ALLEGATO 1
“Requisizione loculi, concessioni cimiteriali ad Enti, zone di rispetto cimiteriali. Evoluzione giurisprudenziale”


“Requisizione” temporanea di loculi, per locale mancanza di loro realizzazione
Il T.A.R. Campania, Sede di Salerno, Sez. II, con sentenza n. 379 del 16 febbraio 2015, ha dichiarato l’illegittimità dell’ordinanza sindacale, contingibile ed urgente, di requisizione temporanea di loculo in una cappella gentilizia (presumibilmente, l’ordinanza aveva riguardo a più loculi, in più cappelle), dove la temporaneità è stata collegata alla ultimazione di lavori di costruzione di nuovi loculi (o, comunque, entro data determinata), assumendo la non sussistenza dei presupposti per l’esercizio, eccezionale, del potere di ordinanza contingibile ed urgente.
Ciò in quanto nel Comune persisteva da tempo una carenza di posti di sepoltura a sistema di tumulazione, con la conseguente esclusione di fattori di imprevedibilità in quanto derivante da un’inadeguata attività di programmazione ed esecuzione degli interventi di ampliamento necessari, imputabile in via esclusiva all’amministrazione comunale, ma, anche, per la carenza di un pericolo per un qualche pubblico interesse.
Al contrario, la requisizione temporanea così disposta andrebbe ad ostacolare l’esercizio del culto dei defunti e la dignitosa sistemazione delle salme, costituenti oggetto di interessi meritevoli della più sensibile attenzione, ma insuscettibili di legittimare l’esercizio del potere di ordinanza in quanto estranei al catalogo tipico dei valori contemplati dalle norme di legge che lo disciplinano.
L’orientamento appare conforme a quello seguito anche altrove, in situazioni analoghe in cui vi siano stati provvedimenti consimili e quindi si rileva come stia avvenendo un consolidamento giurisprudenziale nel senso sopra indicato.

Concessioni cimiteriali ad Enti e conoscibilità degli appartenenti aventi titolo all’accoglimento nel sepolcro
Nelle Regioni già parte del Regno delle Due Sicilie, sia come conseguenza del Concordato del 1741 sia della L.11 marzo 1817, n. 655 e relativi regolamenti attuativi (R.D. 21 marzo 1817 e R.D. 12 dicembre 1828, n. 2159), è abbastanza diffusa la presenza di “confraternite” (o, comunque altrimenti denominate) in ambito cimiteriale, nel passato abbastanza lontano anche pienamente titolari delle aree cimiteriali di loro pertinenza, poi unicamente concessionari di aree cimiteriali.
In quelle regioni tali situazioni sono particolarmente diffuse, tanto da costituire una sorta di istituzione consolidata, anche consuetudinariamente.
Il fenomeno è inquadrabile in termini di concessioni di aree cimiteriali a “enti”, al fine di realizzarvi sepolcri a sistema di tumulazione, riservati a quanti appartengano (cioè per l’accoglimento dei feretri delle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall’atto di concessione) all’“ente” concessionario in applicazione dell’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Stante il contenuto di tale “riserva”, dovrebbe discendere che la sussistenza dei requisiti di accoglimento sia conosciuta precedentemente al momento dell’esercizio della riserva medesima o, in difetto, che siano prefissati i criteri di qualificazione di una tale appartenenza all’“ente”, dovendosi accertare che il defunto abbia diritto a ricevervi sepoltura (art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), accertamento che è a nostro avviso preliminare all’autorizzazione alla tumulazione.
Il T.A.R. Campania, Sede di Salerno, Sez. II, sent. n. 381 del 16 febbraio 2015 (si rimanda al testo in Allegato 2) è stato chiamato ad esprimersi sul diniego di ampliamento (sopraelevazione) di un sepolcro eretto in aree già oggetto di concessione ad un “ente” (nel caso, una parrocchia, che, nel caso, appare carattere peculiarmente rilevante, quanto meno sotto il profilo della “appartenenza”), motivato sul fatto che non verrebbe garantita la riserva di accoglimento, stabilita dall’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Nel contenzioso così sorto è stata lamentata anche l’incompetenza organica, essendovi stato, in precedenza, atto di Commissario ad acta (aspetto che, se interessi, può essere approfondito dal testo della pronuncia), nonché una tardività nella comunicazione di avvio del procedimento, ma anche con riferimento ad una ragionevolezza dei termini procedimentali.
Inoltre, facendo richiamo all’art. 93 citato, ma con riguardo al suo comma 2, la parte ricorrente considera l’ipotesi della tumulazione di salme di persone che “abbiano acquisito particolari benemerenze” nei suoi confronti, sebbene non iscritte alla Parrocchia, rimuovendo il fatto che tale ipotesi richiede che i criteri di acquisizione di particolari benemerenze nei confronti dei concessionari debbano essere stabiliti nei regolamenti comunali, cioè che si è in presenza di criteri che devono rispondere a principi di generalità ed astrattezza indicazione che risponde ad una ratio di prevenzione di possibili comportamenti arbitrari.
La Sezione II del T.A.R. Campania affronta questi temi con una distinzione tra titolo edilizio e titolo (riserva) di tumulazione, distinzione che, per quanto comprensibile, consente di argomentare come la mancata precisazione nei titoli edilizi dei criteri di assegnazione dei loculi non può essere assunta a fattore di legittimazione dell’uso della sepoltura privata secondo modalità contrastanti con quelle regolamentari, dall’altro lato siffatta indicazione non risulta richiesta, a pena di illegittimità del titolo edilizio, da alcuna disposizione regolamentare.
Da ciò è fatto conseguire che la disciplina (ed il controllo del suo rispetto) delle modalità d’uso dei loculi presenti nella cappella gentilizia attiene, come dedotto dalla parte ricorrente, afferisce ad una fase diversa e successiva a quella del rilascio del titolo edilizio, la quale non ne resta quindi influenzata (1).
Prosegue la sentenza dicendo che anche a voler attribuire rilievo all’espressa indicazione, contenuta nell’istanza di permesso di costruire per la sopraelevazione della cappella, secondo cui i loculi da realizzare nella stessa sarebbero stati destinati ai “fedeli della Parrocchia”, deve osservarsi che essa non contiene elementi sintomatici di un futuro uso dell’immobile cimiteriale secondo modalità contrastanti con le citate previsioni regolamentari.
Sotto il profilo propriamente pertinente al diritto di sepoltura, la Sezione considera che la comunità parrocchiale integri una delle possibili collettività i cui membri possono aspirare a beneficiare del diritto di uso della cappella costruita dall’ente concessionario.
E pertanto non vi è dubbio che la formula normativa debba adattarsi alla specificità della sua composizione, legittimando l’assegnazione in uso dei loculi ai membri (rectius, ai fedeli) della Parrocchia, a prescindere dalle modalità più o meno formali e solenni della loro adesione.
Ciò, del resto, in piena coerenza rispetto al contenuto del diritto di concessione attribuito il quale espressamente contempla come sua finalità quella di consentire alla Parrocchia concessionaria la “costruzione di una cappella cimiteriale da mettere a disposizione della comunità parrocchiale” ed al quale deve parametrarsi il diritto di uso delle sepolture private, oltretutto ammettendo che possa aversi una differenziazione tra i fedeli della parrocchia e la popolazione del comune.
Solo che, nella fattispecie, non di questo si tratta, quanto della prospettazione che una differenziazione vi sia tra gli stessi fedeli della parrocchia, ma anche (come traspare dal richiamo a chi abbia acquisito particolari benemerenze, … sebbene persone non iscritte alla parrocchia) tra fedeli di questa e persone aventi acquisto particolari benemerenze nei confronti della parrocchia concessionaria.
In tal modo, attraverso la distinzione tra i “titoli”, il giudice amministrativo si sottrae dall’intervenire sul punto, cruciale, avente riguardo alla portata della “riserva” posta dall’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, cioè se la sussistenza dei requisiti di accoglimento nel sepolcro di tale “ente” debbia essere predeterminata o, in difetto, che debbano essere prefissati i criteri di qualificazione di una tale appartenenza all’”ente”.

Fasce di rispetto
Abbastanza frequentemente si registrano pronunce e giurisprudenziali attornio al tema concernente la portata del c.d. vincolo d’inedificabilità che grava sulle fasce di rispetto cimiteriale, sempre più qualificandolo quale un vincolo d’inedificabilità assoluto, cioè affermando un orientamento sempre maggiormente conforme della giurisprudenza e non solo della giurisprudenza amministrativa.
Tra le più recenti si possono richiamare (per quanto questo richiamo sia incompleto in ragione della numerosità delle pronunce nel medesimo senso), le sentenze del T.A.R. Campania, Sede di Napoli, Sez. VII, n. 994 dell’11 febbraio 2015, e del T.A.R. Toscana, Sez. III, n. 184 del 2 febbraio 2015, rilevante per le considerazioni sull’individuazione del momento in cui sorge il vincolo d’inedificabilità assoluta in quanto non riferibile all’adozione (e vigenza) degli strumenti urbanistici, ma riferibile alla fonte di legge che lo prevede.

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(1) A meno che, a differenza di quanto riscontrabile nella fattispecie in esame, il titolo edilizio non contenga esso stesso prescrizioni espressamente incidenti su quella fase.