l'espressione "La Movimentazione Manuale di un carico può costituire un rischio tra l'altro dorso-lombare nei casi seguenti: il carico è troppo pesante".
Tale specifica quantitativa merita alcune notazioni :
a) sotto il profilo letterale con essa si afferma soltanto che 30 kg è comunque un peso di carico troppo pesante: se ne desume per converso che, anche essendo ininfluenti gli altri elementi e fattori riportati nell'allegato, il massimo peso di carico movimentabile individualmente è comunque inferiore a 30 kg.
b) appare ingenuo pensare che possa esistere una sorta di peso limite eguale (in questo caso 30 kg) per i diversi tipi di azioni di movimentazione manuale. Ciò che è possibile fare in condizioni di impegno accettabile è ben diverso infatti a seconda che si esegua una azione di sollevamento, piuttosto che di trasporto in piano o addirittura di traino o spinta. Il valore di 30 kg pertanto, va riferito ad azioni di sollevamento perché per altri generi di azioni (es. spinta di carico su carrello manuale) lo stesso peso di 30 kg risulterebbe addirittura ridicolo.
c) sul piano più generale l'esistenza di un sovraccarico per il rachide dorso-lombare va valutata tenendo conto del complesso dei diversi elementi di rischio lavorativo riportati nell'allegato: allo scopo sono utili modelli di valutazione del rischio che, parametrando i principali elementi, portino a definire, per ogni scenario lavorativo dato, qual è il massimo peso del carico movimentabile in quella determinata condizione.
d) i limiti del carico movimentabile manualmente andranno selezionati in funzione delle quote di popolazione lavorativa che si intende effettivamente proteggere e tenendo conto almeno di fattori individuali quali il sesso e l'età peraltro parzialmente regolamentati nel corpo normativo italiano. Sotto questo profilo da un lato si può ragionevolmente pensare a un livello di protezione esteso quantomeno al 90% della popolazione lavorativa adulta sana e dall'altro affermare che tale livello di protezione porta a limiti differenziati almeno per sesso e fascia di età.
e) Va infine ricordato che taluni degli elementi di rischio riportati nell'allegato non riguardano unicamente l'aspetto del sovraccarico sul rachide dorso-lombare, ma pure meritano un'attenzione e valutazione puntuale ai fini del contenimento dei rischi di infortunio o di carattere igienistico.
Tali sono ad esempio le voci III e V del punto I (caratteristiche del carico), III e IV del punto 2 (sforzo fisico richiesto) nonché la maggior parte delle voci del punto 3 (caratteristiche dell'ambiente di lavoro).
4. PROCEDURE, MODELLI E CRITERI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO CONNESSO ALLA MOVIMENTAZIONE MANUALE
La valutazione del rischio connesso alla attività di movimentazione manuale di carichi va necessariamente preceduta da una analisi del lavoro (verosimilmente operata nel contesto della più generale valutazione dei rischi di cui all'art. 4 del D.Lgs) con cui in particolare si possa evidenziare se, tra i compiti lavorativi previsti per uno o più lavoratori sono compresi quelli di movimentazione manuale di carichi nonché, nel caso, le caratteristiche tipologiche, di durata e di frequenza degli stessi.
Individuati tali compiti si dovrebbe, nello spirito di quanto previsto al titolo V, operare secondo lo schema di flusso generale qui indicato nella pagina successiva.
Per quanto attiene più specificamente le tecniche di valutazione, verranno qui proposti dei metodi di facile utilizzo derivati dalla letteratura e da linee guida internazionali che tengono conto dei diversi riferimenti fin qui forniti a lettura ed interpretazione del testo del D.Lgs 626/94.
Si tratta di due percorsi diversi a seconda che si tratti di valutare da un lato azioni di sollevamento (o abbassamento) di carichi e dall'altro azioni di trasporto con cammino o di tirare o di spingere.
E del tutto evidente che i metodi suggeriti non rappresentano l'unico percorso possibile per la valutazione del rischio e che pertanto sono parimenti accettabili anche altri approcci che tuttavia dovranno al contempo essere derivati da esperienze validate dalla letteratura e tenere in adeguato conto dell'interrelazione tra i diversi elementi di rischio riportati nell'allegato VI.
Sotto questo profilo si vuole tuttavia sottolineare che il metodo del NIOSH proposto per l'esame delle azioni di sollevamento offre il duplice vantaggio di essere stato sperimentato per oltre 10 anni negli USA e di rappresentare la base per standard europei in corso di avanzata elaborazione presso il CEN.
SCHEMA GENERALE DI FLUSSO NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CONNESSO A MOVIMENTAZIONE MANUALE DI CARICHI
4.1 Valutazione di azioni di sollevamento
Come detto, per tale genere di azioni è utile ricorrere al più' recente modello proposto dal NIOSH (1993) che è in grado di determinare, per ogni azione di sollevamento, il cosiddetto "limite di peso raccomandato" attraverso un'equazione che, a partire da un massimo peso ideale sollevabile in condizioni ideali, considera l'eventuale esistenza di elementi sfavorevoli e tratta questi ultimi con appositi fattori di demoltiplicazione. Il modello generale dell'equazione del NIOSH è riportato in fig. 1.
II NIOSH, nella sua proposta parte da un peso ideale di 23 kg valido per entrambi sessi.
Ciascun fattore demoltiplicativo previsto può assumere valori compresi tra 0 ed 1.
Quando l'elemento di rischio potenziale corrisponde ad una condizione ottimale, il relativo fattore assume il valore di 1 e pertanto non porta ad alcun decremento del peso ideale iniziale. Quando l'elemento di rischio è presente, discostandosi dalla condizione ottimale, il relativo fattore assume un valore inferiore a 1; esso risulta tanto più piccolo quanto maggiore è l'allontanamento dalla relativa condizione ottimale: in tal caso il peso iniziale ideale diminuisce di conseguenza.
In taluni casi l'elemento di rischio è considerato estremo: il relativo fattore viene posto uguale a 0 significando che si è in una condizione di inadeguatezza assoluta per via di quello specifico elemento di rischio.
Per trasportare questo modello alla nostra contingenza, si può pensare di adottare la procedura NIOSH tale e quale per quanto riguarda i fattori di demoltiplicazione (che corrispondono ai principali, anche se non a tutti, gli elementi di rischio lavorativo, citati nell'allegato VI) partendo tuttavia da un peso "ideale" che è diversificato nel seguente modo:
ETA' |
MASCHI |
FEMMINE |
> 18 anni |
30 |
20 |
15 - 18 anni |
20 |
15 |
Ne deriva lo schema di fig. 2 che può essere usato comodamente come scheda di valutazione del rischio connesso ad azioni di sollevamento.
Nello schema per ciascun elemento di rischio fondamentale sono forniti dei valori quantitativi (qualitativi nel solo caso del giudizio sulla presa) che l'elemento può assumere ed in corrispondenza viene fornito il relativo fattore demoltiplicativo del valore di peso iniziale.
Fig. 1 - NIOSH 1993. Modello raccomandato per il calcolo del limite di peso raccomandato
KG 23 |
PESO MASSIMO RACCOMANDATO IN CONDIZIONI OTTIMALI DI SOLLEVAMENTO |
|
|
x |
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FATTORE ALTEZZA |
ALTEZZA DA TERRA DELLE MANI ALL' INIZIO DEL SOLLEVAMENTO |
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x |
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FATTORE |
DISTANZA VERTICALE DEL PESO TRA INIZIO E FINE DEL SOLLEVAMENTO |
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x |
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FATTORE ORIZZONTALE |
DISTANZA MASSIMA DEL PESO DAL CORPO DURANTE IL SOLLEVAMENTO |
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x |
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FATTORE FREQUENZA |
FREQUENZA DEL SOLLEVAMENTO IN ATTI AL MINUTO (=0 SE> 12 VOLTE/MIN.) |
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|
x |
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FATTORE ASIMMETRIA |
DISLOCAZIONE ANGOLARE DEL PESO RISPETTO AL PIANO SAGITTALE DEL SOGGETTO |
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|
x |
|
FATTORE PRESA |
GIUDIZIO SULLA PRESA DEL CARICO |
|
|
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Applicando la procedura a tutti gli elementi-considerati si può pervenire a determinare il limite di peso raccomandato nel contesto esaminato.
II passo successivo consiste nel calcolare il rapporto tra peso effettivamente sollevato (numeratore) e peso limite raccomandato (denominatore) per ottenere un indicatore sintetico del rischio.
Lo stesso è minimo per valori tendenziali inferiori a 1; è al contrario presente per valori tendenziali superiori ad 1; tanto è più alto il valore dell'indice tanto maggiore è il rischio.
Va comunque precisato che la procedura di calcolo del limite di peso raccomandato è applicabile quando ricorrono le seguenti condizioni:
Per coloro che non volessero ricorrere allo schema di fig. 2 vengono forniti in tabella 1 gli estremi per il calcolo analitico dei diversi fattori (per i fattori presa e frequenza fare riferimento a Figura 2 e Tabella 2).
Laddove il lavoro di un gruppo di addetti dovesse prevedere lo svolgimento di più compiti diversificati di sollevamento si dovranno seguire, per la valutazione del rischio, procedure di analisi più articolate; in particolare:
a) per ciascuno dei compiti potranno essere preliminarmente calcolati gli indici di sollevamento indipendenti dalla frequenza/durata, tenendo conto di tutti i fattori di Figura 2 o della Tabella 1 ad eccezione del fattore frequenza;
b) partendo dai risultati del punto a), si può procedere a stimare un indice di sollevamento composto tenendo conto delle frequenze e durata del complesso dei compiti di sollevamento nonché della loro effettiva combinazione e sequenza nel turno di lavoro.
Tabella 1 - Elementi per il calcolo analitico del peso limite raccomandato
Costante di peso (CP) =
ETA' |
MASCHI |
FEMMINE |
|
> 18 anni |
30 |
20 |
|
15 - 18 anni |
20 |
15 |
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Fattore verticale (A) |
= 1 - (0,003 V - 75) ove V = altezza = 0,82 + (4,5 / X) ove X = = 25/H ove H = distanza orizzontale = 1 - (0,0032 y) ove y = angolo di asimmetria (gradi) |
In ogni caso l'indice di sollevamento (composto) attribuito agli addetti che svolgono compiti multipli di sollevamento sarà almeno pari (e sovente maggiore) di quello derivante dalla valutazione del singolo compito più sovraccaricante (considerato con la sua specifica frequenza/durata).
Presentata la procedura, va solo ricordato che la stessa è stata formalizzata dal NIOSH dopo un periodo decennale di sperimentazione di una precedente analoga proposta e tenuto conto di quanto di meglio avevano prodotto sull'argomento, diversi studi biomeccanici, di fisiologia muscolare, psicofisici, anatomo-patologici e, più che altro, epidemiologici.
Tabella 2 - Fattore frequenza in funzione di n. azioni, durata del lavoro (F)
FREQUENZA |
DURATA DEL LA\70R0 (CONTINUO) |
||
AZIONI/ MIN. |
<8 ORE |
<2 ORE |
<1 ORA |
0,2 |
0.85 |
0,95 |
1.00 |
Nel presentare la propria proposta, il NIOSH riferisce che la stessa risulta protettiva (partendo da 23 kg) per il 99% dei maschi adulti sani e per una percentuale variabile tra il 75 e il 90% delle femmine adulte sane.
Sulla scorta del dati disponibili in letteratura Si può afferrare che la presente proposta (a partire da 30 kg per i maschi adulti e da 20 kg per le femmine adulte) è in grado di proteggere all'incirca il 90% delle rispettive popolazioni, con ciò soddisfacendo il principio di equità (tra i sessi) nel livello di protezione assicurato alla popolazione lavorativa.
Peraltro la proposta è suscettibile di ulteriori adattamenti con riferimento a sottoinsiemi particolari della popolazione (anziani, portatori di patologie, ecc.) attraverso la scelta di valori di peso iniziale (o ideale") specifici per tali gruppi.
Va ancora riferito che in taluni casi particolare, all'equazione originaria del NIOSH possono essere aggiunti altri elementi la cui considerazi6ne può risultare importante in determinati contesti applicativi.
Agli stessi corrisponde un ulteriore fattore di demoltiplicazione da applicare alla formula generale prima esposta.
Va chiarito che la piena validità di questi ulteriori suggerimenti è tuttora oggetto di dibattito in letteratura; tuttavia gli stessi vengono forniti per migliorare la capacità di analisi in alcuni contesti quali:
Per sollevamenti svolti in posizione assisa e sul banco di lavoro non superare il valore di 5 kg per frequenze di 1 v. ogni 5 minuti (diminuire il peso per frequenze superiori).