TAR Toscana, Sez. III, 10 gennaio 2021, n. 14
Pubblicato il 10/01/2021
N. 00014/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00778/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 778 del 2012, proposto da
Rita T., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Gratteri, Anton Ugo Serra, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Firenze, via Maggio n. 30;
contro
Comune di Firenze, rappresentato e difeso dall’avvocato Annalisa Minucci, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale in Firenze, Palazzo Vecchio – piazza Signoria;
per l’annullamento
dei provvedimenti di cui alle note in data 27.3.2012 ed in data 4.4.2012, con cui il Comune di Firenze ha respinto la richiesta di riesame della domanda di condono edilizio a suo tempo rigettata con provvedimento n. 16349 del 27.3.1996;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 19 ottobre 2020 il dott. Savio Picone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Nell’anno 1995 la ricorrente Rita T. presentò un’istanza di condono edilizio per un intervento abusivo realizzato in Firenze, via S. Andrea a Rovezzano, consistente nella modifica del locale w.c. al piano terra con costruzione di un vano adiacente ad uso cucina, mediante chiusura parziale di una piccola corte interna.
Con provvedimento del 27 marzo 1996, il Comune di Firenze rigettò la domanda di condono, per contrasto con quanto prescritto disposto dall’art. 338, comma 1, del r.d. n. 1265 del 1943 a tutela della fascia di rispetto cimiteriale.
Il ricorso avverso il provvedimento di diniego è stato respinto, con sentenza di questo Tribunale n. 1129 del 2012.
Frattanto, la ricorrente aveva presentato al Comune un’istanza di riesame, invocando l’applicabilità della disciplina introdotta dalla legge n. 166 del 2002, di modifica dell’art. 338 del Testo Unico delle leggi sanitarie, ai fini della sanatoria dell’ampliamento funzionale nella misura del 10% della superficie dell’immobile, nel quale, a suo dire, rientrerebbe una parte dell’intervento abusivamente realizzato in contrasto con il vincolo cimiteriale.
Con gli atti in epigrafe, il Comune di Firenze ha confermato il diniego.
La ricorrente ne chiede l’annullamento, deducendo la violazione dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, la violazione dell’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1943 e l’eccesso di potere sotto molteplici profili.
Si è costituito li Comune di Firenze, eccependo l’inammissibilità del ricorso e replicando nel merito.
All’udienza pubblica del 19 ottobre 2020 la causa è passata in decisione.
Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità (riferita alla portata meramente confermativa delle lettere qui impugnate, che invero pare da escludere), in quanto il ricorso è infondato nel merito.
Con un primo nucleo di censure, la ricorrente afferma che il Comune di Firenze avrebbe fatto erronea applicazione dell’art. 338 del Testo Unico delle leggi sanitarie, così come modificato dall’art. 28 della legge n. 166 del 2002.
Il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege ed integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici; esso ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione di edifici ed opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale; il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (cfr., tra molte: Cons. Stato, sez. IV, n. 6891 del 2018).
La riforma del 2002 ha introdotto una più chiara descrizione delle deroghe al vincolo di assoluta inedificabilità entro il perimetro di duecento metri dal confine del cimitero: a) per preminenti ragioni di interesse pubblico, come la realizzazione di un’opera pubblica; b) per interventi finalizzati al recupero o al miglioramento funzionale del patrimonio edilizio esistente nell’area soggetta a vincolo. Per tale ultima ipotesi “all’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457”.
La norma, in considerazione della natura assoluta del vincolo cui deroga, deve essere intesa come volta ad assentire solo quelle trasformazioni attraverso le quali si recuperano all’uso gli edifici esistenti. Tale attività di recupero può prevedere anche modesti interventi ampliativi, che il legislatore ammette al solo fine di assicurare la fruibilità dei manufatti.
Dalla documentazione prodotta in giudizio dal Comune di Firenze (doc.4), emerge che il volume complessivo legittimo dell’immobile della ricorrente era pari a mc 239,91. L’ampliamento una tantum del 10% autorizzabile era pari a mc 23,99. Il volume totale dell’abuso da condonare è tuttavia pari a mc 29,06.
La ricorrente afferma che il predetto limite del 10% non sarebbe stato superato, perché il volume del piccolo annesso esterno, identificato con il “numero 7” nell’elaborato grafico dello stato preesistente (doc. 4), sarebbe scomputabile dal volume dell’abuso realizzato.
In contrario, deve condividersi l’obiezione della difesa del Comune, nel senso che il piccolo manufatto risulta essere stato completamente demolito ed al suo posto è stato ricostruito l’ampliamento oggetto della domanda di condono. Ne discende che, trattandosi di completa demolizione, il volume del nuovo ampliamento doveva essere computato per intero.
Donde l’infondatezza delle censure.
Quanto ai restanti motivi di ricorso, riferiti ai profili dell’insufficienza della motivazione e della omessa comunicazione del preavviso di diniego, è sufficiente qui rilevare:
che, nella prima nota del 27 marzo 2012, il responsabile del Servizio Edilizia aveva sinteticamente motivato l’impossibilità di accogliere l’istanza di annullamento del diniego di condono, in quanto “si è accertato che il volume dell’ampliamento oggetto della pratica di condono C/565 supera il 10% del volume legittimo e pertanto non è possibile applicare quanto disposto dall’art. 338 del Regio Decreto n. 1265/34” (doc. 5);
che, trattandosi di riesame in autotutela di un precedente diniego, il Comune non era tenuto ad osservare le formalità partecipative prescritte dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 e, in ogni caso, alla ricorrente sono state trasmesse in successione due comunicazioni negative, in data 27 marzo 2012 ed in data 4 aprile 2012, in tal guisa consentendo la pienezza del contraddittorio in sede di riesame.
In conclusione, il ricorso è infondato.
Le spese processuali possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Alessandro Cacciari, Presidente
Ugo De Carlo, Consigliere
Savio Picone, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Savio Picone)
IL PRESIDENTE (Alessandro Cacciari)
IL SEGRETARIO