ALLEGATO 1

Commento alla L.R. Lombardia 18/11/2003, n. 22

Testo

Commento

Art.1

(Finalità ed oggetto)

1. La presente legge disciplina le attività e i servizi correlati al decesso di ogni cittadino, nel rispetto della dignità e delle diverse convinzioni religiose e culturali di ogni persona, con la finalità di tutelare l’interesse degli utenti dei servizi funebri, anche tramite una corretta informazione, e di improntare le attività di vigilanza sanitaria a principi di efficacia e di efficienza.

1. Pregevole la introduzione della finalità di tutela dell’interesse degli utenti dei servizi funebri. Occorre riempirla di maggiori contenuti rispetto alla enunciazione del principio.

Art. 2

(Funerali civili)

1. I Comuni assicurano spazi pubblici idonei allo svolgimento dei funerali civili; questi spazi devono consentire la riunione di persone e lo svolgimento dell’orazione funebre nel rispetto delle volontà del defunto e dei suoi familiari.

Si obbliga il Comune ad assicurare spazi pubblici idonei allo svolgimento dei funerali civili.

Non è specificata la localizzazione, ma solo l’assicurazione della tipologia di funzioni.

È quindi possibile e anche ordinario che tali spazi siano al di fuori dei cimiteri, in apposite sale.

Questa norma introduce, senza precisarlo, il termine "funerale" associato all’aggettivo "civile".

Sembra quindi di comprendere che siano gli spazi dove svolgere le esequie diverse da quelle che invece si effettuano in spazi religiosi, come le chiese.

È da chiarire se questi spazi saranno, come all’estero, luoghi dove effettuare, a richiesta, anche la veglia e dove organizzare la camera ardente.

La veglia del defunto, così come lo svolgimento di alcune attività di manipolazione rituale del corpo e la partecipazione formalizzata di persone accanto al celebrante con gesti o discorsi, sono tipiche di cerimonie che eccedono la nozione stessa di "funerale civile", che finiscono così per non essere tutelate, contraddicendo così proprio le finalità contenute nell’art. 1.

Ai fini tariffari, l’uso di tali spazi non è a titolo gratuito.

In caso opposto, visto che la regione obbliga i Comuni ad assicurare la presenza di tali spazi, avrebbe dovuto fornire gli strumenti economici necessari per coprirne i costi.

Cosicché si ritiene che l’uso di detti spazi (sale, ambienti in genere e dei servizi connessi) dia luogo ad una corresponsione tariffaria commisurata all’utilizzo.

Dal punto di vista gestionale l’obbligo per il Comune di assicurare la disponibilità di tale idoneo spazio si traduce in una individuazione per legge regionale di un servizio pubblico locale.

Concretamente il Comune può utilizzare spazi già esistenti, costruirne di nuovi, convenzionarsi con altri soggetti pubblici, affidare il servizio a soggetti idonei a fornirlo, ai sensi di legge.

Tali spazi devono consentire:

  1. la riunione di persone;

  2. lo svolgimento dell’orazione funebre.

Motivi di equità sociale, di applicazione puntuale delle finalità contenute nell’art. 1 e di economicità fanno propendere affinché ogni Comune consenta in detti spazi anche celebrazioni diverse da quelle civili (quindi sia funerali per cattolici, che per appartenenti ad altre convinzioni religiose), attrezzandoli opportunamente.

Art.3

(Adempimenti conseguenti al decesso)

1. Per la dichiarazione o avviso di morte si osservano le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’art. 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127).

2. Nei casi in cui non si proceda all’espianto di organi, il medico curante o suo sostituto, certifica le cause del decesso, secondo la modulistica ed il flusso informativo previsti dalla normativa statale, ad esclusione dei casi di cui al comma 4.

3. L’accertamento di morte è effettuato, su richiesta dell’ufficiale di stato civile, da un medico incaricato dall’Azienda sanitaria locale (ASL) delle funzioni di necroscopo.

4. In caso di decesso presso una struttura sanitaria pubblica o privata che eroghi prestazioni in regime di ricovero o in una struttura socio-assistenziale obbligata a disporre di direzione sanitaria, le certificazioni di cui ai commi 2 e 3 sono rilasciate dal direttore sanitario o da un medico suo delegato.

1. Il circuito informativo del decesso resta sostanzialmente quello individuato dal livello statale.

Entro 24 ore dal decesso deve essere fatta la dichiarazione o l’avviso di morte all’Ufficiale di stato civile da parte di familiare o da chi è informato del decesso. Di norma, occorrendo il certificato del medico curante che attesta l’avvenuto decesso, anche questa certificazione è prodotta entro le prime 24 ore, essendo l’elemento fondamentale per provare che una persona è morta.

Restando in vigore il comma 1 dell’art. 1 del DPR 285/90 resta come in ogni altra parte d’Italia il problema (e si vedrà poi che si aggrava per il trasporto dei defunti prima dell’accertamento della morte ai depositi di osservazione, sale del commiato) del tempo massimo entro il quale effettuare l’accertamento di morte.

Allo stato attuale vi è solo l’obbligo di produrre al Comune la denuncia della causa di morte sul modello ISTAT entro 24 ore dall’accertamento del decesso (con tale termine si identifica la visita accertativa del medico necroscopo).

2. La certificazione della causa del decesso resta quindi in capo al curante tranne nel caso di morte in struttura sanitaria o quando vi sia espianto di organi.

La novità è l’aggiunta al medico curante del termine "o suo sostituto", da interpretarsi nel senso di sostituto temporaneo (per ferie, malattia, copertura del servizio in altra forma come guardia medica, servizi oncologici domiciliari, medico necroscopo per i casi di morte senza assistenza medica, ecc.).

Si segnala che il rilascio del cosiddetto certificato di morte da parte del medico curante, in base alla convenzione con i medici di base è gratuito, sia per rilascio da parte del medico, sia da parte di un suo sostituto per ferie, malattia, ma non nel caso della Guardia Medica, potendo questa richiederne il pagamento (non essendo tra le prestazioni gratuite previste dalla convenzione con i "medici di continuità assistenziale").

3. Al di fuori delle strutture sanitarie, dove le funzioni di medico necroscopo sono svolte dal direttore sanitario o da chi da lui delegato, l’accertamento di morte è compito del medico incaricato dall’ASL delle funzioni di medico necroscopo. Viene quindi demandata ad ogni ASL la possibilità di nominarlo anche al di fuori della propria struttura.

4. Il medico necroscopo effettua l’accertamento della morte ed opera a richiesta dell’ufficiale di stato civile. Viene qui ripresa e ampliata la formulazione stabilita nell’Ordinamento di stato civile (prima era sufficiente che vi fosse l’accertamento preventivo del medico necroscopo, senza necessità di una richiesta di intervento da parte dello stato civile).

Occorrerà determinare un circuito informativo fra Stato civile e medico necroscopo di zona, non potendo il medico necroscopo essere attivato solo da chi è informato del decesso (famiglia o impresa funebre).

Si riaprono problematiche non di poco conto nella organizzazione del servizio reso nei Comuni (orari di apertura degli uffici, reperibilità, giornate festive e prefestive).

Nota 1) Si segnala che l’art. 2 comma 3 interviene parzialmente su materia estranea alla potestà legislativa regionale (rientra nell’art. 117, comma 2, lett. i) Cost., cioè è materia di potestà legislativa esclusiva dello Stato). Infatti, si attribuiscono funzioni e compiti all’Ufficiale dello Stato civile, oltretutto con una modalità "maliziosa", nel senso di prevedere che l’accertamento della morte avvenga su richiesta di tale figura, e non in modo indipendente, come è nel D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Tale previsione appare funzionale a sostenere, in prospettiva, le tesi per cui l’accertamento stesso sia una prestazione non obbligatoria della sanità pubblica, ma dovuta a seguito di richiesta e quindi volta a portare argomenti alle tesi sull’onerosità della prestazione a carico del richiedente. Oltretutto, in questo modo la regione viene a determinare oneri in capo ai comuni, senza assicurarne le risorse necessarie, come sarebbe tenuta visto che, intervenendo in servizi di competenza dello Stato gestiti dai comuni, trova applicazione l’art. 14, comma 3 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif., anche se ... proprio per questo la regione è carente di potestà legislativa.

Unica soluzione alla problematica in questione appare la emanazione da parte dello Stato di legge o regolamento modificativo della normativa attuale cui deve conformarsi lo stato civile.

Art. 4

(Osservazione e trattamenti sul cadavere)

1. I cadaveri non possono essere seppelliti né sottoposti ad alcuno dei trattamenti previsti nel comma 8, prima dell’accertamento di morte e, comunque, prima che siano trascorse ventiquattro ore dal decesso, ad eccezione dei casi di decapitazione, maciullamento, avanzato stato di decomposizione o putrefazione, ovvero dei casi in cui sia stata effettuata rilevazione elettrocardiografica della durata di venti minuti o ricorrano altre ragioni speciali a giudizio del medico incaricato delle funzioni di necroscopo.

2. Durante il periodo di cui al comma 1 i cadaveri devono essere posti in condizioni tali da non ostacolare eventuali manifestazioni di vita e con la presenza di sorveglianza o apparecchiature di segnalazione a distanza per la loro rilevazione.

3. In caso di decesso di persona affetta da malattia infettiva e diffusiva, il medico necroscopo adotta le necessario precauzioni a tutela della salute pubblica, compresa la chiusura del feretro prima delle ventiquattro ore dal decesso.

4. In caso di trasporto da luogo del decesso a struttura sanitaria o deposito di osservazione o sala del commiato, sito anche in altro Comune, il cadavere è riposto in contenitore impermeabile non sigillato, in condizioni che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita e che comunque non siano di pregiudizio per la salute pubblica; di tale trasporto è data preventiva comunicazione all’ufficiale di stato civile del Comune in cui è avvenuto il decesso.

5. Le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, che operano in regime di ricovero, oltre alle salme di persone ivi decedute, ricevono i cadaveri di persone decedute in luoghi pubblici o in abitazioni delle quali l’ASL abbia certificato l’antigienicità, per:

a) il periodo di osservazione di cui al comma 1;

b) l’effettuazione di riscontro diagnostico, autopsia o di altro provvedimento disposto dall’autorità giudiziaria.

6. A richiesta dei congiunti, le salme possono essere riposte, per il periodo di osservazione, presso strutture gestite da privati, denominate sale del commiato.

7. Le sale del commiato devono essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie previste per la camera mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle provincie autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private).

8. Sono consentiti trattamenti di imbalsamazione e tanatoprassi nei limiti e secondo le modalità stabilite dalla normativa nazionale e regionale.

1. Nella Regione Lombardia la riduzione del periodo ordinario di osservazione è stabilita dal medico incaricato delle funzioni di medico necroscopo. Sembra poi sparita la prescrizione del DPR 285/90 del prolungamento del periodo di osservazione da 24 a 48 ore nei casi di dubbio di morte apparente. La cosa è perfettamente comprensibile dato il livello di garanzia che l’attuale struttura sanitaria può consentire.

È di rilevo l’annotazione che l’osservazione è il periodo antecedente l’accertamento del decesso e solo in via subordinata si fa riferimento alle 24 ore.

È da valutare se con una norma di legge regionale si possa modificare quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 74 del DPR 3/11/2000 n. 396, che invece rimanda ad un "regolamento speciale", che è poi il DPR 285/90, allo stato dei fatti.

2. La novità è data dal fatto che, in ogni situazione (decesso in abitazione privata, in struttura sanitaria, ecc.), per tutto il periodo della osservazione occorre la sorveglianza diretta o la presenza di apparecchiature di segnalazione a distanza della rilevazione di eventuali manifestazioni di vita.

Si ha ragione di ritenere che diventerà di fatto normale l’accertamento con elettrocardiografo, evitando così la necessità di una sorveglianza oltremodo onerosa.

3. È competente il medico necroscopo per la tutela della salute pubblica e per adottare le necessarie precauzioni in caso di decesso di persona affetta da malattia infettivo diffusiva.

4. Il trasporto della salma (o presunta tale) dal luogo del decesso alla struttura sanitaria, al deposito di osservazione o alla sala del commiato deve essere effettuato in contenitore impermeabile non sigillato (anche sacco impermeabile con la cerniera non completamente chiusa), in condizioni che non ostacolino eventuali manifestazioni di vita e che comunque non siano di pregiudizio per la salute pubblica.

Quest’ultima prescrizione, unita al fatto che è competente in materia il medico necroscopo, fa propendere per la obbligatorietà della attestazione di tale medico della possibilità di effettuare "senza pregiudizio per la salute pubblica" il trasporto dal luogo del decesso al luogo di destinazione provvisoria (deposito osservazione, sala del commiato).

A tale interpretazione si perviene anche considerando che il medico necroscopo deve attestare l’esistenza o l’inesistenza di "indizi di morte dipendente da reato o di morte violenta".

Prima del trasporto occorre darne preventiva comunicazione all’Ufficiale di stato civile del comune in cui è avvenuto il decesso (vedasi Nota 1 in art. 3, per l’eccesso di potere della regione in materia, applicabile anche in questo caso).

Si ritiene che oltre alla comunicazione debbano essere trasmesse le informazioni concernenti le modalità del trasporto, della persona responsabile della sua effettuazione – che ne risponde ai fini della normativa per l’incaricato di pubblico servizio, l’orario di partenza e di arrivo presunto e il luogo di destinazione (deposito di osservazione, sala del commiato, struttura sanitaria).

Infine deve sussistere ed essere comunicata al soggetto competente per il rilascio dell’autorizzazione al trasporto pure l’attestazione dell’esclusione di pericoli per la salute pubblica da parte del medico necroscopo o le prescrizioni ritenute utili per evitarli.

Si segnala inoltre la carenza della individuazione del soggetto che è tenuto alla comunicazione (familiare, medico, addetto al trasporto, medico necroscopo), anche se si propende per il familiare (o chi per lui previo conferimento di mandato – e quindi l’esercente l’attività funebre).

Si segnala ancora l’errata destinazione della comunicazione (dovrebbe essere indirizzata al Comune e non all’Ufficiale di Stato civile), in quanto le autorizzazioni al trasporto restano, in base a quanto stabilito nel prosieguo della LR (precisamente all’art. 6 comma 1) in capo ai soggetti oggi titolari di tale potere in base a legislazione statale.

Infine la circostanza voluta dalla legge regionale che occorra la comunicazione potrebbe intendersi che non occorre attendere la autorizzazione al trasporto (specie al di fuori degli orari ordinaria di apertura degli uffici al pubblico) della salma, compito del Comune.

Si pensi se non fosse così ai riflessi per la struttura organizzativa comunale.

La vigilanza sul trasporto dei defunti a struttura sanitaria, deposito di osservazione e sala del commiato è del Comune, che ne viene a conoscenza a mezzo della comunicazione preventiva.

Sono comunque questioni su cui è opportuno un chiarimento applicativo attraverso il regolamento.

5. Per la regione Lombardia viene modificata la competenza comunale, fissata da norme dello stato (artt. 12-15 DPR 285/90), relativa alle dotazioni obbligatorie di obitori e depositi di osservazione.

Tali funzioni vengono ora poste in capo alle strutture sanitarie, salvo rimandare a futuri meccanismi di ripartizione degli oneri corrispondenti, senza chiarire espressamente su quali soggetti ricadono (art. 10/1 lett. b).

Le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate sono obbligate ad accogliere e mantenere:

  1. le salme di chi è deceduto nella struttura sanitaria;

  2. le salme di chi è deceduto in luoghi pubblici, quelle provenienti da abitazioni per le quali l’ASL abbia certificato l’antigienicità, e ancora le salme per l’effettuazione di riscontri diagnostici, autopsie e a seguito di ogni altro provvedimento disposto dall’Autorità giudiziaria (sembra che con tale ampia dizione vi siano ricompresi anche i casi di esposizione al pubblico per il riconoscimento). Resterebbe indeterminato il caso di persone decedute senza assistenza medica (in genere i deceduti in abitazione e rinvenuti postumi), anche se si propende perché vi rientri.

La soluzione trovata sembra la esplicitazione della volontà di comprendere tali prestazioni all’interno dei LEA (e allora la competenza è totalmente sanitaria e senza riflessi economici per i Comuni).

6. Il periodo di osservazione, a richiesta dei congiunti, potrà essere svolto anche presso sale del commiato, strutture gestite da privati.

Per come è inserito il termine nel testo sembrerebbe intendersi per "strutture gestite da privati" un soggetto distinto dalle strutture sanitarie pubbliche e quindi le sole strutture sanitarie private accreditate.

È più difficile, come invece rilevabile in articoli di stampa, ipotizzare che per privati si intenda l’intera sfera di soggetti giuridici diversi dall’ente pubblico.

Se la interpretazione fosse la prima, la norma sarebbe comprensibile, in quanto nella sanità la regione ha la competenza concorrente, anche se si rileva che andrebbe contro i principi che in materia stabilisce il DPR 285/90 (riserva ai Comuni dei locali denominati obitori e depositi di osservazione), ma con una evidente limitazione delle prerogative delle strutture sanitarie pubbliche, rispetto a quelle accreditate private.

Se invece la riserva della gestione privata (non anche la proprietà) di tali strutture debba intendersi da parte di qualunque soggetto privato, indipendentemente dal fatto che operi o meno nel settore funerario, la questione pone problemi di legittimità costituzionale, essendo la tutela della concorrenza materia di esclusiva competenza statale.

Infine si annota come la Regione Lombardia sia entrata anche nel campo normativo dei servizi pubblici locali, inibendo ai Comuni la possibilità di definire servizio pubblico locale la gestione delle sale del commiato ().

Ne consegue che in tali casi le imprese a partecipazione pubblica locale, se prevalesse la interpretazione della non esclusiva per le strutture sanitarie accreditate, non esercitano tale servizio in qualità di servizio pubblico locale, con affidamento diretto o nelle altre forme consentite, ma operano come servizio (del commiato) in concorrenza.

7. Si notino gli obblighi di dotazione delle caratteristiche igienico sanitarie da parte delle sale per il commiato del tutto equiparate a quelle di camera mortuaria di una struttura sanitaria accreditata, che fanno propendere per la interpretazione restrittiva della riserva di gestione delle sale del commiato per le strutture sanitarie private.

8. La introduzione della possibilità della tanatoprassi viene consentita di principio, ma sospesa in attesa della emanazione di limiti e modalità stabiliti con norma nazionale e regionale.

La interpretazione letterale della norma (utilizzo del termine ‘e’ e non ‘o’) determina il blocco anche della possibilità di eseguire l’imbalsamazione nella regione Lombardia, ora consentita con legge statale che precisa limiti e modalità.

Difatti la norma rinvia alle necessarie e preventive norme regionali (sia per tanatoprassi che per imbalsamazione), ancora da emanare.

Art. 5

(Prelievo di cornea a scopo di trapianto terapeutico e rilasci- di cadaveri a scudo di studio)

1. Per consentire il prelievo di cornea presso l’abitazione in cui è avvenuto il decesso di persona che abbia dichiarato la volontà di donare gli organi, i congiunti o conviventi ne danno immediata comunicazione all’ASL.

2. Nel caso in cui la persona deceduta abbia disposto l’utilizzo del proprio cadavere per finalità di studio, ricerca ed insegnamento, i congiunti o conviventi ne danno comunicazione all’ufficiale di stato civile, che rilascia l’autorizzazione al trasporto, previo assenso e a spese dell’istituto ricevente.

1. La materia è in parte relativa alla sanità e in parte all’istruzione (art. 117, comma 2, lett. n) Cost.), che essendo materia concorrente, deve essere esercitata, nei limiti della disponibilità ai fini di studio, ricerca ed insegnamento.

È del tutto ovvio che resta, anche in questo caso, la comunicazione del decesso all’Ufficio di stato civile.

2. Si deve rilevare l’impropria attribuzione della competenza all’autorizzazione al trasporto a figura giuridica che è estranea alla potestà regionale (ancora contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. i) Cost., per il quale si rimanda alla Nota 1 all’art.3) e che, inoltre, è in contraddizione con l’art. 6, comma 1, successivo.

Contraddizione che comporterebbe che per questo tipo di trasporto l’autorizzazione sia rilasciata da una figura, mentre per gli altri dalle figure competenti ai sensi del rinvio dell’art. 6, comma 1.

È inoltre non regolato proprio il caso più semplice a presentarsi dei cadaveri lasciati alla scienza e cioè quelli di persone senza congiunti, per le quali non è identificato il soggetto titolato a comunicare la volontà della messa a disposizione del cadavere.

Art. 6

(Trasporto funebre)

1. Le autorizzazioni al trasporto e seppellimento di cadaveri, resti mortali, ceneri, parti anatomiche, nati morti, prodotti abortivi sono rilasciate nel rispetto della normativa vigente.

2. I trasporti di salme, resti ossei o ceneri da o per l’estero sono autorizzati dal Comune ove è avvenuto il decesso, in conformità alle norme nazionali ed internazionali.

3. L’addetto al trasporto di cadavere, in quanto incaricato di pubblico servizio, verifica, prima della partenza, che il feretro, in relazione alla destinazione ed alla distanza da percorrere, sia stato confezionato secondo quanto previsto dalla normativa vigente; per i trasporti all’estero tale verifica viene effettuata dall’ASL, che può disporre l’adozione di particolari misure igienico-sanitarie.

4. La vigilanza sui trasporti di cui ai commi 1 e 2 spetta al Comune, che si avvale dell’ASL relativamente agli aspetti igienico-sanitari, compresa l’idoneità degli automezzi e delle rimesse dei carri funebri.

1. Il rinvio, generico, alla normativa vigente, mantiene la piena validità delle disposizioni degli artt. 23 e seguenti D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, che attribuiscono al comune (e cioè, dopo l’entrata in vigore della L. 8/6/1990, n. 142, alle figure individuate, oggi, dall’art. 107, comma 3 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e succ. modif.) la titolarità esclusiva all’autorizzazione al trasporto funebre.

Tra l’altro, il fatto che la legge regionale 91/2003 operi rinvii di questo tipo fa si che siano, per taluni aspetti, salvaguardate alcune disposizioni del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, anziché sostituite, con la conseguenza di rendere difficile l’opera interpretativa tra quanto permanga in vigore del Regolamento di polizia mortuaria e quanto venga ad essere regolato ex novo dalla legge regionale. Il fatto di lasciare alla sola interpretazione l’individuazione di "quanto" rimanga vigente, nella regione Lombardia, il D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 è foriero di una situazione di incertezze.

Ciò premesso, in Lombardia viene sostanzialmente mantenuto l’assetto previsto dalla legislazione statale in ordine alle diverse autorizzazioni in campo funebre e cimiteriale.

2. In Lombardia l’autorizzazione al trasporto funebre è materia del Comune di decesso, anche per i trasporti internazionali.

In tale maniera viene chiarito che non è più competente il Sindaco del Comune di decesso (mentre in materia era prima vigente la previsione dell’art. 4, comma 1, lett. c) legge regionale Lombardia 6 marzo 2002, n. 4), ma è ogni comune a stabilire come organizzarsi al proprio interno.

3. Viene stabilito che l’addetto al trasporto funebre è incaricato di pubblico servizio ed è lui a verificare il confezionamento del feretro in funzione della destinazione e alla distanza da percorrere.

Ovviamente dovrà attestare per iscritto tale verifica, visto che ne risponde penalmente.

Solo nel caso dei trasporti all’estero la verifica viene svolta dall’ASL.

Sarà necessaria da parte dell’addetto al trasporto funebre una preparazione attenta, soprattutto quando si pensi che dovrà attestare anche il confezionamento di feretri di persone decedute di malattie infettivo diffusive particolarmente gravi (ad es. carbonchio, ebola, ecc.).

4. La vigilanza su qualunque tipo di trasporto funebre, oltre all’autorizzazione, spetta al Comune, che si avvale dell’ASL relativamente agli aspetti igienico-sanitari. Cessa quindi la vigilanza da parte dell’ASL.

Con la norma viene attribuita al Comune anche la competenza in materia di idoneità delle autofunebri e delle rimesse dei carri funebri.

Si tratta di cambiamenti importanti in quanto la segnalazione sulla violazione normativa che non riguarda aspetti igienico-sanitari deve essere effettuata da tutti coloro che la riscontrano e quindi personale del comune, dei gestori del cimitero, gli stessi incaricati del trasporto per le violazioni che dovessero rilevare.

Per gli aspetti igienico-sanitari, la segnalazione è dovuta da parte del personale dell’ASL.

Chi applica la sanzione è il Comune. Ci si dovrà riferire ai regolamenti comunali in materia e al DPR 285/90 (art. 107) e al TU leggi sanitarie per specifiche sanzioni ivi stabilite.

In definitiva la competenza sulla vigilanza è del Comune, che si avvale di più soggetti, secondo le specifiche competenze e attività.

Analogamente per la verifica dei carri funebri e delle rimesse funebri. Mentre prima era l’ASL a rilasciare il registro di idoneità del carro funebre ex art. 20 del DPR 285/90, ora tale competenza, in Lombardia, è del comune.

Art. 7

(Cremazione)

1. L’autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto dei principi e delle modalità di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri).

2. La dispersione delle ceneri avviene nei luoghi indicati dall’art. 3, comma 1, lettera c), della legge 130/2001 o nel cinerario comune ed è eseguita dal coniuge o da altro familiare o dal personale a tal fine autorizzato dall’avente diritto, dall’esecutore testamentario o, in caso di iscrizione del defunto ad associazione che abbia tra i propri fini statutari la cremazione dei cadaveri degli associati, dal rappresentante legale dell’associazione stessa.

3. La Regione autorizza, in caso di cremazione, l’uso di feretri di legno dolce non verniciato al fine di ridurre sia i fumi inquinanti che i tempi di cremazione.

4. Nel caso in cui il defunto non abbia manifestalo la volontà di far disperdere le sue ceneri, queste vengono riposte in un’urna sigillata, recante i dati anagrafici, per la tumulazione o l’affidamento ai familiari.

5. La consegna dell’urna cineraria e effettuata previa sottoscrizione di un documento nel quale i soggetti di cui al comma 2 dichiarano la destinazione finale dell’urna o delle ceneri; tale documento, conservato in copia presso l’impianto di cremazione e presso il Comune in cui è avvenuto il decesso, costituisce documento di accompagnamento obbligatorio nelle fasi di trasporto delle ceneri.

6. In caso di comprovata insufficienza delle sepolture, l’ufficiale di stato civile autorizza la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni, secondo le procedure previste per l’autorizzazione alla cremazione o, in caso di irreperibilità dei famigliari, dopo trenta giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del Comune di uno specifico avviso.

1. Si tratta di una disposizione per lo più "vuota" di effetti concreti.

È forse l’aspetto più discutibile della legge regionale lombarda, diffusa ai mass media come la norma che potrà consentire la dispersione delle ceneri o il loro affido a familiari.

La realtà è completamente diversa.

Difatti il comma 1 dell’articolo in questione specifica che l’autorizzazione è concessa nel rispetto dei principi e delle modalità di cui alla legge 130/01.

Come è precisato nel comma 1 dell’art. 3 della legge 130/01 le modalità devono essere stabilite con norma regolamentare (con una procedura rafforzata).

Poiché la materia dello stato civile è materia esclusiva dello Stato, non può la Regione Lombardia stabilire alcunché in proposito.

Può invece, seguendo i principi della legge 130/01 dire che sono applicabili le modalità connesse a quei principi, ma in materia concorrente (come quella sanitaria).

Nel cimentarsi con l’arduo compito della applicazione della legge 130/01, la Regione Lombardia, ha creato una miriade di nuovi problemi interpretativi .

Difatti, abbracciando la tesi interpretativa interventista della regione, le parti della L. 130/01, diverse da quelle di competenza esclusiva dello stato vengono fatte vivere, integrate o limitate da quanto viene esplicitamente riportato nella legge lombarda.

E precisamente vive:

Art. 3, comma 1 lett. c),e),f), per decessi avvenuti fuori del territorio nazionale, autorizzati da autorità di quei Paesi;

Art. 3, comma 1 lett. d), con le modifiche determinate dal comma 2 dell’art. 7 della legge lombarda;

Art. 3, comma 1 lett. h), per tutti i deceduti in Lombardia, destinati ad essere cremati, aprendo problemi pratici ed economici enormi;

Art. 3, comma 1 lett. i) per i crematori della Lombardia.

In definitiva un Ufficiale di stato civile in Lombardia non può autorizzare la dispersione di ceneri o l’affidamento di urna a familiare, perché alla luce della attuale ripartizione di competenze tra Stato, Regioni ed Enti Locali, l’attuazione anche regolamentare di competenze relative a materie esclusive dello Stato non può che avvenire con legge/regolamento statale, che resta ancora necessario per l’operatività della L.130/01.

2. Non è attuabile.

3. La Regione Lombardia, nell’intento di ridurre l’inquinamento causato dalla cremazione introduce un criterio del tutto oscuro: quello che la regione autorizza, in caso di cremazione di cadaveri (non di resti mortali, tenuto conto che tutti si trovano in bare verniciate e non autorizzate a suo tempo dalla Regione o del fatto che si usano soluzioni ancor più ecologiche per il loro contenimento, come bare di cartone non dipinto), l’uso di feretri di legno dolce non verniciato.

Non si comprende se questo sia:

a) un auspicio all’uso;

b) un divieto generalizzato di usare feretri verniciati in caso di cremazione di cadavere;

c) un obbligo per ogni impresa che produce cofani, da usarsi in Lombardia per la cremazione di cadaveri di sottoporsi a specifica autorizzazione della regione.

Già il Ministero della salute con circ. n.400.VIII/9L/1924 del 21/05/2002 ebbe a chiarire che le autorizzazioni sui materiali da usarsi per le bare erano materia statale, per cui si ritiene che anche in questo caso si ponga una delicata questione di eccesso di potere, ancor più grave se si pensa che la legge non prevede periodi transitori.

Inoltre la regione Lombardia ha travalicato dalle sue competenze in quanto in materia, per effetto dell’art. 8 della L. 130/01 è competente lo stato ("… con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’Ambiente, con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato sono definite le norme tecniche … omissis … nonché materiali per la costruzione delle bare per la cremazione").

Se si ritenesse applicabile tale norma, dalla efficacia della legge si determinerebbe la paralisi delle cremazioni in Lombardia con danni rilevantissimi per i gestori degli impianti in questione ed effetti enormi sia per i cittadini che per la funzionalità dei cimiteri.

4. La dispersione delle ceneri si può effettuare anche senza la preventiva sigillatura di queste dentro un’urna. Si ritiene che il caso sia limitato alla dispersione nell’area cimiteriale interna alla struttura sede di crematorio, ma non quando avviene un trasporto esterno.

5. La procedura burocratica si appesantisce, poiché in caso di cremazione necessita anche una dichiarazione degli aventi titolo circa la destinazione finale dell’urna o delle ceneri (oltre all’autorizzazione alla cremazione, al trasporto dell’urna e alla dispersione o affidamento). Tale dichiarazione deve essere fatta almeno in triplice copia: una consegnata al gestore dell’impianto, una da consegnarsi al comune di decesso e una che segue l’urna.

6. Per la cremazione di resti mortali si stabilisce una procedura speciale da utilizzarsi nel (solo) caso di comprovata insufficienza delle sepolture nel cimitero.

È peggiorativa della norma appena approvata come indirizzo uniforme da parte del Ministero della Salute (Risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003).

Ordinariamente si segue, invece, la recente norma contenuta nel DPR 254/03.

La norma è in palese violazione dell’Art. 117 della Costituzione perché attribuisce funzioni all’Ufficiale di stato civile (vds. Nota 1 a commento dell’art. 3)

Art. 8

(Attività funebre)

1. Per attività funebre è da intendersi un servizio che comprende ed assicura in forma congiunta le seguenti prestazioni:

a) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso, su mandato dei familiari;

b) vendita di casse ed altri articoli funebri, in occasione del funerale;

c) trasporto di cadavere, inteso come trasferimento della salma dal luogo del decesso al luogo di osservazione, al luogo di onoranze, al cimitero o crematorio.

2. L’attività funebre e svolta da ditte individuali, società o altre persone giuridiche in possesso dei requisiti di cui al comma 3.

3. Per poter svolgere l’attività funebre è necessaria l’autorizzazione del Comune ove ha sede commerciale la ditta individuale, società, o altra persona giuridica, rilasciata sulla base del possesso dei requisiti stabiliti con il regolamento regionale di cui all’articolo 10.

4. Il conferimento dell’incarico per il disbrigo delle pratiche amministrative, la vendita di casse ed articoli funebri e ogni altra attività connessa al funerale, si svolge unicamente nella sede autorizzata o, eccezionalmente, su richiesta degli interessati, presso altro luogo, purché non all’interno di strutture sanitarie di ricovero e cura pubbliche e private, e locali di osservazione.

5. L’autorizzazione allo svolgimento di attività funebre non può comprendere funzioni di natura pubblica, quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie o l’accertamento di morte.

6. Gli addetti che svolgono attività funebre devono essere in possesso dei requisiti formativi previsti dal regolamento regionale di cui all’articolo 10.

7. Il Comune informa la cittadinanza sull’attività funebre, con particolare riguardo alle differenti forme di seppellimento e relativi profili economici ed alle imprese operanti nel proprio territorio.

8. La Regione, d’intesa con le associazioni rappresentative dei comuni e di categoria, promuove l’adozione del codice deontologico delle ditte individuali, società e altre persone giuridiche che svolgono attività funebre, ai fini della tutela del dolente e della concorrenza.

1. Viene introdotta la definizione di attività funebre.

2. Sono stabiliti i soggetti che possono svolgerla.

3. È compito del Comune dove ha sede commerciale la impresa rilasciare l’autorizzazione all’esercizio di attività funebre. L’operatività della norma è congelata fino alla emanazione di un regolamento regionale attuativo, che deve stabilire i requisiti posseduti dal soggetto richiedente ai fini del rilascio.

4. Il conferimento dell’"incarico" (termine omnicomprensivo sia del mandato all’agenzia d’affari, sia dell’effettuazione di servizi e forniture) è possibile solo dentro la sede autorizzata o eccezionalmente in altro luogo, ma non all’interno di strutture sanitarie di ricovero e cura pubbliche e private, e ancora non dentro locali di osservazione.

Col che si conferma la interpretazione che le sale del commiato non possano essere gestite da esercenti l’attività funebre, visto che nelle sale del commiato si svolge l’attività di deposito di osservazione, per quel che è detto al comma 6 dell’art. 4 e al comma 5 dell’art. 8.

5. Vi si esclude esplicitamente che l’autorizzazione all’attività funebre possa comprendere funzioni di natura pubblica, quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie.

È palese, in questo caso, la illogicità della norma che prima le definisce funzioni di natura pubblica e poi obbliga la gestione delle strutture sale del commiato da parte di privati.

6. L’obbligo di formazione per gli esercenti l’attività funebre è chiaro, anche se si rimanda ai contenuti formativi stabiliti nel regolamento attuativo della legge.

7. Viene ripreso l’obbligo di informazione da parte del Comune circa l’attività funebre e cimiteriale, già specificato dall’art. 7 della L. 130/01. Sarebbe opportuno estendere tale meritoria opera di informazione anche all’attività di fioristi, marmisti e quindi a tutte le attività che a diverso titolo ruotano attorno al momento del funerale.

8. La Regione Lombardia si preoccupa di promuovere, previa intesa con associazioni rappresentative degli interessi in gioco, un codice deontologico per gli esercenti l’attività funebre, ai fini della tutela del dolente e della concorrenza.

Si ritiene che tra le categorie interessate debbano essere inserite anche quelle a tutela dei consumatori.

È completamente assente la materia sanzionatoria per quanto concerne l’attività funebre, che si ritiene debba essere prevista nel regolamento comunale corrispondente.

Art. 9

(Cimiteri)

1. Il Comune è tenuto a garantire sepoltura:

a) ai cadaveri dei propri residenti e delle persone morte nel territorio del Comune, quale ne fosse la residenza;

b) ai cadaveri di aventi diritto al seppellimento in sepoltura privata esistente nel Comune stesso;

c) ai nati morti e prodotti del concepimento, il cui parto o aborto sia avvenuto in struttura sanitaria sita nel territorio comunale;

d) alle parti anatomiche, derivanti da interventi avvenuti in struttura sanitaria sita nel territorio comunale;

e) alle ossa, resti mortali, ceneri derivanti da cadaveri di cui alle lettere a), b), c) e d).

2. Ogni Comune, nell’ambito della pianificazione urbanistica e territoriale, prevede aree cimiteriali in grado di rispondere alle necessita di sepoltura, nell’arco dei venti anni successivi all’adozione degli strumenti urbanistici, tenuto conto degli obblighi di cui al comma 1, e con la finalità di favorire il ricorso alle forme di sepoltura di minor impatto sull’ambiente e cioè l’inumazione e la cremazione.

3. La gestione e manutenzione dei cimiteri possono essere affidate a soggetti pubblici o privati; qualora il gestore del cimitero svolga anche attività funebre è d’obbligo la separazione societaria, come stabilita dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).

4. L’area cimiteriale deve essere delimitata da idonea recinzione. L’area di rispetto lungo il perimetro cimiteriale deve essere definita considerando:

a) la necessità di dotazione di parcheggi e servizi per i frequentatori;

b) l’eventuale necessità di ampliamento, in relazione alle previsioni di cui al comma 2;

c) l’eventuale presenza di servizi o impianti tecnologici all’interno del cimitero e le conseguenti distanze di tutela;

d) il rispetto delle attività di culto dei dolenti.

5. La Regione, d’intesa con l’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), definisce con proprio regolamento, da emanarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge:

a) i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri, nonché le condizioni per la soppressione e i criteri di ristrutturazione di quelli esistenti;

b) le caratteristiche dei campi di inumazione, dei loculi aerati e non, delle sepolture private e delle strutture cimiteriali;

c) le caratteristiche e le modalità per la realizzazione di sepolture private fuori dai cimiteri;

d) l’ampiezza minima e massima delle aree di rispetto di cui al comma 4 e al comma 7, lettera b).

6. Il Comune, su richiesta di privati o associazioni o enti morali, può concedere in uso aree all’interno del cimitero per sepolture private, nel rispetto dei requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente.

7. Il Comune può altresì autorizzare:

a) la costruzione e l’uso di aree e spazi per la tumulazione di animali d’affezione, secondo le indicazioni tecniche dell’ASL e dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA);

b) la costruzione di cappelle private fuori dal cimitero, purché contornate da un’area di rispetto;

c) la tumulazione in luoghi al di fuori del cimitero, previo parere e secondo le indicazioni tecniche dell’ASL e dell’ARPA, quando ricorrano giustificati motivi di speciali onoranze.

8. I comuni, definiscono, previo parere dell’ASL e dell’ARPA secondo le rispettive competenze:

a) l’assetto interno di ciascun cimitero;

b) i turni di rotazione dei campi di inumazione o le procedure di trattamento di terreno atte a favorire i processi di mineralizzazione;

c) le modalità di concessione e le tariffe delle sepolture private;

d) l’ampiezza delle aree di rispetto di cui al comma 4 e al comma 7, lettera b).

9. La costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento e ristrutturazione di quelli esistenti è autorizzata dal Comune, previo parere vincolante da parte dell’ASL e dell’ARPA, secondo le rispettive competenze. La soppressione di cimiteri è autorizzata dall’ASL.

1. L’obbligo comunale di dare garanzia di sepoltura nei propri cimiteri è stato meglio precisato rispetto a quello contenuto nel DPR 285/90, sostanzialmente per tener conto della presenza di strutture sanitarie nel territorio.

2. La grande novità è che in Lombardia la pianificazione delle necessità di spazi e zone di rispetto cimiteriale è ora inglobata nell’ambito della pianificazione urbanistica e territoriale.

Le verifiche sulla capacità ricettiva dei cimiteri devono essere svolte per almeno 20 anni rispetto alla prevedibile data di adozione dello strumento urbanistico.

La inumazione e la cremazione vengono definite come le forme di sepoltura a minor impatto per l’ambiente e sono da privilegiare.

3. La gestione e manutenzione dei cimiteri possono essere affidate a soggetti pubblici o privati.

Le imprese miste, cioè quelle a cui si affida il servizio direttamente e la scelta del socio privato avviene a mezzo di gara ad evidenza pubblica, si ritiene debbano essere considerate tra i privati quando la partecipazione del capitale pubblico non eccede il 50%.

Se il gestore del cimitero svolge contemporaneamente anche attività funebre è d’obbligo la separazione societaria.

Anche in tale caso si ravvisa un eccesso di potere da parte della regione la quale ha titolo al solo richiamo della norma di legge in parola, non ad imporre l’obbligo della separazione societaria.

4. Di interesse il chiarimento che l’area di rispetto deve essere definita considerando i parcheggi e i servizi ai frequentatori (chiarendo così anche la situazione degli immobili per operatori floreali, marmorei, ecc.), ma soprattutto chiarendo, qualora ve ne fosse stato bisogno, che l’area di rispetto deve comprendere anche i futuri previsti ampliamenti di cimitero.

Utile la precisazione del rispetto delle attività di culto dei dolenti e della tutela per impianti e servizi presenti all’interno del cimitero (si pensi ai crematori, ad inceneritori, a depositi di rifiuti cimiteriali).

5. La Regione, d’intesa con l’ANCI, definisce entro 180 giorni regolamento attuativo su taluni aspetti cimiteriali, di cui si segnalano in particolare, perché citati e innovativi: caratteristiche dei campi di inumazione, di loculi aerati e non, caratteristiche per sepolture private fuori dei cimiteri, ampiezze minime e massime di zone di rispetto cimiteriale per cimiteri e sepolture private fuori di essi.

In base alla lettera d) la Regione, previa intesa con l’ANCI, si attribuisce la potestà di definire i limiti minimi e massimi della zona di rispetto cimiteriale.

È del tutto pacifico che tali limiti non possano variare quelli minimi stabiliti da leggi sanitarie dello Stato (in particolare dall’art. 338 del TU leggi sanitarie, come variato dall’art. 28 della L. 166/02 e dall’art. 104 del DPR 285/90).

Si nutrono forti perplessità sulla possibilità di regolare alcune delle fattispecie indicate con norma di rango secondario (si pensa alla lett. d) che importa limiti alla proprietà e, quindi, richiede fonte legislativa (art. 41, comma 3 Cost.).

Si ritiene pertanto che ove la legge nazionale non stabilisca questo potere per la Regione, la stessa non possa autonomamente fissarlo, comprimendo il diritto degli unici titolati a farlo (Comune e proprietario dei fondi).

6. Vengono confermati i requisiti tecnici ed igienico sanitari nazionali per le tombe in concessione.

7. Viene chiarito che in Lombardia i cimiteri per animali d’affezione sono autorizzati dal Comune, secondo le indicazioni tecniche dell’ASL e dell’ARPA,.

Analogamente per sepolcri privati fuori dei cimiteri e per le tumulazioni privilegiate.

8. Spetta al Comune, previo parere dell’ASL e dell’ARPA, secondo le rispettive competenze, definire l’assetto interno di ciascun cimitero (i piani cimiteriali di cui al DPR 285/90, secondo le indicazioni tecniche ivi riportate), i turni di rotazione dei campi di inumazione, le procedure di trattamento del terreno per favorire la mineralizzazione dei cadaveri, le modalità di concessione e le tariffe delle sepolture private, l’ampiezza delle aree di rispetto.

Il piano cimiteriale è quindi uno strumento programmatorio propedeutico alla introduzione dei vincoli e prescrizioni relative in sede di strumento urbanistico (PRG).

Si evidenzia una palese violazione di aspetti di autonomia dei comuni, dato che vengono subordinati al parere di altri soggetti anche scelte del tutto proprie del comune, come quelle della lett. c) del comma 8.

9. Infine ogni ampliamento cimiteriale, ogni ristrutturazione di quelli esistenti o costruzione di nuovi cimiteri è autorizzata dal comune, previo parere vincolante di ASL e ARPA.

La soppressione di cimiteri è autorizzata dall’ASL.

Resta la competenza per la soppressione di cimitero al Comune, ma prima bastava "sentire" l’ASL.

Art. 10

(Provvedimenti regionali)

1. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, si definiscono con regolamento regionale:

a) i requisiti e le modalità per l’autorizzazione allo svolgimento di attività funebre e per la gestione di sale del commiato;

b) le strutture destinate alle funzioni di deposito per l’osservazione dei cadaveri, cui i comuni debbono fare riferimento ed i criteri per la ripartizione dei relativi oneri.

2. Con decreto del Direttore generale della Direzione generale Sanità della Giunta regionale si definiscono:

a) le modalità ed i casi in cui deve essere effettuata la rimozione di protesi su salme destinate alla cremazione;

b) le modalità di tenuta dei registri cimiteriali.

1. Si rimanda per l’attuazione della legge ad un regolamento regionale, da emanare entro 180 giorni.

Si noti che per effetto della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 313 del 21/10/2003, laddove lo statuto della Regione non individui la competenza della GR all’emanazione del regolamento questo è di competenza del Consiglio regionale.

Inoltre la giurisprudenza è costante nel ritenere che un regolamento possa operare nei limiti e nelle materie che la legge gli ha esplicitamente assegnato.

2. Si attribuisce alla regione il compito di stabilire le modalità di tenuta dei registri cimiteriali. Non si parla di possibili modelli uniformi, cosa che potrebbe essere logica (anche ai fini statistici), ma delle modalità di tenuta, cioè di adempimenti amministrativi la cui titolarità è propria dei comuni (e che non sembra riconducibile al contesto dell’art. 4 o dell’art. 5 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il quale, per altro, richiederebbe fonte legislativa e non amministrativa).