ALLEGATO 3
Attività di costruzione o manutenzioni edili all'interno dei cimiteri, in particolare nella regione Friuli-Venezia Giulia
Con l'art. 48 L.R. (Friuli-Venezia Giulia) 23 febbraio 2007, n. 5 si individuano gli interventi edilizi che siano subordinati a denuncia d'inizio di attività (DIA), in attuazione all'art. 10, comma 2 del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (recepito anche nella regione, a statuto speciale, ai sensi degli artt. 37, 48 e 52 della medesima legger regionale e, espressamente, proprio dall'art. 48. Tra gli interventi subordinati alla DIA è prevista anche la fattispecie della realizzazione di cappelle, edicole e monumenti funerari (lett. e)).
Tale previsione rinvia all'art. 23 del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, aspetto del resto riconfermato anche dall'art. 2, comma 11 del Decreto del Presidente dalla Regione 17 settembre 2007, n. 296 costituente il Regolamento di attuazione della legge regionale.
Tale disposizione prevede, a titolo di memoria:
Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (testo vigente) - art. 23 (L comma 3 e 4 - R comma 1, 2, 5, 6 e 7) Disciplina della denuncia di inizio attività. (legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 2, comma 10, che sostituisce l'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241; decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, commi 8-bis, 9, 10, 11, 14, e 15, come modificato dall'art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 10 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669)
1. Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
2. La denuncia di inizio attività è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori.
3. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela compete, anche in via di delega, alla stessa amministrazione comunale, il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, la denuncia è priva di effetti.
4. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale, ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia allegato alla denuncia, il competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre dall'esito della conferenza. In caso di esito non favorevole, la denuncia è priva di effetti.
5. La sussistenza del titolo è provata con la copia della denuncia di inizio attività da cui risulti la data di ricevimento della denuncia, l'elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari.
6. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.
7. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività. Contestualmente presenta ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento. In assenza di tale documentazione si applica la sanzione di cui all'articolo 37, comma 5.
L'art. 62 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 prevede che:
Art. 62
1. Sulle aree concesse per sepolture private possono essere innalzati monumenti ed applicate lapidi secondo speciali norme e condizioni da stabilirsi nel regolamento comunale di igiene.
Mentre i successivi artt. 90, 91 e 92 prevedono:
Art. 90.
1. Il comune può concedere a privati e ad enti l'uso di aree per la costruzione di sepolture a sistema di tumulazione individuale, per famiglie e collettività.
2. Nelle aree avute in concessione, i privati e gli enti possono impiantare, in luogo di sepolture a sistema di tumulazione, campi di inumazione per famiglie e collettività, purché tali campi siano dotati ciascuna di adeguato ossario.
3. Alle sepolture private di cui al presente articolo si applicano, a seconda che esse siano a sistema di tumulazione o a sistema di inumazione, le disposizioni generali stabilite dal presente regolamento sia per le tumulazioni e inumazioni, sia per le estumulazioni ed esumazioni.
Art. 91.
1. Le aree destinate alla costruzione di sepolture private debbono essere previste nei piani regolatori cimiteriali di cui agli articoli 54 e seguenti.
Art. 92.
1. Le concessioni previste dall'art. 90 sono a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo.
2. Le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, possono essere revocate, quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell'ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all'ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Tutte le concessioni si estinguono con la soppressione del cimitero, salvo quando disposto nell'art. 98.
3. Con l'atto della concessione il comune può imporre ai concessionari determinati obblighi, tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato pena la decadenza della concessione.
4. Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o di speculazione.
Inoltre, l'art. 94 dispone:
Art. 94.
1. I singoli progetti di costruzioni di sepolture private debbono essere approvati dal sindaco su conforme parere della commissione edilizia e del coordinatore sanitario della unità sanitaria locale competente.
2. Nell'atto di approvazione del progetto viene definito il numero di salme che possono essere accolte nel sepolcro.
3. Le sepolture private non debbono avere il diretto accesso con l'esterno del cimitero.
Senza entrare nel merito dell'attribuzione di competenze agli organi dei comuni, rispetto a cui sul testo del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, prevalgono, dall'entrata in vigore della L. 8 giugno 1990, n. 285, le norme di rango primario di cui al testo unico approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif. (per altro, salvo alcuni aspetti, di norma applicabile anche nella regione, a statuto speciale, Friuli-Venezia Giulia), tali disposizioni costituiscono quelle di regolazione "speciale" di attività che possono rientrare nell'ambito considerato dall'art. 48, lett. e) L.R. (Friuli-Venezia Giulia) 23 febbraio 2007, n. 5.
Il presupposto è in tutti i casi che si sia in presenza di un'area in concessione, ma altresì che le norme e condizioni siano determinate dal regolamento comunale d'igiene (o, meglio, dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, che ne è parte dedicata, specializzata al punto che ha assunto, in modo abbastanza generalizzato, una propria autonomia testuale). Tale rinvio alle norme "speciali" del Regolamento comunale di polizia mortuaria persiste anche dopo l'entrata in vigore del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in particolare con riferimento al suo art. 3, comma 1, lett. e), le quali prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Tali definizioni che, come noto, prevedono:
e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);
e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
e.4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;
e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale;
e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato;
A questo proposito va opportunamente sottolineato come, proprio per il rinvio alle norme del Regolamento comunale di polizia mortuaria, di cui all'art. 62 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, non sia il singolo intervento di costruzione di un sepolcro a sistema di tumulazione o l'innalzamento di un monumento o l'applicazione di una lapide a determinare una "trasformazione edilizia e urbanistica del territorio", "trasformazione del territorio" già determinatasi, a monte, con l'impianto del cimitero, oltretutto considerando che si tratta di fattispecie rientrante nell'ambito dell'art. 7, comma 1, lett. c) D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, pur se (successivo art. 8) vi rimangano soggetti gli interventi edilizi eseguiti da privati su aree demaniali, aspetto che re-introduce il rinvio alla "specialità" della norma, dove cioè le modalità e le condizioni non trovano fonte nel Regolamento edilizio, bensì del Regolamento comunale di polizia mortuaria (secondo i principi generali dell'ordinamento secondo cui le norme speciali prevalgono sulle norme generali). Tra l'altro, l'art. 48 della legge regionale da attuazione a quanto previsto dall'art. 10, comma 2 del testo unico di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, tenendo anche presente la previsione del precedente art. 9.
Per altro, anche considerando tale impostazione, la disposizione dell'art. 48 legge regionale non incide sulle considerazioni precedenti, dal momento che esso, affronta aspetti di procedimento, senza che ciò influenzi la regolazione sulle modalità e condizioni, tra cui rientrano, a titolo di esempio, le altezze, le volumetrie, ecc. Altrettanto, aspetti di procedimento si hanno in relazione all'art. 2, comma 11 del D.P.Reg. 17 settembre 2007, n. 296, cioè del regolamento di attuazione alla legge regionale, che importa la comunicazione delle DIA al soggetto territorialmente competente.
La norma regionale, considerando le cappelle, edicole e monumenti funerari sembra considerare principalmente determinati interventi edilizi all'interno dei cimiteri, nelle aree avute in concessione, con particolare riferimento alle ipotesi considerate agli artt. 90 e ss. D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. O, quanto meno, ciò appare senza equivocità per le cappelle ed edicole funerarie, mentre in situazione intermedia viene a trovarsi la fattispecie dei monumenti funerari, considerati anche all'art. 62 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, qui considerati all'applicazione di lapidi, dove l'applicazione sembrerebbe fare riferimento a costruzioni sepolcrali già erette. Oltretutto, il termine stesso di "monumenti funerari" porterebbe al di fuori dell'ambito della costruzione dei sepolcri in senso tecnico, per privilegiare elementi di ricordo e memoria dei defunti (quali: steli, cippi, statue o simili).
Per altro, il punto forse di maggiore rilievo riguarda l'installazione dei c.d. copri-fossa (a volte denominati anche "copri-tomba", oppure "lapidi", oppure con altre terminologie localmente in uso), prassi largamente in uso nelle sepolture a sistema d'inumazione (che raramente attengono ad aree avute in concessione, seppure la tipologia di aree in concessione per sepolture, individuali (e, quindi, al di fuori delle previsioni dell'art. 90, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) sia variamente presente, tradizionalmente, in alcune aree della regione), a volte per mera prassi, consolidatasi nel tempo, altre volte, ma più raramente, per esplicite previsioni in tal senso da parte dei Regolamenti comunali di polizia mortuaria dei singoli comuni. Nella seconda ipotesi, cioè quando vi sia espressa previsione da parte del Regolamento comunale di polizia mortuaria, si ha una legittimazione la quale, per altro, non consente, ancora, una qualificazione netta se tali copri-fossa possano definirsi quali monumenti funerari o meno, quanto meno in termini che si collochino al di fuori di ogni equivocità. Va ricordato come l'art. 70 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, preveda come ogni fossa sia contraddistinta, a cura del comune, da un cippo distintivo, avente determinate caratteristiche, la cui funzione è quella identificatrice. Nelle realtà dove sia in uso l'installazione di copri-fossa, quest'ultima viene ad assolvere, oltretutto con un trasferimento dell'onere dell'identificazione della fossa (e del defunto) dal comune ai familiari (conseguente ad un'autonoma e volontaria assunzione di questo da parte dei familiari), ad una funzione corrispondente a quella del cippo, che non è una funzione di memoria, quanto - principalmente - d'identificazione della fossa (anche se, dal punto di osservazione dei familiari, possa esservi la motivazione della memoria, del ricordo del proprio defunto). Il ché consentirebbe di argomentare per l'esclusione dei c.d. copri-fossa dalla tipologia dei "monumenti funerari", quanto meno nel significato maggiormente tecnico.
Per altro, pur prescindendosi dal fatto che l'ammissibilità di installazione dei copri-fossa per le sepolture individuali a sistema d'inumazione, specie nei campi a ciò destinativi (art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) derivi da fonte regolamentare locale oppure da mera prassi consolidatasi, appaiono punto ammissibili ipotesi che tali installazioni avvengano "sine titulo", portando alla necessità di richiamare, ricordandola, la norma, di ordine generale, di cui all'art. 19 L. 7 agosto 1990, n. 241, che prevede:
Art. 19.
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L'amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.
2. L'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente. Contestualmente all'inizio dell'attività, l'interessato ne dà comunicazione all'amministrazione competente.
3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l'adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all'acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l'amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall'acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all'interessato.
4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l'inizio dell'attività e per l'adozione da parte dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti.
5. Ogni controversia relativa all'applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
il ché riporta alla questione di requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale. Tra l'altro, anche questo riferimento normativo porrebbe in condizioni di criticità le situazioni in cui le installazioni di copri-fossa avvengano per mera prassi, per quanto consolidatasi nel tempo, risultando anche da essa l'esigenza di presupposti, quali potrebbero essere le dimensioni, l'altezza massima sul piano campagna che possa ammettersi per gli elementi in elevazione o di altri elementi, anche solo decorativi, i quali dovrebbero trovare fonte nello strumento a ciò deputato, ai sensi dell'art. 62 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. Non possono escludersi casi (pur se rari) in cui il Regolamento comunale di polizia mortuaria, o - anche - i piani regolatori cimiteriali individuino tali modalità e condizioni in via generale, rimettendo ai privati l'esecuzione nell'osservanza di essi e, quindi, con eventuali attività di controllo a fasi successive alla installazione dei copri-fossa, aspetto che, se è efficiente dal punto di vista dell'attività amministrativa da parte dei comuni, esentandoli da verifiche preliminari (comunque sia, anche nel caso di DIA), risulta meno, o punto, efficiente nel caso di inosservanza, comportando attività d'inibizione a posteriori.
Per altro, questo tipo di approccio non può ignorare, nel caso di specie, la previsione della legge regionale, tanto più che l'art. 4 del suo Regolamento di attuazione prevede l'ipotesi che gli interventi assoggettati a DIA possano essere assoggettati alla corresponsione di oneri di urbanizzazione, aspetto che rinvia alle autonome determinazioni dei consigli comunali, nel quadro di tabelle parametriche determinate con D.P.Reg..
Rispetto a questo aspetto, andrebbe osservato come sia quanto meno opportuno che i consigli comunali, nella determinazione degli oneri di urbanizzazione, primaria e secondaria, prevedano espressamente il non assoggettamento di opere nei cimiteri (o, almeno, di alcune tipologie di esse) sulla considerazione per la quale il cimitero stesso è opera di urbanizzazione e, conseguentemente, sarebbe non coerente l'assoggettamento (generandosi, eventualmente, una sorta di auto-riflessività), anche se si tratti di opere costruite dai privati su aree demaniali; lo si segnala, in particolare al fine di prevenire redazioni testuali non meditate.