Allegato 2
D.G.R. 4 maggio 2007, n. 8/4642
Considerazioni sul provvedimento della Regione Lombardia in materia di pianificazione dei crematori
L'articolo 19 del Reg. reg.le Lombardia 6/2004, prevedeva al comma 1 che la Regione individuasse, nell'ambito della pianificazione prevista dall'articolo 6 della L. 130/01:
a) i crematori esistenti;
b) i crematori da realizzare;
c) i rispettivi bacini di riferimento.
I criteri che l'articolo 6 L. 130/01 individuava erano i seguenti:
1. temporali (entro 6 mesi dalla uscita della legge);
2. il piano regionale doveva avere un carattere di coordinamento per la realizzazione di crematori da parte di comuni, anche in associazione tra essi;
3. i parametri da assumere a riferimento, stabiliti dalla legge statale, sono:
a) popolazione residente;
b) indice di mortalità;
c) dati statistici sulla scelta crematoria da parte di cittadini di ciascun comune;
d) di norma è da prevedere almeno un crematorio per regione.
Attualmente la norma statale è stata disattesa da tutte le regioni, ad esclusione della regione Emilia Romagna, che ha delegato tale pianificazione ad ogni provincia (e al momento l'unica provincia che risulta abbia proceduto in tal senso è quella di Parma) e della Lombardia, che ha recentemente emanato la D.G.R. 4 maggio 2007, n. 8/4642 (in B.U.R.L. n. 20 del 14/5/2007, Serie ordinaria), riportato integralmente in Allegato 1.
Con tale provvedimento la regione Lombardia punta a creare un sistema integrato di crematori che consenta il soddisfacimento di una domanda potenziale prevista al 2010 nel 30% dei decessi.
La Regione stima che necessitino tra 20 o 22 forni (contro i 18 attuali) per soddisfare una domanda attesa di cremazioni che potrebbe situarsi tra le 24.000 e le 27.000 all'anno.
Cosicché ha assunto due obiettivi fondamentali:
- la necessità di migliorare il controllo delle emissioni in atmosfera;
- la necessità di garantire adeguati volumi minimi operativi per ciascun impianto, capaci di dare sostenibilità economico-finanziaria.
Ne consegue che ha autorizzato 12 impianti (con 18 forni) già esistenti a proseguire l'attività, alle condizioni previste (che sono tra l'altro quelle di raggiungere almeno le 1200 cremazioni - di feretri e resti mortali - annue), senza fissare i relativi bacini di riferimento, che quindi, in assenza di altra determinazione specifica regionale (ai fini dell'obbligo ad accogliere feretri per la cremazione) diventano l'intera regione, fermo restando che ogni comune potrà dare precedenza alla cremazione dei deceduti nel proprio territorio o a quelli che avevano in vita residenza nel territorio stesso.
La Regione Lombardia ha superato il precedente divieto di cremazione di feretri composti anche da zinco, prevedendo la realizzazione sperimentale di un impianto dedicato alla cremazione sia di cadaveri contenuti in feretro con doppia cassa (legno + zinco) che di resti mortali provenienti da estumulazione, conservati anche in cassa di zinco. Tale impianto è previsto in via sperimentale e con 3 forni e sono stati fissati taluni parametri ad hoc per la sua autorizzazione.
La Regione, inoltre, di fatto ha congelato la situazione dei crematori esistenti, prevedendo che di nuovi se ne possano realizzare solo se la verifica preventiva di ammissibilità superi una serie di parametri, tra i quali si ricordano i seguenti:
a) l'indice di efficienza di ciascun forno deve essere previsto tra le 1000 e le 1200 cremazioni annue;
b) un nuovo crematorio può essere autorizzato se chi lo realizza può dimostrare (attraverso convenzioni, associazioni tra comuni, ecc.) di possedere un bacino potenziale di riferimento di almeno 5.000 decessi annui, equivalenti ad una popolazione residente di almeno 450.000 abitanti, che afferiscano in via esclusiva (vi è perplessità per tale aspetto, anche perché un cittadino è libero di scegliere l'impianto di cremazione) all'impianto;
c) ogni impianto di cremazione deve distare almeno 50 chilometri da un altro esistente;
d) divieto di realizzazione di impianti a meno di 500 metri da elementi sensibili (asili, ospedali, scuole, RSA, ecc.) se in un contesto urbano. Il divieto si estende alla realizzazione in ambiti ad elevata pressione antropica;
e) priorità è data alla realizzazione di impianti a metano. Quelli ad olio combustibile o elettrici devono presentare entro un anno un piano di riconversione.
Tra le diverse innovazioni si rammenta che:
- il gestore del crematorio è obbligato a fornire i dati statistici sull'attività e il funzionamento dell'impianto dell'anno precedente entro il 28 febbraio di ogni anno;
- entro il 31.12.2008 ogni gestore di crematorio deve dotarsi di una carta dei servizi;
- valutazione di impatto paesaggistico per ogni nuovo impianto di cremazione;
- l'avvio di un processo di miglioramento di tutti gli impianti esistenti.
Il risultato della pianificazione regionale lombarda sarà, di fatto, un freno allo sviluppo della cremazione, visto che in ogni Paese l'elemento determinante per favorire la cremazione è la vicinanza dell'impianto, che paradossalmente in Lombardia si pone come elemento negativo, visto che ogni nuovo impianto può nascere solo se distante oltre 50 km da un altro.
Di fronte alla pressione per la realizzazione di diversi impianti, con progetti già affidati, in taluni casi con project financing già avviati o con appalti che stavano per partire, la Regione ha pensato bene di fermare il "treno in corsa", con possibili conseguenze e azioni legali da parte dei soggetti interessati.
Difatti in certe situazioni gli amministratori, di fronte al blocco di iniziative già in corso, visto che la Regione ha assunto il provvedimento oltre i 6 mesi dalla entrata in vigore della legge 130/01, si troveranno nella situazione o di intentare causa alla Regione o di rischiare di rispondere per il danno erariale arrecato, per aver autorizzato spese di progettazione o appalti, o project financing.
Ci auguriamo che la Regione possa far tesoro della esperienza che andrà a fare per poter aggiornare, possibilmente prima del 2010, il piano regionale dei crematori, secondo criteri meno discutibili.