ALLEGATO 2
Considerazioni sui riflessi di portata generale del parere AGCM AS1140 del 21/7/2014


Il 21 luglio 2014 l’A.G.C.M. ha emanato la segnalazione AS 1140, riportata in Allegato 1 alla circolare, emessa a seguito di richiesta di parere formulatole dal Comune di Torino, in relazione a una contingente situazione locale (1).
La segnalazione, della quale non si conoscono i termini con cui sia stata formulata la richiesta di parere – spesso rilevanti ed influenzanti la valutazione dell’Au-torità adita – considera alcuni aspetti peculiari della situazione locale, ma prende posizione anche su tematiche di interesse generale.

L’A.G.C.M. si esprime in particolare:
a) Sul caso di gestione di servizio pubblico locale in cui le infrastrutture essenziali/strumentali per erogarlo siano di proprietà di soggetto privato, giungendo alla conclusione che spetti al Comune, in base all’art. 6, comma 2 della L. 130/2001, la scelta tra una delle forme di gestione consentite dall’ordinamento, “salvi eventuali diritti del soggetto proprietario a vedersi riconosciuto il valore del bene non ancora ammortizzato o, eventualmente, un canone di utilizzo per l’accesso”.

b) L’A.C.G.M. riconosce che il servizio di cremazione è un servizio pubblico locale di rilevanza economica e, in quanto tale, disciplinato dalle previsioni di cui all’art. 34, commi 20 e ss. D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, nonché dell’art. 13 D.L. 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, nella L. 27 febbraio 2014, n. 15, norme che, nel loro combinato disposto, prevedono una ‘regolarizzazione’ dei modelli di gestione dei servizi, pervenendo alla conclusione per cui l’attuale affidamento diretto (così lo definisce l’AGCM), ove non regolarizzato, sia “destinato ad essere travolto dall’effetto di cessazione automatica” al 31 dicembre 2014.

c) Per quanto sopra specificato, l’A.G.C.M. considera, nel caso il Comune voglia seguire la strada dell’esclusiva del servizio, che le uniche forme di gestione di un servizio di cremazione (2) siano:
1. Gara per l’aggiudicazione del servizio;
2. Gara per la selezione del socio per società miste (gara cosiddetta a doppio oggetto);
3. Affidamento cosiddetto “in house providing”.
Secondo l’AGCM non è quindi possibile la gestione sia in economia diretta del servizio di cremazione, sia la gestione a mezzo di un terzo non scelto in base a gara al termine del periodo transitorio (3). E ciò anche se il terzo sia il proprietario dell’immobile e degli impianti, dovendo in tal caso l’Amministrazione comunale scegliere se acquisire al proprio patrimonio l’infrastruttura riscattandola, prima di scegliere la forma di gestione futura, o se invece porre a carico del futuro gestore l’onere del riscatto (o del pagamento di un canone di utilizzo per l’accesso).
A nostro avviso l’AGCM non ha ben presente come si svolga il servizio di cremazione e cioè che non vi è esclusiva comunale, essendovi invece l’obbligo di pianificazione regionale circa la localizzazione degli impianti (e di fatto la individuazione di bacini ottimali di gestione) (4).
Ma soprattutto che un cittadino può avvalersi, per la cremazione di un cadavere o di resti mortali di cui lui abbia titolarità ad esprimersi, di un crematorio di propria scelta, dentro il Comune o fuori di esso, dentro la Regione o fuori di essa o ancora fuori della Nazione. In tal caso aumentano, ovviamente, le spese a carico del cittadino che scelga il trasporto delle spoglie mortali per cremarle in altro luogo.
Volendo attribuire una esclusiva comunale, l’unico caso richiamabile (ma è una scelta comunale) è quello in cui il Comune intenda concedere in esclusiva (già nel contratto di affidamento iniziale) al gestore del crematorio la cremazione di resti mortali (più raramente di cadaveri di indigenti) per cui debba provvedere il Comune (si tratta delle cosiddette cremazioni istituzionali, cioè per cremare resti mortali non reclamati dai parenti).

d) L’AGCM si esprime poi sulla possibilità di gestione non in esclusiva del servizio di cremazione. In tal caso più operatori potrebbero operare, pur sempre con impianto interno ad uno o più cimiteri comunali, in regime autorizzatorio.

e) L’AGCM specifica che sussistono, per questo servizio, vincoli attenuati circa la possibilità di effettiva concorrenza di mercato, dati da:
1. Aree limitate in cui possano essere realizzati i crematori (solo dentro cimiteri e con impianti soggetti a vigilanza del sindaco, per effetto dell’art. 78 del D.P.R. 285/1990). Motivazione non condivisibile, trattandosi di oltre 15.000 localizzazioni potenziali in Italia (cioè il numero dei cimiteri esistenti);
2. Ostacolo alla mobilità di cadaveri e resti mortali extra Comune data dal regime autorizzatorio. Motivazione altrettanto non condivisibile, poiché ogni cadavere o resto mortale, per potersi movimentare, indipendentemente dal luogo di cremazione, necessita di autorizzazione sia al trasporto che alla cremazione (o di un’autorizzazione omnicomprensiva);
3. Possibilità che sia il Comune di partenza che quello di arrivo imponga un diritto fisso. Motivazione non condivisibile, poiché il diritto fisso di cui all’art. 19, commi 2 e 3 del D.P.R. 285/1990, sia per segnalazione della stessa AGCM, sia per giurisprudenza consolidata, è illegittimo. Cosa diversa è invece richiedere una tariffa per il rilascio di autorizzazione al trasporto o per fissazione dell’orario di arrivo al cimitero, non solo legittima, ma obbligata in presenza di servizio non gratuito per legge.

f) E inoltre, dopo aver precisato quanto sopra, l’Autorità afferma che a suo avviso tali vincoli attenuati circa il carattere effettivamente concorrenziale del mercato (quanto meno regionale, specifica l’AGCM), non appaiono sufficienti per un crematorio di fatto svolgente servizio pubblico locale (come nel caso di Torino) per qualificarlo come “essential facility” come delineata dalla giurisprudenza europea (5), con il conseguente obbligo – in questo caso non esistente per l’AGCM – di garantire l’accesso a chiunque ne faccia richiesta.

g) L’AGCM attribuisce poi, riteniamo nel solo caso di regime autorizzatorio, al Comune di Torino il compito di verificare se la domanda di servizio pubblico di cremazione nel proprio territorio possa essere “soddisfatta dal libero dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali”, cioè dalla fornitura del servizio svolto dalla So.Crem. e dai crematori circostanti.
Si richiama in proposito sia la norma statale che quella regionale, le quali attribuiscono il compito di pianificazione della localizzazione dei crematori alla Regione.
L’affermazione dell’Autorità “graverebbe sul Comune l’onere di informare l’utenza sulla possibilità di rivolgersi ad operatori alternativi alla So.crem. eventualmente attivi in altri Comuni della regione o, se del caso, anche in Regioni limitrofe”, pur sempre nel solo caso di regime autorizzatorio, ha una ragion d’essere solo se il Comune, con la verifica di cui al citato art. 34, comma 20 citato D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, ritenga che il servizio pubblico locale sia possibile garantirlo, secondo standard adeguati e prezzi pari o inferiori a quelli massimi stabiliti in campo nazionale, con le strutture esistenti o pianificate su scala regionale (6). Non risulta però che, allo stato attuale, alcun Comune in Italia abbia consentito il regime autorizzatorio.

h) L’AGCM interviene anche in materia di criteri da seguirsi nel caso in cui l’Ente Locale, intenda assumere il servizio pubblico locale (al di là della modalità concreta di sua gestione, secondo i 3 modelli dianzi specificati alla lettera c)) e cioè sul quantum da riconoscere come riscatto al gestore cessante (pervenendo alla conclusione che gli si debba riconoscere il Valore Attuale Netto o un canone per l’accesso). E che l’onere sia da porre in capo a Comune o direttamente al gestore subentrante, qualora il Comune non intenda essere lui direttamente a procedere al riscatto. Interpretazione che, a nostro avviso, può dar adito a contenzioso.

(1) L’Autorità, tra l’altro, può esprimere pareri sulle iniziative legislative o regolamentari e sui problemi riguardanti la concorrenza ed il mercato quando lo ritenga opportuno, o su richiesta delle amministrazioni e degli enti pubblici interessati (Art. 22 L. 287/90).
(2) Il caso della realizzazione e gestione in project financing di un crematorio non è stato analizzato dall’A.G.C.M., pur ritenendosi del tutto ammissibile se l’opera è costruita dentro un cimitero o in ampliamento di un cimitero esistente o in cimitero di nuova realizzazione, in area specificatamente data in concessione dal Comune, ai sensi dell’Art. 343 del T.U. Leggi Sanitarie.
(3) La So.Crem. è stata scelta senza gara (essendo la proprietaria degli immobili e dei forni) e non ha le caratteristiche dell’in house providing.
(4) La legge statale (Art. 6 L. 130/2001) rimanda alla pianificazione regionale. In Piemonte sussiste normativa regionale concernente il piano regionale di coordinamento dei crematori previsto dall’art. 5 L.R. (Piemonte) 31 ottobre 2012, n. 20 e succ. modif., dell’art. 14 L.R. (Piemonte) 3 agosto 2011, n. 15 (ed art. 29 D.P.G.Reg. (Piemonte) 8 agosto 2012, n. 7/R.
(5) Si ritiene che il ragionamento dell’AGCM possa così sintetizzarsi: il crematorio della So.Crem. di Torino nasce con l’obbligo di garantire la cremazione agli associati alla So.Crem.. Non vi è un obbligo di fornitura del servizio ai non associati, e conseguentemente l’obbligo di garanzia di accesso all’infrastruttura a chiunque ne faccia richiesta. Si rileva però un’incongruenza: se non vi è obbligo da parte del proprietario (So.Crem.) di garantire a chiunque ne faccia richiesta l’accesso per svolgere la cremazione, pur sempre entro determinate griglie di precedenza oraria o territoriale, com’è possibile qualificare questo un servizio pubblico locale affidato direttamente se manca proprio l’elemento essenziale previsto dalla carta dei servizi, cioè la parità di condizione di accesso al servizio?
(6) Se l “ente di governo” sia individuabile, in ragione dell’ambito territoriale di riferimento, nella regione, dovrebbe conseguire che il servizio della cremazione sia si “servizio pubblico”, ma non più di livello comunale, per cui dovrebbe aversi una “rivisitazione”, per così dire, concettuale delle disposizioni dell’art. 6, comma 2 L. 130 marzo 2001, n. 130 (non senza considerare come, almeno in prospettiva, dovrebbero valutarsi gli effetti della L. 7 aprile 2014, n. 56 e successive modificazioni con riguardo alla aree rientranti nella categoria delle Città metropolitane e, a questo punto, sollevando esigenze di ricerca di coerenze con ambiti territoriali di livello regionale).