Circolare SEFIT Utilitalia n. 2091 del 20/07/2022
Consiglio di Stato, sent. n. 5447/2022 sulla natura del servizio di cremazione quale servizio pubblico gestito dai Comuni

Facendo seguito alla circolare SEFIT prot. n. 2012 dell'8/02/2022, recante come oggetto "Natura del servizio di cremazione e regime giuridico della gestione dei crematori" relativa alla sentenza del TAR Toscana n. 1111 del 27 luglio 2021, si informano gli associati che in data 30 giugno 2022 la Sez. V del Consiglio di Stato si è pronunciata con la sentenza n. 5447 (in Allegato 1).

I giudici ritengono l'appello infondato e confermano le statuizioni contenute nella sentenza appellata. Di seguito si riportano i punti salienti:
- Dall'art. 6, co. 2 della L. 130/2001 (1) consegue "la pacifica natura del servizio di cremazione quale servizio pubblico locale di rilevanza economica, la cui gestione spetta ai comuni e in relazione al quale non sono applicabili i principi sovranazionali in tema di concorrenza e di libera iniziativa economica privata (cfr. Cons. Stato, V, 2 aprile 2019, n. 2175);".
- Per quanto riguarda la vigenza della concessione del 1884, i giudici ritengono che "l'effetto estintivo discende, quindi, direttamente dal mutato regime giuridico della gestione dei crematori, la cui titolarità è attribuita alle Amministrazioni comunali, che li potranno gestire nelle forme contemplate per i servizi pubblici locali a rilevanza economica, tra cui l'affidamento in concessione a privati, laddove il concessionario deve essere individuato con procedure di evidenza pubblica".
- Secondo i giudici, la differente interpretazione, per cui sarebbe consentita la gestione dell'attività di cremazione anche da parte dei privati, non può sussistere perché vanificherebbe "la stessa ratio della disposizione contenuta nell'art. 6, comma 2, della legge n. 130/2001, nella parte in cui attribuisce esclusivamente ai Comuni la gestione dell'attività della cremazione e, ciò, mediante l'espressione di un potere discrezionale alle stesse Amministrazioni di individuare la forma di gestione più idonea, tra quelle previste nell'art. 113 del d.lgs. n. 267/2000".
- I giudici richiamano la sentenza del Cons. Stato, V, 2 aprile 2019, n. 2175 nella parte in cui si indicano i riferimenti normativi in base ai quali è possibile qualificare l'attività di cremazione come servizio pubblico.
Nel senso di una tale qualificazione "depongono le disposizioni della legge 30 marzo 2001, n. 130, che assoggettano la stessa:
- ad un sistema di tariffe amministrate (art. 5, comma 2);
- al potere di programmazione regionale dei nuovi insediamenti (art. 6, comma 1);
- alla gestione ai comuni "attraverso una delle forme previste dall'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267" (art. 6, comma 2);
- alla normativa tecnica nazionale di matrice ministeriale per quanto riguarda i limiti di emissione, degli impianti e per i materiali per la costruzione delle bare per la cremazione (art. 8).
Per effetto delle citate disposizioni di legge l'offerta di impianti di cremazione è pertanto soggetta ad un potere conformativo dell'amministrazione
".
- Dalla citata sentenza Cons. Stato n. 2175/2019, i giudici ricavano l'infondatezza della questione di costituzionalità posta dall'appellante (2): "non risponde a coerenza l'assunto che l'attività di cremazione delle salme si sostanzi nell'esercizio di un'impresa liberamente esercitabile da chiunque e soggetta alle dinamiche del mercato, dato che si tratta invece di un servizio pubblico, amministrativamente regolato sulla base delle disposizioni della legge n. 130 del 2001, in funzione del perseguimento degli interessi di carattere generale connaturati ad un'attività orientata a bisogni essenziali della persona; da questo inquadramento giuridico si trae un primo corollario, in base al quale le norme costituzionali e sovranazionali relative alle libertà economiche non sono immediatamente applicabili, nella misura in cui le stesse presuppongono un mercato formatosi per effetto dello spontaneo agire delle forze in esso presenti e sono quindi preordinate ad impedire assetti anticoncorrenziali dello stesso (la c.d. concorrenza nel mercato), laddove rispetto ad attività qualificabili come servizi pubblici - come si desume anche dall'art. 106, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - la regolazione amministrativa ad essi relativa deve invece limitarsi ad assicurare che l'affidamento degli stessi ad operatori economici avvenga in condizioni di trasparenza, imparzialità, parità di trattamento e non discriminazione (la c.d. concorrenza per il mercato, che si attua principalmente attraverso il rispetto dei modelli di evidenza pubblica allorché per la gestione dei servizi pubblici l'amministrazione titolare ricorra ad affidamento a privati: si rinvia al riguardo alla sentenza della Corte costituzionale del 23 novembre 2007, n. 401).
Nel settore dei servizi pubblici l'offerta per la relativa gestione ed il mercato che da essa si sviluppa è dunque esogena rispetto alle ordinarie dinamiche economiche, in quanto proveniente da una scelta discrezionale dei pubblici poteri di carattere organizzatorio, orientata ad interessi di carattere generale (Cons. Stato, V, 2 aprile 2019, n. 2175)
".
- A conferma della natura necessariamente pubblica del servizio di cremazione, dell'incompatibilità della gestione diretta del servizio da parte di privati e della legittimità della cessazione degli affidamenti diretti viene richiamato il parere dell'AGCM, AS1140 del 21 luglio 2014.
- La tesi della sdemanializzazione tacita del suolo, sostenuta dall'appellante (3), non è stata condivisa dai giudici secondo i quali è "evidente che oggetto della concessione è costituito dalla sola attività di cremazione" (omissis), e che "Il tempio è stato realizzato da Socrem in diritto di superficie, su terreno demaniale concessole in uso dal Comune: (omissis) e, come tale, inalienabile. Ne consegue che, dal momento in cui l'attività di cremazione per il cui svolgimento il terreno demaniale era stato concesso in uso diviene ex lege, ai sensi dell'art.6, comma 2, della legge n. 130 del 2001, un servizio pubblico di cui è titolare il solo Comune, la concessione stessa perde la sua causa e viene meno, e le opere che accedono al terreno realizzate in regime di diritto di superficie vengono acquisite per accessione dal Comune proprietario del suolo".

In conclusione, i giudici affermano che sulla base dell'attuale normativa (art. 6, co. 2 della L. 130/2001) il servizio di cremazione può essere considerato un servizio pubblico gestito dai comuni con conseguente inammissibilità di un concorrente servizio privato.

La presente circolare ed il testo dell'allegato in essa citato sono presenti, per gli associati, sul sito della Federazione www.sefit.org (selezionando il menù Circolari).
Con riserva di altri chiarimenti o comunicazioni si inviano distinti saluti.

Il Direttore Generale
Giordano Colarullo



(1) L. 130/2001 - Art. 6 (Programmazione regionale, costruzione e gestione dei crematori), co. 2
"2. La gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267."
(2) Si riporta la corrispondente parte della sent. Cons. Stato in esame sulla rimessione della questione di costituzionalità: "Socrem propone, inoltre, istanza di rimessione della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 2 della Legge 130 del 2001 alla Corte costituzionale, nella parte in cui non contiene alcuna disposizione sulle concessioni perpetue preesistenti della fine del 1800 per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, atteso che tali concessioni verrebbero private della tutela della l. 241 del 1990 garantita nell'ipotesi di revoca".
(3) Si veda sent. Cons. Stato in esame nella parte descrittiva dei motivi di gravame (precisamente il quarto motivo) in cui si legge che secondo l'appellante, "(omissis) il titolo che regola il rapporto tra le parti (la concessione perpetua del 1884) escluderebbe che possa applicarsi l'accessione invocata dal Comune nell'ingiunzione del 9 giugno 2020. L'affermazione sul regime demaniale del suolo sarebbe priva di rilievo giuridico, tenuto conto che nel caso specifico ci sarebbe stato un uso pacifico per oltre 100 anni, risultando integrati da tempo gli estremi di una sdemanializzazione tacita".