ALLEGATO 1
Oneri di manutenzione cimiteriali e condizioni di diretta ed immediata impugnabilità delle norme regolamentari (comunali)


1. Norme regionali regolanti la materia
Come è noto, la regione Emilia-Romagna, con l'art. 4 del Reg. reg.le (Emilia-Romagna) 23 maggio 2006, n. 4 (1) ha previsto, tra le altre, disposizioni che, nel caso di concessioni cimiteriali perpetue e/o di manufatti sepolcrali di proprietà privata, legittimano i Comuni a disciplinare le modalità di partecipazione da parte degli aventi diritto agli oneri di manutenzione delle parti comuni od ai costi di gestione del complesso cimiteriale, definendo i criteri di una tale compartecipazione in sede regolamentare.
Tra le altre disposizioni dello stesso art. 4 del Reg. reg.le 4/2006, il comma 1 riformula, nella sostanza, l'art. 94 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e il comma 2 riformula l'art. 63 D.P.R. 285/1990. Inoltre il comma 3 individua una fattispecie di decadenza di concessione integrativa rispetto a quella considerata dall'art. 92, comma 2 D.P.R. 285/1990, che era di abbastanza limitata applicazione, in quanto raramente ne vengono a concorrere i presupposti.

Su tali temi, merita di essere ricordato il comma 3 dell'art. 12 L.P. (Trento) 20 giugno 2008, n. 7 e successive modifiche (2), per cui i Comuni sono legittimati ad assoggettare i titolari di concessioni perpetue, a titolo di concorso spese, per quote annuali, calcolate sulla base delle spese complessive sostenute dai Comuni per la manutenzione, la pulizia e l'illuminazione dei cimiteri, prevedendo altresì che l'inadempimento costituisca motivo di decadenza della concessione.

In entrambe le disposizioni regionali si è alla presenza di una legittimazione attribuita ai Comuni e non di norme prescrittive, cogenti per questi ultimi.
Sono spazi normativi da riempire con contenuti regolamentari e tariffari per fornire una qualche risposta alle problematiche, largamente presenti in particolare con concessioni perpetue, in cui si registrano ampie situazioni riconducibili al concetto di "sepolcri abbandonati", spesso motivato da una perdita di interesse nel corso delle generazioni successive a quella di costruzione del sepolcro.
Per inciso, e con particolare con riferimento al complesso delle spese della gestione cimiteriale, merita di ricordarsi altresì l'art. 4, comma 2, lett. b) D.M. Interno, di concerto con la Sanità, 1° luglio 2002, che di fatto costituisce principio contabile di applicazione generale a tutte le diverse tipologie di sepolcri privati nei cimiteri e concessioni cimiteriali connesse (visto che le urne cinerarie possono essere sepolte in ogni tipo di tumulo), il quale considera proprio l'istituto del "recupero delle spese gestionali cimiteriali", qualificandole come entrate di parte corrente, in quanto "annuali", pur essendo percepibile in unica soluzione (3).
Va considerato come l'art. 4 del Reg. reg.le (Emilia-Romagna) 23 maggio 2006, n. 4, venendo a riformulare alcune fattispecie in precedenza regolate dal D.P.R. 285/1990, venga a collocarsi, sotto il profilo del rango normativo e della relativa "gerarchia delle fonti del diritto", sul medesimo piano delle norme regolamentari (nazionali) interessate.
Ne consegue che trova applicazione l'art. 15 ‘Disposizioni sulla legge in generale' (c.d. Preleggi).
Si ricorda poi che la potestà regolamentare è regolata dall'art. 117, comma 6 Cost., per cui solo per quelle riguardanti materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato spetta a quest'ultimo livello di governo provvedervi (salva delega).
Cosicché la potestà regolamentare sussistente in capo alle regioni trova limite quando entrino in gioco materie enunciate all'art. 117, comma 2 Cost..

2. Giurisprudenza con effetti anche a livello statale
Su tali aspetti è intervenuta la pronuncia del T.A.R. Emilia-Romagna, Sede di Bologna, Sez. I, con la sentenza n. 86 del 3 febbraio 2015, riportata in Allegato 2, dove i ricorrenti avevano impugnato le previsioni del regolamento comunale del Comune interessato, attuative del sopra citato art. 4, comma 3 Reg. reg.le (Emilia-Romagna) 23 maggio 2006, n. 4, il regolamento regionale stesso (nella parte in cui "… invita i Comuni ad imporre …", trascurando di considerare come non di questo si tratti, quanto di una legittimazione, per alcuni versi aggiuntiva od esplicativa), nonché tutti gli atti connessi e collegati, adducendo la violazione di un ritenuto principio di irretroattività e la violazione delle norme in materia di partecipazione degli interessati ai procedimenti amministrativi.
La Sezione I del TAR Emilia Romagna considera la differente qualificazione, elaborata dalla giurisprudenza, sulla natura delle norme regolamentari, distinguendo tra quelle aventi i requisiti di generalità ed astrattezza e quelle di immediata applicazione.
Le prime che contengono previsioni normative astratte e programmatiche, le quali non si traducono in un'immediata incisione o modifica della sfera giuridica dei destinatari (a nulla rilevando che ciò possa accadere in futuro), ma regolano la condotta che la pubblica amministrazione dovrà tenere in prosieguo.
Le seconde che contengono disposizioni destinate all'immediata applicazione, perché capaci di produrre un diretto effetto lesivo della posizione soggettiva del privato, e cioè quelle norme regolamentari che si rivolgono direttamente agli amministrati, costituendo, modificando o estinguendo un rapporto giuridico tra di loro o tra di essi e la pubblica amministrazione.
Il T.A.R. Emilia Romagna deduce, conseguentemente, che solamente i regolamenti comunali rientranti nella seconda tipologia possano essere suscettibili d'immediata (e diretta) impugnazione, mentre nella prima ipotesi possono esserlo solamente se venga impugnato il provvedimento, successivo, che ne sia attuazione, e in concorso con questo provvedimento.

Ritenendo che, nella fattispecie, le norme regolamentari (comunali) afferiscano alla seconda tipologia, è d'interesse richiamare l'analogia alla situazione oggetto della pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 6165 del 7 ottobre 2009 (anch'essa in Allegato 2), per cui la norma regolamentare era soggetta ad impugnazione in via diretta, nei termini prescrizionali ordinari.
Nel merito si dà atto dell'infondatezza della motivazione addotta dal ricorrente dando atto come, per conforme giurisprudenza, il diritto di sepolcro abbia natura – nei confronti della pubblica amministrazione concedente – di un "diritto affievolito" e, come tale, destinato a cedere (sempre nei confronti della pubblica amministrazione concedente) di fronte ai poteri regolativi e conformativi di stampo pubblicistico.
È dalla demanialità del bene che discende l'intrinseca "cedevolezza" del diritto, la quale trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (Consiglio di Stato, Sez. 5, sentenza n. 3313 del 14 giugno 2000), "…. come accade per ogni altro tipo di concessione amministrativa di beni o utilità, la posizione giuridica soggettiva del privato titolare della concessione tende a recedere dinanzi ai poteri dell'amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto.", osservandosi, inoltre, che in particolare lo ius sepulchri attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella e che soggiace all'applicazione del regolamento di polizia mortuaria.
Il regolamento comunale di polizia mortuaria, afferma il Consiglio di Stato, si colloca a un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l'interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di vario ordine.
Conseguentemente, una volta costituito il rapporto concessorio, questo può essere disciplinato da una normativa entrata in vigore successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio dello ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dell'ambito soggettivo di utilizzazione del bene.
Infatti, non è "pertinente ... il richiamo al principio dell'articolo 11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall'amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti.".
Si ha qui una considerazione di rilevante portata, in particolare quando viene affermato che le modifiche normative (in cui sono incluse quelle dei Regolamenti comunali di polizia mortuaria) possono regolare in modo differente alcune fattispecie relative alla fase di utilizzo del bene, in momenti successivi al sorgere del rapporto giuridico sottostante (e precedentemente sorto e perfezionatosi).
Ciò in quanto il potere dell'amministrazione di disciplinare (in sede regolamentare) il rapporto in essere si estende anche ai profili economici del rapporto concessorio, poiché la nuova disciplina non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, in modo intangibile, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare, anche per questo profilo economico, le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti.
Tanto più che non può avere fondamento la pretesa dei ricorrenti di addossare alla collettività le spese per gli interventi di manutenzione anche straordinaria, per garantire il decoro e la funzionalità del cimitero, di cui beneficiano in realtà in modo particolare e prevalente i singoli concessionari.
Si ha quindi una considerazione decisamente importante che pone in luce il fatto che la titolarità di un sepolcro privato nei cimiteri costituisce un uso particolare privato di un bene, la cui titolarità è, in via generale, della collettività locale, con una sottrazione privatistica di un bene comune, cioè dell'intera collettività locale.
Circa la doglianza della mancata partecipazione al procedimento amministrativo, le relative disposizioni (L. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif.) non trovano applicazione in materia regolamentare e neppure per quanto concerne l'intervento in parola, trattandosi di lavori pubblici su beni demaniali ed attenendo il momento di ripartizione dei costi a mere questioni di diritto di natura economica e non, per questo aspetto, ad un procedimento amministrativo per i quali la legge sul procedimento amministrativo garantisce la partecipazione dei soggetti interessati.
Essendosi fatto richiamo con la sentenza n. 6165 del Consiglio di Stato, Sez. V del 7 ottobre 2009, con un rinvio, è ora il caso di affrontare questa, dove la questione presentava anche elementi aggiuntivi rispetto alla sola fattispecie sugli oneri manutentivi, dal momento che il soggetto ricorrente (un "ente") aveva addotto, tra gli altri, pure l'argomento secondo cui tali oneri, se dovuti, avrebbero dovuti essere ripetuti non dall'"ente" in quanto tale, quanto, con una sorta di traslazione (o, surrogazione), ai soggetti fruitori dei sepolcri.
L'Ente ricorrente si auto-qualificava come "mero concessionario" dei suoli, omettendo di considerare come la concessione del suolo cimiteriale sia condizionata da un fine, quello della costruzione di sepolcri a sistema di tumulazione (art. 90 D.P.R. 285/1990), a propria volta fine "intermedio" a quello dell'accoglimento, da parte dell'"ente" concessionario, dei feretri delle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall'atto di concessione.
In ogni caso, tale diritto è esercitabile fino al completamento della capienza del sepolcro (art. 93, comma 1 D.P.R. 285/1990), a seguito di assegnazione, per appartenenza, all'"ente".
Si rammenta poi che nei casi di concessioni cimiteriali ad "enti", vi sono due rapporti giuridici del tutto distinti:
– l'uno regolante il rapporto tra il Comune (concedente) e l'"ente (concessionario);
– l'altro, regolante i rapporti tra l'"ente e le persone che vi appartengano sulla base degli atti (interni) stabiliti dall'"ente" stesso, in conformità al proprio statuto e atti regolatori (interni).

Si tratta di rapporti che operano distintamente e senza alcuna promiscuità, tanto più che i secondi non presentano alcun carattere pubblicistico.
Non si entra nel merito di considerazioni della parte ricorrente sulla transizione tra TARSU e canoni di recupero delle spese gestionali cimiteriali, se non per prendere atto di una palese confusione tra istituti giuridici, concorrenti.
Appare improponibile (la sentenza parla di "ininfluenza", facendo salva la possibilità, per il futuro – rimanendo tenuto l'"ente" alle obbligazioni sussistenti prima che si abbiano gli effetti di un'eventuale rinuncia alla concessione – di rinunciare alla concessione) l'argomentazione, proposta dall'Ente ricorrente, per la quale i soggetti destinatari delle norme regolamentari comunali sarebbero enti di culto (4) di irrisoria consistenza economica, posti di fronte ad esborsi per tumulazioni implicanti la revocabilità delle relative concessioni dopo 50 anni, poiché la consistenza economica dell'"ente" concessionario (che per altro ha introitato ed introita quanto spettantegli dagli appartenenti che usufruiscono dei sepolcri eretti sull'area in concessione) non può certo costituire fattore di legittimità della norma regolamentare.
Come si può cogliere dal testo di questa pronuncia, essa fornisce elementi aggiuntivi alla materia dell'assoggettabilità dei sepolcri privati nei cimiteri a compartecipazione agli oneri manutentivi o, meglio, al tema del recupero delle spese gestionali cimiteriali.
Compartecipazione che deve anche tenere conto del limite di cui all'art. 23 Cost., limite che trova riscontro altresì nell'art. 117, comma 6, terzo periodo Cost., ma anche, per quanto con disposizione di rango primario (e non più costituzionale) nell'art. 7 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni.

Note:
(1) R.R. Emilia-Romagna 23/05/2006, n. 4 – Art. 4 (Sepolture private nei cimiteri)
1. I singoli progetti di costruzione di sepolture private devono essere approvati dal Comune.
2. I concessionari di sepolture private nei cimiteri devono mantenere a proprie spese, per tutto il periodo della concessione, i manufatti in buono stato di conservazione, pena la decadenza della concessione secondo le modalità stabilite nel regolamento comunale di cui all'articolo 7, comma 1, della Legge regionale 29 luglio 2004, n. 19 "Disciplina in materia funeraria e di polizia mortuaria".
3. Le concessioni si estinguono alla loro naturale scadenza se non rinnovate. Con l'estinzione della concessione il Comune acquisisce la disponibilità delle opere e delle aree.
4. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92, comma 2, del DPR 10 settembre 1990, n. 285 "Approvazione del regolamento di polizia mortuaria", il Comune può pronunciare la decadenza della concessione decorsi venti anni dalla morte dell'ultimo concessionario avente diritto. Pronunciata la decadenza della concessione, il Comune provvederà a proprie spese alla traslazione delle salme, dei resti mortali, delle ossa o delle ceneri in sepoltura comunale, secondo i criteri stabiliti dal proprio regolamento.
Dopodiché è provvederà alla demolizione delle opere o al loro restauro, a seconda dello stato delle cose, restando i materiali o le opere nella sua piena disponibilità.
5. Nel caso di sepoltura privata abbandonata per incuria il Comune, previa diffida a provvedere, può pronunciare la decadenza della concessione e può disporre la rimozione del manufatto o il suo ripristino, se la sepoltura è di interesse storico o artistico. Anche in questo caso, il Comune provvederà a proprie spese alla traslazione delle salme, dei resti mortali, delle ossa o delle ceneri in sepoltura comunale, secondo i criteri stabiliti dal proprio regolamento.
6. Nel caso di concessioni perpetue o di manufatti di proprietà privata presenti all'interno delle aree cimiteriali, il Comune può disciplinare le modalità di partecipazione da parte degli aventi diritto agli oneri di manutenzione delle parti comuni od ai costi di gestione del complesso cimiteriale, secondo i criteri stabiliti nel proprio regolamento."
(2) L.P. Trento 20/06/2008, n. 7 – Articolo 12 (Concessioni cimiteriali)
1. … (omissis) …
2. Le concessioni perpetue rilasciate prima dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803 (Regolamento di polizia mortuaria), conservano tale regime giuridico, fatta salva la possibilità di dichiarare la decadenza se è accertata l'estinzione della famiglia, secondo modalità stabilite dal comune.
3. I comuni possono porre a carico dei titolari di concessioni perpetue, a titolo di concorso spese, delle quote annuali, calcolate sulla base delle spese complessive sostenute dai comuni per la manutenzione, la pulizia e l'illuminazione dei cimiteri. Il mancato pagamento delle quote costituisce motivo di decadenza della concessione."
(3) Il che comporta il dover tenere conto della durata o, per le concessioni perpetue, delle previsioni dell'art. 971 C.C., per quanto ciò non terrebbe conto di come nel tempo possano variare gli oneri derivanti dalla gestione cimiteriale, aspetto non secondario trattandosi di concessioni che si prolungano, e molto, nel tempo.
(4) Aspetto per cui dovrebbe sussistere, anche, il riconoscimento della personalità giuridica agli effetti civili, in applicazione (da ultimo) della L. 20 maggio 1985, n. 222.