ALLEGATO 2
Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 luglio 2011, n. 4403 - Considerazioni
Il Consiglio di Stato, con la prefata sentenza, interviene ancora una volta sulla natura del vincolo di inedificabilità cimiteriale, cui sono soggette le c.d. "zone di rispetto", di cui all'art. 338 testo unico, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e succ. modif..
Tra l'altro, nella sentenza medesima si affrontano, altresì, anche altri aspetti, come, ad esempio, quello sulla competenza organica e su altre questioni, anche di procedimento.
A) Infatti, il T.A.R. per la regione Toscana, con la sentenza appellata, aveva considerato come l'art. 31 della L.R. Toscana 14 ottobre 1999, n. 52 (ora abrogata dalla L.R. Toscana 3 gennaio 2005, n. 1), nel prevedere che spettasse al sindaco (l'art. 129, comma 2 L.R. 1/2005, n. 1 fa riferimento al "comune") la competenza ad emettere l'ingiunzione di demolizione dell'opera abusiva, andava correttamente intesa come riferita al dirigente, e, pertanto, non sussiste il denunciato vizio di incompetenza, considerando, a tal proposito, come l'art. 3, comma 1 D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 abbia introdotto, nell'ambito dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni (compresi gli enti locali, per espresso richiamo normativo dell'art. 1, comma 2 D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, anche se il principio era già presente nell'art. 51, commi 2 e 3 L. 8 giugno 1990, n. 142, per quanto riguardava le Autonomie Locali) il principio di distinzione tra organi di indirizzo politico-amministrativo ed attività di gestione, nella quale ultima i titolari dei primi organi non devono ingerirsi. Inoltre, andrebbe ricordato come l'art. 107, comma 4 riproponga un tale impianto delle competenze organiche con esplicito riferimento alle Autonomie Locali.
B) Sull'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento nonché sull'esigenza della motivazione, il Consiglio di Stato, confermando l'analoga precedente pronuncia del T.A.R. appellata, ha ritenuto che il provvedimento di repressione degli abusi edilizi (ingiunzione a demolire e/o ordine di demolizione, ed ogni altro provvedimento sanzionatorio), costituisca un atto dovuto della P.A. costituente esercizio di potere vincolato, meramente conseguente dall'accertamento dell'abuso e della sua riconducibilità a fattispecie di illecito previste dalla legge. Da ciò deriva che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la sola rappresentazione del carattere illecito dell'opera realizzata, né è necessaria una qualche previa comparazione dell'interesse pubblico alla repressione dell'abuso con l'interesse del privato proprietario del manufatto; e ciò anche qualora l'intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell'abuso. Per le medesime argomentazioni, emerge evidente come - stante il carattere vincolato del potere - non occorre il previo invio della comunicazione di avvio del procedimento, peraltro ora esclusa anche dall'art. 21-octies, comma 2, primo periodo, L. 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif..
C) La sanzione della demolizione, avendo natura reale, può colpire anche il proprietario non responsabile dell'abuso edilizio, avendo riguardo all'immobile abusivo in quanto tale, indipendentemente dalla sua appartenenza, tanto più che qualora l'appellante non fosse proprietario dell'immobile abusivo, ciò rileverebbe in termini di carenza di legittimazione del ricorrente, ma non determinerebbe l'annullamento del provvedimento amministrativo.
D) Sul vincolo d'inedificabilità nelle zone di rispetto cimiteriale, il Consiglio di Stato riconferma, aderendovi, la giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, con considerazioni che in questa sede si intendono ribadite, che ha già avuto modo di affermare che la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 testo unico, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e succ. modif. (e che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del cimitero), costituisce un vincolo assoluto di inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di PRG, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2011 n. 1645 e 27 ottobre 2009 n. 6547; sez. V, 14 settembre 2010 n. 6671).
Stante la natura del vincolo e le sue finalità, non vi è alcuna ragione (peraltro non ricavabile né dalla lettera, né dal contesto logico-sistematico della norma), per ritenere tale vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai fabbricati sparsi, così come, ai fini dell'applicazione del vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200 metri, vi sia una strada, escludendosi che quest'ultima (così come invece risultante dalla prospettazione dell'appellante) "interrompa" la continuità del vincolo.
Si è, qui, in presenza di un orientamento diverso da quello cui si era giunti, contemperando le diverse valutazioni anche giurisprudenziali, non sempre o necessariamente uniformi, che considerava il vincolo di inedificabilità come, in parte, temperabile, quanto meno al di fuori dei centri abitati. Si osserva, per altro, come tale conclusione, appaia quanto meno poco coerente, solo che si consideri come la stessa sentenza consideri, non senza un'auto-contraddizione, l'assenza di prova di una (eventuale) pre-esistenza dell'immobile all'entrata in vigore della L. 6 agosto 1967, n. 765, poiché questa (eventuale) situazione avrebbe reso de facto legittima l'insistenza dell'immobile, a prescindere dal centro abitato o dalla qualità di casa sparsa, anche all'interno della fascia di rispetto.