ALLEGATO 2
Ministero dello Sviluppo Economico - Nota n. 139445 del 18 giugno 2012

Il Ministero dello Sviluppo Economico, Dipartimento per l'impresa e l'internalizzazione, Direzione Generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, Divisione XXI, Registro delle imprese, con nota n. 139445 del 18 giugno 2012 si è espresso riscontrando una richiesta di chiarimenti proposta da un Comune, nella regione Lazio, cui era stata presentata una S.C.I.A., per inciso, sulla base di legge regionale di altra regione (nella fattispecie, della L.R. Emilia-Romagna 29 luglio 2004, n. 19 e succ. modif.), concernente l'attività di trasporto funebre disgiunta dall'esercizio dell'attività funebre. In particolare, il quesito proposto verteva sull'eventuale applicabilità, alla fattispecie, delle disposizioni della L. 15 gennaio 1992, n. 91 "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea" e succ. modif.
Non si entra nel merito dei termini con cui il Ministero interpellato ha dato riscontro, in particolare in relazione alle disposizioni dell'art. 19, comma 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif., e della prossimità temporale al termine di 60 giorni, per l'(eventuale) adozione dei "motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni …", prossimità rispetto a cui non si va oltre al prenderne atto. La nota ministeriale per altro consente alcuni approfondimenti specifici.

La nota considerata parte dalla considerazione per la quale l'attività di trasporto funebre sia regolata dalle disposizioni del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, considerando come siano intervenute norme legislative (e, in alcuni casi, regolamentari) regionali, considerate "integratrici".
Va qui considerato come l'anzi richiamata "integrazione" può essere valutata come improprio riferimento, e non a caso virgolettata, poiché alcune regioni hanno assunto l'orientamento secondo cui alcune o, perfino, tutte le materie precedentemente regolate dal predetto D.P.R. 10 settembre 1995, n. 285 siano, dopo l'entrata in vigore della L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, rientrino nella competenza legislativa regionale, in alcuni casi in termini di legislazione regionale concorrente, in altri casi in termini di legislazione regionale esclusiva, con la conseguenza che, se ed in quanto sia effettivamente sorta una tale competenza legislativa e, conseguentemente, anche regolamentare) in capo alle regioni, questa non verrebbe ad assumere un ruolo d'"integrazione", quanto piuttosto di normazione ex novo, tanto che, in alcune leggi regionali, si evidenzia una sorta di clausola di salvaguardia, per la quale … per quanto non espressamente previsto o diversamente disposto dalla presente legge e dai provvedimenti da essa derivanti continuano ad applicarsi in materia funeraria le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 19900, n. 285 (o formulazioni sostanzialmente simili), in cui è palese il carattere "sostitutivo" e non "integrativo" attribuito alla legislazione regionale.
Si potrebbe osservare come, tra le diverse norme del regolamento di polizia mortuaria ben poche possano essere riconducibili oggettivamente alle materia di competenza legislativa (e, per questo, regolamentare) regionale concorrente, mentre più articolato è il richiamo alla legislazione regionale esclusiva, come residuale rispetto alla prima e, ulteriormente, alle materie oggetto di competenza legislativa - esclusiva - dello Stato, con riferimento all'art. 117, comma 2 Cost. Per altro, proprio con riferimento all'art. 117, comma 2 Cost. non può non osservarsi come le attività economiche, e la loro regolazione, rientrino abbastanza chiaramente nell'ambito della lett. e) e, per questo, nella competenza legislativa - esclusiva - dello Stato, il ché motiva il fatto che il comune abbia proposto quesito ad Amministrazione dello Stato (considerazione abbastanza simili, potrebbero essere fatte, questa volta con riferimento all'art. 117, comma 2, lett. l) Cost,. per altri aspetti spesso oggetto di legislazione regionale, come alcune norme attorno alla cremazione e destinazioni delle ceneri da cremazione, in particolare sugli aspetti che attengono al c.d. diritti di cittadinanza). Per non dire che, in alcuni casi, le norme regionali sono intervenute in ambiti rientranti nella potestà regolamentare dei comuni, alla luce dell'0art. 117, comma 6, 3° periodo Cost.), potestà regolamentare che va ritenuta altrettanto esclusiva, in quanto estranea alle competenze legislative, siano esse concorrenti che esclusive, delle regioni. Per altro, le leggi (e, a valle, regolamenti) regionali hanno forza di legge, quanto meno fino a che non intervenga dichiarazione d'illegittimità costituzionale.

Il Ministero dello sviluppo economico si è opportunamente premurato di verificare la eventuale presenza, nella regione in cui si trova il comune che ha proposto il quesito, di eventuali norme regionali in materia, rilevando la presenza unicamente di un atto amministrativo (privo di natura legislativa o regolamentare), che è intervenuto in materia che (a stretto rigore) è rimasta regolata dall'anzidetto D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. Oltretutto, l'atto amministrativo richiamato è , nella sua sostanza, rivolto alle A.S.L., nulla precedendo per i soggetti diversi da queste, i quali (a rigore) rimangono soggetti alle norme del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, che quando non osservate, determinano una situazione di infrazione (sanzionabile a mente dell'art. 107 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e, in assenza di sanzione nominativa, conseguentemente dell'art. 358, comma 2 T.U.LL.SS., approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e succ., modif., anche nella regione qui di riferimento, dal momento che un atto amministrativo non ha forza derogatoria di norme di rango primario o di rango secondario). Si è in presenza di una situazione che presenta un'anomalia, non di poco conto, in quanto, "sospese" le attività espressamente indicate da tale atto amministrativo da parte delle A.S.L., nulla è definito, regolato rispetto ai soggetti terzi che, comunque, siano tenuti ad osservare le disposizioni oggetto di una tale "sospensione" da parte delle A.S.L.

Dal momento che l'impresa che ha presentato la S.C.I.A. intende svolgere la sola attività di trasporto funebre, in modo disgiunto dall'attività funebre (o, in altri contesti, di "pompe funebri"), la nota valuta l'estraneità dell'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 115 T.U.LL.P.S., approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e succ. modif. (norme che, per inciso, attengono alla competenza legislativa - esclusiva - dello Stato, in applicazione dell'art. 117, comma 2, lett. h) Cost.), altrettanto considerando per quanto riguarda l'applicazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e succ. modif., stante l'assenza, nella fattispecie, di attività di natura commerciale.

Rispetto all'applicabilità della L. 15 gennaio 1992, n. 91, la nota propende per la sua esclusione, facendo salva un'eventuale diversa previsione nel regolamento comunale (avente ad oggetto i trasporti di persone non di linea), prospettazione che si richiama, evidentemente, alle disposizioni dell'art. 5 legge citata.
La nota conclude ritenendo come, nella regione interessata, le condizioni e requisiti per lo svolgimento della (sola) attività di trasporto funebre richieda la disponibilità del mezzo di trasporto funebre, coerentemente immatricolato a tal fine, e quella della disponibilità della rimessa, i quali, entrambi (autofunebre e rimessa) devono essere conformi alle indicazioni del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, per quanto sottratti alla verifica dell'idoneità da parte dell'A.S.L. in conseguenza dell'atto amministrativo regionale già in precedenza richiamato.

Si osserva, su questo ultimo punto, come una tale esenzione dalla verifica sanitaria possa operare limitatamente al territorio regionale, per quanto, per le considerazioni già fatte, sussistano, pienamente efficaci, le disposizioni che le A.S.L. non vengono più ad assolvere in conseguenza della "sospensione" derivante dalla D.G.R. richiamata, non cessando di essere efficaci nei riguardi di terzi: ora se le rimesse non presentano fattori di mobilità (salvo loro trasferimento in altra regione), non altrettanto può dirsi per le autofunebri, la cui funzione è propriamente quella di una mobilità, non a priori limitabile alla singola regione.

Per altro, la, corretta, assunzione del riferimento normativo alla fonte del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, introduce un fattore di criticità dal momento che questo rinvio, per altro corretto, non può esimere dal considerare le indicazioni, per quanto costituenti indirizzi amministrativi, date dal Ministero della salute, con la circolare n. 24 del 24 giugno 1993, sostanzialmente "specificativa" delle disposizioni del Regolamento di polizia mortuaria, in cui (Punto 5.3) il trasporto di cadaveri è previsto (come, del resto, stabilito dal D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) dover avvenire con l'impiego di mezzi che abbiano i requisiti dell'art. 20. Di ben maggiore interesse risulta il Punto 5.4) della citata circolare attuativa, specificativa, che, come noto, prevede:
"5.4. Per incaricato del trasporto della salma di cui al combinato disposto degli articoli 19 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, è da intendersi il dipendente o persona fisica o ditta a ciò commissionata:
a) da impresa funebre in possesso congiuntamente delle autorizzazioni al commercio e di pubblica sicurezza di cui all'art. 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
b) da un ente locale che svolge servizio pubblico secondo una delle forme previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142.
La natura del trasporto di una salma è tale da assoggettare l'incaricato del trasporto alla normativa prevista per gli incaricati di pubblico servizio dall'art. 358 del codice penale, come modificato dalla legge 26 aprile 1990, n. 86, ed il trasporto stesso deve avvenire con mezzi indicati nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990."

Dal ché deriva che il soggetto esercente unicamente attività di trasporto funebre, venga ad operare necessariamente "su commissione" di un'impresa funebre, aspetto che rende ben meno lineare la fattispecie considerata. In altri termini, il soggetto esercente l'attività di (solo) trasporto funebre, in forma disgiunta da quella dell'attività funebre (o, in altri contesti: "pompe funebri") abbia a pre-condizione della propria attività, oltre che la disponibilità di autofunebre e rimessa, anche un rapporto contrattuale attribuitogli da soggetto esercente l'attività funebre (e non dalla famiglia), "commissione" che richiede prova documentale, al fine dell'assunzione della qualità di incaricato del trasporto.

Inoltre, in particolare per le rimesse, ferma restando la presa d'atto circa gli effetti della D.G.R. (Lazio) n. 737 del 28 settembre 2007, non si può non richiamare come l'art. 21 D.P.R. settembre 1990, n. 285, salvaguardi l'osservanza delle pertinenti disposizioni in materia di pubblica sicurezza e antincendi, per cui appare opportuno ricordare come l'art. 49, comma 4-quater D.-L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella L. 30 luglio 2010, n. 122, abbia prevista l'emanazione di norme regolamentari di semplificazione, tradottesi, per quanto riguarda i procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, nel D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 e succ. modif., mentre per le prime (disposizioni di competenza dell'autorità di pubblica sicurezza) occorre ricordare come la materia rientri nelle disposizioni dell'art. 86 T.U.LL.P.S., approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e succ. modif., nonché dell'art. 196 del relativo regolamento di esecuzione allo stesso T.U.LL.P.S., approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635 e succ. modif., norma regolamentare quest'ultima abrogata dal D.P.R. 19 dicembre 2001, n. 480 "Regolamento recante semplificazione del procedimento di autorizzazione per l'esercizio dell'attività di rimessa di veicoli e degli adempimenti richiesti agli esercenti autorimesse" (che, per inciso, ha parzialmente modificato altresì l'art. 86, comma 1 T.U.LL.P.S., citato), con ciò richiedendo una specifica S.C.I.A., per quanto anche contestualmente a quella relativa all'attività di (solo) trasporto funebre. Va osservato come l'attività di rimessa di veicoli porti, in qualche modo nuovamente, a richiamare la L. 15 gennaio 1992, n. 21, rispetto a cui potrebbe sollevarsi la questione se il trasporto di cadaveri costituisca trasporto di persone, oppure trasporto di cose, questione che rinvia a norme differenti a seconda della soluzione che se ne dia e che, in ogni caso, non appare essere stata affrontata, almeno in questi termini.
Va considerato, inoltre, anche il fatto che proprio queste disposizioni rendono debole affermare come la disponibilità dell'auto funebre e della rimessa costituiscano gli unici adempimenti amministrativi richiesti nell'ambito della regione Lazio.
Per inciso, andrebbe ricordato come l'attività di "pompe funebri" (attività differente rispetto al, solo e disgiunto, trasporto funebre) sia considerata, con una duplice negazione che porta ad un'affermazione in positivo (in termini di assoggettamento), anche dall'art. 6b del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e succ. modif., con cui è stata data attuazione, in ambito nazionale della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 e relativa ai servizi nel mercato interno.

Infine, si può rilevare come il Ministero dello Sviluppo Economico, si sia sottratto da ogni considerazione circa l'applicabilità in una regione di norme di altra regione o almeno non l'ha fatto se non implicitamente, allorquando, nella parte conclusiva, precisa, come già ricordato: " … unici adempimenti amministrativi richiesti nell'ambito della regione Lazio …". A ben vedere, una esplicita affermazione circa l'inapplicabilità, in un dato territorio regionale, di norme emanate da altra regione contrasterebbe con il principio, di ordine del tutto generale, per cui le norme regionali trovano il proprio limite in termini di efficacia (e non solo) esclusivamente nell'ambito del territorio della regione che le abbia emanate, risultando sempre e comunque sprovviste di forza normativa al di fuori di esso. Per altro, il fatto che vi siano soggetti che non colgano questo, del tutto elementare, principio, costituisce un fattore di difficoltà operativa derivante da una carenza di approcci sotto il profilo delle norme, loro natura, portata ed efficacia, frutto anche della progressiva de-strutturazione registratasi nell'ultimo decennio nel settore e di cui stanno emergendo, ormai con forza, gli effetti concreti.