ALLEGATO 2
Cremazione e modalità di manifestazione della volontà alla cremazione – T.A.R. per la regione Veneto, Sez. 1^, sent. n. 884 del 21 giugno 2013 – CONSIDERAZIONI
Il T.A.R. per la regione Veneto, con la sentenza in epigrafe, è stato chiamato ad affrontare la controversia sorta in ordine ad un’autorizzazione alla cremazione rilasciata sulla base di “dichiarazione” del coniuge della persona defunta, ma contrastata da altri familiari, assumendo il difetto del rispetto della volontà del defunto.
Nel caso, la persona era deceduta da circa un anno (aspetto non particolarmente rilevante), ricordandosi anche come l’art. 47 L. R. (Veneto) 4 marzo 2010, n. 18 e succ. modif., preveda come: “1. La manifestazione di volontà del defunto relativamente alla cremazione ed alla dispersione delle ceneri avviene con le modalità previste dall’articolo 3 della legge n. 130/2001.”, rinvio cui consegue che in proposito possa farsi riferimento in via esclusiva all’art. 3, comma 1, L. 30 marzo 2001, n. 130 e, sul punto delle forme e modalità di prova della volontà del defunto, al cui rispetto i provvedimenti autorizzativi devono essere improntati, in particolare alle previsioni della lett. b).
I familiari, diversi dal coniuge della persona defunta, avevano presentato memoria, oppositiva, affermando che la persona defunta avesse espresso, in vita, volontà di non essere cremata, oltretutto documentando tale volontà espressa, oltre che con l’espressione di volontà loro, anche con dichiarazioni conformi da parte di terzi conoscenti, opposizione della cui presentazione l’ufficiale dello stato civile aveva dato conto, ma prendendo atto della dichiarazione del coniuge che la persona defunto non aveva mai dichiarato la volontà di non essere cremata, considerando inoltre come in presenza di dichiarazioni contrastanti circa la volontà espressa dalla persona defunta, non fosse possibile evincere, in modo non equivoco, l’effettiva volontà della defunta. È da ritenere, inoltre, che l’ufficiale dello stato civile abbai tenuto in conto anche la posizione di poziorità del coniuge, rispetto ad altri parenti, per quanto di grado più prossimo (il ricorso è stato proposto da parenti di 1° grado, in linea retta ascendente, ma altresì parenti in linea collaterale di 2° grado, aspetto questo ultimo non considerato dal giudice amministrativo).
Il giudice – che, per inciso, si è pronunciato in sede di udienza cautelare (art. 60 C.P.A.) con decisione assunta il giorno antecedente a quello in cui era stata programmata la cremazione – ha considerato come solo in mancanza di una espressa volontà espressa nella forma testamentaria o per sussistente adesione a SO.CREM. o per altri fatti concludenti, la legge (L. 30 marzo 2001, n. 130) assegni valore alla volontà del coniuge o, in difetto del coniuge, dei parenti nel grado più prossimo.
Su questo ultimo aspetto viene richiamato anche l’orientamento, a suo tempo espresso, con la circolare telegrafica n. 37 del 1° settembre 2004 dal Ministero dell’interno, interpellata la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, Ufficio per l'attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure, secondo cui il coniuge o i parenti del de cuius non esprimono un personale atto di volontà, ma si fanno in ogni caso portatori del desiderio del defunto in merito alla cremazione della propria salma: senza entrare nel merito di questo approccio, che, come noto, aveva altre motivazioni, non di particolare spessore (come noto la questione si poneva tra l’assoggettamento o meno all’imposta di bollo delle dichiarazioni relative), la presenza di una pluralità di dichiarazione, di soggetti diversi, circa l’effettiva volontà della persona defunta è stata considerata dal giudice, anche sulla considerazione della natura di dichiarazione provenienti da soggetti disinteressati e, per questo, ritenuti di maggiore attendibilità.
Per altro, considerato che l’autorità amministrativa non è legittimata ad assumere a fondamento dei propri provvedimenti forme di prova testimoniale, mentre il giudice può far ricorso ad ogni mezzo di prova che ritenga, nella singola fattispecie, probatorio, vi è da considerare – nel caso di specie – il fatto che il coniuge superstite, al fine di comprovare la volontà del coniuge defunto, ha (o, avrebbe) fatto riferimento ad una formulazione espressa “in negativo”, dichiarando che la persona defunta non aveva mai dichiarato la volontà di non essere cremata, invertendosi così, in un certo qual senso, l’assunto su cui si fonda l’art. 3, comma 1, lett. b) L. 30 marzo 2001, n. 130 (ma anche l’art. 47 L. R. (Veneto) 4 marzo 2010, n. 18 e succ. modif.), cioè di una volontà, in positivo, alla cremazione.
Appare evidente, come così posta la questione, che il T.A.R. non potesse che accogliere il ricorso, lasciando impregiudicata la questione nel caso in cui il coniuge superstite avesse dichiarato che la volontà, in positivo, espressa in vita dalla persona defunta fosse quella di accedere alla pratica della cremazione.