ALLEGATO 1
TAR Sicilia, Sez. II, 18 gennaio 2012, n. 70

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3038 del 2003, proposto da Corrao Maria e Parodi Giusino Manfredi, rappresentati e difesi dall'avv. Goffredo Garraffa, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Palermo, via M.se di Villabianca 82;
contro
il Comune di Palermo, rappresentato e difeso dall'avv. Ezio Tomasello, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale del Comune, in Palermo, piazza Marina N.39;
per l'annullamento
- della determinazione n. 2885 del 16 aprile 2003, di rigetto dell’istanza avente ad oggetto la revoca in autotutela della determinazione dirigenziale n. 3640 del 16 luglio 1999;
- della determinazione sindacale n. 603 del 12 novembre 1998 avente ad oggetto “Revoca concessione cimiteriale ai sensi dell’art. 92 del regolamento di polizia mortuaria (DPR 285 del 10/09/90) e dell’art. 62 del vigente regolamento cimiteriale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2011 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Nel ricorso in esame si legge che, con atto del 16 giugno 1913, è stata concessa, perennemente, al Generale Parodi Fortunato Marchese di Magnisi, la tomba gentilizia n. 42 sez. 104 del Cimitero dei Rotoli di Palermo. A questi successero i due figli, Parodi Domenico, deceduto senza figli l’1 aprile 1943 e Parodi Ugo, deceduto il 10 dicembre 1942, lasciando eredi i figli, Parodi Giustino Corrado, deceduto a Palermo il 19 dicembre 1952, senza figli e Parodi Giusino Fortunio, deceduto in Palermo il 21 ottobre 1967 lasciando eredi la moglie Tove Holm Andersen e i figli Parodi Giusino Ugo e Parodi Giusino Bent. Con atto notarile del 4 novembre 1981, Tove Holm Andersen e Parodi Giusino Bent rinunciarono ad ogni diritto sulla tomba gentilizia in questione a favore di Parodi Giusino Ugo, il cui figlio, Parodi Giusino Manfredi provvedeva, il 15 dicembre 1981, alla riunione dei resti dei quattro congiunti defunti già ivi sepolti.
A seguito del decesso del Sig. Parodi Giusino Ugo, il 29 marzo 2003, il sig. Parodi Giusino Manfredi e la madre sono venuti a conoscenza della intervenuta decadenza dalla concessione relativa alla tomba gentilizia ed hanno perciò presentato istanza di riconsiderazione del loro diritto o quantomeno di poter dare sepoltura al proprio congiunto in uno dei posti della tomba in questione.
Con lettera n. 2885 del 16 aprile 2003, il Dirigente responsabile ha però rigettato l’istanza, rappresentando che la revoca delle concessioni perpetue, disposta con determinazione dirigenziale n. 3640 del 16 luglio 1999, è stata resa necessaria dalla difficoltà di affrontare l’emergenza derivante dalla difficoltà di costruire un nuovo cimitero nel Comune di Palermo, emergenza che ha anche giustificato l’omissione della notifica ad personam della revoca delle suddette concessioni, sostituendola con la pubblicazione all’albo del cimitero e nelle singole sepolture interessate, nonché all’albo pretorio.
Ritenendo illegittimi tali provvedimenti, la sig.ra Corrao Maria e il sig. Parodi Giusino Manfredi hanno notificato il ricorso in esame, affidato alle seguenti doglianze:
1. violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90 (nonché dell’art. 8 della L.R. 10/91 di recepimento della stessa) e del Regolamento cimiteriale.
L’omissione della notifica della comunicazione di avvio del procedimento di revoca della concessione perenne e della successiva adozione del provvedimento stesso è stata motivata dall’Amministrazione con riferimento ad una situazione emergenziale che, però, non è in alcun modo documentata, né è supportata da alcun provvedimento conseguente del Comune. La mancata comunicazione dell’avvio del procedimento anche successivamente, quindi, è solo labialmente giustificata da un’emergenza in nessun modo comprovata. Né potrebbe essere imputabile alla difficoltà di individuare il destinatario della comunicazione – unica condizione al ricorrere della quale il regolamento cimiteriale consente che la comunicazione possa essere sostituita dall’affissione di un avviso sulla tomba e all’ingresso del cimitero -, posto che nel dicembre 1981 erano stati forniti tutti i dati relativi agli aventi diritto sulla suddetta sepoltura. Parte ricorrente lamenta, dunque, che qualora fosse stata a conoscenza della possibilità di revoca in caso di mancata sepoltura per oltre un cinquantennio, il sig. Ugo Parodi Giusino avrebbe provveduto alla sepoltura in tale tomba del padre, Parodi Giusino Fortunio, deceduto il 21 ottobre 1967 e tumulato in altro loco, così interrompendo il decorso del termine decadenziale;
2. falsità del presupposto, eccesso di potere ed erroneità per disparità di trattamento. Illegittimamente il Comune avrebbe esteso la norma relativa alla revoca delle concessioni a tempo determinato di durata superiore a 99 anni alle concessioni perpetue, operando un’impropria equiparazione tra i due diversi titoli sulla scorta del DPR 803/1975 che regolamenta la soppressione del cimitero, riconoscendo al titolare della concessione perpetua il diritto ad una nuova concessione nel nuovo cimitero, al pari di quanto garantito al titolare di una concessione a tempo determinato di durata superiore a 99 anni. Secondo parte ricorrente, al contrario, proprio il richiamo a tale norma evidenzierebbe la disparità di trattamento rispetto ai concessionari a tempo determinato e rispetto al caso di soppressione del cimitero: in quest’ultimo caso, infatti, il concessionario avrebbe diritto ad una nuova concessione (anche a tempo determinato per la durata residua), mentre nel caso di revoca della concessione il concessionario perenne perderebbe ogni diritto.
In ogni caso la ratio della norma andrebbe ricercata nella possibilità di recuperare sepolture di cui i concessionari si sono disinteressati, mentre nel caso di specie lo specifico interesse sarebbe stato manifestato nel 1981, attraverso la riunione dei resti presenti. In ogni caso il regolamento cimiteriale sarebbe sopravvenuto alla concessione e avrebbe omesso di distinguere tra i diversi tipi di concessione cimiteriale.
Questo Tribunale, con ordinanza 3038/2003 ha formulato al Comune alcuni quesiti proposti con specifica istanza istruttoria di parte ricorrente.
Dall’esecuzione di tale ordinanza è emerso che nel periodo in cui sono stati adottati gli atti in questione l’Amministrazione comunale non era ancora dotata di alcun sistema informatico idoneo a visualizzare tutti i documenti relativi alle singole concessioni e conseguentemente non era possibile, mediante tali strumenti, risalire al nominativo e all’indirizzo dei sigg. Parodi Giusino Ugo e Manfredi. La stessa nota del Comune di rigetto dell’istanza di revoca in autotutela dei provvedimenti lesivi censurati evidenziava, inoltre, come nella tomba si fosse già proceduto, all’atto della richiesta stessa, a sette sepolture, così esaurendo i posti disponibili presso di essa.
In vista della pubblica udienza parte ricorrente ha ribadito le proprie posizioni, richiamando il precedente di questo Tribunale rappresentato dalla sentenza n. 9197/2010.
Si è costituito in giudizio il Comune, eccependo l’inammissibilità del ricorso, oltre che la sua infondatezza.
Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Deve essere preliminarmente dato conto delle eccezioni in rito introdotte dal Comune di Palermo.
In particolare l’Amministrazione ritiene fosse necessaria, per la ricevibilità del ricorso, la previa notificazione dello stesso ad almeno uno dei controinteressati, congiunti o aventi causa delle persone tumulate nella tomba in questione dopo la censurata revoca della concessione.
Mentre in punto di tempestività, il ricorso sarebbe tardivo perché l’atto specifico di revoca del 1999 non sarebbe che l’atto meramente esecutivo dell’ordinanza sindacale n. 603 del 12 novembre 1998, con cui le condizioni di revoca delle concessioni di durata oltre i 99 anni sono state estese a quelle perpetue, pubblicata all’albo ed impugnata solo nel 2003.
Si può, però, prescindere dall’entrare nel merito di tali eccezioni, attesa l’infondatezza del ricorso.
Quanto sostenuto nella prima censura non appare condivisibile con riferimento alla pretesa illegittimità della scelta del metodo dell’affissione, in luogo della notificazione ad personam, per quanto attiene alla comunicazione dell’avvenuta adozione della determinazione sindacale di revoca delle concessioni di durata superiore a 99 anni o perpetue:
trattandosi di atto generale, caratterizzato dall’avere una pluralità di destinatari non facilmente individuabili, il Collegio ritiene che il ricorso alla pubblicazione all’albo sia stata conforme al dettato normativo.
La norma invocata non pare possa ritenersi violata, però, nemmeno con riferimento alla specifica revoca della concessione in parola, intervenuta con determinazione n. 3640 del 16 luglio 1999. Rispetto a quest’ultima pare, in effetti, facilmente individuabile il destinatario che, però, non è stato possibile notiziare personalmente in ragione dell’emergenza cimiteriale e della necessità dell’assunzione di provvedimenti straordinari urgenti, di cui ha dato ampiamente conto l’Amministrazione e, quindi, di una situazione di urgenza tale da non consentire la partecipazione degli interessati al procedimento di revoca.
Peraltro anche laddove non fosse in concreto dimostrata l’urgenza, la censurata omissione di comunicazione non potrebbe comunque incidere sulla legittimità del provvedimento impugnato, atteso che, anche laddove la partecipazione vi fosse stata, parte ricorrente non avrebbe potuto rappresentare alcuna situazione utile a scongiurare l’adozione della revoca, essendo incontestata la mancanza di nuove sepolture per oltre cinquanta anni (condizione cui il regolamento cimiteriale subordina la revoca della concessione e per ciò stesso da presumersi conosciuta dai ricorrenti) e fatto notorio la grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del Comune che non risulta nemmeno essa contestata nel ricorso stesso.
Qualsiasi intervento nel procedimento sarebbe, quindi, stato inutile, in quanto il provvedimento censurato ha assunto natura di atto dovuto, in presenza delle suddette condizioni ed in particolare del fatto che l’unico elemento indicato nel ricorso come suscettibile di determinare una diversa conclusione del procedimento è in realtà costituito da un fatto accaduto molto tempo prima dell’adozione del provvedimento preordinato alla revoca e per ciò stesso immutabile e cioè la sepoltura del sig. Parodi Giusino Fortunio, intervenuta nel 1967. Anche se il sig. Parodi Giusino Ugo fosse stato tempestivamente e personalmente reso edotto dell’intenzione, negli anni tra il 1998 e 1999, del Comune di Palermo di procedere alla revoca della concessione di cui era titolare, ciò non gli avrebbe comunque consentito di mutare il fatto che la sepoltura del padre era avvenuta, vent’anni prima, utilizzando una diversa tomba, con la conseguenza che la comunicazione di tale circostanza non avrebbe comunque potuto determinare un diverso esito del procedimento.
In conseguenza dell’operare del principio sostanzialistico di cui all’art. 28 octies della legge n. 241/90, i vizi di natura procedimentale dedotti non possono, quindi, condurre al richiesto annullamento, in quanto anche laddove fosse stata garantita la partecipazione, questa non avrebbe comunque potuto incidere sul contenuto del provvedimento finale adottato.
Con la seconda doglianza parte ricorrente si duole dell’illegittimità dell’estensione della disposizione regolamentare che disciplina la revoca delle concessioni a tempo determinato di durata eccedente i 99 anni anche alle concessioni perpetue.
A tale proposito ed a sostegno della non revocabilità delle concessioni perpetue, parte ricorrente invoca il precedente di questo Tribunale rappresentato dalla sentenza 9197/2010, nella quale si sostiene che le concessioni perpetue non sarebbero direttamente disciplinate dal primo periodo del comma 2 dell'art. 92 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, bensì dall'art. 98, comma 1, dello stesso d.P.R. che, solamente in caso di soppressione del cimitero, prevede la (unica) possibilità di trasformazione delle stesse in concessioni a tempo determinato della durata di 99 anni.
Invero tale pronuncia appare fortemente determinata dall’aver il Comune, in tale occasione, previsto delle condizioni di revocabilità della concessione ben diverse da quelle di cui al citato art. 92 del DPR 285/90.
Anche in ragione di ciò il Collegio ritiene, quindi, di doversi discostare da tale precedente per fare proprie, invece, le conclusioni di cui alla sentenza di questo Tribunale n. 4395 del 3 novembre 2005, che richiama, a sua voltala sentenza del Consiglio di Stato n. 2884/2001, nella quale si legge: “L'art. 842, 3° comma del cod.civile include espressamente i cimiteri nel demanio comunale: è pacifico che atti dispositivi, in via amministrativa, non possono configurarsi, senza limiti di tempo, a carico di elementi del demanio pubblico.
Al riguardo, la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione civile del 16 gennaio 1991, n.375, richiamata nella sentenza di primo grado, ha chiarito che la concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta al regime demaniale dei beni, indipendentemente dalla eventuale perpetuità del diritto di sepolcro.
Pertanto, verificata l'esistenza dei presupposti, è fuori discussione che il Comune può revocare la concessione, che è connotata da poteri autoritativi incompatibili con la perpetuità della stessa.”.
Ne discende che anche nel caso di specie, quindi, il Comune ha legittimamente esteso la disciplina espressamente prevista per la revoca delle concessioni di durata superiore a 99 anni anche alle concessioni perpetue, rispondendo tale modus operandi alla ratio stessa della norma, la quale tende a far discendere la decadenza della concessione dal non uso della stessa che sottende la presunzione di carenza di interesse alla sua conservazione.
Carenza di interesse all’esercizio della concessione che risulta confermata, nel caso di specie, dall’avvenuta tumulazione, nel 1967, dell’allora titolare della concessione, nonno e suocero degli odierni ricorrenti, in altra sepoltura e che non può essere superata dal mero fatto che, nel 1981, si sia provveduto alla riunione dei resti dei defunti collocati nella tomba.
La determinazione sindacale 603 del 1998 risulta, quindi, di fatto improntata al criterio del divieto generale delle concessioni cimiteriali sine die e i successivi atti alla concreta attuazione della disciplina in materia.
Né può essere ravvisata alcuna disparità di trattamento, considerato che non solo l’attuale normativa equipara tutte le concessioni vigenti per quanto riguarda il diritto all’assegnazione di una nuova concessione in caso di chiusura del cimitero, ma soprattutto non vi è alcun vantaggio per ilconcessionario a tempo determinato, che può avere diritto allaconservazione della stessa per il tempo stabilito, mentre il concessionario perenne o per una durata superiore a 99 anni ha diritto alla conservazione della stessa purchè ne faccia uso almeno con cadenza inferiore a 50 anni.
Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la natura prettamente interpretativa della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre2011 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Giamportone, Presidente
Roberto Valenti, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 18/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)