Allegato 2
Consiglio di Stato, Sez. V (giurisdizionale), sentenza n. 1323/07 del 5 dicembre 2006-20 marzo 2007

Consiglio di Stato, Sez. V, 20 marzo 2007, n. 1323
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2006
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4504 del 2006 proposto dal Comune di San Marzano sul Sarno, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dal prof. avv. Sergio Perongini, con domicilio eletto in Roma, Viale Carso, n. 71, presso l'avv. Francesco De Santis (c/o Studio Arieta),
contro
la soc. Eredi di Palumbo Raffaele s.a.s. di Palumbo Massimo, rappresentata e difesa dagli avv.ti proff. Enzo Maria Marenghi ed Andrea Di Lieto, col primo dei quali elettivamente domicilia in Roma, Piazza di Pietra, n. 63,
per la riforma
della sentenza n. 350 in data 30 marzo 2006 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sez. staccata di Salerno, Sez. II;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 5 dicembre 2006 l'avv. Sorrentino su delega dell'avv. Perongini e l'avv. Di Lieto;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 350 del 30 marzo 2006 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sez. staccata di Salerno, Sez. II, ha accolto il ricorso proposto dalla società attuale appellata per ottenere l'annullamento:
a) della deliberazione n. 173 in data 11 novembre 2004 della Giunta del Comune di San Marzano sul Sarno, recante l'approvazione del nuovo disciplinare per il trasporto funebre, nelle parti in cui detto disciplinare prevede, all'art. 10, comma 1, lett. h), che i convenzionati dovranno avere "autorimessa in territorio comunale (...) utilizzabile esclusivamente per attrezzature funebri", e che il requisito costituisce condizione ostativa all'esercizio dell'attività;
b) della nota n. 1126/RISC del 7.2.2006 dello stesso Comune, con la quale viene respinta l'istanza per la stipula della convenzione per lo svolgimento del servizio di trasporto funebre, presentata dalla società ricorrente.
Per la riforma della sentenza ha proposto l'appello in epigrafe indicato il Comune, che ripropone gli argomenti già addotti in primo grado a sua difesa e contesta le ragioni sulle quali la sentenza si fonda; chiedendo, in conclusione, che, in riforma di questa, sia respinto il ricorso di primo grado; con vittoria di spese e competenze di giudizio.
La società appellata si è costituita in giudizio per resistere al gravame, al quale ha controdedotto, concludendo per la sua reiezione perché infondato; vinte le spese di giudizio.
La causa è stata trattata all'udienza pubblica del 5 dicembre 2006, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
L'appello è infondato.
Con il primo motivo d'impugnazione l'Amministrazione appellante ripropone la questione di rito sollevata in primo grado, relativa all'inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per omessa notificazione ai controinteressati. Questi, si sostiene, sono da identificarsi con le imprese del settore che al tempo esercitavano il servizio di trasporto funebre nel Comune in quanto con questo regolarmente convenzionate e, pertanto, concorrenti dell'originaria ricorrente e titolari di un interesse giuridicamente rilevante a che non venissero autorizzati al servizio ditte prive dei requisiti soggettivi e oggettivi prescritti dalla legge e dalle disposizioni regolamentari vigenti.
L'assunto non è condivisibile.
Va rilevato, infatti, che il ricorso originario è rivolto contro il provvedimento con cui è stata respinta la domanda di convenzionamento avanzata dalla società appellata e la presupposta norma del disciplinare regolatore del sevizio pubblico in questione. Pertanto, se con riguardo a quest'ultima non è configurabile alcun controinteressato in quanto, per la sua natura di disposizione generale ed astratta, essa è di per sé inidonea a ledere o favorire alcuna posizione soggettiva individuale (occorrendo a tal fine l'atto applicativo); rispetto al primo, l'interesse alla sua conservazione, che può ipotizzarsi in capo alle imprese già operanti sul mercato, diversamente da quanto è predicabile nel caso inverso di illegittima ammissione, va qualificato come interesse di mero fatto, non assistito da tutela giuridica, considerato che, a seguito della liberalizzazione del servizio di trasporto funebre (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 dicembre 2004 n. 7899), al mercato di settore possono accedere tutti coloro che posseggono i requisiti prescritti, senza alcun contingentamento.
Il primo motivo d'appello va, pertanto, respinto.
Non diversa è la decisione da adottare sul secondo motivo di censura, relativo al merito della controversia. Questa concerne la legittimità della prescrizione, contenuta nell'art. 10, primo comma, lett. h) del disciplinare di convenzionamento con il Comune appellante per l'esercizio del sevizio di trasporto funebre, a norma della quale "le imprese che intendono organizzare ed effettuare trasporti funebri nel territorio del comune devono dimostrare il possesso dei seguenti requisiti: (…) autorimessa in territorio comunale idonea, munita delle occorrenti autorizzazioni sanitarie e comunali utilizzabile esclusivamente per attrezzature funebri".
Sostiene l'Amministrazione ricorrente che, contrariamente a quanto ha ritenuto il Tribunale, la disposizione non costituirebbe un requisito volto a limitare l'ingresso di nuove imprese nel relativo settore economico, bensì un elemento diretto a dimostrare la disponibilità di un'efficace e idonea struttura organizzativa, per poter espletare il servizio; non una condizione preclusiva, ma un fattore di facile reperibilità. Essa troverebbe nell'art. 21 del d.p.r. 10 settembre 1990 n. 285, che approva il regolamento di polizia mortuaria, nonché nell'esigenza, da un lato, di evitare che l'esercente possa imporre agli utenti del servizio, in violazione delle clausole convenzionali, prezzi maggiorati rispetto a quelli prescritti in convenzione e, dall'altro, di consentire loro di visionare gli automezzi.
La censura va disattesa.
Il tenore letterale della norma convenzionale è inequivoco: la disponibilità di un' "autorimessa in territorio comunale idonea, munita delle occorrenti autorizzazioni sanitarie e comunali utilizzabile esclusivamente per attrezzature funebri" costituisce requisito il cui possesso è necessario per "organizzare ed effettuare trasporti funebri nel territorio del comune". Anzi, non solo la disponibilità del locale in questione, ma la stessa mancata dimostrazione del suo possesso, impedisce all'interessato di accedere al convenzionamento ed all'esercizio dell'attività economica in questione.
Ciò si pone in evidente contrasto, come giustamente sostiene l'impresa appellata, con i principi dettati dalla Costituzione a garanzia della libertà d'intrapresa economica (art. 41) e di quelli sanciti dall'ordinamento comunitario a tutela della concorrenza e non discriminazione. Né tale limitazione trova valida legittimazione nell'invocato art. 21 del citato regolamento di polizia mortuaria. Questo, invero, nel prescrivere che "le rimesse di carri funebri devono essere ubicate in località individuate con provvedimento del sindaco, in osservanza delle norme dei regolamenti locali", sancisce soltanto quale debba essere l'ubicazione delle rimesse, ove esistenti; non anche l'obbligo che, invece, l'impugnata disposizione impone a chi intenda esercitare il servizio di trasporto di cui si tratta.
Quanto, poi, alle esigenze di tutela dell'utente che la difesa comunale collega alla visionabilità degli automezzi da impiegare nel servizio, esse non solo non emergono dagli atti impugnati, al cui supporto motivazionale avrebbero dovuto concorrere, ma non è certo che possano trovare sicura soddisfazione attraverso l'imposizione dell'obbligo contestato, dovendosi ravvisare il mezzo più idoneo tal fine piuttosto nella vigilanza del Comune e nell'apparato sanzionatorio all'uopo predisposto.
Per le considerazioni fin qui esposte, deve riconoscersi la correttezza della sentenza appellata. L'appello va, pertanto, respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello in epigrafe.
Compensa tra le parti spese e competenze del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 5 dicembre 2006 con l'intervento dei Signori:
Agostino Elefante, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere rel. est.
Chiarenza Millemaggi Cogliani, Consigliere
Paolo Buonvino, Consigliere
Cesare Lamberti, Consigliere
L'ESTENSORE, F.to Corrado Allegretta
IL PRESIDENTE, F.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO, F.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 20 marzo 2007