ALLEGATO 2
Giurisprudenza
Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 26/02/2009, Sent. n. 8626 (Ud. 13/01/2009)
URBANISTICA ED EDILIZIA - Fascia di rispetto del vincolo cimiteriale - Eccezione al divieto generale di edificazione - Limiti - Interpretazione restrittiva della norma - Art. 338 T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L. n.166/2002
La locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico", (contenuta nell'articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie poi modificato dall'articolo 28 della legge 1° agosto del 2002 n. 166), deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei duecento metri. Specificatamente, la locuzione "attuazione di un intervento urbanistico" non può essere interpretata estensivamente fino a comprendervi anche l'edilizia residenziale privata, sia perché, trattandosi di eccezione al divieto generale di edificazione di cui al primo comma dell'articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie, deve essere interpretata restrittivamente e quindi limitata ai soli interventi pubblici o quanto meno di rilevanza pubblica, e ciò perché solo un interesse pubblico, meritevole di tutela, come quelli esplicitamente indicati nella deroga, concorrente con quelli posti a base del divieto, potrebbe giustificare la riduzione della fascia di rispetto. Invero, questa è imposta a tutela di esigenze di natura igienico sanitaria, a salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura e soprattutto a tutela della possibile espansione della cinta cimiteriale e ad assicurare una cintura sanitaria intorno ai luoghi per loro natura insalubri. Pres. Onorato Est. Petti Ric. Porticelli.
Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 26/02/2009, Sent. n. 8626 (Ud. 13/01/2009)
URBANISTICA ED EDILIZIA - ESPROPRIAZIONE - Vincolo cimiteriale - Fascia di rispetto (200 metri) - Divieto di costruire nuovi edifici dal perimetro del cimitero - Indennizzo espropriativo - Vincolo urbanistico operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici - Deroga - Procedura - Art. 338 T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L. n.166/2002
L'articolo 338 T.U. Legge Sanitaria, come modificato dall'articolo 28 della legge 1° agosto del 2002 n.166, ribadisce al primo comma la regola generale che i cimiteri debbano essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati e che è vietato costruire nuovi edifici (siano essi pubblici o privati) entro il raggio di duecento metri dal perimetro del cimitero.
Siffatta fascia di rispetto costituisce un vincolo urbanistico posto con legge dello Stato e come tale è operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti ed eventualmente anche in contrasto con essi (Cons. Stato sez V 27/08/1999 n 1006, Cass. pen. sez. III n 8553/1996, Cons. Stato n. 1185/2007). Il relativo suolo ai fini dell'indennizzo espropriativo, anche se può avere un valore di mercato superiore a quello agricolo per effetto di possibili utilizzazioni diverse da quelle edificatorie, non è comunque suolo edificatorio (Cass. Sez un. civ. n.13596/1991, Cass. civ. sez. I n. 11669/2004, sez. III n. 4797/2006). Tale fascia di rispetto può essere derogata in due ipotesi soltanto. Secondo la prima, il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato purché non oltre il limite di 50 metri quando ricorrono anche alternativamente le due condizioni previste dalla norma, ossia quando non sia possibile provvedere altrimenti ovvero quando l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche, fiumi ecc. In base alla seconda, la deroga è consentita allorché si deve dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico sanitarie; in tali casi il Consiglio comunale può consentire previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici o la realizzazione di parcheggi, attrezzature sportive, locali tecnici e serre. Pres. Onorato Est. Petti Ric. Porticelli.
Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 26/02/2009, Sent. n. 8626 (Ud. 13/01/2009)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere rel.
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
Dott. Giulio SARNO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto dal difensore di Porticelli Renato, nata a Leonessa il 29 ottobre del 1966,avverso l'ordinanza del tribunale della libertà di Rieti del 1° agosto del 2008;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il sostituto procuratore generale dott. Alfredo Montagna, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
- letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue
IN FATTO
Il tribunale di Rieti, con ordinanza del 1° agosto del 2008, respingeva l'appello proposto nell'interesse di Porticelli Renato
avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di dissequestro dell'area esterna alla fascia di rispetto del vincolo cimiteriale, pronunciato del giudice per le indagini preliminari presso il medesimo tribunale.
A fondamento della decisione il tribunale osservava che la deroga al limite di m 200 stabilita quale ambito dimensionale per la fascia di rispetto cimiteriale era prevista solo per le ipotesi di ampliamento dei cimiteri esistenti o per la realizzazione di nuovi cimiteri o comunque per la realizzazione di opere pubbliche; era prevista cioè solo per finalità pubblicistiche.
Ricorre per cassazione l'indagato deducendo la violazione dell'articolo 338 comma quinto del regio decreto n 1265 del 1934 come modificato dall'articolo 28 della legge n. 166 del 2002, in quanto tale norma consente la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area.
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché infondato.
L'art 338 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (T.U. leggi sanitarie) nel testo vigente prima della modificazione introdotta con l'articolo 28 della legge 1° agosto del 2002 n 166, al primo comma, stabiliva che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati e imponeva il divieto di costruire intorno agli stessi nuovi edifici o di ampliare quelli esistenti entro il raggio di duecento metri. Al prefetto era attribuito il potere di consentire la costruzione di cimiteri o l'ampliamento di quelli esistenti a distanza inferiore a duecento metri, quando a causa di speciali condizioni non era possibile provvedere altrimenti. Inoltre lo stesso prefetto, su motivata richiesta del Consiglio comunale, in assenza di ragioni igieniche ostative ed in presenza di gravi e giustificati motivi, poteva ridurre l'ampiezza della fascia di rispetto entro il limite di cento metri per i comuni con popolazione superiore ai ventimila abitanti e di 50 metri per gli altri comuni. La deroga alla fascia di rispetto dei duecento metri riguardava quindi in passato solo l'ampliamento dei cimiteri esistenti e non anche l'attività edificatoria privata (cfr per tutte Consiglio di Stato n 377 del 1995, 23 agosto 2000 n 4574).
A sua volta il regolamento governativo di polizia mortuaria approvato con decreto n 285 del 1990, nel disciplinare i piani regolatori comunali, all'articolo 57 ribadiva che i cimiteri dovevano essere isolati dall'abitato mediante la zona di rispetto prevista dal citato articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie. Tale norma al comma secondo imponeva il divieto di costruire nuovi edifici o di ampliare quelli esistenti entro la fascia di rispetto ed al comma terzo ribadiva che nell'ampliamento dei cimiteri esistenti la fascia di rispetto non potesse essere inferiore a cento metri dai centri abitati nei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti ed a 50 metri per gli altri comuni. I predetti commi 3 e 4 del citato articolo 57 sono stati successivamente abrogati per effetto dell'articolo 28 della legge 1° agosto 2002 n 166, recante disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti, il quale ha anche rimodulato l'articolo 338 del R.D. n 1265 del 1934.
Contrariamente all'assunto del ricorrente, il legislatore, con l'articolo 28 della legge n. 166 del 2002, non ha inteso assolutamente estendere la deroga anche all'edilizia residenziale privata, sia pure su esplicita deliberazione del Consiglio Comunale. Invero l'articolo 338 dianzi citato, come modificato dall'articolo 28 della legge 1° agosto del 2002 n.166, ribadisce al primo comma la regola generale che i cimiteri debbano essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati e che è vietato costruire nuovi edifici (siano essi pubblici o privati) entro il raggio di duecento metri dal perimetro del cimitero. Siffatta fascia di rispetto costituisce un vincolo urbanistico posto con legge dello Stato e come tale è operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti ed eventualmente anche in contrasto con essi (Con Stato sez V 27 agosto 1999 n 1006, Cass pen sez III n 8553 del 1996, Cons Stato n 1185 del 2007). Il relativo suolo ai fini dell'indennizzo espropriativo, anche se può avere un valore di mercato superiore a quello agricolo per effetto di possibili utilizzazioni diverse da quelle edificatorie, non è comunque suolo edificatorio (Sez un civili n .13596 del 1991, Cass civ I sez n 11669 del 2004, sez III n 4797 del 2006).
Tale fascia di rispetto può essere derogata in due ipotesi soltanto. Secondo la prima, il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato purché non oltre il limite di 50 metri quando ricorrono anche alternativamente le due condizioni previste dalla norma, ossia quando non sia possibile provvedere altrimenti ovvero quando l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche, fiumi ecc.
In base alla seconda, la deroga è consentita allorché si deve dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico sanitarie; in tali casi il Consiglio comunale può consentire previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici o la realizzazione di parcheggi, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
La locuzione "attuazione di un intervento urbanistico" non può essere interpretata estensivamente fino a comprendervi, come assume il ricorrente, anche l'edilizia residenziale privata, sia perché, trattandosi di eccezione al divieto generale di edificazione di cui al primo comma dell'articolo 338 citato, deve essere interpretata restrittivamente e quindi limitata ai soli interventi pubblici o quanto meno di rilevanza pubblica, e ciò perché solo un interesse pubblico, meritevole di tutela, come quelli esplicitamente indicati nella deroga, concorrente con quelli posti a base del divieto, potrebbe giustificare la riduzione della fascia di rispetto. Invero, questa è imposta a tutela di esigenze di natura igienico sanitaria, a salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura e soprattutto a tutela della possibile espansione della cinta cimiteriale e ad assicurare una cintura sanitaria intorno ai luoghi per loro natura insalubri. Orbene, se si consentisse all'edilizia residenziale privata di estendersi fino a 50 metri dal perimetro del cimitero, come sostiene il ricorrente, a parte il sacrificio delle esigenze di natura igienico sanitarie e di salvaguardia della sacralità del luogo, verrebbe neutralizzata, a vantaggio di un interesse privatistico, quella che è la ragione fondamentale dell'imposizione della fascia di rispetto di duecento metri, ossia la salvaguardia della possibilità di espansione dei cimiteri fino alla distanza di cinquanta metri, posto che tale distanza è assolutamente inderogabile anche per l'ampliamento di cimitero. In tale situazione il comune, per avere tutelato un interesse privato, non potendo autorizzare l'espansione del cimitero, sarebbe costretto a crearne un altro in sito diverso. In altri termini con l'interpretazione prospettata dal ricorrente verrebbe ad essere esclusa la possibilità di espansione di un cimitero, prevista dalla legge come ragione idonea a giustificare la deroga al rispetto della distanza dei duecento metri.
Per le ragioni dianzi esposte, che sembrano addirittura ovvie, la locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico" deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei duecento metri.
Siffatta interpretazione è stata già recepita dalla Giustizia amministrativa (cfr TAR Campania n 15615 del 31 ottobre del 2007; TAR Sicilia sentenza n18 del 9 gennaio del 2008. Con Stato V 1934 del 2007; Cons Stato n 1593 del 2006). Non è del tutto esatto quanto affermato dal ricorrente, secondo il quale il principio enucleato dalla decisione del Consiglio di Stato n 1593 del 2006, in forza del quale la deroga sarebbe consentita solo per interventi pubblici o di interesse pubblico, sarebbe frutto di un erronea massimazione in contrasto con il contenuto della decisione. È ben vero che la fattispecie esaminata nella decisione anzidetta riguardava lavori di ampliamento di un opificio preesistente realizzati prima della modifica dell'articolo 338, ma è altrettanto certo che il Consiglio di Stato nella motivazione ha lasciato intendere che in base alla disciplina attuale la deroga sarebbe consentita solo per interventi di natura pubblica o di rilevanza pubblica. Invero, nella motivazione si afferma: " Solo con le modifiche introdotte dall'articolo 28 legge 1° agosto 2002 n 166 il relativo potere (peraltro limitatamente alle opere pubbliche e di interesse pubblico), è stato conferito al Consiglio comunale".
Nella fattispecie, secondo quanto risulta dal provvedimento impugnato, alcuni edifici sono stati realizzati addirittura ad una distanza inferiore ai cinquanta metri dal perimetro cimiteriale, distanza questa assolutamente inderogabile anche per l'ampliamento dei cimiteri preesistenti (cfr Cass Sez III n 18900 del 2008) mentre per gli altri edifici non si indica neppure l'interesse di rilevanza pubblica che la loro realizzazione sarebbe destinato a soddisfare.
P.Q.M.
LA CORTE letto l'articolo 616 c.p.p.
Rigetta
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il 13 gennaio del 2008
Deposito in Cancelleria il 26/02/2009
Corte Suprema di Cassazione Penale, Sez. III, 9/05/2008, Sent. n. 18900/2008 (Ud. 2/04/2008)
FATTO
Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale di Sassari, in funzione di giudice del riesame, in accoglimento dell'appello proposto dal PM, disponeva il sequestro preventivo dell'area cimiteriale del Comune di Porto Torres limitatamente all'area interessata dai lavori di ampliamento di cui alla Delib. Giunta Comunale 19 dicembre 2005, n. 108.
Il provvedimento del tribunale veniva motivato sulla base delle seguenti considerazioni:
- l'intervento edilizio risultava effettuato in zona di inedificabilità assoluta e senza il rispetto dei limiti di 50 mt.
dal centro abitato indicato dal R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 338, (TU leggi sanitarie), così come modificato dalla L. n. 166 del 2002;
- esso risultava eseguito senza titolo in quanto l'approvazione del progetto di ampliamento - sostitutivo della concessione edilizia - illegittimamente promanava dalla Giunta Comunale anzichè dal Consiglio Comunale come prescritto dal D.P.R. n. 285 del 1990, art. 55;
- i lavori non conseguivano ad un'ordinanza contingibile ed urgente (la n. 4662 del 2006) - così come affermato dal GIP nel provvedimento impugnato - ma all'approvazione del progetto di ampliamento da parte della Giunta Comunale n. 108 del 2005 precedente di ben otto mesi e seguita dalla richiesta di parere alla ASL solo in data 19.1.2007 a riprova della mancanza di urgenza.
Avverso tale ordinanza propongono ricorso per cassazione l'ing. P.A., direttore dei lavori, V.C., responsabile del settore tecnico del Comune di Porto Torres, e M.L., sindaco p.t. del Comune di Porto Torres, tutti indagati per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c).
I ricorrenti eccepiscono:
A) L'ing. P..
1) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale sul rilievo che deve ritenersi interdetta la possibilità stessa per il Comune di Porto Torres di essere assoggettato alla fattispecie penalistica di cui all'art. 44, lett. C) escludendo il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7 il preventivo ricorso ad un titolo autorizzativo per le opere deliberate dal Consiglio Comunale o dalla giunta Comunale se assistite dalla necessaria validazione del progetto ai sensi del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 47.
2) Inoltre, secondo il ricorrente, il Sindaco aveva correttamente emanato la ordinanza contingibile ed urgente n. … dell'8 agosto 2006 ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 117 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione della L. 15 marzo 1997, n. 59, Capo 1^) e tale ordinanza costituiva il presupposto giuridico dell'ampliamento.
B) M. e V..
1) Violazione Leggi Sanitarie di cui al R.D. n. 1265 del 1934; D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. C) nonchè dell'art. 322 bis c.p.p. sotto il profilo dell'omessa motivazione.
Sostiene, infatti:
a) l'assenza di qualsiasi violazione sostanziale nelle distanze posto che dalla lettura dell'art. 338, cit. T.U. delle leggi sanitarie emergerebbe con chiarezza come la stessa norma preveda al comma 4 un'ulteriore deroga svincolata dal rispetto di tale limite minimo, disponendo espressamente che "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purchè non vi ostino ragioni igienico sanitarie, il consiglio comunale può consentire previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici".
b) che erroneamente il Tribunale di Sassari avrebbe ritenuto la illegittimità dell'iter amministrativo di approvazione dalla considerazione che la Delib. Giunta Comunale 19 dicembre 2005, n. 108 fosse stata emanata in luogo della richiesta Delib. Consiliare poichè la Delibera del Consiglio Comunale è comunque intervenuta in data 25.1.2007 successivamente, peraltro, all'ordinanza sindacale contingibile e urgente n. … del 8.8.2006. La Giunta aveva infatti approvato esclusivamente il progetto preliminare dei lavori in discorso, secondo quanto disposto dalla L. n. 415 del 1998, art. 4, comma 2, che, modificando la L. n. 142 del 1990, art. 32, ha esplicitamente sottratto al consiglio l'approvazione dei progetti preliminari dei lavori pubblici.
Nel caso di specie, dunque, il Consiglio Comunale, con la citata deliberazione, avrebbe ritenuto - come di sua competenza - di ridurre le dimensioni dell'area sottoposta a vincolo cimiteriale, con un atto generale di contenuto urbanistico, non avente sicuramente natura regolamentare (e perciò non disapplicabile) e pienamente legittimo nel suo contenuto in virtù del disposto dell'art. 338, comma 4, cit. T.U. leggi sanitarie.
Tale atto rappresenta secondo i ricorrenti il presupposto di legittimità del procedimento seguito, in uno con il parere favorevole della A.S.L. del 20.1.2007 e della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Sassari del 9.7.2007.
c) l'insussistenza della illegittimità dell'ordinanza d'urgenza in quanto la giurisprudenza amministrativa ammette pacificamente che, sebbene le ordinanze sindacali contingibili e urgenti non possano essere emanate per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti ovvero per regolare stabilmente una situazione od assetto di interessi, in alcuni casi esse possano produrre effetti non provvisori. È stato, infatti, ritenuto che "non sia la provvisorietà a connotarle, ma la necessaria idoneità delle misure imposte ad eliminare la situazione di pericolo che ne giustifica l'adozione, e che, in definitiva, tali misure possano essere tanto definitive quanto provvisorie, a seconda del tipo di rischio da fronteggiare (Cons. Stato, Sez. 5^, 29 luglio 1998, n. 1128)".
d) omessa motivazione sull'esistenza di un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio.
2) Violazione di legge sotto il profilo dell'omessa motivazione sulle esigenze cautelare del pericolo di aggravamento delle conseguenze dannose e pericolose del preteso reato.
DIRITTO
I ricorsi sono infondati e vanno pertanto rigettati.
1. La decisione che questa Corte è chiamata ad assumere deve necessariamente muovere dalla premessa fattuale - riscontrata dal giudice di merito - che l'intera vicenda concerne l'ampliamento esterno della cinta cimiteriale per la realizzazione di nuove strutture.
1.1 Il primo problema che si pone, dunque, è quello di individuare il limite della fascia di rispetto che deve frapporsi tra il cimitero ed i centri abitati.
Sul punto il GIP ed il tribunale propongono soluzioni contrastanti sulla base di una differente interpretazione dell'art. 338, TULS vigente.
Sostiene il tribunale che il limite inderogabile è rappresentato dalla distanza di metri 50. Il GIP ritiene, invece, che tale limite possa essere ulteriormente ridotto.
Il contrasto ruota intorno all'interpretazione dell'art. 338, TU commi 3 e 4, così come modificato dalla L. 1 agosto 2002, n. 166 "Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti".
In proposito osserva il Collegio quanto segue.
L'art. 28 (Edificabilità delle zone limitrofe ad aree cimiteriali) della legge indicata stabilisce che:
Al R.D. 24 luglio 1934, n. 1265, art. 338, testo unico delle leggi sanitarie, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: "I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge";
b) i commi 4, 5, 6 e 7 sono sostituiti dai seguenti: "Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purchè non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purchè non vi ostino ragioni igienico- sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre. (…).
Il comma 3 introduce dunque, quale limite minimo inderogabile per la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli esistenti la distanza di 50 mt dai centri abitati.
Lo stesso limite evidentemente deve valere, a parere del Collegio, anche per l'ipotesi regolata dal comma successivo, specularmene opposta, che attiene all'esecuzione di (altre) opere pubbliche, all'ampliamento di edifici preesistenti o alla costruzione di nuovi edifici in zone contigue all'area cimiteriale.
Ed, invero, poiché il limite di 50 metri risponde ad inderogabili esigenze di natura igienico - sanitarie, non avrebbe alcun senso stabilire che esso valga solo per l'ipotesi dell'ampliamento del cimitero e non invece per quella inversa degli altri edifici limitrofi, comportando in entrambi i casi l'ampliamento il medesimo risultato sotto il profilo sanitario.
1.2 Questa necessaria premessa comporta di per sé l'illegittimità della delibera della Giunta e del Consiglio Comunale relative all'ampliamento.
Per rispondere inoltre al secondo motivo dei ricorrenti M. e V. che eccepiscono congiuntamente l'impossibilità di disapplicare l'atto amministrativo, va peraltro aggiunto che questa Corte ha peraltro da tempo chiarito che in tema di violazioni urbanistiche, poichè l'interesse protetto non è quello formale del rispetto delle prerogative della pubblica amministrazione nel controllo della attività edilizia (e dunque della regolarità della procedura di amministrativa), ma quello sostanziale della protezione del territorio, l'accertamento in sede giurisdizionale l'accertamento può avere ad oggetto anche il provvedimento amministrativo concessorio, nè il giudice, così operando, disapplica un atto della pubblica amministrazione ritenuto illegittimo, ma ne valuta, appunto, la legittimità in quanto elemento integrante la fattispecie penale.
Conseguentemente non costituisce disapplicazione di atto amministrativo neanche l'accertamento della sussistenza dei presupposti necessari perchè sia integrata la speciale causa estintiva del reato consistente nel condono edilizio, rientrando tale accertamento, viceversa, tra i compiti del giudice penale che deve pronunziarsi circa la improcedibilità dell'azione penale in conseguenza della applicazione della speciale causa estintiva sopra indicata (Sez. 5, n. 736 del 12/02/1999 Rv. 212884).
1.3 Rispetto ai termini del problema posto in questa sede, occorre ora valutare se il limite dei 50 mt possa invece essere derogato in via eccezionale da un provvedimento contingibile ed urgente.
In astratto la risposta al quesito, può essere, ad avviso del Collegio, affermativa. Il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 54 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), prevede, infatti, al comma 2 che: "il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica".
E dunque essendo presupposto indefettibile del provvedimento indicato il solo rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, si deve ritenere che la disposizione dell'art. 338, TULS citata possa, in presenza delle condizioni indicate dall'art. 54, essere derogata.
Ed anche la giurisprudenza amministrativa ha affermato che il testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) art. 54, comma 2, prevede che il Sindaco possa adottare provvedimenti contingibili e urgenti "per prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini"; ne consegue che nel potere del Sindaco non sono più ravvisabili le limitazioni per materia (sanità, etc.) già previste dal testo unico del 1915 e dalla L. n. 142 del 1990. (Cons. Stato Sez. 1 n. del 20/02/2002, ric. Vespaziani).
1.4 Le considerazioni che precedono non sono tuttavia sufficienti per risolvere il problema all'esame.
La questione di fondo, infatti, rimane, come correttamente rilevato dal tribunale, quella di verificare la sussistenza dei presupposti dell'ordinanza contingibile ed urgente.
Il giudice del riesame contesta la legittimità del provvedimento sottolineando come i tempi decisionali dell'intervento denotino la mancanza dell'urgenza e rileva anche che gli effetti dell'ordinanza in questione devono naturalmente esaurirsi in un tempo determinato e non avere, come nella specie, carattere duraturo.
Ora non vi è dubbio che i presupposti per l'adozione dei provvedimenti in questione debbano essenzialmente essere individuati oltrechè nell'urgenza, nella contingibilità intesa come straordinarietà, accidentalità ed imprevedibilità e, soprattutto, nella temporaneità.
Una efficacia sine die - come nella specie, trattandosi di ampliamento del complesso cimiteriale - contrasta evidentemente di per se stessa con il carattere eccezionale e temporaneo che connota il provvedimento in questione.
E del resto anche la Corte Costituzionale ha insistito su questo aspetto sottolineando che la deroga agli atti normativi primari si giustifica solo in rapporto al tempo necessario per affrontare l'emergenza (Sent. 14 aprile 1995 n. 127).
Né vale obiettare al riguardo, come fanno i ricorrenti, che, secondo il pronunciamento del Consiglio di Stato (in questo senso anche sez. 4, n. 6169 del 13 ottobre 2003) l'intervento non deve avere necessariamente il carattere della provvisorietà. A prescindere dal fatto che tale orientamento si pone in contrasto sul punto con altre decisioni dello stesso Consiglio di Stato, occorre comunque rilevare come nella decisione citata si ribadisce anche che l'intervento connesso all'adozione di provvedimenti contingibili e urgenti non può comunque assumere i caratteri della continuità.
Si deve conclusivamente ritenere, quindi, che poichè le ordinanze in questione si caratterizzano per la loro temporaneità sia illegittimo il ricorso al potere di ordinanza contingibile ed urgente allorquando, come nella specie, il provvedimento, in relazione alle sue finalità, rivesta il carattere della continuità e stabilità di effetti, eccedendo le finalità del momento, ed appaia destinato a regolare stabilmente una situazione o un assetto di interessi.
1.5 Occorre ora affrontare l'ulteriore questione posta dai ricorrenti, vale a dire la sanzionabilità penale della condotta accertata.
La tesi difensiva richiama il D.P.R. 380 del 2001, art. 7 per escludere la sussistenza del reato. Anche su questo aspetto è tuttavia necessario fare chiarezza.
L'art. 7 citato concerne l'attività edilizia delle pubbliche amministrazioni e prevede che "Non si applicano le disposizioni del presente titolo per: (…); c) opere pubbliche dei comuni deliberate dal consiglio comunale, ovvero dalla giunta comunale, assistite dalla validazione del progetto ai sensi del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 47".
Ora il primo rilievo da fare è che l'esclusione per le opere indicate riguarda solo l'applicazione del titolo 2^ vale a dire dalle disposizioni concernenti i titoli abilitativi. Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7 non richiama, invece, in alcun modo il titolo 4^ del medesimo D.P.R. concernente in particolare la vigilanza sull'attività urbanistico edilizia, responsabilità e sanzioni.
E dunque rimane certamente configurabile la violazione dell'art. 44, lett. a) nel caso di inosservanza delle norme e delle prescrizioni contemplate dai regolamenti edilizi e dagli strumenti urbanistici che ovviamente non possono non considerare il vincolo di rispetto cimiteriale.
1.6 I ricorrenti pongono, invero, anche un'altra questione che concerne più specificamente la configurabilità del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) e c) nel caso di opere realizzate dal Comune.
Si eccepisce, infatti, che escludendo l'art. 7 citato la necessità del permesso di costruire per le opere realizzate dai comuni, in nessun caso sarebbe applicabile l'art. 44, lett. b) e c) che presuppone, invece, la mancanza del permesso medesimo.
Orbene, premesso che in relazione al provvedimento di sequestro sarebbe comunque sufficiente la violazione della lett. a), ritiene il Collegio di non poter condividere la tesi di parte ricorrente.
La necessità della concessione edilizia (ora permesso di costruire) per le opere comunali, pure a lungo discussa, è stata in passato generalmente affermata da questa Corte, prima della entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 201.
Da ultimo si è rilevato che la L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60, nel sostituire il D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, conv. in L. 4 dicembre 1993, n. 493, ha previsto, all'art. 4, comma 16 novellato, che per le opere pubbliche dei comuni la deliberazione con la quale il progetto viene approvato ha i medesimi effetti della concessione edilizia (testo rimasto sostanzialmente invariato, per quanto interessa, anche a seguito delle modifiche correttive introdotte con D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, conv. in L. 28 febbraio 1997, n. 30).
Nell'occasione la Corte ha anche evidenziato che la medesima disposizione (L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60), aggiungeva anche che "i relativi progetti dovranno peraltro essere corredati da una relazione a firma di un progettista abilitato che attesti la conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, nonché l'esistenza dei nulla osta di conformità alle norme di sicurezza, sanitarie, ambientali e paesistiche".
E dunque il progettista era tenuto ad attestare la conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, nonché l'esistenza dei nulla osta di conformità alle norme di sicurezza, sanitarie, ambientali e paesistiche.
Orbene, proprio sulla base della menzionata equiparazione questa Sezione ha ritenuto ancora necessitanti di concessione le opere realizzate dai comuni (Sez. 3 n. 10049 del 01/02/2005 Rv. 230852).
Il D.P.R. n. 380 del 2001, come noto, ha poi operato in duplice direzione.
Per un verso ha introdotto l'art. 7 - in precedenza citato - e contestualmente, con l'art. 136, lett. g), ha disposto l'abrogazione del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, limitatamente all'art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 493, nel testo sostituito dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 60, come modificato dal D.L. 25 marzo 1997, n. 67, art. 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 1997, n. 135.
Alla luce della evoluzione normativa si deve senz'altro escludere che il legislatore abbia inteso svincolare i comuni dall'obbligo di conformarsi alle disposizioni urbanistiche vigenti e dai controlli.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7, infatti, prevede espressamente anch'esso che la delibera comunale debba essere accompagnata da un progetto sottoposto al procedimento della validazione ai sensi del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 47.
E va in proposito incidentalmente ricordato che, in base a quanto previsto dal D.P.R. n. 554 del 1999, art. 8, il responsabile del procedimento fra l'altro verifica in via generale la conformità ambientale, paesistica, territoriale ed urbanistica degli interventi e promuove l'avvio delle procedure di variante urbanistica.
Si deve pertanto concludere che nessuna sostanziale innovazione ha comportato rispetto alla disciplina previgente l'introduzione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 7, lett. c) e che, solo per l'equipollenza al titolo concessorio della delibera del consiglio o della giunta comunale accompagnate da un progetto riscontrato conforme alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, è esclusa l'applicazione delle disposizioni del titolo 2^ del medesimo testo unico.
E dunque, in conclusione, ove la delibera per la realizzazione di un'opera comunale - quale l'ampliamento del cimitero che nel caso di specie ci occupa - si appalesi manifestamente illegittima per la violazione del limite delle distanze indicato dalle leggi sanitarie, appare astrattamente ipotizzabile, a parere del Collegio, anche la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) e c) in quanto l'opera viene sostanzialmente realizzata senza un valido titolo abilitativo equipollente al permesso di costruire, condotta questa sanzionata all'art. 44, citate lett. b) e c).
1.7 Esaurite in tal modo le tematiche attinenti al fumus, è appena il caso di rilevare che le esigenze cautelari appaiono alla luce di quanto detto in re ipsa sussistenti e, pertanto, correttamente ritenute dal giudice di merito.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali in via solidale.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.