Circolare SEFIT Utilitalia n. 342 del 11/04/2016
Sepolcri privati nei cimiteri – Pregressa ammissibilità di cessione di sepolcro – Limiti e condizioni – Ulteriori, ed innovativi, indirizzi interpretativi della giustizia amministrativa
Come segnalato con altre precedenti circolari (per citarne solo alcune: p.n. 3929 del 18/12/2013, p.n. 4461 del 28/05/2015, p.n. 19 del 17/06/2015, p.n. 61 del 20/07/2015, p.n. 104 del 08/09/2015), la giurisprudenza, in particolare amministrativa, sta facendo emergere linee di interpretazione evolutive (quanto meno rispetto ad orientamenti del passato, spesso arricchendo il panel delle interpretazioni, a volte sostenute in dottrina, cogliendo aspetti non sempre in precedenza adeguatamente affrontati, e spesso riferentesi sia alle concessioni sorte come a tempo indeterminato (c.d. perpetue), sia in relazione al loro utilizzo.
In questo quadro di evoluzione della giurisprudenza, amministrativa, si informa come il Consiglio di Stato, Sez. 5^, con sent. n. 5072 del 6 novembre 2015 (riportata in Allegato 1), confermando la precedente pronuncia del T.A.R. che era stata fatta oggetto d’impugnazione, ha fatto emergere una questione che, in precedenza, poco o nulla era stata all’esame della giurisprudenza.
La vertenza si poneva in relazione a due aspetti, presenti nel R.D. 21 dicembre 19842, n. 1880 (per notizia, entrato in vigore il 1° luglio 1943), ma non più ammessi a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, inammissibilità confermata anche nel successivo, e vigente, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Uno riguardava la durata delle concessioni cimiteriali che poteva essere tanto a tempo determinato, quanto a tempo indeterminato (perpetuità), l’altro la legittimità della “cessione” / “trasmissione” di sepolcro privato nel cimiteri, sia per atto inter vivos, che mortis causa, per quanto con norme di salvaguardia (lasciando inalterati gli obblighi imposti dal comune all’originario titolare della concessione), salvaguardia, per inciso, scarsamente tenuta in conto.
Va anche osservato come questo ultimo aspetto veda una certa consistenza principalmente in determinate aree del Paese, specie laddove persistano prassi che hanno, perfino, indotto comuni ad adottare discutibili provvedimenti sanatori, meno in altre.
Per entrambi gli aspetti, emerge la questione di quanto delle sopra riferite norme del R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880 possano considerarsi ancora produttive di alcuni effetti, non ostante il loro avvenuto superamento da parte della normativa successivamente intervenuta.
In particolare, per quanto riguarda il secondo aspetto, la pronuncia del Consiglio di Stato considera le diverse tipologie di sepolcri privati, differenziandone le conseguenze, a seconda che il sepolcro sia stato fondato quale sepolcro di famiglia (o, gentilizio, che nel contesto ne è sinonimo), oppure sia stato fondato come sepolcro a carattere ereditario.
Per i sepolcri familiari la sentenza coglie il fatto che “il carattere familiare del sepolcro costituisce un limite sia al diritto di uso della sepoltura privata che alla cedibilità o trasmissibilità dello stesso a terzi”, dato che l’art. 71, comma 2 R D. 21 dicembre 1942, n. 1880, prevedente l’ammissibilità della “cessione” / “trasmissione” del diritto d’uso, la subordinava alla clausola: “salvo che la cedibilità o la trasmissibilità, in tutto o in parte, non sia incompatibile con il carattere del sepolcro secondo il diritto civile, e sempre che i regolamenti comunali ed i singoli atti di concessione non dispongano altrimenti.”
Nella specie si trattava di tomba di famiglia, come detto nella concessione originaria del 1962, in quanto tale incompatibile con la possibilità di cedere o di trasmettere il relativo diritto.
Questa differenziazione tra sepolcri di famiglia e sepolcri ereditari, riferendosi al momento di fondazione del sepolcro, viene a non poter considerare come ereditari quelli che siano divenuti tali in momento successivo alla fondazione, cosa possibile quando vi sia la c.d. estinzione della famiglia.
Come noto, il sepolcro familiare cessa di essere tale quando vengano ad esaurirsi tali soggetti, divenendo ereditario, se vi siano eredi, ma non più persone appartenenti alla famiglia del concessionario, fondatore del sepolcro (o, comunque, di persona o persone avente/i la qualificazione di concessionario; cfr.: da ultimo: Consiglio di Stato, sez. 5^, sent. n. 1081 del 16 marzo 2016, nonché ex plurimis almeno a partire da Corte di Cassazione, Sez. 2^ civ., sent. n. 5015 del 29 maggio 1990, omettendosi, per ragioni di brevità l’ampia, e sostanzialmente uniforme ed ormai consolidata serie di pronunce, tanto da parte della giustizia ordinaria che della giustizia amministrativa).
Considerando come – al momento della fondazione – sia prevalente la natura familiare dei sepolcri, quanto rarefatta quella di sepolcri ereditari, con tale orientamento limitativo all’ammissibilità delle “cessioni” / “trasmissioni” dei sepolcri privati nei cimiteri viene introdotta, innovativamente, la necessità di verificare, ricorrendole la fattispecie, se il sepolcro caso per caso interessato sia stato – originariamente – familiare o fondato come ereditario (1).
Risultando questa sentenza innovativa, in particolare sul punto della distinzione tra sepolcri familiari e sepolcri ereditari, appare necessario valutare come si consolidi questo nuovo indirizzo giurisprudenziale e quindi si segnala di utilizzare particolare cautela nella sua applicazione.
La presente circolare ed il testo degli allegati in essa citati sono presenti, per gli associati, sul sito della Federazione www.sefit.eu (selezionando il menù Circolari).
Con riserva di altri chiarimenti o comunicazioni si inviano distinti saluti.
Il Direttore Area Acqua (Emanuela Cartoni)
(1) Come diversa disposizione negli atti di concessione, procedure e modalità per un riconoscimento (art. 71, comma 4 R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, altre previsioni nei Regolamenti comunali di polizia mortuaria)