Circolare SEFIT Utilitalia n. 1995 del 10/01/2022
Natura del servizio di cremazione e regime giuridico della gestione dei crematori

Nella sentenza del TAR Toscana, Sez. I, del 27 luglio 2021, n. 1111, riportata in Allegato 1, relativa ad un contenzioso tra Socrem e il Comune di Firenze, i giudici amministrativi formulano alcune considerazioni sulla natura del servizio di cremazione e sul regime giuridico della gestione dei crematori che si ritiene opportuno segnalare agli associati.

Nel caso di specie, tra i due soggetti citati era stata stipulata (novembre 1884) una convenzione in base alla quale il Comune di Firenze concedeva alla Socrem, a titolo gratuito e a tempo indeterminato, un'area del cimitero comunale con la finalità di costruire un tempio crematorio. Successivamente, con delibera n. 33/2012 l'amministrazione comunale aveva stabilito la necessità di una gestione in esclusiva del servizio di cremazione, con conseguente cessazione del servizio svolto da Socrem.

Sorto il contenzioso, la Socrem era risultata soccombente in tutti i gradi di giudizio. Conseguentemente, il Comune di Firenze aveva ingiunto alla società di cremazione di cessare ogni attività e di liberare l'immobile che veniva appunto acquisito al patrimonio comunale. Contro tale atto, la Socrem ricorreva al TAR, il quale, nella sentenza in esame, riconosce la legittimità degli atti della amministrazione comunale nella parte in cui affermano la gestione in esclusiva del servizio di cremazione. Di seguito si riportano le argomentazioni di nostro interesse:

- Dalla deliberazione comunale si evince chiaramente che l'affidamento in esclusiva all'amministrazione del servizio di cremazione avviene sulla base dell'art. 6, co. 2 della L. 130/2001, ai sensi del quale "la gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall'art. 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali ";
- Sulla base di questa norma, si deve ritenere "pacifica la natura del servizio di cremazione quale servizio pubblico locale di rilevanza economica, la cui gestione spetta ai comuni e, in relazione al quale, non sono applicabili i principi sovranazionali in tema di concorrenza e di libera iniziativa economica privata. È evidente che una differente interpretazione, diretta ad aprire l'attività di cremazione anche ai privati, vanificherebbe la stessa ratio della disposizione contenuta nell'art. 6, comma 2 della L. 30 marzo 2001, n. 130, nella parte in cui attribuisce esclusivamente ai comuni la gestione dell'attività della cremazione e, ciò, mediante l'espressione di un potere discrezionale alle stesse Amministrazioni di individuare la forma di gestione più idonea, tra quelle previste nell'art. 113 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. In questo senso è anche un parere dell'A.G.C.M. (parere AS1140-affidamento del servizio di cremazione del 21 luglio 2014, pubblicato sul bollettino n. 30 del 28 luglio 2014), laddove si conferma la natura necessariamente pubblica del servizio di cremazione, così come l'incompatibilità della gestione diretta del servizio da parte di soggetti privati e da ultimo, la legittimità della cessazione automatica degli affidamenti diretti";
- La qualificazione dell'attività di cremazione come servizio pubblico si ritrova anche in precedenti pronunce giudiziarie, in particolare viene richiamata dai giudici la sentenza n. 2175/2019 del Consiglio di Stato nella parte in cui si dice che ai fini di tale qualificazione "depongono le disposizioni della legge 30 marzo 2001, n. 130, che assoggettano l'attività: ad un sistema di tariffe amministrate (art. 5, comma 2); al potere di programmazione regionale dei nuovi insediamenti (art. 6, comma 1); alla gestione ai comuni «attraverso una delle forme previste dall'art. 113 del T.U.E.L. (art. 6, comma 2); alla normativa tecnica nazionale di matrice ministeriale per quanto riguarda i limiti di emissione, degli impianti e per i materiali per la costruzione delle bare per la cremazione (art. 8). Per effetto delle citate disposizioni di legge l'offerta di impianti di cremazione è pertanto soggetta ad un potere conformativo dell'amministrazione ";
- Sulla base delle precedenti considerazioni, i giudici fanno discendere l'effetto estintivo della concessione del 1884 "direttamente dal mutato regime giuridico della gestione dei crematori, la cui titolarità è attribuita alle Amministrazioni comunali, che li potranno gestire nelle forme contemplate per i servizi pubblici locali a rilevanza economica, tra cui l'affidamento in concessione a privati, laddove il concessionario deve essere individuato con procedure di evidenza pubblica". Pertanto, "non risultando più ammissibile l'esercizio privato di detta attività, la concessione del 1884 non poteva che essere considerata estinta, così come è venuta meno la stessa ragione per l'attribuzione della porzione di terreno nel cimitero". Inoltre, nel caso di specie si evidenzia come la concessione prevedeva che in caso di cessazione "... il terreno concesso in uso dovrà ritornare nella piena e libera disponibilità del municipio concedente, a vantaggio del quale dovranno altresì andare le costruzioni, gli apparecchi e tutto quanto si troverà sul terreno, e la società concessionaria non potrà vantare alcun titolo o diritto ad indennità o compenso qualsiasi per le spese da lei fatte sia di impianto sia di costruzione di ornamento od altro".
- Da ultimo, i giudici prendono in considerazione il fatto che la concessione alla Socrem fosse a tempo indeterminato per la realizzazione di un crematorio in diritto di superficie su suolo cimiteriale appartenente al demanio comunale. La natura demaniale del terreno comporta l'inalienabilità e quindi "le opere che accedono al terreno medesimo, ex adverso realizzate in diritto di superficie, vengono conseguentemente acquisite per accessione dall'amministrazione proprietaria del suolo", e tale effetto acquisitivo, essendo "connesso alla natura del bene, si realizza anche in caso di concessione a tempo indeterminato". Ai sensi dell'art. 842, co. 3 del C.C. i cimiteri appartengono al demanio comunale e quindi "è pacifico che atti dispositivi, in via amministrativa, non possono configurarsi, senza limiti di tempo, a carico di elementi del demanio pubblico". In tal senso, viene richiamata la sentenza del TAR Sicilia n. 2885/2019: "la concessione da parte del comune di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta al regime demaniale dei beni, indipendentemente dalla eventuale perpetuità del diritto di sepolcro. Verificata l'esistenza dei presupposti, è fuori discussione che il Comune può revocare la concessione, che è connotata da poteri autoritativi incompatibili con la perpetuità della stessa".

La presente circolare ed il testo dell'allegato in essa citato sono presenti, per gli associati, sul sito della Federazione www.sefit.org (selezionando il menù Circolari).

Con riserva di altri chiarimenti o comunicazioni si inviano distinti saluti.

Il Direttore Generale
Giordano Colarullo