TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 2 novembre 2021, n. 3005
Pubblicato il 02/11/2021
N. 03005/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02147/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2147 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da Giacomo S., Maria S., Ettore S., Emanuela S., Giuseppina C., rappresentati e difesi dagli avvocati Alessandra Maniscalco Basile e Pietro Maniscalco Basile, presso il cui studio in Palermo, piazza S. Cuore, n. 3, sono elettivamente domiciliati;
contro
Comune di Termini Imerese, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Claudio Trovato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Amalia S. non costituita in giudizio;
per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
– della determinazione del Responsabile del servizio territorio e ambiente del Comune di Termini Imerese n. 170 del 2010;
quanto ai motivi aggiunti:
– della convenzione cimiteriale stipulata il 16 dicembre 2010.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria del Comune di Termini Imerese;
Viste le note d’udienza dei ricorrenti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica a distanza, ai sensi dell’87, comma 4 bis, cod. proc. amm., dell’11 ottobre 2021, il consigliere Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato.
FATTO
Con ricorso introduttivo, notificato l’11 novembre 2010 e depositato il giorno 29 successivo, i signori Giacomo, Maria, Ettore, Emanuela S. e Giuseppina C., premettevano di essere, rispettivamente, i figli e la coniuge superstite del signor Francesco S., che era, a sua volta, l’erede testamentario universale del signor Giacomo S., il quale era l’unico titolare della concessione gentilizia perpetua “V.C. lato Palermo n. 27” del cimitero di Termini Imerese.
Rappresentavano che il Responsabile del servizio territorio e ambiente del Comune di Termini Imerese, con determinazione n. 170 del 2010, pubblicata il 1° settembre 2010, disattendendo l’istanza di rinnovo prot. n. 2519 del 10 febbraio 2010 dagli stessi presentata, aveva disposto il cambio nominativo della sepoltura in favore loro e dei signori Amalia S., Giuseppina Maria T., Valentina Matilde, Fabio, Paola, Daniele e Pietro Mauro.
Precisato che tale determinazione era stata motivata con riferimento al carattere familiare e non ereditario della sepoltura, ne hanno chiesto l’annullamento, vinte le spese, per i seguenti motivi:
Violazione e falsa applicazione: degli artt. 824 e 952 c.c.; del R.D. n. 1238 del 1939; del T.U.L.S. di cui al R.D. n. 1265 del 1934; dell’art. 93 del d.P.R. n. 285 del 1990; dell’art. 71 del R.D. n. 1880 del 1942; degli artt. 89, 90, 92 e 98 del regolamento di polizia mortuaria approvato con delibera consiliare n. 61 del 1996, modificato con quelle n. 62 del 2001, n. 40 del 2003 e n. 75 del 2004. Eccesso di potere sotto i profili: dell’arbitrio; dell’ingiustizia manifesta. Carenza di motivazione.
Verrebbe in considerazione un sepolcro di tipo ereditario, la cui titolarità sarebbe da riconoscere esclusivamente agli eredi del signor Francesco S., quale unico erede del signor Giacomo S..
Anche ad ammettere che si trattasse di un sepolcro familiare, la disposizione che la regolamentava (art. 93 del d.P.R. n. 285 del 1990) andrebbe interpretata nel senso che non si ha un diritto di trasmissione jure sanguinis, ma un divieto di tumulazione di estranei.
Il Comune di Termini Imerese si è costituito in giudizio.
Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 7 febbraio 2011 e depositato il giorno 28 successivo, i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento, vinte le spese, della convenzione stipulata il 16 dicembre 2010, con cui è stato disposto il cambio nominativo della sepoltura, nonché della presupposta determinazione del responsabile del servizio territorio e ambiente n. 170 del 2010, in quanto viziati da illegittimità derivata.
I ricorrenti hanno depositato brevi note con cui hanno chiesto il passaggio in decisione.
Con ordinanza n. 1556 del 10 maggio 2021, sono stati disposti adempimenti istruttori, che sono stati eseguiti il 18 giugno successivo.
Il Comune di Termini Imerese si è costituito in giudizio con un nuovo procuratore.
All’udienza in videoconferenza dell’11 ottobre 2021, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va rigettato.
Osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della Corte di Cassazione (cfr. Sez. U, Ordinanza n. 17122 del 28/06/2018 e da ultimo Sez. VI, 22 marzo 2021, n. 8020), lo jus sepulchri (diritto di natura reale che garantisce al suo titolare, in caso di decesso, la prerogativa di ottenere sepoltura nella tomba familiare) origina da una duplice fonte di legittimazione, dovendo distinguersi dal sepolcro ereditario, destinato alla circolazione secondo le regole proprie del diritto ereditario, il sepolcro gentilizio, che attribuisce il diritto alla sepoltura ai soli titolari istituiti dall’originario fondatore o, in mancanza, ad esso legati da uno specifico rapporto di consanguineità (jure sanguinis).
Mentre il diritto al sepolcro jure hereditario è acquistabile (come indicato) secondo le norme del diritto ereditario, la prerogativa sepolcrale originata jure sanguinis rappresenta una prerogativa personale di carattere reale, imprescrittibile e irrinunciabile, non trasmissibile, né inter vivos, né mortis causa, che nasce per volontà dell’originario fondatore (o, in mancanza, in ragione del legame di sangue con quello) e si estingue con il decesso del titolare, salva la trasformazione del sepolcro, al momento della sopravvivenza dell’ultimo legittimato, da sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario; in particolare, nell’ipotesi del c.d. sepolcro gentilizio (che si presume in difetto di prova contraria), mancando alcuna disposizione da parte del fondatore del sepolcro, lo jus sepulchri spetta (secondo lo jus sanguinis) al fondatore medesimo e a tutti i suoi discendenti facenti parte della famiglia o, in mancanza, ai suoi parenti più vicini per vincolo di sangue, ossia ai componenti dell’organico nucleo familiare strettamente inteso, nella cui cerchia, avuto riguardo al significato semantico del termine generalmente usato e accettato, debbono farsi rientrare tutte le persone del medesimo sangue, o legate tra loro da vincoli di matrimonio, ancorchè non aventi il medesimo cognome (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5547 del 19/05/1995; Sez. 1, Sentenza n. 1834 del 12/05/1975, Rv. 375497 – 01).
In termini più specifici, in mancanza di una specifica disposizione del fondatore, lo jus sepulchri d’indole gentilizia dev’essere riconosciuto ai parenti a quello più vicini per vincolo di sangue, e particolarmente a quelli che facevano parte dell’organico nucleo familiare, strettamente inteso, cui apparteneva il defunto al momento della morte; tale diritto, infatti, pur non essendo precisato in disposizioni di legge, trova il suo fondamento in un’antica consuetudine conforme al sentimento comune e alle esigenze di culto e di pietà per i defunti e, quando viene esercitato dai prossimi congiunti, realizza, allo stesso tempo, la tutela indiretta di un interesse concernente la persona del defunto e l’esigenza sociale di far scegliere ai soggetti più interessati la località e il punto da essi ritenuti più adatti a manifestare i loro sentimenti di devozione e di culto verso il prossimo parente defunto (vedi Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1834 del 12/05/1975).
Si è poi ribadito che la nozione di famiglia, rilevante ai fini dell’attribuzione dello jus sepulchri d’indole gentilizia, debba ritenersi convenientemente circoscritta, in mancanza di specifiche disposizioni del fondatore, allo stretto nucleo familiare di quest’ultimo, ossia ai suoi discendenti, ovvero, in mancanza, ai suoi consanguinei più prossimi (l’organico nucleo familiare, strettamente inteso, cui apparteneva il defunto al momento della morte), senza indebite e incontrollate estensioni a linee ulteriori di consanguineità.
Nella specie i ricorrenti non hanno dimostrato la trasformazione dell’originario sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario, in quanto hanno richiamato principalmente il testamento olografo del signor Giacomo S., pubblicato in notaio Candioto di Termini Imerese il 17 settembre 1950, rep. n. 11941 e racc. 11180, il quale così aveva stabilito: “costituisco e nomino mio erede universale perché mi succeda nella proprietà di tutto quanto lascerò alla mia morte e che non formerà oggetto di particolari mie disposizioni che dirò in seguito, tutto includendo e nulla escludendo, senza limitazione alcuna, mio figlio Francesco”.
Trattasi, però, a ben vedere, di una disposizione generica che non ricomprende espressamente la concessione cimiteriale e non è, pertanto, idonea a trasformarne la natura da quella familiare presunta a quella ereditaria da dimostrare.
Né a diversa conclusione può pervenirsi sulla base del richiamo alle autorizzazioni rilasciate nel tempo per consentire la tumulazione di soggetti non aventi la qualità di eredi o alla tumulazione dei soli discendenti dell’erede universale, che non costituiscono adeguata prova al fine di vincere la presunzione posta dalla normativa in materia.
Ne deriva che, in assenza di prova contraria, deve ritenersi che si rientri nella fattispecie del sepolcro familiare e che lo stesso fosse destinato a tutta la famiglia del suo fondatore, sig. Emanuele S., e non esclusivamente ai suoi eredi; conseguentemente, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la designazione, quale erede testamentario universale, del signor Francesco S., ad opera del padre Giacomo S., non comporta che gli eredi dello stesso sono gli unici titolari della concessione gentilizia perpetua “V.C. lato Palermo n. 27” del cimitero di Termini Imerese, ma che si deve fare riferimento (come, in effetti, si è fatto nei provvedimenti impugnati) a tutti i componenti della famiglia.
Deve, pertanto, essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore del Comune di Termini Imerese, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori, in favore del Comune di Termini Imerese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio in videoconferenza dell’11 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Maria Cristina Quiligotti, Presidente
Aurora Lento, Consigliere, Estensore
Raffaella Sara Russo, Referendario
L’ESTENSORE (Aurora Lento)
IL PRESIDENTE (Maria Cristina Quiligotti)
IL SEGRETARIO