Circolare Sefit n. 4540 del 24.09.2001
ULTERIORI CHIARIMENTI APPLICATIVI DI NORME CONCERNENTI LA CREMAZIONE
Facendo seguito alla precedente circolare n. 4448 del 19 marzo 2001, si ritiene di riprendere le norme immediatamente applicabili della legge 30 marzo 2001, n. 130, nonché fornire utili indicazioni comportamentali in casi per i quali sono pervenuti specifici quesiti.
Come noto, la L. 130/01 presenta diverse innovazioni, alcune immediatamente efficaci dall’entrata in vigore della legge (4/5/2001), altre che richiedono norme di vario rango di attuazione.
La modifica dell’art. 411 C.P. (1) è efficace da subito per certi versi, ma per altri no.
Difatti essa comporta una pena ridotta se la dispersione delle ceneri è fatta in forma diversa da quanto autorizzato dall’ufficiale dello stato civile, sulla base dell’espressa volontà manifestata in vita dalla persona defunta.
Tale autorizzazione potrà essere rilasciata solo una volta che siano entrate in vigore le modifiche al D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 previste dall’art. 3 stessa legge 30 marzo 2001, n. 130, con la conseguenza che la dispersione delle ceneri, fino ad allora, continua a costituire reato penale (art. 411 C.P.), dato che l’ufficiale dello stato civile, al momento, non dispone ancora della competenza ad autorizzare la cremazione, né la successiva dispersione delle ceneri, anche quando sussista espressa volontà in questo senso del defunto.
Va anche tenuto presente che dal 30 marzo 2001 è in vigore il D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento dello stato civile, che ha abrogato il precedente Ordinamento dello Stato Civile, approvato con R.D. 9 luglio 1939, n. 1238).
Va precisato che questa fonte ha, oggi, natura regolamentare e non ha più forza di legge (come, al contrario, aveva il R.D. 1238/1939).
Nel D.P.R. 396/2000, l’art. 74 (2) (corrispondente al precedente art. 141 Ord. St. Civ.) distingue la competenza al rilascio dell’autorizzazione all’inumazione o alla tumulazione, attribuendola alla competenza dell’ufficiale dello stato civile, rispetto alla competenza al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione, per la quale si limita a rinviare agli artt. 79 e ss. D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
La formulazione imperfetta di tale disposizione, almeno nella lettura che si ricava dal successivo art. 75, è in contrasto con ben due atti aventi forza di legge:
l’articolo 107, commi 3 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (3) ed il più recente articolo 4, commi 2 e 3 decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (4) (e prima dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80).
Infatti, questa riserva nelle attribuzioni di funzioni e compiti ai dirigenti, o chi ne assolva alle funzioni nei comuni che siano privi di figure dirigenziali, comporta che essa possa essere derogata solo da norme, da disposizioni legislative, cioè aventi forza di legge, mentre il Regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 ha, oggi, natura, di regolamento e quindi di norma di rango secondario.
Tuttavia, questa previsione rischia di produrre effetti interpretativi distorcenti, specie laddove ci si limiti a leggerne il testo letterale, senza alcun altro riferimento all’interno di un’interpretazione sistematica e sostanziale.
Si ribadisce pertanto che per l'autorizzazione alla cremazione è oggi competente il dirigente del settore individuato da ciascun Comune, potendo essere anche, ma ora non necessariamente, l'Ufficiale di stato civile, se vi sia identità personale nell’esercizio delle due funzioni.
Nel momento in cui troveranno attuazione le modifiche al D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, tale situazione verrà a mutare, in quanto i principi ai quali devono conformarsi le modifiche comprendono l’attribuzione della competenza al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione all’ufficiale dello stato civile.
Ciò determinerà che l’ufficiale dello stato civile divenga, in prospettiva, la figura cui competa il rilascio dell’autorizzazione:
1. all’inumazione;
2. alla tumulazione;
3. alla cremazione;
4. e come competenza subordinata a questa, alla dispersione delle ceneri sulla base dell’espressa volontà in vita della persona defunta.
Quest’unificazione della competenza funzionale, importerà che l’art. 75 del D.P.R. 396/2000 (5) debba essere automaticamente interpretato, in futuro, alle luce delle modifiche che saranno introdotte.
Se questa unificazione appare in qualche modo razionale, individuando un unico soggetto alla competenza di una delle tre autorizzazioni, indipendentemente dalla pratica funeraria caso per caso scelta, al momento della "sepoltura", occorre considerare che i principi dell’art. 3 legge 30 marzo 2001, n. 130 estendono la competenza dell’ufficiale dello stato civile, oltre che alla dispersione delle ceneri per espressa volontà del defunto, anche alle cremazioni dei resti mortali (salme esumate dopo 10 anni o estumulate dopo 20 anni), tra cui vanno compresi gli esiti da fenomeni trasformativi cadaverici (c.d. inconsunti).
Mentre quindi ora nella struttura organizzativa di un Comune è possibile e auspicabile che l'autorizzazione alla cremazione dei resti mortali (cosiddette salme inconsunte) la possa dare il responsabile del cimitero, con evidente semplificazione sia per i parenti che per la gestione operativa, in futuro ciò non potrà più esser consentito, divenendo questa materia di stato civile.
Infine circa l’assenso alla cremazione dei resti mortali (inconsunti), si ritiene debbano trovare applicazione le disposizioni previste per la cremazione delle salme al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza).
Sotto il profilo della forma, l’assenso non sembra avere requisiti particolari di forma, se non quello della sua manifestazione a chi è legittimato ad autorizzare la cremazione dei resti mortali.
Tale assenso costituisce una manifestazione che va collocata nell’ambito della titolarità dell’esercizio dei diritti a disporre dei resti mortali, in termini di diritti personalissimi, e non ha natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientra tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (6), dal momento che il procedimento non ha luogo ad impulso dei familiari e che questi esprimono un proprio assenso.
È l'ufficio del gestore del cimitero che ha potestà nel procedimento di individuazione dei familiari.
Dovendo detto ufficio assicurare la riscossione degli oneri dell’inumazione, esumazione, estumulazione e cremazione, il cui inadempimento determina responsabilità patrimoniale, ha possibilità di individuare velocemente ed esattamente chi richiede dette operazioni.
Rientrando la cremazione nei diritti della personalità, la manifestazione della sua volontà è pertanto regolata dalla legge nazionale applicabile alla persona, con la conseguenza che le disposizioni previste per l’accesso alla cremazione dal Capo XVI D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 si applicano ai deceduti su territorio italiano (Cfr.: art. 33) quando siano cittadini italiani, mentre quando si tratta di cittadini stranieri, parimenti deceduti in territorio italiano, occorre provvedere in conformità alla legge straniera nel caso specifico applicabile (art. 24 Legge 31 maggio 1995, n. 218 (7)).
La cremazione da effettuarsi in territorio italiano di cittadino straniero, richiede il preventivo rilascio di un’autorizzazione amministrativa, il cui inadempimento comporta l’immediata segnalazione al procuratore della Repubblica (art. 75 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).
Il soggetto titolare della competenza al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione vi potrà provvedere dopo che avrà accertato le condizioni per autorizzare la cremazione in applicazione della legge straniera applicabile, attraverso:
- la produzione fattagli di una dichiarazione, proveniente dalle competenti autorità del Paese la cui legge sia applicabile, indicante la legge applicabile o, meglio, le condizioni previste da tale legge per far luogo alla cremazione.
Non rientra nelle competenze del soggetto titolare della competenza ad autorizzare la cremazione l’acquisizione di informazioni, specie se informali, sul contenuto della legge applicabile, dovendo farsi riferimento all’art. 3, comma 4 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
La legge italiana regola il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione su più livelli, riconducibili a due principali:
a. quello della volontà, con ulteriori livelli distintivi (testamento una volta pubblicato, autonoma volontà dei familiari, adesione ad una SO.CREM);
b. e quello dell’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato.
Inoltre l’autonoma volontà dei familiari presenta altri livelli distintivi, che individuano posizioni di poziorità tra i familiari, tanto che la potestà di alcuni esclude quella di altri.
Conseguentemente occorre precisare quali siano le norme che risultano inderogabili e pertanto applicabili anche alla cremazione di cittadini stranieri avvenuta in territorio italiano.
Mentre le disposizioni sulla "volontà", in quanto diritto della personalità e di disposizione della salma, costituiscono norma interna ed applicabile unicamente ai cittadini italiani, le disposizioni sull’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato o, in subordine, il nulla-osta dell’autorità giudiziaria nei casi di morte improvvisa o sospetta si applicano non solo ai cittadini italiani, ma anche ai cittadini stranieri per il principio dell’obbligatorietà della legge penale (art. 3 C. P.).
Per la definizione di territorio nazionale si fa rinvio all’art. 4 C. P: che, per altro, risulta coerente con il già citato art. 33 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, ricordando che il codice penale, in quanto legge dello Stato (di uno Stato) ha il limite del territorio dello Stato, perché altrimenti verrebbe violato il principio della sovranità statale, cioè la principale delle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute (art. 10 Costituzione).
Fanno eccezione alla regola della territorialità i reati elencati all’art. 7 C. P., anche se commessi da cittadini stranieri (8) e, in ogni caso, vanno tenuti presenti anche gli artt. 8, 9, 10 e 11 C.P..
Per il principio della territorialità delle legge penale, l’accertamento dell’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato costituisce disposizione sostanziale ed inderogabile, anche nel caso di cremazione di defunti stranieri, e, limitatamente a questo aspetto, non trova applicazione la legge nazionale dello straniero, in quanto la legge penale è estranea ai diritti della personalità.
Va affrontato anche il caso del decesso del cittadino italiano che avvenga all’estero e per il quale sia richiesta la cremazione.
In tale caso, ove la cremazione debba avvenire in Italia, si applicano interamente le disposizioni italiane, mentre laddove avvenga all’estero va considerato come la cremazione possa avvenire sulla base delle norme applicabili in relazione al sistema di diritto internazionale privato dello Stato di decesso, per cui saranno le norme italiane laddove tale sistema operi un rinvio alla legge nazionale del defunto, oppure le norme locali laddove tale sistema adotti il criterio della legge locale.
Cremazione all'estero
Indipendentemente dal sistema locale di diritto internazionale privato vigente nel Paese di decesso, è da ritenere che nella maggior parte degli Stati sussistano cautele per evitare la cremazione di cadaveri in caso che la morte sia sospetta o sia dovuta a reato.
Laddove pertanto la locale Autorità abbia dato il suo Nulla Osta alla cremazione, è del tutto legittima la cremazione all’estero del cittadino italiano colà defunto.
Tra l’altro, in questo caso nessuna autorizzazione alla cremazione è richiesta alle autorità italiane, salvo che la legge locale non richieda l’autorizzazione da parte della rappresentanza diplomatica o consolare italiana, quale autorità di governo (italiana) nell’ambito della circoscrizione consolare di decesso.
Cremazione in Italia
Nel caso in cui si abbia il trasporto della salma in Italia e la cremazione sia richiesta in territorio italiano, il requisito dell’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato costituisce condizione sostanziale ed inderogabile.
L’accertamento di tale esclusione può presentare aspetti problematici in quanto va necessariamente riferito all’autorità che ne sia competente nel luogo di decesso, competenza che risulta del tutto variabile da Stato a Stato e la cui competenza è naturalmente non conosciuta all’autorità italiana chiamata al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione.
Tuttavia si deve considerare che in tali casi, specie quando si tratti di introduzione della salma da un Paese non aderente alla Convenzione firmata a Berlino il 10 febbraio 1937, sia prevista la presentazione all’autorità consolare italiana ed ai fini dell’istruttoria per l’autorizzazione all’introduzione della salma, anche di un certificato indicante la causa della morte (punto 8.3 della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993), cosa che consente preventivamente di disporre di elementi probatori sostanzialmente idonei ad escludere il sospetto che la morte sia dovuta a reato.
Nel caso di introduzione della salma da Paese aderente alla Convenzione firmata a Berlino il 10 febbraio 1937, tale certificazione non è richiesta, salvo non lo sia dalle procedure amministrative interne allo Stato di invio, lasciando priva di documentazione di sorta l’accertamento dell’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato, che, in ogni caso, deve essere reato rientrante nelle fattispecie degli artt. 9 e 10 C. P:, ma che rileva, per la legge penale italiana, se il reo si trovi in territorio italiano.
Mancando la fonte documentale del certificato della causa della morte, la documentazione idonea ad escludere che la morte non sia dovuta a reato deve essere presentata, a cura di chi richieda la cremazione, presentando titoli idonei rilasciati dalle autorità competenti del Paese di decesso, debitamente muniti della legalizzazione, salvo non si tratti di Paesi con i quali siano vigenti convenzioni, multilaterali o bilaterali, per l’esenzione o la riduzione dalla legalizzazione, e debitamente tradotta in forma ufficiale nella lingua italiana (art. 33 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445).
In assenza di detta documentazione acquisita all'estero, non resta che appurare tali circostanze attraverso idonea valutazione necroscopica, conseguente a specifico riscontro diagnostico, da svolgersi in Italia, prima della cremazione del cadavere.
Tuttavia, va osservato che la cremazione del cadavere deceduto all’estero dopo l’avvenuta introduzione della salma in Italia, determina anche altre conseguenze rilevanti sotto il profilo del procedimento.
Infatti, vanno affondate le questioni concernenti la competenza territoriale all’autorizzazione alla cremazione, non quella funzionale che è stabilita dall’art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
L’art. 79 citato non affronta la questione della competenza territoriale, in quanto si colloca nella previsione per cui il cadavere non possa essere trasportato se non previa autorizzazione del comune di decesso (art. 34 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) e che debbano essere preventivamente rilasciate le autorizzazioni di cui all’art. 74 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, che portano alla individuazione univoca della competenza territoriale in capo al comune di decesso od, eventualmente, nel caso in cui si ignori il comune di decesso, del comune dove il cadavere sia deposto (art. 72, comma 1 stesso D.P.R. che, per altro, non si applica ai casi di cui al comma 3).
Il criterio del comune di decesso non risulta evidentemente idoneo per definire la competenza di un’autorità italiana in Italia, nel caso in cui la cremazione venga richiesta successivamente all’introduzione della salma dall’estero.
In tali casi, la competenza territoriale al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione va definita, in via interpretativa, secondo altro criterio che va individuato alla luce del punto 14.2, secondo periodo della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, cioè in capo al comune "ove è sepolta la salma", da intendersi come il comune in cui la salma è stata introdotta, sulla base del passaporto mortuario o dell’autorizzazione prevista dall’art. 28 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, quando la salma non sia stata ancora "sepolta", oppure nel suo senso letterale, quando la "sepoltura" abbia avuto luogo. In quest’ultimo caso, va tenuta presente anche la circolare del Ministero della sanità n. 10 del 31 luglio 1998, salvo non ricorrano i casi di cui agli artt. 83, comma 1, 88 e 89 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.