Circolare Sefit n. 4759 del 16.07.2002
APPROFONDIMENTI SULL’AMBITO DELL’ATTIVITÀ
DI IMPRESA DI ONORANZE FUNEBRI NEL QUADRO DELLA TITOLARITÀ DELL’AUTORIZZAZIONE
DI CUI ALL’ART. 115 T.U.LL.P.S.
1. Premessa
Con precedente circolare n. 4697 del 6 maggio 2002, è stato affrontato il quadro che emerge dal conferimento agli enti locali operato dall’art. 163, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e relativi provvedimenti di attuazione, e con la successiva circolare n. 4735 del 25.06.2002, sono stati affrontati i principali ambiti all’interno dei quali si svolge l’attività dei titolari dell’autorizzazione di cui all’art. 115 TULLPS.
Rispetto a quanto precisato nelle due circolari già emanate, si ravvisa l’opportunità di ulteriori approfondimenti, considerando che tra le operazioni a volte necessarie al servizio di onoranza funebre ed alla sua conclusione, possono a volte aversi quelle di accesso ad un sepolcro privato all’interno dei cimiteri, oppure la raccolta di resti mortali tumulati (e sempre ché non si abbia la fattispecie dell’art. 86, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, salve deroghe, più o meno lecite dei Regolamenti comunali di polizia mortuaria), oppure il Regolamento comunale di polizia mortuaria preveda autorizzazioni od assensi da parte del concessionario ai fini della sepoltura dei (o di alcune categorie di) componenti della famiglia a cui il sepolcro è riservato. In tali situazioni, si può presentare il caso, per altro molto frequente, che il titolare (od, i titolari) del sepolcro privato non sia il familiare che ha titolo a disporre della sepoltura (1), quale ne sia la pratica, o che, comunque, abbia conferito l’incarico al titolare dell’autorizzazione di P.S..
Altre volte, si ha il caso in cui sia necessario richiedere la concessione di un sepolcro privato all’interno dei cimiteri, oppure operazioni che hanno riguardo alla disponibilità di una concessione di sepolcro privato all’interno dei cimiteri, ad esempio la richiesta di rinnovo di una concessione in scadenza o per la quale sia, comunque, necessaria la rinnovazione.
2. La “scelta” della forma di sepoltura
E, sempre, vi è la “scelta” della forma di sepoltura, questione che, normalmente, viene spesso sottovalutata allorquando si tratti della scelta tra l’inumazione o la tumulazione, sembrando rilevare unicamente nel caso della cremazione, in quanto quest’ultima prevede forme e modalità decisamente strutturate per il ricorso a tale pratica.
La scelta della forma di sepoltura attiene all’esercizio di un diritto del tutto personale che ha riguardo ai familiari, diritto che attiene ai fattori di pietas e alla sfera degli affetti. La questione poteva essere sottovalutata nel passato, ma emerge in tutta evidenza dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 7.bis D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, n. 26. Infatti, con questa legge si è disposto che l’inumazione, l’esumazione ordinaria e la cremazione siano gratuite unicamente in tre ipotesi, due che vengono a collocarsi all’interno della Legge 8 novembre 2000, n. 328 (indigenza od appartenenza a famiglia bisognosa) e l’ultima concernente una situazione di disinteresse da parte dei familiari. Ciò importa che i familiari vengano ad assumere una qualificazione tale da doverli considerare come titolari di un obbligo di sepoltura del congiunto defunto, obbligo che importa anche i relativi oneri. Dal momento che l’onere della sepoltura può essere assunto, in termini liberali, da chiunque intenda assumerlo, l’inserimento di questa categoria, comportando la gratuità, cioè il trasferimento dell’onere dalla famiglia al bilancio comunale, richiede che i familiari tenuti alla sepoltura debbano essere in qualche modo pre-determinati. In altre parole, occorre distinguere tra chi debba e chi possa disporre per la sepoltura della salma, con ciò facendo riemergere la differenza tra chi ne sia obbligato e chi possa liberalmente provvedervi. Siamo in presenza di una situazione che ricorda quelle che si hanno quando più familiari intendano dare diverse forme di sepoltura alla salma, ponendo, in questo caso, l’esigenza di individuare quale dei familiari abbia la prevalenza, o la titolarità esclusiva, per gli atti di disposizione della salma. Sotto questo profilo, andrebbe richiamata l’elaborazione giurisprudenziale che si è avuta nel tempo in materia di prevalenza o priorità per il diritto di disporre della salma, elaborazione che è stata resa in forma sintetica dalle disposizioni in materia di titolarità ad esprimere l’autonoma volontà alla cremazione del cadavere, quando manchi la volontà del defunto (2). Altrimenti, le disposizioni dell’art. 79, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 altro non costituiscono se non la traduzione in norma regolamentare positiva di questa elaborazione giurisprudenziale consolidata, che fa prevalere i rapporti più stretti e richiede la concorrenza di tutti i soggetti che si collochino su di un medesimo piano. In questo contesto, quindi l’obbligo a provvedere alla sepoltura dovrebbe essere individuato secondo i medesimi criteri.
Ciò non significa che solo determinati familiari, individuati secondo gli anzidetti criteri, possano disporre della salma, quanto che tali criteri vadano presi in considerazione nel caso di contrasto tra più familiari, potendo qualsiasi familiare disporre per la sepoltura, presumendosi che agisca con il consenso, o almeno senza il disaccordo, degli altri. Anzi, non va escluso il fatto che alla sepoltura venga provveduto anche da parte di soggetti che non vi siano giuridicamente obbligati.
In ogni caso, non spetta agli uffici pubblici valutare se l’incarico sia stato conferito al titolare dell’autorizzazione di P.S. da un soggetto obbligato, semplicemente legittimato o agente in termini di liberalità, quanto unicamente la sussistenza dell’incarico come co-titolo di legittimazione ad agire da parte del titolare dell’autorizzazione di P.S..
Ma questa situazione, consente di affrontare in termini abbastanza analoghi la questione della scelta tra le diverse pratiche funebri, specie considerando che esse sono tutte, oggi, a titolo oneroso, anche in fase successiva alla sepoltura, così che la scelta di una pratica funebre importa anche l’assunzione dell’onere attuale e futuro. Ciò pone, conseguentemente, l’esigenza di una ri-valorizzazione della scelta.
Ma tale scelta attiene alla sfera dei diritti personalissimi di pietas e, proprio per il fatto di costituire un diritto personalissimo, non ammette che possa essere esercitata se non da chi sia titolare dei diritti di dare sepoltura alla salma.
Da qui si ricava, che l’incarico conferito al titolare dell’autorizzazione di P.S. non può comprendere questa scelta, come del resto non può estendersi all’esercizio di qualsiasi diritto personale e, meno ancora, dei diritti c.d. personalissimi, i quali non ammettono rappresentazione.
Va osservato come la questione della scelta della sepoltura abbia anche altri risvolti, che interessano non tanto i soggetti titolari dell’autorizzazione di P.S. quanto piuttosto i comuni od, in taluni casi, i gestori dei cimiteri: ci si riferisce al fatto per il quale, oggi, qualsiasi sia la scelta, essa è comunque a titolo oneroso. Tra l’altro, l’onerosità non è collocata solo nella fase “iniziale”, ma anche in quella “finale” (esumazione ordinaria, inumazione alla scadenza della concessione di tumulazione e, in questo caso, anche l’ulteriormente successiva esumazione, ecc.), così che richiede non solo l’assolvimento del corrispettivo “iniziale”, ma fa sorgere anche obblighi futuri, spesso in cui il momento dell’adempimento dell’onere si colloca in un momento temporale abbastanza lontano. Ciò ha indotto più comuni a valutare le modalità non solo per far conoscere questa innovazione, ma anche idonee ad assicurare l’adempimento futuro dell’onere, possibilmente con forme che prevengano ogni ricorso a provvedimenti di esecuzione, che sono procedimentalmente ulteriormente onerosi e che non possono essere affrontati con leggerezza, costituendo fattore di responsabilità contabile ogni mancata entrata al bilancio comunale per cui sussista un titolo legislativo alla riscossione. Alcuni comuni, in questa ottica, hanno ritenuto di fare ricorso all’assunzione di un “impegno” ad assolvere all’onere nel momento in cui esso viene a sorgere. Trattandosi di un’obbligazione, che ha le caratteristiche di essere trasmissibile agli eredi (in questo caso eredi di chi assume l’impegno e non discendenti, come di norma si ha nella titolarità dei rapporti di concessione cimiteriale) in quanto obbligazione pecuniaria, si deve considerare come essa non possa essere assunta dal soggetto a cui sia stato conferito l’incarico in quanto titolare dell’autorizzazione di P.S., dal momento che tale incarico è destinato ad esaurirsi con il completamento del servizio di onoranze funebre. Laddove si ritenesse la sostenibilità di una legittimazione anche per l’assunzione di tale impegno, si determinerebbe che l’obbligazione (3) fa capo al mandatario (4), divenendo questi il debitore, ed è, eventualmente, trasmissibile ai suoi eredi (a titolo personale o non come azienda, avendo l’autorizzazione di P.S. carattere personale; si pensi all’ipotesi di una futura cessione dell’azienda a terzi), senza far sorgere alcun rapporto tra il mandante (familiare che conferisce l’incarico) ed i terzi (in questo caso il comune che ha titolo al corrispettivo): si tratta di una situazione che appare perfino poco coerente con l’esercizio dell’attività di intermediazione, e foriera di forti alee in quanto il soggetto incaricato viene esposto al rischio di rimanere soggetto all’obbligazione, con il solo titolo a ripeterne l’onerosità esclusivamente nei confronti della persona che ha conferito il mandato, ma non dei suoi eredi, mentre rimangono esposti all’onere gli eredi del mandatario.
In altri termini, verrebbe a sorgere un’obbligazione che si colloca in una prospettiva anche temporale del tutto eccedente l’ambito dell’incarico conferito.
3. L’esercizio dei diritti della personalità in materia funeraria e
cimiteriale
Altrettanto, l’incarico conferito non può avere per oggetto anche l’esercizio di quei del tutto particolari diritti (5) che sorgono in relazione alla concessione amministrativa su di un sepolcro privato nei cimiteri, sia quando si tratti di diritti personali, sia quando si tratti di diritti reali.
Nella prima categoria vanno individuati i diritti concernenti l’utilizzo del diritto di sepoltura o del diritto di disporre della salma, quali possono essere le autorizzazioni o i consensi alla sepoltura di determinate categorie di familiari del concessionario, le richieste di autorizzazione alla raccolta di resti di persone, appartenenti alla famiglia del concessionario, già tumulate (e sempre ché non ricorra la già richiamata ipotesi dell’art. 86, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), ricordando che la sepoltura è “riservata” unicamente al concessionario ed ai membri della sua famiglia, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria, ed eventualmente alle persone conviventi con il concessionario o, laddove siano espressamente individuati dal Regolamento comunale i criteri di determinazione, alle persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei confronti del concessionario. In queste ultime due ipotesi, è altresì necessaria una richiesta del concessionario, che attiene all’ambito dei diritti della personalità e, conseguentemente, non ammette rappresentazione.
Altrettanto, ed a maggiore ragione, non rientrano nell’ambito dell’incarico conferibile (e se indebitamente conferito, non hanno efficacia giuridica) l’esercizio di diritti di terzi, come nel caso in cui autorizzazioni, assensi o altri atti spettino a soggetti diversi e distinti rispetto a chi abbia conferito l’incarico, come si può avere quando il familiare che ha conferito l’incarico non coincida con la persona del concessionario del sepolcro.
Anzi, in questo caso, è lo stesso familiare che conferisce l’incarico che risulta sprovvisto di un qualsiasi potere di disposizione che, facendo carico a persona diversa (il concessionario) non può essere esercitato se non da chi ne sia titolare.
Appare di particolare importanza evidenziare la possibile, quanto frequente, differenza tra la posizione del concessionario del sepolcro privato nei cimiteri rispetto a quella del familiare del defunto che provveda per gli atti necessari ad assicurare la sepoltura della salma del defunto, differenza che produce effetti di non secondaria rilevanza.
4. L’esercizio dei diritti patrimoniali in materia funeraria e
cimiteriale
Nella seconda categoria vanno individuati gli atti concernenti l’esecuzione delle opere sull’area o sul manufatto oggetto di concessione, opere che possono riguardare la costruzione, la manutenzione, gli interventi di carattere anche estetico o di memoria (ad esempio: installazione di monumenti funebri, iscrizioni sulle lapidi e monumenti funebri, contratti per la fornitura dell’illuminazione votiva), ecc.
Tuttavia, per questi ultimi, va osservato come la non rappresentanza operi per gli atti che abbiano una rilevanza giuridica rilevante sotto il profilo del rapporto di concessione pubblica amministrativa, mentre può sussistere laddove, pur costituendosi rapporti giuridici, essi siano estranei ad esso o se ne collochino in termine di esercizio dei rapporti sorti con la concessione. Ad esempio, può ammettersi rappresentanza e, quindi, l’idoneità dell’incarico conferito per la stipula di rapporti contrattuali di acquisizione di beni o di fornitura di servizi quali potrebbero essere l’acquisto di materiali lapidei, le iscrizioni sul monumenti già installati, mentre ciò non può sussistere per l’ottenimento delle autorizzazioni amministrative comunali o del gestore del cimitero a tali opere.
Rientrano in quest’ultima fattispecie le domande intese ad ottenere la concessione di sepolcri privati nei cimiteri od il loro rinnovo ed ogni altro atto che importi il sorgere di diritti particolari sui beni del demanio cimiteriale.
Rispetto alla prima fattispecie, cioè ai rapporti giuridici che possono sorgere a seguito della concessione o che ne siano estranei, si fa riferimento a due esemplificazioni: il contratto per la fornitura, per l’installazione, ecc. di lapidi e monumenti funebri o, per l’estraneità alla concessione, il contratto per la fornitura delle corone ed altri addobbi floreali.
In entrambe le esemplificazioni vengono a sorgere rapporti giuridici di natura contrattuale a contenuto eminentemente privatistico. Nel caso che il conferimento dell’incarico al titolare dell’autorizzazione di P.S. abbia riguardo anche al compimento di tali atti giuridici, i rapporti che vengono a sorgere fanno capo al mandatario, anche quando i terzi stipulanti abbiano conoscenza giuridica dell’esistenza dell’incarico, senza che questo faccia sorgere rapporti con i familiari che hanno conferito l’incarico, salvo che nel caso in cui questi vantino diritti di credito (come si potrebbe avere nel caso di anticipazioni di somme cui non corrisponda o non corrisponda pienamente la fornitura o la prestazione). Ciò importa che il soggetto a cui viene conferito l’incarico sia tenuto ad osservare gli obblighi contrattuali che pone in essere, con il sorgere del titolo di credito nei confronti del conferente, ma che i soggetti terzi non possano pretendere l’assolvimento degli obblighi contrattuali direttamente dal conferente l’incarico, anche quando abbiano conoscenza dell’incarico, mentre vale il contrario; cioè i rapporti obbligatori che sorgono in dipendenza del contratto di fornitura o di prestazione o di somministrazione che vengono a sorgere non sono esattamente reversibili.
5. La stipula dell’atto di concessione
Al contrario, nell’ambito dei rapporti in cui non è ammessa la rappresentazione, i soli soggetti che hanno titolo ad agire vanno individuati nei familiari del defunto o nel concessionario del sepolcro privato nei cimiteri, a seconda dei casi, oppure quando sia comunque ammissibile una rappresentazione, essa richiede un titolo idoneo (procura) che importa come tale titolo debba necessariamente avere la forma prescritta per il contratto che deve essere posto in essere (6), forma che non sussiste nel caso di conferimento dell’incarico al titolare dell’autorizzazione di P.S., anche in relazione al fatto che questi assolve unicamente opera di intermediazione nell’assunzione o della trattazione del rapporto, cioè, in altri termini, opera nella fase antecedente all’instaurazione di qualsiasi rapporto giuridico: La questione potrebbe sorgere in relazione alla domanda e, soprattutto, alla stipula dell’atto di concessione (o di rinnovo della concessione) di sepolcro privato nei cimiteri, che richiedendo la forma dell’atto pubblico amministrativo, importerebbe che anche la forma della procura debba avere la medesima forma. Ma ciò determina un ulteriore elemento critico, dal momento che non rientra nella fattispecie di cui all’art. 97, comma 4, lett. c) D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, mancandone i presupposti (forma della scrittura privata ed interesse dell’ente titolare del cimitero) e, quindi, ponendo necessariamente la questione se a tale carenza possa porsi rimedio altrimenti. Dal momento che la concessione cimiteriale viene a sorgere con una concessione pubblica amministrativa, cioè con atto pubblico, la forma della procura dell’atto pubblico diventa necessitata ed imprescindibile, e, considerando che la concessione pubblica amministrativa può anche avvenire a rogito di notaio, si ritiene di esprimere l’avviso che una siffatta procura possa anche ammettersi abbia luogo mediante atto pubblico a ministero di notaio. In ogni caso, va precisato che la procura conferisce al rappresentante la sostituzione materiale in sede di stipula e comunque nell’ambito definito dalla procura che, conseguentemente, non può che essere speciale, escludendosi il ricorso alla procura generale a contenuto patrimoniale, mentre ogni rapporto giuridico, attivo e passivo, che viene a sorgere con la concessione pubblica amministrativa fa capo non al procuratore speciale quanto al soggetto che ha conferito la rappresentanza. L’esclusione dell’idoneità quale titolo di rappresentanza della procura generale e della imprescindibile necessità di una procura speciale, trova fondamento nella natura giuridica dei beni che divengono oggetto della concessione cimiteriale, nonché del peculiare carattere del rapporto che viene a sorgere con la concessione stessa, delimitato dalle specifiche leggi e norme speciali.
In ogni caso, l’istanza per l’ottenimento della concessione (o del suo rinnovo) e la stipula del relativo atto che la fa sorgere, esulano dall’ambito dell’incarico conferito al titolare di autorizzazione di P.S., che ha come proprio ambito pre-definito quello dell’intermediazione che, come, già visto, si colloca in fase del tutto antecedente al sorgere di questo particolare e specifico rapporto giuridico.
Se ne fa cenno per ragioni di completezza, anche se, nei fatti, l’ipotesi della rappresentanza in sede di momento originario della concessione cimiteriale risulta abbastanza marginale, pur dovendosi precisare che l’eventuale stipula di un atto di concessione cimiteriale da parte di un soggetto privo di qualificazione legittimante, importa la nullità della concessione stessa e quindi inibisce il sorgere di un qualsiasi diritto di uso sul sepolcro privato o, se si vuole, la concessione è inesistente sotto ogni profilo giuridico.
In buona sostanza, l’incarico conferito al titolare dell’autorizzazione di P.S., per la natura stessa dell’autorizzazione, ha riguardo pressoché unicamente ad una serie di attività, spesso caratterizzate da una prevalenza degli aspetti materiali dell’attività e decisamente meno dagli aspetti giuridici della stessa, collocandosi generalmente in una fase antecedente alla costituzione di rapporti giuridici, cosa che risulta coerente con l’attività di intermediazione propria dell’autorizzazione medesima.
Possiamo dire che il titolare dell’autorizzazione di P.S., a seguito dell’incarico ricevuto, agisce per conto di terzi, ma senza alcun potere di rappresentanza e le sue funzioni non possono eccedere l'ambito loro proprio, per cui gli atti giuridici o destinati ad avere effetti giuridici gli sono preclusi, come gli sono, a maggior ragione preclusi, l'esercizio dei diritti personali o personalissimi.
6. La dichiarazione di morte
Si conclude, anche per la sua portata tutto sommato di lieve rilievo, con un riferimento alla dichiarazione di morte, quale regolata dall’art. 72, commi 1 e 2 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.
Come prima cosa, va immediatamente precisato che la dichiarazione di morte non ha riguardo al caso, statisticamente prevalente, delle morti che avvengano in ospedali, case di cura o di riposo, collegi, istituti o qualsiasi altro stabilimento, in quanto esso è regolato dall’art. 72, comma 3 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, che importa come la dichiarazione di morte sia sostituita dalla trasmissione di un avviso, scritto, attribuita alla competenza del direttore o del soggetto delegatovi dall’amministrazione e che dovrebbe avvenire d’ufficio e senza intermediazione di soggetti, quale ne sia la natura di tali soggetti.
La dichiarazione di morte (7) può essere fatta da un familiare (8) oppure da un loro “delegato”, oppure, in mancanza di familiari (9), da persona informata del decesso.
La “delega” può sorgere sulla base dell’incarico conferito a persona titolare dell’autorizzazione di P.S., sempre ché cioè rientri tra le operazioni oggetto dell’autorizzazione medesima, ma può anche essere rivolta nei confronti di altra persona del tutto priva di requisiti specifici di legittimazione. Costituendo il D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 norma speciale, va osservato come il ricorso al termine di “delegato”, consenta anche di superare gli istituti della rappresentanza, previsti dall’art. 12, comma 7 stesso D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, che, per altro, presentano requisiti di forma particolarmente semplificati, risultando del tutto sufficiente la procura speciale redatta in forma scritta, senza necessità di alcuna autenticazione della sottoscrizione od altro procedimento amministrativo di accertamento della legittimazione. Se la procura speciale è conferibile a qualsiasi persona, purché capace, la “delega” per la dichiarazione di morte viene a porsi in termini ancor maggiormente semplificati, potendosi, al limite, anche sostenere che non sia neppure richiesta la forma scritta, risultando, in questo contesto, senz’altro ammissibile anche la dichiarazione orale di averne avuto la “delega” da un familiare.
Ne consegue che la “delega” per rendere la dichiarazione di morte, può anche eccezionalmente conferita ad un soggetto privo di particolari qualificazioni o, indifferentemente, al soggetto titolare dell’autorizzazione di P.S.
7. Conclusioni
L’esercizio delle funzioni che possono assolte, su incarico, dal titolare dell’autorizzazione di P.S. è individuabile all’interno delle operazioni indicate in sede di autorizzazione e determinate dallo stesso soggetto richiedente/dichiarante (10), senza che ciò attribuisca funzioni o titolarità eccedenti o rappresentanza per la stipula di atti giuridici.
Per questo, si ritiene utile formulare un’ipotesi di “tabella delle operazioni” (in All.1), fermo restando che essa non ha, né vuole avere alcun carattere esaustivo, dovendo trovare collocazione nel contesto locale.