TAR Sicilia, Palermo, Sez. V, 30 gennaio 2025, n. 255

TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 94 d.P.R. 10/9/1990, n. 285

Massima

Per le opere realizzare abusivamente su terreno del demanio o del patrimonio di enti pubblici non è ammesso l’accertamento di conformità ex art. 36, T.U. e l’ingiunzione di demolizione è la sola sanzione prevista, che consegue in termini vincolati alla realizzazione dell’abuso. A tal proposito si è affermato in giurisprudenza (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. II, Sent., 17/03/2020, n. 199): “l'art. 14, L. n. 47 del 1985, al pari dell'analogo disposto dell'art. 35, D.L. vo n. -OMISSIS-0 del 2001 con riferimento a tutte le opere realizzate "sine titulo" su aree e terreni di proprietà pubblica (Stato e enti pubblici in genere) prevede come unico provvedimento sanzionatorio - salvo che per quelli realizzati dai soggetti di cui rispettivamente all'art. 5, L. n. 47 del 1985 e all'art. 28, D.P.R. n. -OMISSIS-0 del 2001 - l'adozione dell'ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi. L'ordinanza di demolizione e di ripristino se, da un lato, si configura come unico e doveroso provvedimento sanzionatorio, dall'altro, costituisce circostanza idonea ad escludere "in radice" non solo ogni possibilità di sanatoria, ma anche la stessa sussistenza dell'obbligo di provvedere su tale istanza, in quanto manifestamente inammissibile e infondata. Pertanto, in relazione all'edificazione "contra legem", su suolo di proprietà pubblica, la sanzione demolitoria è l'unica applicabile stante il regime pubblicistico del suolo (T.A.R. Campania, sez, VII, 10.10.2014, n. 5261)”.

Testo

TAR Sicilia, Palermo, Sez. V, 30 gennaio 2025, n. 255

Pubblicato il 30/01/2025
N. 00255/2025 REG.PROV.COLL.
N. 01190/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1190 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Immordino, Giuseppe Immordino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Immordino in Palermo, viale Libertà n. 171;
contro
Comune di Carini, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Federica Favata, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Marina Fonti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento:
– dell”ordinanza n-OMISSIS-notificata l’11/05/2022, con il quale il Comune di Carini – Ripartizione X ha invitato la ricorrente alla “demolizione a propria cura e spese delle seguenti opere: – trave di fondazione e nr. 2 pareti in cemento armato di ml 2,40 x ml 0,40 h ml 55 m45 realizzate in corrispondenza dei prospetti est ed ovest […]; – manufatto (colombario) preesistente, avente dimensioni di mt 6,11 x mt 2,45 x h mt 5,18, per complessivi 36 loculi. Il tutto realizzato nell”area cimiteriale di mq 19,00 sita nella Sez. IX, oggetto del contratto di concessione novantanovennale rep. -OMISSIS- e di ripristinare lo stato dei luoghi entro novanta (90) giorni dalla notifica del presente provvedimento”;
– della determinazione-OMISSIS- notificata l’11/05/2022, con la quale il Comune di Carini – Ripartizione VIII ha dichiarato, ex art. 56, comma 1, lett. c), del vigente Regolamento di Polizia Mortuaria, adottato con atto del Consiglio Comunale n.-OMISSIS- “l’avvenuta decadenza della concessione novantanovennale di area cimiteriale assegnata alla -OMISSIS-nella Sez. IX del Cimitero di Carini con contratto rep. -OMISSIS-”;
– dell”ordinanza-OMISSIS-, notificata il 20/05/2022, con la quale il Comune di Carini – Ripartizione X ha ordinato nei confronti della ricorrente “l”immissione in possesso delle seguenti opere: – trave di fondazione e nr. 2 pareti in cemento armato di ml 2,40 x ml 0,40 h ml 55 m45 realizzate in corrispondenza dei prospetti est ed ovest, oggetto […] dell’ordinanza di demolizione-OMISSIS- – manufatto (colombario) preesistente, avente dimensioni di mt 6,11 x mt 2,45 x h mt 5,18, per complessivi 36 loculi. Il tutto realizzato nell”area cimiteriale di mq 19,00 sita nella Sez. IX del Cimitero di Carini, oggetto della concessione novantanovennale di area cimiteriale – giusta contratto rep. -OMISSIS- – dichiarata decaduta con determina -OMISSIS-;
– ove necessario e per quanto di ragione, della nota prot.-OMISSIS- del 15/04/2022, menzionata nei provvedimenti sopra impugnati e mai comunicata alla ricorrente, con la quale presuntivamente la Ripartizione VII del Comune di Carini ha disposto che “alla data odierna, il permesso di costruire in sanatoria [ex art. 36, D.P.R. n. -OMISSIS-0/2001, richiesto dalla ricorrente con istanza prot-OMISSIS-], si intende rifiutato”;
– ove necessario e per quanto di ragione, del silenzio-rigetto eventualmente formatosi sull”istanza di sanatoria ex art. 36, D.P.R. n. -OMISSIS-0/2001, presentata dalla ricorrente con nota prot-OMISSIS- e da ultimo integrata con nota prot. n. -OMISSIS- del 19/04/2022 (doc. n. 9);
– nonché degli atti tutti presupposti, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Carini;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2025 il dott. Bartolo Salone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con determina-OMISSIS-la Ripartizione V del Comune di Carini concedeva alla -OMISSIS-, odierna ricorrente, un’area cimiteriale di mq 19,00, nella Sez. IX del camposanto comunale, “al fine di potervi realizzare un colombaro da servire per la tumulazione dei confratelli, dietro presentazione di regolare progetto approvato dalla Commissione Edilizia Comunale”. Con istanza prot. -OMISSIS-la -OMISSIS-presentava quindi al Comune regolare richiesta di concessione edilizia per la realizzazione di n. 36 loculi, allegando il relativo progetto.
In data 03/04/2003 era poi sottoscritto tra il Comune e la -OMISSIS- il relativo contratto per concessione novantanovennale, rep.-OMISSIS-. In data 16/06/2003, la Commissione Edilizia Comunale approvava il progetto presentato dalla -OMISSIS-e in data 09/07/2003 sullo stesso era rilasciato il prescritto parere igienico-sanitario positivo da parte della competente A.U.S.L. n. 6. Ciò nonostante, il Comune non procedeva al rilascio della concessione edilizia e la ricorrente eseguiva non di meno i lavori di realizzazione del colombaio.
Esauriti i posti disponibili per la tumulazione delle salme all’interno dell’originario colombario, la -OMISSIS- con istanza del 18/04/2019, prot. n.-OMISSIS-, presentava al Comune richiesta di permesso di costruire relativa a un progetto di ampliamento del colombario con la previsione di nuovi 35 loculi da realizzare su due lati (est ed ovest) dell’originaria costruzione e il Comune rilasciava in un primo momento il titolo abilitativo richiesto.
Con ordinanza -OMISSIS-tuttavia, il Comune, rilevata la mancanza di concessione edilizia relativa al preesistente colombario, procedeva all’annullamento del permesso di costruire per l’ampliamento dello stesso. Pertanto, con nota prot-OMISSIS- (successivamente integrata con nota prot. n. -OMISSIS- del 19/04/2022) la -OMISSIS-chiedeva al Comune la sanatoria, ex art. 36, D.P.R. n. -OMISSIS-0/2001, dell’originario colombario edificato in assenza di titolo nonché delle opere di ampliamento già realizzate in base al titolo edilizio poi annullato.
Con ordinanza -OMISSIS-, il Comune ingiungeva la demolizione dell’intero colombaio ospitante diversi loculi cimiteriali destinati alla tumulazione dei confrati della -OMISSIS-ricorrente, sia per ciò che riguarda il manufatto “preesistente” (di n. 36 loculi già realizzati e occupati da salme) eseguito in totale assenza di titolo edilizio sia per quanto attiene al successivo ampliamento realizzato in virtù di permesso di costruire n. -OMISSIS- successivamente annullato in autotutela con ordinanza n. -OMISSIS-. Il provvedimento di demolizione dà anche atto che, in seguito all’annullamento del permesso di costruire n. -OMISSIS-, la -OMISSIS- ricorrente ha presentato due istanze di accertamento di conformità sulle quali si sarebbe formato il silenzio-diniego ai sensi dell’art. 36, comma 3, d.p.r. -OMISSIS-0/2001 (come affermato dalla nota del Comune di Carini prot. -OMISSIS-con la quale la competente rip. 7-Edilizia Privata e Sanatoria ha reso noto al Capo Ripartizione X Abusivismo e repressione che “… Alla data odierna, il permesso di costruire in sanatoria, si intende rifiutato, secondo quanto previsto dall’art. 36 del DPR -OMISSIS-0/2001 come recepito dall’art. 14 della L.R. 16/2016 e s.m.i”).
Con successiva determinazione-OMISSIS- la Ripartizione VIII del Comune di Carini, richiamate le premesse della superiore ordinanza di demolizione, dichiarava, ex art. 56, comma 1, lett. c), del vigente Regolamento di Polizia Mortuaria, “l’avvenuta decadenza della concessione novantanovennale di area cimiteriale assegnata alla -OMISSIS-nella Sez. IX del Cimitero di Carini con contratto rep. -OMISSIS-”.
Infine, con ordinanza -OMISSIS- la Ripartizione X del Comune di Carini, considerata la pronunciata decadenza dalla concessione cimiteriale e ritenuto l’acquisto a titolo originario – per accessione – dei manufatti insistenti sull’area, ordinava nei confronti della ricorrente l’immissione in possesso delle opere originarie e di ampliamento del colombario.
Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la -OMISSIS-ha quindi impugnato:
– l’ordinanza di ingiunzione a demolire-OMISSIS-, adottata ai sensi dell’art. 35, d.p.r. -OMISSIS-0/2001;
– la determinazione-OMISSIS- con cui è stata dichiarata decaduta dalla concessione novantanovennale di area cimiteriale;
– l’ordinanza -OMISSIS- di immissione in possesso nelle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione;
– ove occorra, la nota prot. -OMISSIS- menzionata nei provvedimenti sopra impugnati e mai comunicata alla ricorrente, e il silenzio-rigetto eventualmente formatosi sull’istanza di sanatoria ex art. 36, D.P.R. n. -OMISSIS-0/2001, presentata dalla ricorrente.
Contro i predetti provvedimenti ha dedotto i seguenti motivi di censura:
I) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 36, D.P.R. N. -OMISSIS-0/2001, RECEPITO CON MODIFICHE DALL’ART. 14, L. REG. SIC. N. 16/2016. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 2-BIS, E 3, L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLO SVIAMENTO DALLA CAUSA TIPICA. ERRONEITÀ E CONTRADDITTORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE. DIFETTO DI PRESUPPOSTI. TRAVISAMENTO DEI FATTI. ILLOGICITÀ E INGIUSTIZIA MANIFESTA;
II) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 9 e 10, L. REG. SIC. 21/05/2019 N. 7, E DEGLI ARTT. 7 e 8, L. 07/08/1990 N. 241. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO ASSOLUTO DI ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE;
III) NULLITÀ DELL’ORDINANZA DI DEMOLIZIONE N. 27 DEL 15/04/2022 EX ART. 21-SEPTIES, L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLO SVIAMENTO DALLA CAUSA TIPICA. DIFETTO DI MOTIVAZIONE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. CARENZA DEI PRESUPPOSTI. ILLOGICITÀ MANIFESTA. CONTRADDITTORIETÀ CON ALTRO PROVVEDIMENTO DELLA STESSA P.A.;
IV) ILLEGITTIMITÀ DELLA DETERMINAZIONE N. 107 DEL 03/05/2022 PER VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 56 DEL VIGENTE REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA. ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLO SVIAMENTO DALLA CAUSA TIPICA. CONTRADDITTORIA ED ERRONEA MOTIVAZIONE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. CARENZA DEI PRESUPPOSTI. ILLOGICITÀ MANIFESTA;
V) ILLEGITTIMITÀ DELL’ORDINANZA N. -OMISSIS- DEL 17/05/2022 PER CONTRADDITTORIETÀ CON UN PRECEDENTE PROVVEDIMENTO DELLA STESSA AMMINISTRAZIONE. ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLO SVIAMENTO DALLA CAUSA TIPICA. CONTRADDITTORIA ED ERRONEA MOTIVAZIONE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. CARENZA DEI PRESUPPOSTI. ILLOGICITÀ MANIFESTA.
Il Comune di Carini, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’irricevibilità per tardività dell’impugnazione del silenzio-rigetto formatosi sull’istanza di sanatoria presentata dalla -OMISSIS-e replicato variamente ai primi due motivi di ricorso.
Con ordinanza collegiale istruttoria -OMISSIS-, è stata disposta l’acquisizione al fascicolo processuale della nota del Comune di Carini prot. -OMISSIS-richiamata nell’ordinanza di demolizione gravata principaliter, con la quale la competente rip. 7-Edilizia Privata e Sanatoria ha reso noto che “… Alla data odierna, il permesso di costruire in sanatoria, si intende rifiutato, secondo quanto previsto dall’art. 36 del DPR -OMISSIS-0/2001 come recepito dall’art. 14 della L.R. 16/2016 e s.m.i.”.
All’udienza pubblica del 22 gennaio 2025 la causa, previo deposito di scritti difensivi, è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Tanto premesso in fatto, il ricorso è meritevole di accoglimento solamente parziale, come di seguito esposto.
Col primo motivo la ricorrente deduce nell’ordine:
a) in relazione al diniego di sanatoria dichiarato dalla nota del Comune di Carini -OMISSIS-e richiamato dal gravato provvedimento demolitorio, la violazione dell’art. 36, comma 3, d.p.r. -OMISSIS-0/2001, a mente del quale “sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione”, non avendo l’amministrazione comunale indicato i motivi per cui ha ritenuto che le opere oggetto dell’istanza formulata dal privato non siano suscettibili di accertamento di conformità;
b) in relazione a tutti i provvedimenti impugnati, la violazione dei principi di collaborazione e buona fede sanciti dal comma 2-bis dell’art. 1, L. n. 241/1990, poiché l’Amministrazione si sarebbe trincerata dietro un illegittimo silenzio sull’istanza di sanatoria, “adottando la gravissima serie provvedimentale impugnata senza preventivamente pronunziarsi, in forma doverosamente espressa e in contradditorio con il privato, sulla medesima istanza di sanatoria edilizia”;
c) il difetto di motivazione dell’ordinanza di demolizione sull’interesse pubblico alla rimozione del manufatto abusivo, tenuto conto del legittimo affidamento maturato dalla ricorrente sia in ragione del lasso di tempo trascorso tra la realizzazione dell’abuso e l’ordine di demolizione sia in relazione alla negligente condotta della p.a. nell’esitare l’originaria istanza di concessione edilizia.
Si può prescindere dall’esaminare la questione, pregiudizialmente eccepita dal Comune di Carini, della ricevibilità dell’impugnazione avverso il silenzio-diniego che l’amministrazione ritiene essersi formato sull’istanza di sanatoria presentata dalla -OMISSIS-ricorrente in data 19/08/2021 e successivamente integrata con nota prot. n. -OMISSIS- del 19/04/2022, in quanto la presentazione di istanza ex art. 36, d.p.r. -OMISSIS-0/2001 non era in ogni caso idonea a paralizzare l’esercizio del potere repressivo dell’abuso regolato dall’art. 35, d.p.r. -OMISSIS-0/2001 e l’omessa espressa statuizione sulla stessa da parte dell’amministrazione procedente, contrariamente a quanto arguito dalla parte ricorrente nell’articolare i profili di censura sub a) e b), non è di conseguenza atta a invalidare i provvedimenti sanzionatori da essa emanati al fine di garantire il ripristino dello stato dei luoghi e la rimozione di interventi abusivamente realizzati su suolo pubblico, quali quelli per cui è controversia (colombario su area cimiteriale di proprietà del Comune e successivo ampliamento).
Invero, secondo condivisibile giurisprudenza amministrativa, per le opere realizzare abusivamente su terreno del demanio o del patrimonio di enti pubblici non è ammesso l’accertamento di conformità ex art. 36, T.U. e l’ingiunzione di demolizione è la sola sanzione prevista, che consegue in termini vincolati alla realizzazione dell’abuso. A tal proposito si è affermato in giurisprudenza (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. II, Sent., 17/03/2020, n. 199): “l’art. 14, L. n. 47 del 1985, al pari dell’analogo disposto dell’art. 35, D.L. vo n. -OMISSIS-0 del 2001 con riferimento a tutte le opere realizzate “sine titulo” su aree e terreni di proprietà pubblica (Stato e enti pubblici in genere) prevede come unico provvedimento sanzionatorio – salvo che per quelli realizzati dai soggetti di cui rispettivamente all’art. 5, L. n. 47 del 1985 e all’art. 28, D.P.R. n. -OMISSIS-0 del 2001 – l’adozione dell’ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi. L’ordinanza di demolizione e di ripristino se, da un lato, si configura come unico e doveroso provvedimento sanzionatorio, dall’altro, costituisce circostanza idonea ad escludere “in radice” non solo ogni possibilità di sanatoria, ma anche la stessa sussistenza dell’obbligo di provvedere su tale istanza, in quanto manifestamente inammissibile e infondata. Pertanto, in relazione all’edificazione “contra legem”, su suolo di proprietà pubblica, la sanzione demolitoria è l’unica applicabile stante il regime pubblicistico del suolo (T.A.R. Campania, sez, VII, 10.10.2014, n. 5261)”.
Tale conclusione trova altresì conferma sul piano comparativo nel disposto del primo comma dell’art. 36, d.p.r. -OMISSIS-0/2001 (Accertamento di conformità), il quale ammette testualmente l’istanza di sanatoria fino alla scadenza dei termini previsti dagli artt. 31 comma 3, 33 comma 1 e 34 comma 1 e, quindi, con riferimento ai soli interventi abusivi indicati dalle rubriche dei rispettivi articoli, mentre non richiama l’art. 35 relativo agli interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici, conseguentemente esclusi dall’ambito di applicazione della disposizione in oggetto.
Tanto basta a ritenere superati i profili di censura sub a) e b), mentre, avuto riguardo alla censura sub c) (con la quale si deduce la carenza di motivazione del provvedimento repressivo rispetto alla tutela dell’interesse pubblico e al legittimo affidamento del destinatario dell’atto), si osserva quanto segue.
Se in generale – secondo consolidata giurisprudenza amministrativa – presupposto per l’emanazione dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale difformità del titolo concessorio, con la conseguenza che, essendo l’ordinanza atto dovuto, essa è sufficientemente motivata con l’accertamento dell’abuso, essendo “in re ipsa” l’interesse pubblico alla sua rimozione (Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2006 n. 3270), più nello specifico “l’art. 35 d.P.R. n. -OMISSIS-0 del 2001, volto a tutelare le aree demaniali o di enti pubblici dalla costruzione di manufatti da parte di privati, configura un potere di rimozione che ha carattere vincolato, rispetto al quale non può assumere rilevanza l’approfondimento circa la concreta epoca di realizzazione dei manufatti e non è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto (T.A.R. Veneto, sez. II , 20/11/2015 , n. 1247; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I , 28/09/2015, n. 921; T.A.R. Liguria, sez. I , 05/06/2014 , n. 873; T.A.R. Liguria, sez. I , 05/06/2014 , n. 873)” (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. II, Sent., 17/03/2020, n. 199).
Si è inoltre affermato al riguardo che: “Quanto al tempo trascorso dall’abuso commesso, il Consiglio di Stato (n. 7764/2021) ha ribadito che nel caso di tardiva adozione del provvedimento di demolizione, la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo. Allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata. Ciò vale a maggior ragione nella fattispecie ove l’abuso è stato consapevolmente realizzato su suolo di proprietà pubblica” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VIII, 11/12/2024, n. 6958).
Nel caso di specie è, infine, da escludere che la ricorrente abbia potuto confidare in buona fede di potere realizzare gli interventi in progetto sulla base della sola valutazione favorevole della Commissione edilizia comunale e in mancanza del titolo edilizio (dalla stessa peraltro richiesto), atteso che lo stesso contratto di concessione dell’area cimiteriale, stipulato dalla ricorrente con la p.a., richiedeva espressamente al punto 7) il rilascio della concessione edilizia, precisando che “Il concessionario si obbliga a eseguire la costruzione del colombaro entro il termine di due anni dalla data di rilascio della concessione ad edificare”, scaduto il quale, in mancanza di proroga richiesta dal concessionario, la concessione si intenderà revocata ipso iure.
Col secondo motivo la ricorrente deduce, in relazione a tutti i provvedimenti impugnati, la violazione delle garanzie di partecipazione e di contraddittorio endoprocedimentale (art. 7 e 8, L. 241/1990) conseguente all’omessa comunicazione di avvio del procedimento.
Con riguardo al provvedimento di demolizione, il motivo deve essere disatteso alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale per cui “una volta accertato il carattere abusivo dell’opera ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. -OMISSIS-0, il provvedimento di ingiunzione alla rimozione del manufatto si configura per l’Amministrazione come atto dovuto e vincolato per la cui adozione non è necessario dare notizia dell’avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II, 13 maggio 2024, n. 981)” (T.A.R. Sicilia Catania, Sez. IV, 09/10/2024, n. 3334).
Con riguardo al provvedimento di decadenza della concessione cimiteriale, la censura non può essere accolta, essendo stata formulata in termini estremamente formali senza indicazione degli elementi conoscitivi che la ricorrente avrebbe introdotto in sede procedimentale in grado di incidere sulla determinazione finale. Invero, può richiamarsi anche rispetto alla presente fattispecie il principio di diritto affermato dal Consiglio di Stato rispetto al procedimento di decadenza di una concessione demaniale marittima, con la conseguenza che “spetta al ricorrente, il quale lamenti l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, indicare gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto in sede procedimentale in grado d’incidere sulla determinazione dell’Amministrazione; solo dopo che la parte ha adempiuto a questo onere l’Amministrazione sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato, come prevede l’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990” (Consiglio di Stato sez. V, 20/10/2020, n. 6333).
Con riferimento all’atto di immissione in possesso, espressione del potere di autotutela esecutiva del comune su beni pubblici (artt. 823 e 824 c.c.), il profilo di censura formale in esame risulta invece superato dall’accoglimento della censura di carattere sostanziale articolata con il quinto motivo (per il quale v. infra).
Col terzo motivo la ricorrente deduce la nullità ex art. 21 septies, L. 241/1990, dell’ordinanza di demolizione per mancanza di un elemento essenziale (nella specie, la possibilità materiale dell’oggetto del provvedimento), stante che lo stesso Comune, con successiva ordinanza -OMISSIS- di immissione nel possesso della costruzione funeraria, considerava “di non potere procedere all’immediata demolizione delle opere abusivamente realizzate, così come ingiunto con l’ordinanza -OMISSIS-, […] poiché i trentasei loculi realizzati risultano in atto occupati e che, ad oggi, non è stata resa nota, dai competenti uffici, la disponibilità di loculi comunali per l’eventuale trasferimento delle salme”. Tanto dimostrerebbe l’impossibilità di eseguire la demolizione nel termine (90 giorni) all’uopo assegnato.
La tesi non persuade.
Nel caso in esame, non si discute dell’impossibilità giuridica o materiale in quanto tale di eseguire l’intimata demolizione del manufatto abusivamente costruito, ma solamente dell’adeguatezza del termine a tal fine assegnato dall’Amministrazione, il quale non costituisce invero requisito di validità del provvedimento impugnato. Infatti, il termine per l’esecuzione della demolizione indicato nella relativa ordinanza non attiene a un elemento essenziale (o strutturale) dell’atto rilevante ai sensi dell’art. 21 septies, L. 241/1990, bensì a un elemento accidentale, la cui durata (in via generale e astratta indicata dal legislatore in novanta giorni: v. art. 31, comma 3, d.p.r. -OMISSIS-0/2001) può essere non di meno prorogata su domanda del destinatario dell’atto, “qualora dimostri la sua concreta volontà di disporre la demolizione e sussistano ragioni oggettive che rendano impossibile la restitutio in integrum” entro il termine inizialmente assegnato (Cons. Stato, Ad. Pl. n. 16/2023, § 18).
Col quarto motivo la ricorrente contesta di essere incorsa in decadenza ai sensi dell’art. 56, comma 1, lett. c) del Regolamento di polizia mortuaria, poiché le opere, pur in mancanza di concessione edilizia, sono state comunque realizzate nei termini previsti dall’atto di concessione e dal successivo contratto. Infatti, ai sensi dell’art. 56, comma 1, lett. c), del vigente Regolamento di Polizia Mortuaria, “la decadenza della concessione può essere dichiarata nei seguenti casi: […] c) quando, per inosservanza della prescrizione di cui all’art. 47 [recte: art. 50], non si sia provveduto alla costruzione delle opere entro i termini fissati”. L’art. 50 dello stesso Regolamento prescrive a sua volta che “le concessioni in uso di aree impegnano il concessionario […] alla esecuzione delle opere entro 2 anni dalla data della stipula dell’atto di concessione, pena la decadenza”, mentre il contratto accessivo alla concessione dispone, all’art. 7, che il detto temine di due anni decorra (non dalla data della concessione cimiteriale ma) “dalla data di rilascio della concessione ad edificare”, di fatto mai conseguita.
Invece, qualora la decadenza – come potrebbe evincersi dalla motivazione del provvedimento impugnato – fosse stata dichiarata in relazione alla diversa ipotesi di cui all’art. 56, comma 1, lett. e) del Regolamento (ossia per una “grave inadempienza ad ogni altro obbligo previsto nell’atto di concessione”), la determinazione-OMISSIS- sarebbe altresì illegittima per la violazione dell’art. 56, comma 2, che impone al Comune di notificare una diffida prima di dichiarare la decadenza dalla concessione (adempimento nella specie del tutto omesso).
Il motivo deve essere disatteso.
La decadenza, come si evince chiaramente dalla lettura della parte motiva ancorché il dispositivo dell’atto richiami per mero errore l’ipotesi contemplata dall’art. 56, comma 1, lett. c), è stata comminata dal Comune per gravi inadempimenti agli obblighi previsti dalla concessione cimiteriale e di legge (art. 56, comma 1, lett. e) del Regolamento), poiché il colombario è stato realizzato in assenza di concessione edilizia, in difformità delle prescrizioni del parere dell’ASP e del progetto approvato dalla Commissione edilizia nella seduta del 16.06.2003 (v. ultimo RITENUTO a pag. 3).
Tanto chiarito e precisato in ordine alla esatta qualificazione giuridica della causa di decadenza concretamente applicata dal Comune – che per mero refuso ha indicato nella parte dispositiva dell’atto la lett. c) in luogo della lett. e) dell’art. 56 del proprio Regolamento di Polizia mortuaria –, non assume carattere invalidante l’omessa notifica all’interessato della diffida prevista dall’art. 56, comma 2 del Regolamento, visto che, come già osservato in sede di scrutinio del secondo motivo, si tratta, ancora una volta, di censura puramente formale, non avendo la ricorrente chiarito in che modo avrebbe replicato alla contestazione del comune ove avesse avuto la possibilità di presentare osservazioni in riscontro alla diffida (infatti, la esecuzione del manufatto in mancanza di concessione edilizia, costituente grave violazione degli obblighi contrattualmente assunti, è incontestata e inoltre sulla violazione delle prescrizioni imposte dall’ASP nonché dell’esecuzione in violazione del progetto approvato dalla Commissione edilizia la ricorrente non ha preso posizione).
In mancanza di tali indicazioni e precisazioni in seno al ricorso, il lamentato vizio di procedura è da ritenersi pertanto sanato ai sensi di quanto disposto dall’art. 21 octies, comma 2, L. 241/1990.
Col quinto motivo la ricorrente deduce l’illegittimità dell’ordinanza n. -OMISSIS-/2022 per contraddittorietà con l’ordinanza di demolizione, poiché il Comune ha disposto l’immissione in possesso, spossessando conseguentemente la ricorrente del bene, prima ancora che scadesse il termine di 90 giorni assegnato al responsabile dell’abuso per l’adempimento dell’ordinanza di demolizione.
Il motivo è fondato.
L’ordine di demolizione del colombario (n. -OMISSIS-) – da eseguirsi entro 90 giorni – è stato notificato alla ricorrente l’11/05/2022, con la conseguenza che il suddetto termine per l’adempimento sarebbe scaduto naturalmente il successivo 09/08/2022. Di contro, l’ordinanza n. -OMISSIS-, in palese contraddizione con il precedente provvedimento, ha disposto l’immissione nel possesso del colombario da parte del Comune in data 17/05/2022, ossia durante il decorso del termine assegnato alla -OMISSIS-per ottemperare all’ordine di demolizione. Così procedendo, il Comune ha reso di fatto impossibile alla -OMISSIS-ricorrente adempiere l’ordinanza di demolizione e prevenire gli effetti pregiudizievoli della c.d. esecuzione in danno ai sensi dell’art. 35, comma 2 T.U..
Per tali ragioni, l’ordinanza n. -OMISSIS-/2022, con la quale è stata disposta l’immissione in possesso nelle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione, è illegittima e deve essere annullata, onde permettere alla ricorrente di adempiere in prima battuta alla ingiunzione di demolizione e fatto salvo l’intervento sostitutivo del Comune, nei termini stabiliti dall’art. 35, comma 2, d.p.r. n. -OMISSIS-0/2001, in caso di successiva inerzia del responsabile.
Entro tali limiti, il ricorso va pertanto accolto.
Le spese processuali possono essere compensate in ragione del parziale accoglimento del gravame.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente e, per l’effetto, annulla l’ordinanza -OMISSIS- di immissione in possesso delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione.
Compensa le spese processuali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Tenca, Presidente
Bartolo Salone, Primo Referendario, Estensore
Andrea Illuminati, Referendario
L’ESTENSORE (Bartolo Salone)
IL PRESIDENTE (Stefano Tenca)
IL SEGRETARIO
[ In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. ]