TAR Veneto, Sez. I, 9 luglio 2024, n. 1803

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Massima

Non è ammissibile l’interpretazione restrittiva la non applicabilità nelle aree esterne al Cimitero Militare di altro Stato, con cui viga specifico trattato in proposito, a favore del diverso regime tracciato dalle norme nazionali che escludono la configurabilità delle fasce di rispetto con riguardo ai cimiteri di guerra qualificabili come sacrari, a seguito del decorso del termine decennale dall’inumazione dell’ultima salma.

Testo

TAR Veneto, Sez. I, 9 luglio 2024, n. 1803

Pubblicato il 09/07/2024
N. 01803/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00711/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 711 del 2023, proposto da
Emanuela C. , rappresentata dal suo procuratore generale Andrea C. , rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Coronin, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Costermano sul Garda, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Baciga e Nicola Luigi Baciga, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, San Marco 63;
Volksbund Deutsche Kriegsgraberfuersorge e V., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pierre-Roger Preussler, Teresa Marina e Daniele Maccarrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione del Veneto, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
del diniego permesso di costruire Pratica n. 12537 – GPE 19P/14640 a firma del Responsabile Ufficio Tecnico di Costermano sul Garda del 18 aprile 2023 per la costruzione di una struttura turistico ricettiva RTA, nonché di tutti gli atti antecedenti, presupposti e conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Costermano sul Garda, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Difesa, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e di Volksbund Deutsche Kriegsgraberfuersorge e V.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2024 il dott. Alberto Ramon e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La signora Emanuela C. ha impugnato in questa sede il provvedimento di diniego emesso dal Comune di Costermano sul Garda (d’ora innanzi, per brevità, anche solo Comune), prot. n. 5465 del 18 aprile 2023, concernente l’istanza di rilascio del permesso di costruire convenzionato di cui all’art. 28-bis del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. T.U. dell’edilizia), prot. n. 14640 del 27 novembre 2019, con oggetto l’edificazione di una struttura turistico ricreativa nell’area di proprietà della richiedente.
Detta area confina con il Cimitero Militare Tedesco, realizzato in esecuzione dell’Accordo internazionale tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federale di Germania sottoscritto a Bonn il 22 dicembre 1955, ratificato in Italia con la legge 12 agosto 1957, n. 801. L’art. 11 del Trattato demanda la gestione del sito cimiteriale per conto del Governo della Repubblica Federale di Germania al Volksbund Deutsche Kriegsgraberfuersorge (nel prosieguo, per brevità, solo V.D.K.) e l’art. 12 dispone che le modalità di esecuzione del Trattato sono regolate direttamente tra V.D.K. e le competenti Autorità italiane.
Al fine della miglior comprensione della materia del contendere, è opportuno precisare che la riclassificazione dell’area da agricola a turistico-ricettiva è avvenuta in forza di un accordo pubblico privato approvato con deliberazione della Giunta Comunale n. 92 del 9 maggio 2016. A seguito del pagamento del contributo perequativo da parte del privato, il Comune ha recepito la nuova destinazione urbanistica dell’area nella Variante n. 7 al Piano degli Interventi, approvata con deliberazione del Consiglio Comunale n. 35 dell’11 ottobre 2016. La medesima destinazione è stata poi confermata anche nella Variante n. 8 al Piano degli Interventi, approvata con deliberazione consiliare n. 20 del 31 maggio 2017, con ampiamento dell’area dell’intervento e del volume edificabile. Ciò a seguito di un nuovo accordo pubblico privato di pianificazione, il quale ha riconosciuto all’ente locale la spettanza di un contributo perequativo da corrispondere parte in danaro e parte in cessione di aree e realizzazione di opere pubbliche.
Proprio per dare attuazione alla potenzialità urbanistica ed edificatoria dell’area, la signora C. ha presentato al Comune l’istanza di rilascio del permesso di costruire convenzionato, sulla quale è poi intervenuto il provvedimento reiettivo qui impugnato.
Sulla predetta istanza, l’Ufficio Tecnico del Comune ha emesso il parere favorevole n. 12537 del 24 maggio 2022, rilasciando altresì – su conforme parere della competente Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio, reso ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – l’Autorizzazione Paesaggistica n. 103/2019 del 14 aprile 2022.
La classificazione urbanistica dell’area in discussione è rimasta inalterata anche nelle successive Varianti nn. 9, 10 e 11 al Piano degli Interventi. Sennonché proprio quest’ultima Variante n. 11, approvata in via definitiva con deliberazione del Consiglio Comunale n. 3 del 9 marzo 2022, è stata impugnata dinanzi a questo Tribunale, con due ricorsi autonomi, da V.D.K. nonché dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero della Difesa e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Nello specifico, i ricorrenti contestavano la legittimità della suddetta Variante n. 11 nella parte in cui prevede la realizzazione dell’intervento UT02-C17, concernente “l’inserimento di due nuove zone a servizi pubblici (F1/26 + F1/29), destinate alla realizzazione di un centro diurno per anziani, in convenzione con la ULSS 9 e su area di futura acquisizione da parte del Comune”: un intervento che invadeva la fascia di rispetto di 200 metri dal Cimitero Militare Tedesco.
Le doglianze proposte in quel giudizio – per quanto qui maggiormente interessa – si appuntavano sull’arbitraria qualificazione da parte del Comune del sito funerario come sacrario e non più come cimitero (stante il decorso di 10 anni dal seppellimento dell’ultima salma), con la conseguente riduzione della fascia di inedificabilità assoluta da 200 metri a 50 metri: ciò sarebbe avvenuto in violazione degli artt. 2 e 3 dell’Accordo internazionale suddetto, in forza dei quali la determinazione circa la sistemazione a cimitero o a sacrario deve essere “presa di comune accordo dalle due Parti”.
I due ricorsi, successivamente riuniti, sono stati decisi da questa Sezione con la sentenza n. 13 del 9 gennaio 2023, con cui è stata annullata, “nei limiti di interesse delle parti ricorrenti, la deliberazione consiliare 9 marzo 2022, n. 3, con la quale è stata approvata la variante n. 11 al piano degli interventi”.
Sulla scorta di questa decisione, il Comune – con il provvedimento prot. n. 5465 del 18 aprile 2023, qui impugnato – ha rigettato l’istanza di rilascio del permesso di costruire convenzionato presentata dalla signora C. .
In specie, la motivazione dell’atto negativo richiama, per relationem, il parere del Responsabile dell’Area Tecnica Edilizia Privata del Comune, secondo cui “la citata sentenza costituisce motivo ostativo all’accoglimento dell’istanza di rilascio del richiesto permesso di costruire”, in quanto “l’area d’intervento è collocata all’interno della fascia di rispetto ridotta a 50 m dal perimetro del cimitero militare tedesco di cui il Tar Veneto ha dichiarato l’illegittimità con sentenza n. 13 del 9.1.2023, la quale prevede una fascia di rispetto di m. 200 in applicazione dell’interpretazione data alla legge n. 801 del 1957 che ha recepito in Italia l’accordo per le sepolture dei caduti in guerra stipulato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federale di Germania il 22.12.1955”.
2. Avverso il suddetto provvedimento reiettivo è insorta la signora C. , avanzando i seguenti motivi di ricorso.
I) “Violazione / erronea applicazione di legge (artt. 12 e 20 T.U. Edilizia). Eccesso di potere per sviamento, erroneità / carenza dei presupposti, difetto di istruttoria e della motivazione. Contrasto con previsioni del P.I. nn. 7 e 8 e con il P.A.T. vigente”.
Con la prima censura, la ricorrente contesta la legittimità dell’atto gravato stante l’asserita violazione delle Varianti n. 8 e n. 11 al Piano degli Interventi, le quali sancirebbero la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale da 200 metri a 50 metri. Trattasi di strumenti urbanistici in tesi tuttora efficaci, in quanto non incisi dalla sentenza n. 13 del 2023 di questa Sezione, la quale avrebbe annullato unicamente una scheda della suddetta Variante n. 11, relativa all’intervento UT02-C17, ultroneo rispetto al progetto dell’esponente.
II) “Violazione / erronea applicazione di legge (Accordo 22 dicembre 1955 tra Repubblica Italiana e Repubblica Federale di Germania recepito in Italia con legge 12 agosto 1957, n. 801, Convenzione di Vienna 23 maggio 1969 ratificata con legge 12 febbraio 1974, n. 112 in relazione all’art. 338 r.d. 1265/1934 e art. 274 d.lgs. 66/2010). Eccesso di potere per sviamento, travisamento, difetto di motivazione, violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità”.
Con la seconda censura, la ricorrente sostiene che l’atto impugnato sia fondato su un’erronea interpretazione dell’Accordo di Bonn del 22 dicembre 1955. Contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza n. 13 del 2023 di questa Sezione, la disciplina delle distanze dal cimitero militare in esame non sarebbe ravvisabile nel succitato Trattato internazionale, che nulla disporrebbe al riguardo, bensì nell’art. 274 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), il quale riproduce a sua volta l’art. 338, comma 2, del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (T.U. delle leggi sanitarie), secondo cui l’estensione della fascia di rispetto cimiteriale in misura pari a 200 metri non è applicabile ai cimiteri militari di guerra, quando siano trascorsi dieci anni dal seppellimento dell’ultima salma. Tale soluzione ermeneutica – intesa ad applicare in via esclusiva la disciplina nazionale sulle distanze dai cimiteri militari di guerra – troverebbe conferma, nella prospettazione attorea, nei provvedimenti assunti in passato dal Comune, con i quali l’ente locale ha ridotto la fascia di rispetto cimiteriale senza alcun previo accordo tra i competenti organi dello Stato italiano e di quello tedesco, limitandosi al più a informare gli stessi o a chiedere ai medesimi un parere sull’intervento urbanistico oggetto della pianificazione.
III) “Violazione / erronea applicazione dell’art. 338 r.d. n. 1265/1934 e dell’art. 41, comma 1, lett. e), della legge urbanistica regionale n. 11/2004 e dell’art. 28 bis T.U. Edilizia. Eccesso di potere per sviamento contraddittorietà manifesta erroneità dei presupposti”.
Con la terza censura, la ricorrente contesta che l’accertamento contenuto nella sentenza n. 13 del 2023 di questa Sezione – in ordine al contrasto della Variante n. 11 al Piano degli Interventi con la disciplina urbanistica – possa trovare applicazione al caso di specie. A tal riguardo, l’esponente osserva che l’intervento relativo all’area di sua proprietà sia conforme alle Varianti n. 2 e 3 del Piano di Assetto del Territorio: tali strumenti urbanistici confermerebbero che la fascia di rispetto prevista ex lege sia venuta meno in relazione al Cimitero Militare Tedesco – in applicazione dell’art. 338, comma 2, del r.d. n. 1265 del 1934, a causa della mancata inumazione di salme o resti umani per il periodo di 22 anni dall’inaugurazione del sito cimiteriale –, venendo sostituita con una fascia di estensione pari a 50 metri.
3. Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Difesa e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, rilevando il loro difetto di legittimazione a resistere, posto che l’atto impugnato è riferibile al solo Comune di Costermano sul Garda. Le Amministrazioni dello Stato hanno comunque richiesto il rigetto del ricorso nel merito, richiamando a tal fine le statuizioni già rese nella sentenza n. 13 del 2023 di questa Sezione.
Si sono costituiti altresì V.D.K., istando per la reiezione del ricorso, e il Comune di Costermano sul Garda, il quale ha osservato come il precedente giurisprudenziale succitato sia erroneo sotto molteplici profili, ragion per cui lo stesso ente locale ha proposto contro lo stesso rituale impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato, non ancora definita.
In particolare, il Comune rileva come detta pronuncia si fondi su una interpretazione additiva, non consentita e palesemente arbitraria, dell’Accordo di Bonn del 22 dicembre 1955, il quale sarebbe privo di alcuna disciplina in relazione alla fascia di rispetto contestata, sicché il metodo della concertazione in esso stabilito – richiedente l’accordo tra i competenti organi dei due Stati – non potrebbe estendersi a quell’aspetto. Nella regolamentazione della fascia di inedificabilità assoluta assumerebbe rilievo, invece, la prassi seguita dallo stesso Comune dal completamento del cimitero, risalente al 1967, fino al 2022, volta ad applicare in via esclusiva la disciplina stabilita dall’art. 338, comma 2, del r.d. n. 1265 del 1934.
Con riguardo nello specifico alle censure avanzate dalla ricorrente, il Comune si è rimesso alla decisione del Tribunale.
4. Alla camera di consiglio del 7 settembre 2023, il difensore della ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare – volta ad ottenere la sospensione degli effetti dell’atto impugnato – in vista di una ravvicinata fissazione dell’udienza di discussione sul merito del gravame.
5. Chiamata infine all’udienza pubblica del 21 febbraio 2024, in vista della quale le parti hanno depositato in giudizio memorie e documenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. In via preliminare, non merita condivisione l’eccezione di difetto di legittimazione a resistere sollevata dalle Amministrazioni dello Stato.
Giova chiarire che il ricorrente ha espressamente motivato la chiamata in giudizio di queste ultime in quanto “il riferimento diretto nel diniego alla Sentenza 13/23 impone la notifica del presente ricorso ai soggetti controparti attive del Comune in quella controversia quali possibili controinteressati”. Con ciò correttamente qualificando la posizione delle suddette parti pubbliche non come Amministrazioni resistenti, bensì come parti controinteressate, titolari dell’interesse alla conservazione dell’atto gravato, il quale garantisce, nella prospettiva illustrata dalle stesse Amministrazioni centrali, la piena osservanza dell’Accordo di Bonn del 22 dicembre 1955, con la conseguente esclusione di una responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto internazionale pattizio.
7. I primi due motivi di ricorso – che possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione – sono infondati.
È necessario innanzitutto evidenziare come il provvedimento impugnato sia motivato, in via esclusiva, attraverso il richiamo al contenuto della più volte citata sentenza n. 13 del 2023 di questa Sezione, là dove ha statuito – nella decisione di un caso analogo a quello qui in esame, concernente l’intervento UT02-C17 della Variante n. 11 al Piano degli Interventi – che la fascia di rispetto in relazione al Cimitero Militare Tedesco di Costermano sul Garda debba intendersi estesa per 200 metri anziché per 50 metri, come invece indicato nello strumento urbanistico comunale.
A fronte di ciò, la ricorrente, da un lato, contesta la riferibilità di quel precedente giurisprudenziale al caso di specie, osservando come quella pronuncia non abbia caducato l’intera Variante n. 11 al Piano degli Interventi, ma soltanto una singola scheda dello stesso; dall’altro lato, rileva che la medesima pronuncia sia viziata da un’erronea applicazione del diritto internazionale pattizio e della legge interna in materia urbanistica.
Sul punto, deve precisarsi che il Comune non ha emesso il rigetto del permesso di costruire sull’assunto – come invece farebbe intendere la prima censura del presente gravame – che la pregressa decisione di questa Sezione estendesse, in via diretta, i propri effetti anche sull’istanza presentata dalla ricorrente, alla stregua di un atto vincolato, in quanto diretta applicazione del decisum giurisdizionale. Invero l’ente locale, a fronte della comunanza delle situazioni oggetto dei due procedimenti – l’uno sfociato nel summenzionato giudizio, l’altro costituente l’odierno thema decidendum – ha ritenuto, per richiamare lo stesso atto qui gravato, “di doversi conformare alla predetta decisione benché ritenuta non corretta e già impugnata dal Comune con ricorso d’appello al Consiglio di Stato”.
Del resto, tale comunanza è evidente poiché entrambi gli interventi urbanistici ricadono all’interno della fascia di rispetto di 200 metri posta a salvaguardia del Cimitero Militare Tedesco: sicché la decisione del Comune di assicurare parità di trattamento a due istanze radicate su identici presupposti, in presenza di un chiaro riferimento giurisprudenziale, risulta pienamente conforme al principio costituzionale di ragionevolezza.
Quanto poi al merito della questione relativa all’estensione della fascia di rispetto, deve rilevarsi che la ricorrente ripropone in questa sede le censure già vagliate nella succitata decisione n. 13 del 2023, senza offrire nuovi elementi, di fatto e di diritto, tali da indurre il Collegio a distaccarsi dal medesimo precedente.
La ricorrente, infatti, valorizza la circostanza che il Trattato internazionale concluso tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federale di Germania sulle tombe di guerra non individui né in modo diretto, né mediante un rinvio a fonti normative nazionali, un ambito di tutela della fascia di rispetto esterna al cimitero. Da tale circostanza, la ricorrente ricava la conseguenza che il Trattato dovrebbe essere interpretato restrittivamente, nel senso di riconoscere allo stesso la limitata funzione di regolare l’individuazione e la gestione delle sole aree destinate alla sepoltura, ritenendo applicabile per le aree esterne le norme nazionali in materia di fasce cimiteriali, vale a dire l’art. 274 del d.lgs. n. 66 del 2010, il quale riproduce a sua volta l’art. 338, comma 2, del r.d. n. 1265 del 1934, secondo cui le disposizioni relative a una distanza minima di 200 metri dei cimiteri dai centri abitati e in genere da ogni edificio “non si applicano ai cimiteri militari di guerra, quando siano trascorsi dieci anni dal seppellimento dell’ultima salma”.
Tale prospettazione non è condivisibile per le ragioni già esposte – e qui di seguito riportate – nella sentenza n. 13 del 2023 di questa Sezione, le quali non risultano scalfite dai rilievi critici avanzati (rectius, riproposti) dalla ricorrente.
L’interpretazione di un trattato internazionale deve avvenire secondo i criteri ermeneutici propri dell’ordinamento internazionale e non secondo i criteri elaborati nell’ambito dell’ordinamento nazionale. L’interprete – sia esso il giudice interno o un’Amministrazione – al fine di evitare che un proprio provvedimento possa costituire una violazione del trattato, è tenuto pertanto a seguire le regole interpretative proprie del diritto internazionale e non può attribuire a una norma di derivazione internazionale un significato diverso da quello risultante dalla formula per essa adoperata e dalla comune intenzione degli Stati contraenti.
Il peculiare regime giuridico dei cimiteri di guerra disciplinati da trattati internazionali, rispetto ai cimiteri di guerra assoggettati solamente a fonti normative interne, è riconosciuta esplicitamente dallo stesso legislatore, il quale, dopo aver previsto in via generale all’art. 274 del d.lgs. n. 66 del 2010 che le disposizioni “relative a una distanza minima di 200 metri dei cimiteri dai centri abitati e in genere da ogni edificio, non si applicano ai cimiteri militari di guerra, quando siano trascorsi dieci anni dal seppellimento dell’ultima salma”, all’art. 277, rubricato “Salvezza dei Trattati internazionali in materia di cimiteri di guerra”, dispone che “sono fatte salve le leggi di autorizzazione alla ratifica di accordi internazionali, comunque denominati, in materia di cimiteri di guerra stranieri in Italia, o di cimiteri italiani all’estero, e, segnatamente, a titolo esemplificativo: (…) c) la legge 12 agosto 1957, n. 801, relativa ai cimiteri di guerra della Repubblica Federale di Germania in Italia e ai cimiteri di guerra italiani in Germania”, legge che disciplina il cimitero di guerra di Costermano sul Garda.
Nella controversia in esame deve pertanto tenersi conto del Trattato internazionale tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federale di Germania sulle tombe di guerra, sottoscritto a Bonn il 22 dicembre 1955 e ratificato con legge del 12 agosto 1957 n. 801, che ha come oggetto anche la disciplina del Cimitero di Costermano. Tale Trattato prevede:
– all’art. 2 che “le salme dei caduti in guerra tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale, inumati in Italia, verranno raccolte in appositi cimiteri o sacrari in località che saranno concordate”;
– all’art. 3, primo comma, che “il terreno occorrente verrà scelto previe intese tra il Governo della R.F.T. ed il Governo italiano”;
– all’art. 3, terzo comma, che “la determinazione circa la sistemazione a cimitero o a sacrario verrà presa di comune accordo dalle due parti”;
– all’art. 5, primo comma, che “il Governo Italiano si impegna a cedere al Governo della R.F.T. il libero uso delle aree di terreno sulle quali sorgeranno i cimiteri o sacrari tedeschi, per tale scopo specifico e per tutto il tempo in cui dette aree rimarranno adibite a tale uso. Il Governo italiano garantirà la tutela dei cimiteri e sacrari nonché il diritto permanente di riposo delle salme dei caduti in guerra tedeschi ivi giacenti”;
– all’art. 5, secondo comma, che “qualora il Governo italiano ravvisasse la necessità, per urgenti motivi di interesse pubblico, di adibire un’area cimiteriale ad altro uso, metterà a disposizione un altro terreno adatto allo stesso scopo e procederà a sue spese alla traslazione delle salme e ad un’analoga sistemazione del nuovo cimitero. La scelta del nuovo terreno, l’esecuzione delle traslazioni e la sistemazione del nuovo cimitero avverranno previe intese con il Governo della R.F.T.”;
– all’art. 11 che “1. Il Governo Italiano acconsente a che il Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge assuma, per incarico del governo della R.F.T., l’espletamento dei compiti derivanti dal presente Accordo. Il Governo italiano accorderà al predetto Ente ogni possibile facilitazione. 2. [..] La nomina dei rappresentanti e del personale di tale Ente, che svolgeranno la loro attività in Italia, è soggetta all’approvazione del Governo Italiano”;
– all’art. 12 che “le modalità di esecuzione del presente Accordo saranno regolate direttamente dall’Ente tedesco di cui all’art. 11 e le competenti autorità italiane”;
– all’art. 26 che “ogni controversia relativa all’interpretazione ed all’applicazione del presente Accordo sarà risolta per via diplomatica”.
I trattati, come è noto, devono essere interpretati con criteri parzialmente diversi da quelli applicabili alla normativa nazionale. Si tratta di criteri disciplinati dalle norme di cui agli articoli da 31 a 33 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, ratificata in Italia con legge 12 febbraio 1974, n. 112, che ha codificato, fissandole in un testo scritto, le regole interpretative di natura consuetudinaria che, in ragione del carattere pattizio delle disposizioni oggetto di negoziazione tra le parti contraenti, trovano per certi versi il loro termine di raffronto più nell’art. 1362 cod. civ., sui criteri di interpretazione dei contratti, che nell’art. 12 delle Preleggi, relativo ai criteri di interpretazione della legge.
L’art. 31 della Convenzione di Vienna stabilisce che un trattato debba “essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo” e che deve tenersi conto, oltre che del contesto “a) di ogni accordo ulteriore intervenuto tra le parti circa l’interpretazione del trattato o l’attuazione delle disposizioni in esso contenute; b) di ogni ulteriore pratica seguita nell’applicazione del trattato con la quale venga accertato l’accordo delle parti relativamente all’interpretazione del trattato; c) di ogni norma pertinente di diritto internazionale, applicabile alle relazioni fra le parti”.
Nel caso all’esame, l’Accordo di Bonn sottoscritto il 22 dicembre 1955 riporta numerose espressioni, sopra richiamate, dalle quali, alla luce dell’oggetto e dello scopo del Trattato medesimo, si desume che lo Stato italiano si è impegnato innanzitutto a rispettare un vincolo di natura procedurale, comprendente delle garanzie di concertazione volte ad accertare, a salvaguardia delle esigenze di tutela del sito, la compatibilità di eventuali iniziative di carattere edilizio ed urbanistico, al fine di evitare interventi suscettibili di recare nocumento al diritto permanente al riposo dei caduti, declinabile in termini di tutela del sito, della sua tranquillità e del suo decoro (lo stesso Comune ha rispettato questo vincolo nell’anno 2015, in occasione di interventi urbanistici volti a valorizzare il sito mediante la realizzazione di un parco, di un museo e di un ostello della gioventù ad una distanza inferiore a 200 metri dal sito cimiteriale).
Si tratta evidentemente di un tipo di tutela che può essere realizzata solamente ritenendola estesa anche alle aree esterne e che è possibile riferire – dato che vi è un richiamo espresso alla qualificazione del sito come “cimitero” – alla distanza di 200 metri prevista dalla normativa nazionale in via generale a tutela delle aree cimiteriali. Proprio perché, quindi, la disciplina sul regime delle aree interne e di quelle esterne al cimitero è rimessa al metodo concertativo stabilito nel Trattato, ne deriva che la fascia di rispetto pari a 200 metri sia stata “cristallizzata” dalla stessa Convenzione internazionale, salvo diverso accordo tra i paciscenti, non intervenuto nel caso di specie: sicché detta area di inedificabilità assoluta non deve ritenersi sottoposta alla disciplina nazionale sulle deroghe alle fasce di rispetto, rimessa alla libera volontà pianificatoria di carattere discrezionale del Comune.
Infatti nel Trattato la qualificazione giuridica delle aree in termini di “cimitero o sacrario”, a cui in via ordinaria è connessa la presenza o meno di fasce di rispetto, così come l’eventuale ridestinazione ad altro uso delle aree originariamente individuate, ammissibile solo ove sorretta da “urgenti motivi di interesse pubblico”, è riservata all’intesa tra le parti contraenti, e lo Stato Italiano ha assunto l’obbligo di garantire in senso ampio la tutela del “diritto permanente di riposo delle salme dei caduti”.
Che tali disposizioni debbano essere interpretate alla luce dell’oggetto e dello scopo del Trattato, nel senso estensivo appena prospettato, lo si desume dalla circostanza che in questa sede il ricorso è avversato sia da V.D.K. per conto del Governo tedesco, sia dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero della Difesa e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per il Governo italiano, i quali attribuiscono alle norme il medesimo significato, evidenziando una prassi che denota l’esistenza di un accordo sull’interpretazione del Trattato.
Per definire la portata delle norme giuridiche poste mediante accordi internazionali è necessario accertare anche la volontà delle parti, onde stabilire la fattispecie regolata e la conseguente applicabilità concreta della norma internazionale, non essendo consentito dare a una norma internazionale un significato diverso da quello risultante dalla formula per essa adoperata e dalla comune intenzione degli Stati contraenti. Infatti, alla luce del canone di cui all’art. 31, comma 3, lett. b), della Convenzione di Vienna, è comunque necessario tenere in considerazione, ai fini interpretativi, “ogni ulteriore pratica seguita nell’applicazione del trattato con la quale venga accertato l’accordo delle parti relativamente all’interpretazione del trattato”, secondo un principio che valorizza in modo decisivo l’interpretazione offerta dalle parti contraenti chiamate a vivificare il contenuto dell’accordo internazionale (cfr. Cass. Civ., Sez. trib., 15 marzo 2013, n. 6632, punto 12.7 in diritto).
Sulla base di tali considerazioni, si deve concludere che non è ammissibile l’interpretazione restrittiva propugnata dalla ricorrente concernente la non applicabilità nelle aree esterne al Cimitero Militare Tedesco in esame delle norme previste dal Trattato, a favore del diverso regime tracciato dalle norme nazionali che escludono la configurabilità delle fasce di rispetto con riguardo ai cimiteri di guerra qualificabili come sacrari, a seguito del decorso del termine decennale dall’inumazione dell’ultima salma.
Ne consegue che il provvedimento impugnato resiste alle censure proposte dalla ricorrente, e quindi deve ritenersi legittimo, là dove esclude la conformità dell’intervento urbanistico in esame all’Accordo di Bonn sottoscritto il 22 dicembre 1955, in quanto situato all’interno della fascia di rispetto di 200 metri dal Cimitero Militare Tedesco: una deroga, questa, prevista in via unilaterale dal Comune senza alcuna previa concertazione tra i competenti organi dei due Stati.
8. Parimenti infondato è il terzo motivo di gravame.
La ricorrente sostiene – sempre al fine di negare la riconducibilità al caso di specie della sentenza n. 13 del 2023 di questa Sezione – che l’intervento relativo all’area di sua proprietà sia conforme alla Variante n. 2 (poi confermata dalla Variante n. 3) del Piano di Assetto del Territorio: tali strumenti urbanistici avrebbero mutato l’estensione della fascia di rispetto da 200 metri a 50 metri, previa riqualificazione del sito funerario da cimitero a ossario.
Anche sotto questo profilo, i rilievi proposti dalla ricorrente non scalfiscono il precedente di questa Sezione, al quale pertanto deve essere data continuità.
Infatti la deroga alla fascia di rispetto cimiteriale introdotta dalla Variante n. 2 al Piano di Assetto del Territorio concerne, per suo espresso riferimento, soltanto la fattispecie di cui all’art. 338, quarto comma, del r.d. n. 1265 del 1934, ossia la realizzazione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli esistenti, e non l’ipotesi di cui al quinto comma della medesima disposizione, relativa all’insediamento di nuovi interventi urbanistici.
Ne discende che il Comune ha introdotto per la prima volta con la Variante n. 11 al Piano degli Interventi una previsione volta alla realizzazione di nuovi edifici in deroga alla fascia di rispetto cimiteriale, contravvenendo all’art. 41, comma 1, lett. e), della legge regionale del Veneto 23 aprile 2004, n. 11, che riserva al solo Piano di Assetto del Territorio l’individuazione delle fasce di rispetto cimiteriali.
Ad ogni modo, a prescindere dallo strumento urbanistico idoneo ad incidere sulla fascia di rispetto cimiteriale, deve essere ribadito che il Comune non possa – in assenza di una previa concertazione tra le parti contraenti del citato Trattato sulle tombe di guerra – ridurre l’estensione della fascia di inedificabilità assoluta pari a 200 metri attraverso il procedimento previsto dall’art. 338, commi 4 e 5, del r.d. n. 1265 del 1934, in forza della prevalenza del diritto internazionale pattizio sulla disciplina legislativa interna.
9. Sulla scorta di quanto sopra esposto, il ricorso deve quindi essere respinto.
10. In ragione della complessità delle questioni scrutinate, sussistono le condizioni per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Leonardo Pasanisi, Presidente
Filippo Dallari, Primo Referendario
Alberto Ramon, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Alberto Ramon)
IL PRESIDENTE (Leonardo Pasanisi)
IL SEGRETARIO