ALLEGATO 3
Autorizzazioni all'impiego di materiali alternativi allo zinco per i cofani
A) Considerazioni di ordine generale
Come noto, l'art. 30 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, prevede che per i trasporti funebre da/per l'estero o tra comuni (fatta salva l'eccezione di cui al comma 13) debba farsi ricorso ad un feretro confezionato in duplice cassa (metallo e legno, dove i metalli impiegabili sono individuati al comma 4), modalità di confezionamento applicabile in via generale alle tumulazioni (art. 77, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), anche se il trasporto funebre avvenga interamente nel comune di decesso o interessi la situazione considerata dall'art. 30, comma 13 già citato.
Il successivo art. 31 attribuiva al Ministero della sanità (oggi, della Salute) la titolarità ad autorizzare, sentito il Consiglio Superiore di Sanità, l'uso di casse in materiali diversi, prescrivendo, con tale autorizzazione, le caratteristiche in funzione di assicurare la resistenza meccanica e l'impermeabilità del feretro.
Dopo il d.P.C.M. 26 maggio 2000, con il quale, tra l'altro, sono state conferite alle regioni (dal 1° gennaio 2001, per le regioni a statuto ordinario), le competenze al rilascio delle "autorizzazioni" previste dal d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, la titolarità al rilascio delle autorizzazioni considerate all'art. 31 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, è, o dovrebbe essere, stata riconosciuta sussistente in capo alle regioni, competenza non necessariamente sempre apprezzata dalle strutture regionali (o, da alcune di queste), ma che, in alcuni casi aveva portato all'adozione di atti, amministrativi, di autorizzazione all'impiego di materiali diversi dallo zinco nel confezionamento della duplice cassa, atti che espressamente (né potrebbe essere stato diversamente) prevedevano la propria operatività limitatamente all'ambito territoriale della regione (Liguria).
Tralasciando, intenzionalmente, i metalli considerati dall'art. 30, comma 4 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, in quanto uno di essi (piombo) è, di fatto, non più utilizzato da tempo, essendo, sempre di fatto, pressoché del tutto generalizzato l'impiego dello zinco, molto spesso, in relazione alle possibili autorizzazioni considerate dall'art. 31 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, si parla, pressoché in via esclusiva, di autorizzazioni all'impiego di materiali alternativi allo zinco.
Per altro, il conferimento di tali funzioni amministrative alle, singole, regioni, ha messo in evidenza situazioni di inefficienza e disfunzionalità, considerando come i trasporti funebri, specie considerando la distanza di cui all'art. 30, comma 13 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, possano, in occasioni anche frequenti, richiedere l'impiego della duplice cassa, con ciò potendosi avere frequenti casi in cui debba necessariamente venire a trovare applicazione l'art. 75, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. Altrettanto potrebbe dirsi quando sia richiesta la pratica funeraria della cremazione, dove l'impianto di cremazione può, a seconda delle condizioni locali, trovarsi in altre regioni, ma, anche (e ciò indifferentemente se nella medesima regione od in altra), sia a distanza inferiore come anche superiore a quella individuata dall'art. 30, comma 13 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
A questi aspetti, quando sia richiesta la pratica funeraria della cremazione, vanno aggiunti quelli per cui l'impiego della duplice cassa nel feretro va, o andrebbe, posto in relazione alle caratteristiche tecnologiche dell'impianto di cremazione di elezione, dal momento che, attualmente, solo un numero limitato di impianti presenta caratteristiche tecnologiche che consentano di procedere alla cremazione di feretri costituiti da duplice cassa (legno e zinco).
Nella maggioranza quantitativa degli impianti di cremazione, invece, si deve procedere alla eliminazione preventiva degli oggetti metallici, prima della introduzione nel forno di feretri, contenitori di resti mortali e contenitori di resti ossei (1) (2).
Per inciso, con riguardo agli impianti di cremazione che siano nelle condizioni per la cremazione di feretri confezionati in duplice cassa, vengono a porsi esigenze di rispettare i limiti delle emissioni in atmosfera, stabiliti dalle regioni, province (se delegate sulla base delle specifiche norme regionali) o ARPA, limiti che, al momento, non vedono ancora una definizione uniforme su base nazionale, on conseguenza del fatto che non è stato ancora emanato il decreto interministeriale previsto dall'art. 8 L. 30 marzo 2001, n. 130, norma che non considera unicamente i limiti di emissione in atmosfera, ma, altresì, i materiali per la costruzione delle bare da utilizzare per la cremazione.
La questione della competenza al rilascio delle autorizzazioni all'impiego di materiali diversi nel confezionamento dei feretri, quanto meno sotto il profilo dell'ambito territoriale che, per altro, rileva principalmente sotto il profilo della valità territoriale più che di quella soggettiva, ha trovato una soluzione in occasione dell'emanazione del D.M. 7 febbraio 2002 (cui hanno fatto seguito, riproducendo, sul punto de quo, la medesima formulazione) i DD. MM. 9 febbraio 2002, 23 gennaio 2006, 7 febbraio 2007, 12 aprile 2007, 26 giugno 2007, 21 gennaio 2009, e, più di recente, 5 luglio 2011 e 5 luglio 2011 (due DD. MM: coevei), questo ultimo rettificato con D.M. 2 novembre 2011), attraverso l'affermazione per cui:
"Considerato che, ad avviso dell'Ufficio legislativo del Ministero della Salute, la fattispecie concretamente individuata dal citato art. 31 configura un provvedimento formalmente amministrativo, ma sostanzialmente normativo, inquadrabile nella previsione di cui all'art. 115, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 112 del 1998 (inerente ai compiti ed alle funzioni amministrative conservati allo Stato): "adozione di norme, linee guida e prescrizioni tecniche di natura igienico - sanitaria";"
Ad un tale assunto potrebbe argomentarsi, come, anche ammettendo un contenuto "sostanzialmente normativo", si dovrebbe considerare come esso non possa che qualificarsi come di rango secondario (regolamentare) e, per questo, di competenza esclusiva delle regioni (quanto meno di quelle a statuto ordinario, dato che per le regioni aventi statuti speciali dovrebbero valutarsi le situazioni in relazione a ciascuna singola regione a statuto speciale), potestà regolamentare da esercitare con lo strumento proprio degli atti di natura regolamentare, se non fosse che le considerazioni formulate dall'Ufficio legislativo del Ministero della salute, hanno fatto ricorso, presumibilmente anche strumentalmente, alla "conservazione" in capo allo Stato di compiti e funzioni individuata dall'art. 115 (in particolare, comma 1, lett. b), nella fattispecie) del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e succ. modif.
Anche se questa fonte normativa sia antecedente alle modifiche apportate al Titolo V della parte seconda della Costituzione dalla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, che dovrebbe, stante il rango normativo, prevalere sulle norme antecedenti aventi contenuto non più coerente con l'impianto costituzionale così modificato, tra cui la potestà regolamentare (art. 116, comma 6 Cost.), de facto, una tale impostazione ha continuato ad essere utilizzata, anche nel 2011 (seppure l'anzidetto "avviso" dell'Ufficio legislativo del Ministero della salute sia stato successivo all'efficacia delle modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), per cui dovrebbe argomentardi come la "conservazione" di compiti e funzioni in capo allo Stato considerata dall'art. 115 D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 115 e succ. modif., abbia dovuto cedere di fornte alle modifiche constituzionali, con l'esito per cui, sempre de facto, tali autorizzazioni esplicano effetti sull'intero territorio nazionale.
B) Considerazioni sulle specifiche d'impiego di tali autorizzazioni
In linea di massima, con i DD. MM. sopra ricordati (trascurando quelli che autorizzino l'impiego di valvole ai sensi dell'art. 77, comma 3 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, si autorizza l'impiego, in ambito nazionale del materiale singolarmente interessato, per realizzare manufatti in sostituzione della cassa di metallo per il trasporto di salme,
1) per l'inumazione,
oppure
2) per la cremazione
e da impiegarsi nei seguenti casi e condizioni d'uso:
a) servizi funebri dove la salma viene inumata (escludendo i casi di deceduti per malattia infettivo-diffusiva) o cremata a distanza superiore a 100 km, in sostituzione della cassa metallica all'interno della cassa di legno;
b) servizi funebri dove la salma da cremare è deceduta per malattia infettivo-diffusiva (art. 25, comma 1 decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285), in sostituzione della cassa metallica all'interno della cassa di legno;
c) per inumazione o cremazione a distanza inferiore a 100 km l'uso del manufatto deve considerarsi facoltativo.
In altre parole, in via generale, l'impiego di tali materiali, in quanto "alternativi" alla cassa metallica (in zinco), è autorizzato con riferimento a due delle tre pratiche funerarie, cioè escludendosene l'uso nelle ipotesi di tumulazioni, e correlato ad alcune condizioni del trasporto funebre (distanza, termini di inizio, mezzo di trasporto, durata, decesso per una delle malattie infettive-diffisuive comprese nello specifico elenco predisposto dal Ministero della salute).
Accanto a queste condizioni d'uso, tali autorizzazioni presentano una limitazione, per quanto riguarda la loro validità temporale, limitata a cinque anni, cui si aggiunge "l'obbligo all'impresa che produce e commercializza il manufatto che si autorizza di fornire al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (3), con cadenza biennale, adeguate informazioni scritte sulla concreta e reale operatività del manufatto sia nelle inumazioni che nelle cremazioni.
Dette informazioni dovranno essere corredate da apposita dichiarazione di strutture pubbliche cimiteriali che ne attestino la veridicità. La mancata produzione di detti atti costituisce motivo di revoca della presente autorizzazione per l'impresa inadempiente."
Se un tale obbligo d'informazione e verifica delle funzionalità del materiale oggetto dell'autorizzazione può comprendersi, alcune delle sue modalità appaiono presentare criticità.
Infatti, l'idoneità ai fini specifici di un materiale od altro, non dovrebbe essere valutata in via esclusiva in relazione alla fase del trasporto funebre (che si esaurisce in un arco temporale di alcuni giorni), ma dovrebbe, razionalmente, considerare altresì la destinazione "cimiteriale" (di ben maggiore proiezione temporale) che segue il trasporto funebre (o, se si vuole, a cui il trasporto funebre è finalizzato).
Ad avviso di chi scrive si dovrebbero tenere in considerazione anche, per quanto possibile, gli effetti che l'impiego di un dato materiale oppure di altro, possa determinare successivamente, sotto il profilo dei processi trasformativi (scheletrizzazione, a volte indicata, impropriamente, quale mineralizzazione) dei cadaveri se sia stata scelta la pratica funeraria dell'inumazione, oppure i possibili effetti che possano conseguire, anche in termini di emissioni in atmosfera, nel caso in cui sia stata scelta la pratica funeraria della cremazione.
Nonché gli oneri che conseguono ad esempio in termini di raccolta e smaltimento dei rifiuti cimiteriali e da cremazione.
L'obbligo di fornire "informazioni sulla concreta e reale operatività del manufatto" è generalmente prevista avere cadenza biennale, sia per le inumazioni, sia per le cremazioni, "informazioni" che richiedono di essere corredate "da apposita dichiarazione di strutture pubbliche cimiteriali che ne attestino la veridicità" .
A questo riguardo occorre osservare come sia opportuno affrontare questi aspetti in modo distinto a seconda che sia stata scelta la pratica funeraria dell'inumazione, oppure della cremazione.
B.1) Ipotesi dell'inumazione. Stante il fatto che le esumazioni avvengono decorso il turno ordinario di rotazione (art. 82, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), anche se, in molte realtà, essa non è praticata "dopo un decennio", bensì "decorso" questo termine, a volte anche in momento successivo di alcuni anni, variabili per effetto di più fattori. Per altro, le esumazioni potrebbero (art. 83 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) eseguirsi anche prima del prescritto turno di rotazione, perché:
a) per ordine dell'autorità giudiziaria per indagini nell'interesse della giustizia oppure,
b) previa autorizzazione del sindaco (leggansi: del soggetto cui competono, in via esclusiva e non derogabile se non per disposizione espressa di legge, le funzioni ed i compiti di cui all'art. 107, comma 3, lett. f) testo unico, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif.),
b.2) per trasportarle in altre sepolture o
b.2) per cremarle.
Si tratta di tre condizioni che non consentono di procedere ad esumazioni prima del prescritto turno di rotazione, per effettuare analisi e/o valutazioni tecniche con la cadenza biennale che la "certificazione" richiesta richiederebbe.
Ma, anche ammettendosi, accademicamente, che una tale operazione possa effettuarsi, appare evidente come dovrebbe darsene previa comunicazione ai familiari del defunto, nonché acquisire il necessario consenso a tale operazione.
I riferimenti alle operazioni di esumazione diventano in qualche modo necessari e, forse, imprescindibili, dal momento che una qualche attività di verifica su quella che possa essere la "concreta e reale operatività del manufatto" non potrebbe che richiedere che la sua esecuzione, quale ne sia la metodologia impiegata od impiegabile.
Infatti, generalmente, effetti di determinate misure, adottate in occasione del trasporto funebre o, prima, del confezionamento del feretro, risultano essere rievabili solo in occasione delle esumazioni, come si ha, a titolo esemplificativo, nella situazione, variamente registrabile in numerose località, delle pratiche, risalenti al passato, in cui defunti in determinate strutture venivano collocati nelle bare previo avvolgimento il foglio di materiale plastico, che, in occasione delle esumazioni, si rilevano avere del tutto inibito i normali processi di trasformazione cadaverica, con la conseguenza di determinare quei fenomeni conservativi che sono considerati dall'art. 3, comma 1, lett. b) d.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 e rispetto ai quali non sono esperibili "trattamenti" che consentano di ri-avviare i normali processi trasformativi cadaverici.
Ne consegue che la cadenza biennale delle "informazioni", ma, soprattutto, della certificazione richiesta alle strutture pubbliche cimiteriali assume un carattere di criticità.
Salvo, solamente, non fare ricorso all'ipotesi per la quale non si usino, anche per l'effettuazione di queste valutazione, i casi in cui venga autorizzata, quando si sia in presenza di almeno una delle limitate condizioni considerate all'art. 83 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (ipotesi non di larga frequenza), l'esecuzione dell'esumazione prima del prescritto turno di rotazione e, accidentalmente, questa riguardi un feretro che sia stato, all'origine, cioè al momento del suo confezionamento, interessato all'impiego del materiale autorizzato e, va aggiunto, quando prodotto dall'azienda che, con cadenza biennale, nel singolo caso (stante l'individualità delle singole autorizzazioni e termini risultanti dal D.M. di autorizzazione) è tenuta a fornire le anzidette informazioni, corredate dalla relativa certificazione della struttura cimiteriale pubblica.
Cosa che comporterebbe una serie di coincidenze decisamente elevata.
Per non considerare come, i registri di cui all'art. 52 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 non contengano informazioni aventi ad oggetto questi aspetti e, anche andando a verificare, singolo caso per singolo caso, la documentazione pervenuta al responsabile del servizio di custodia del cimitero (e sempre che non sia già stata fatta oggetto di procedura di scarto), non sempre possa rinvenirsi documentazione idonea ad individuare la tipologia di manufatto utilizzato e relativo produttore.
B.2) Ipotesi della cremazione. Se sia stata scelta la pratica funeraria della cremazione, in parte, non si ha lo scarto temporale considerato per la precedente ipotesi (inumazione), ma occorrerebbe che:
a) nella documentazione che pervenga all'impianto di cremazione (in termini accidentali, non essendo necessaria pervenga all'impianto di cremazione) risulti il manufatto impiegato e relativo produttore, ma altresì che in sede di operazioni di cremazione di quel singolo feretro possano effettuarsi misurazioni specifiche che consentano, a tempo debito, il rilascio della certificazione che deve corredare le informazioni che l'azienda produttrice è tenuta a presentare, con cadenza biennale, al Ministero della salute, produzione che costituirebbe motivo di revoca dell'autorizzazione.
In entrambe le ipotesi, non andrebbe sottovalutata la constatazione per cui in via generale le strutture pubbliche cimiteriali non dispongano di "strumentazione" funzionale ad una quale verifica tecnica (procedure di monitoraggio, laboratori di analisi e misura, e simili) tali da consentire di certificare la veridicità delle informazioni attorno ad una concreta e reale operatività del manufatto singolarmente impiegato, salvo non fare ricorso a strutture esterne, comprensibilmente accessibili a titolo oneroso.
Onere che, evidentemente, dovrebbe essere assunto a carico dell'azienda che, nella singola occasione, richieda la certificazione, dal momento che ogni eventuale assunzione di un tale onere (anche quando, eventualmente, si dispongano di strutture, strumentazioni e professionalità idonee) in capo al bilancio della struttura cimiteriale pubblica determinerebbe sia la fattispecie della responsabilità contabile (art. 93 testo unico, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif.), sia la fattispecie dell'art. 323 C.P., stante il vantaggio patrimoniale di privati, nonché, essendo le spese gestionali cimiteriali oggetto di recupero, un potenziale danno in capo ad altri qualora non si abbia un tale recupero in capo al soggetto nel cui interesse, anche patrimoniale, la certificazione è richiesta.
Infine, pur se, apparentemente, poco rilevante, va osservato come la certificazione sulla veridicità delle informazioni fornite/prodotte dall'azienda produttrice sia riferita a strutture pubbliche cimiteriali, con ciò escludendosi da una quale legittimazione eventuali strutture cimiteriali che presentino le caratteristiche di cui all'art. 104, comma 4 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Posta in questi termini, la questione potrebbe apparire di limitata portata, non solo per il dato quantitativo della presenza sul territorio nazionale di cimiteri particolari pre-esistenti all'entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e succ. modif., ma anche per il fatto che una siffatta certificazione, avente ad oggetto la veridicità delle informazioni da produrre da parte dell'azienda produttrice del singolo manufatto autorizzato, rientra nell'alveo di funzioni eminentemente pubblicistiche e si colloca, fisiologicamente, nel contesto della definizione di cui all'art. 1, comma 1, lett. f) testo unico, approvato con d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e succ. modif.
Rispetto a quest'ultima considerazione, va ricordato come, con effetto dal 1° gennaio 2012, cioè in relazione all'art. 15 L. 12 novembre 2011, n. 183 "Legge di stabilità - 2012", le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati, mentre, nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 testo unico approvato con d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e succ. modif. (art. 40, comma 01 medesimo testo unico, quale modificato da tale disposizione), per non citare come l'art. 40, comma 02, altrettando costè modificato da tale disposizione, preveda come:
Sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati è apposta, a pena di nullità, la dicitura: "Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi"" . Non solo, ma lo stesso art. 15 L. 12 novembre 2011, n. 183 "Legge di stabilità - 2012", abbia altresì modificato l'art. 43, comma 1 testo unico, approvato con d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e succ. modif., disponendo: ""1. Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall'interessato (L)" ", da cui consegue come sia di fatto venuta meno la possibilità, legittimità per le strutture pubbliche cimiteriali di rilasciare una tale certificazione, dovendo il Ministero della salute acquisire dichiarazioni sostitutive e, quindi, anche, ove lo ritenga ed anche a campione, acquisire - esclusivamente - d'ufficio, informazioni circa quanto contenuto in dichiarazioni sostitutive o accertare - sempre d'ufficio - la loro veridicità (art. 43, commi 2 e ss., artt. 71, 72 (ma anche: art. 74, anche questo oggetto di modifiche da parte del citato art. 15 L. 12 novembre 2011, n. 183 "legge di stabilità - 2012") stesso testo unico approvato con d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e succ. modif., nonché direttiva n. 14 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione del 22 dicembre 2011).
Per altro, sempre in proposito, non può sottovalutarsi un ulteriore aspetto, quello che ha riguardo alle forme di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, dove sono presenti, ed in prospettiva ciò va considerato in termini crescenti, sotto il profilo della distribuzione territoriale, forme di gestione diverse da quella della gestione in economia diretta, con la presenza di affidamenti della gestione di servizi pubblici locali in favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici, oppure a società miste costituite secondo specifici criteri, oppure anche, residualmente, a società in house.
Né mancano casi di ricorso ad aziende speciali (art. 4 D.-L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella L. 14 settembre 2001, n. 148, disposizioni, oltretutto, interessata da ulteriori modifiche con il D.-L. c. d. sulle "liberalizzazioni", approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 20 gennaio 2012.
In altre parole, sono abbastanza presenti e, in prospettiva il fenomeno è destinato ad ampliarsi, le situazioni nelle quali la gestione della struttura cimiteriale pubblica non avvenga nella forma della gestione in economia diretta, il ché porta a sollevare la questione se i soggetti affidatari, quale ne sia la loro natura, abbiano legittimazione a rilasciare tale certificazione (anzi, stante il sopra citato art. 15 L. 12 novembre 2011, n. 183 "Legge di stabilità - 2012", ad effettuare le verifiche eventualemente richieste - d'ufficio - da parte del Ministero della salute sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive presentate dalle singole aziende produttrici di singoli manufatti autorizzati, legittimazione da escludere non trattandosi di amministrazioni pubbliche (art. 1, comma 2 D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e succ. modif.).
C) L'impiego di materiali alternativi allo zinco nel confezionamento della duplice cassa per le tumulazioni
Rispetto al panorama precedente, va segnalato come con il D.M. 5 luglio 2011 (uno dei due emanati in pari data), successivamente oggetto di rettificazione con D.M. 2 novembre 2011 - Allegato 2 - sia stato autorizzato l'impiego di un manufatto - unicamente - per il trasporto funebre di feretri destinati alla tumulazione (in ciò differenziandosi dai decreti ministeriali precedenti che consideravano le sole pratiche dell'inumazione o della cremazione, ed a certe condizioni), altrettanto unicamente, quando tali trasporti funebri si svolgano a distanza inferiore a quella considerata dall'art. 31, comma 13 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (100 km.).
Si segnala inoltre che è espressamente escluso (o, meglio, espressamente non autorizzato od oggetto di tale autorizzazione) il suo impiego in trasporti funebri a distanza superiore, motivando questa "non autorizzazione", per altro temporanea, con il fatto che il manufatto sia ancora in una fase di lavorazione prototipale, sperimentale e di comparazione con lo standard dì riferimento (zinco) e la società produttrice è chiamata a fornire prove sperimentali e informazioni adeguate sulla concreta e reale operatività del manufatto stesso.
Prescindendo dai materiali impiegati (principalmente polipropilene (PP), ma anche altri) e dalla caratteristiche costruttive, anche questa autorizzazione ha validità temporale di cinque anni ed è soggetta, e sempre con cadenza biennale, all'obbligo di fornire al Ministero della salute le consuete informazioni, corredate da apposita certificazione che ne attesti la veridicità rilasciata da strutture pubbliche cimiteriali. Con ciò riproponendo, anche in tal caso, molte delle considerazioni precedentemente fatte.
Si osserva, per altro, come ciò ecceda, quanto meno formalmente, la previsione dell'art. 77 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, che considera solo l'autorizzazione individuata al suo comma 3, rispetto alla quale, oltretutto, deve rappresentarsi come venga esclusa, ancora una volta espressamente, l'applicabilità, dall'art. 1, condizione sub f) del medesimo D.M. 5 luglio 2011.
Per inciso, andrebbe ricordata anche la condizione sub e) con cui se ne esclude l'utilizzo per la tumulazione di deceduti per una delle malattie infettivo-diffusive di cui all'apposito elenco predisposto dal Ministero della salute, esclusione che appare rispondere ad una cautela non esplicitata, cioè la carenza (o insufficienza delle prove) di condizioni afferenti alla tutela della salute pubblica.
Anche se, tradizionalmente, le modalità costruttive dei posti feretro a tumulazione rispondano a caratteristiche, e finalità che richiedono l'impermeabilitià (oltretutto, tanto per i liquidi, quanto per i gas) (art. 76, comma 6 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) ed in ogni caso l'ermeticità (art. 76, comma 9 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), si deve considerare come, in alcune regioni, si stiano prevedendo tumulazioni con altre caratteristiche, cioè i c. d. loculi aerati.
Ne consegue che ogni valutazione delle caratteristiche tecnico-costruttive dei manufatti dovrebbero, quanto meno in prospettiva, differenziarsi a seconda che la tumulazione abbia luogo con la, tradizionale, modalità stagna, oppure ricorrendo a c. d. loculi aerati, dal momento che si tratta di modalità che, oltre a diversificarsi nelle metodologie tecnico-costruttive e, forse, per l'impiego dei materiali, rispondono a funzionalità differenti, tenendo i loculi stagni alla conservazione del feretro in condizioni di ermeticità, mentre i loculi aerati tendono (laddove già ammissibili e, quindi, quando presenti) a favorire i processi trasformativi cadaverici.
E quindi nei loculi aerati è vietata, nella tumulazione, la cassa interna o esterna stagna (di qualunque materiale sia composta).
Trattandosi di tumulazione, per altro, viene a cadere, perdendo spessore, l'ipotesi di considerare se i materiali utilizzati rispondano o meno a condizioni di degradabilità, aspetto che avrebbe rilevanza se tali manufatti avessero utilizzo nella pratica funeraria dell'inumazione, o della combustibilità (a questo punto da correlare anche con la determinazione dei limiti di emissioni in atmosfera) nel caso di utilizzo della pratica funeraria della cremazione.
Piuttosto, rispetto alla cremazione, dovrebbe considerarsi la problematica che detti materiali "plastici" autorizzati in sostituzione dello zinco, infine dovranno essere cremati in conseguenza di estumulazione e presenza di resti mortali, con possibili effetti indesiderati al momento della combustione e, se necessario, con la necessità di loro asportazione preventiva alla immissione nel forno.
È appena il caso di ricordare come alcune, anche se non molte, norme regionali emanate in materia non manchino di presentare "orientamenti" volti ad un impiego di feretri o altri involucri … "ecologici" (es.: art. 73, comma 3 L. R. (Lombardia) 30 dicembre 2009, n. 33; art. 19, comma 3 L. R. (Friuli-Venezia Giulia) 21 ottobre 2011, n. 12), carattere che non risulta da eventuali auto-qualificazioni, quanto da valutazioni tecniche che non possono essere scevre dall'essere oggettive.
D) Conclusioni
Dal contesto sopra considerato emerge sempre più attuale l'esigenza che venga provveduto a riprendere l'ipotesi dell'emanazione del decreto interministeriale previsto dall'art. 8 L. 30 marzo 2001, n. 130, emanazione che potrebbe consentire un più coerente, e meno singolare, approccio all'intera tematica.
(1) Per analogia con quanto specificato dal Ministero della sanità per i feretri estumulati, i contenitori di resti mortali, per i quali è necessario un contenitore di materiale facilmente combustibile.
Del resto, se si prevede ordinariamente la cremazione con contenitori di materiali facilmente combustibili per i resti mortali, non si può che giungere alle stesse conclusioni nel caso della cremazione di feretro al funerale (almeno fino alla emanazione del decreto di cui all'art. 8 della L. 30 marzo 2001, n. 130.
Si veda in proposito la Risoluzione del Ministero della Salute n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004.
"QUESITO SULLE PROCEDURE E SULLE CARATTERISTICHE DEI CONTENITORI PER TRASPORTO DI RESTI MORTALI
Per quel che concerne la procedura più corretta per il trattamento e confezionamento dei resti mortali a seguito di estumulazione, si considerano valide le norme dettate per il trattamento dei resti mortali provenienti da esumazione.
Nel caso non sussistano motivi ostativi di natura igienico-sanitaria, per il trasporto di resto mortale è sufficiente l'uso di contenitore di materiale biodegradabile (inumazione) o facilmente combustibile (cremazione). Il contenitore di resti mortali deve avere caratteristiche di spessore e forma capaci di contenere un resto mortale, di sottrarlo alla vista esterna e di sostenere il peso. Il contenitore di resti mortali, all'esterno deve riportare nome cognome, data di nascita e di morte.
Nel caso in cui la competente autorità di vigilanza (A.U.S.L. o Comune in funzione delle specifiche normative regionali o locali) abbia rilevato la presenza di parti molli, è d'obbligo per il trasporto dei resti mortali, l'uso di feretri aventi le caratteristiche analoghe a quelle per il trasporto di cadavere."
(2) Il paragrafo 6 della circolare Ministero sanità 31 luglio 1998, n. 10 prevede, nel caso di conferimento di ossa da cremare in cassa di zinco (obbligatoria per il trasporto ai sensi dell'art. 36 del DPR 285/90) la eliminazione dello zinco prima della introduzione delle ossa nel forno:
"6. Cremazione di resti ossei
La cremazione di resti ossei è consentita qualora siano consenzienti i familiari.
Le ossa vengono introdotte nel crematorio dentro un contenitore facilmente combustibile, con l'asportazione preventiva della cassetta di zinco. Per le ossa contenute in ossario comune è il Sindaco a disporre per la cremazione."
(3) Oggi, Ministero della salute.