TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Regione Puglia, L. R. 15/12/2008, n. 34
Massima
Vi è una netta differenza tra l’attività funeraria propria della casa del commiato e l’attività commerciale in genere; ciò in quanto: “l’esercizio di una “sala del commiato” – anche ai fini della destinazione di zona secondo la normativa urbanistico-edilizia - non può in alcun modo ritenersi attività commerciale o ad essa equiparata, rientrando a pieno titolo tra le attività cimiteriali” (TAR Lecce, Sez. I, 07.02.2019, n. 197; id. TAR Lecce, n. 1178 17.7.2018). Nella specie, l’Ente civico non ha assentito alcuna attività commerciale ma una attività, per quanto in atti, funzionale all’interesse pubblicistico della promozione dei luoghi per la libera manifestazione del cordoglio, dei sentimenti di solidarietà e del culto dei defunti.
Testo
TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 25 luglio 2024, n. 959
Pubblicato il 25/07/2024
N. 00959/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01088/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce – Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1088 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Agenzia Rocco Z. e Figli Sas di Fabio e Giovanni Cosimo Z., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Rampino, Andrea Papa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Leverano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Quinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Garibaldi n. 43;
Asl Lecce, non costituito in giudizio;
nei confronti
Ditta P. di D, Davide, in persona del legale rappresentante pro tempore, e D. Davide, in proprio, rappresentati e difesi dall’avvocato Paolo Gaballo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– Deliberazione del Consiglio Comunale di Leverano N. 40 del 13/07/2023, avente ad oggetto “Cambio di destinazione d’uso da casa rurale a struttura per il commiato, ai sensi della legge regionale n. 34/2008 e r.r. n. 8/2015 il tutto in relazione al complesso immobiliare ubicato in via Don Miglietta, catastalmente individuato al NCEU del Comune di Leverano al Fg. n. 38 particella 308 e 927”;
– Parere favorevole del Direttore del Servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’Asl Lecce con nota Prot. 6273 del 04/04/2023;
– Relazione istruttoria Responsabile del Settore Assetto del Territorio Urbanistica ed Edilizia (Ing. Miraglia Antonio) prot.n. 10273 del 31/05/2023.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Agenzia Rocco Z. e Figli Sas di Fabio e Giovanni Cosimo Z. il 05/12/2023:
del Permesso di Costruire n. 95 del 21/09/2023, richiesto da D. Davide, in qualità di titolare dell’impresa individuale P. di D. Davide, riguardante il cambio di destinazione d’uso.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Agenzia Rocco Z. e Figli Sas di Fabio e Giovanni Cosimo Z. il 06/06/2024:
del Permesso di costruire n.17 del 2024 e autorizzazione SUAP di apertura Sala Commiato.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Leverano e di Ditta P. di D. Davide e di Davide D. e di D. Davide;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2024 la dott.ssa Daniela Rossi e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’Agenzia Rocco Z. e Figli s.a.s. ha agito, dinanzi a questo TAR, per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della deliberazione del C.C. del Comune di Leverano, n. 40 del 13.07.2023, avente ad oggetto: “Cambio di destinazione d’uso da casa rurale a struttura per il commiato ai sensi della legge regionale n. 34/2008 e r.r. n. 8/2015, il tutto il relazione al complesso immobiliare ubicato in via Don G. Miglietta, catastalmente individuato al N.C.E.U. del Comune di Leverano al Fg n. 38 particella 308 e 927” e di tutti gli atti presupposti e/o consequenziali in epigrafe indicati e per le statuizioni consequenziali, ivi incluso il risarcimento dei danni tutti subiti e subendi.
A sostegno del ricorso, parte ricorrente ha proposto i seguenti motivi di ricorso:
1)violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, della Legge Regionale Puglia n. 34/2008 e del Regolamento Regionale Puglia n. 8/2015. Violazione del D.P.R. n. 380/2001 (artt. 11 e 14 del D.P.R. n. 380/2001). Violazione delle NTA del Comune e dello Strumento urbanistico vigente. Irrazionalità manifesta, eccesso di potere, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione. Difetto dei presupposti oggettivi.
2)violazione del D.P.R. n. 380/2001 (artt. 13 e 14) sotto altro profilo. Incompetenza.
Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso il Comune di Leverano e la, controinteressata, Ditta P. di D. Davide.
Con motivi aggiunti, notificati e depositati in data 05.12.2023, il gravame è stato esteso al permesso di costruire n. 95 del 21.09.2023 rilasciato in favore della ditta controinteressata, deducendo le seguenti censure:
1)violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 380/2001 (artt. 3, 12 e 14). Violazione delle NTA del Comune (artt. 65, 66 e 67) e dello Strumento urbanistico vigente, della Legge Regionale Puglia n. 34/2008 (art. 17) e del Regolamento Regionale Puglia n. 8/2015. Irrazionalità manifesta, eccesso di potere, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione. Difetto dei presupposti oggettivi. Contraddittorietà.
2)violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 1, lett. d) ed e) TU, in relazione agli artt. 3, 12, 14 e 20 del D.P.R. n. 380/2001 e agli artt. 65-67 NTA; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria.
3)violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 14 del D.P.R. n. 380/2001 in relazione alla L.R. n. 34/2008 e al Regolamento Regionale Puglia n. 8/2015; eccesso di potere per errore sui presupposti; perplessità dell’azione amministrativa; difetto di istruttoria e di motivazione.
4)difetto di pubblico interesse. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del D.P.R. n. 380/2001; dell’art. 17 e degli artt. 4, comma 3-bis, e 7 L.R. n. 34/2008 e del Regolamento regionale n. 8/2015; eccesso di potere; perplessità dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria e di motivazione.
5)violazione e falsa applicazione dell’art. 17 e degli artt. 4, comma 3bis e 7 della L.R. n. 34/2008 e del Regolamento Regionale n. 8/2015. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, perplessità dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria.
Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato e depositato in data 06.06.2024 sono stati ulteriormente gravati il permesso di costruire n. 17 del 18.03.2024, in variante al precedente titolo edilizio n. 95/2023 già impugnato, l’autorizzazione commerciale all’apertura della sala per il commiato, prot. n. 7601 del 22.04.2024 – pratica prot. n. 7032 del 2024 e tutti i presupposti provvedimenti in epigrafe indicati, deducendo le medesime censure sollevate con il ricorso introduttivo, come integrato dal primo atto di motivi aggiunti.
Parte ricorrente ha rinunciato all’invocata tutela cautelare richiesta.
Le parti hanno ribadito le proprie difese, mediante deposito di memorie e documenti, a norma dell’art. 73, 1 comma, c.p.a.
All’esito dell’udienza pubblica del 10.07.2024, la causa è stata introitata in decisione.
Vanno, in via preliminare, esaminate le eccezioni in rito sollevate, sotto plurimi profili, dalle parti processuali.
In primo luogo, non può trovare accoglimento l’eccezione di irricevibilità per tardività del gravame proposta dalla controinteressata.
Invero, il termine per impugnare un provvedimento, anche in materia di edilizia, decorre dalla sua piena conoscenza, fatta salva la dimostrazione di una conoscenza anticipata da parte di chi eccepisce la tardività del ricorso.
Nella specie, il permesso di costruire n. 95 del 21.09.2023 gravato è stato depositato in giudizio in data 21.11.2023.
Solo a seguito del predetto deposito parte ricorrente ha avuto contezza della portata lesiva del richiamato titolo, non essendo le risultanze documentali in atti idonee ad anticiparne la conoscenza.
Non possono, infatti, ritenersi tali né l’istanza di accesso agli atti dell’11.07.2023, evasa dal Comune di Leverano in data 03.08.2023 né il rilascio, in data 21.09.2023, del titolo edilizio contestato.
Infatti, alla data dell’ostensione dei documenti richiesti – 03.08.2023 – il titolo edilizio non era stato ancora rilasciato.
Quanto al permesso di costruire, elementi utili, a fini della sua eventuale conoscenza anticipata, si sarebbero potuti trarre solo dall’individuazione della data di apposizione, nei luoghi di interesse, del cartello di cantiere.
Ma, da quanto in atti, non vi è alcuna prova in tal senso.
È evidente che il dies a quo per impugnare il contestato titolo edilizio, nella specie, non poteva che decorrere dalla sua produzione in giudizio.
Il deposito dell’atto in giudizio è avvenuto in data 21.11.2023.
Il gravame è stato notificato e depositato in data 05.12.2023.
L’impugnazione, pertanto, è tempestiva.
Del pari, infondate sono le sollevate eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto delle condizioni dell’azione.
L’Agenzia Rocco Z. e Figli s.a.s., da quanto in atti, è una società esercente l’attività di casa funeraria e di sala del commiato svolta nella medesima area comunale in cui si appresta a svolgere attività concorrenziale la ditta gestita dal controinteressato.
A ciò si aggiunga che gli atti contestati – modifiche edilizie, titolo autorizzativo e conseguente autorizzazione allo svolgimento dell’attività di commiato dei defunti – costituiscono elementi idonei, ad incidere sull’attività svolta dalla ricorrente.
L’Agenzia Rocco Z. e figli s.a.s., pertanto, deve ritenersi legittimata e titolare dell’interesse all’impugnazione dei provvedimenti in contestazione.
Nel merito, si rileva quanto segue.
Parte ricorrente, con il ricorso introduttivo e con i due atti di motivi aggiunti – che possono essere esaminati congiuntamente in considerazione della sostanziale identità delle censure proposte – si duole dell’illegittimità dei provvedimenti gravati nella misura in cui gli stessi risultano essere stati adottati in difetto dei presupposti oggettivi di cui all’art. 14 del D.P.R., 6 giugno 2001, n. 380.
In tesi di parte ricorrente, in particolare, il cambio di destinazione d’uso “da casa rurale a struttura per il commiato”, chiesto dal controinteressato, non sarebbe consentito alla luce della vocazione agricola della zona – Zona E2 – agricola con prevalenti colture arboree – in cui insiste l’immobile oggetto dell’istanza.
Tali censure sono infondate alla luce dei caratteri funzionali e strutturali del titolo edilizio di cui si discorre.
Invero, l’art. 14 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 consente il rilascio di un titolo edilizio in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, in presenza delle situazioni particolari ivi previste, e sempre che l’intervento richiesto risulti funzionale al soddisfacimento dell’interesse pubblico.
L’oggetto della deroga, per espressa previsione legislativa, fermo restante il rispetto delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza, può riguardare i soli limiti di densità edilizia, di altezza, di distanza tra fabbricati nonché le destinazioni d’uso.
Nella specie, il progetto presentato dalla ditta controinteressata ha riguardato quest’ultima ipotesi.
Il sig. D. Davide, infatti, ha chiesto, per quanto in atti, il rilascio di un titolo edilizio derogatorio della sola destinazione d’uso dell’immobile esistente.
Del resto, se fossero realizzabili ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 380/2001 – come sostiene la ricorrente – solo costruzioni compatibili con la destinazione d’uso ammessa nella zona, non vi sarebbe mai bisogno di far ricorso alla deroga ivi prevista.
Non colgono, poi, nel segno le censure con cui la ricorrente deduce la realizzazione, attraverso il titolo rilasciato, di una vietata variazione urbanistica della destinazione di zona.
Ciò in quanto con il titolo contestato non si è inteso mutare la destinazione di zona dell’area – che resta agricola ai sensi dell’art 67 delle NTA al PRG – ma assentire il solo cambio di destinazione d’uso di un fabbricato esistente in considerazione delle rilevate connotazioni pubbliche dell’intervento proposto.
Sono, poi, tardive le doglianze relative alla concessione edilizia del 1991 in forza della quale è stato edificato il fabbricato del cui cambio di destinazione d’uso trattasi.
Le ulteriori contestazioni, sul punto, sono generiche e indimostrate.
Non colgono, altresì, nel segno nemmeno le contestazioni proposte con riferimento al vizio motivazionale.
Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che: “Il permesso di costruire in deroga di cui all’art. 14 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 è un istituto di carattere eccezionale rispetto all’ordinario titolo edilizio e rappresenta l’espressione di un potere ampiamente discrezionale che si concretizza in una decisione di natura urbanistica, da cui trova giustificazione la necessità di una previa delibera del Consiglio comunale; in particolare, in tale procedimento il Consiglio comunale è chiamato ad operare una comparazione tra l’interesse pubblico al rispetto della pianificazione urbanistica e quello del privato ad attuare l’interesse costruttivo; peraltro, come ogni altra scelta pianificatoria, la valutazione di interesse pubblico della realizzazione di un intervento in deroga alle previsioni dello strumento urbanistico è espressione dell’ampia discrezionalità tecnica di cui l’Amministrazione dispone in materia e dalla quale discende la sua sindacabilità in sede giurisdizionale solo nei ristretti limiti costituiti dalla manifesta illogicità e dall’evidente travisamento dei fatti (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 24 ottobre 2019, n. 7228; id., 7 settembre 2018, n. 5277; id., 26 luglio 2017, n. 3680)” (Cons. Stato, Sez. IV, 28 gennaio 2022, n. 616, conforme a Cons. Stato, Sez. II, 4 marzo 2021, n. 1839).
È evidente, pertanto, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali richiamati, che l’apprezzamento dell’organo consiliare è sindacabile in sede giudiziale, solo sotto il profilo della manifesta illogicità, incongruità, della motivazione anche alla luce di una incompleta istruttoria.
Nel caso in esame, il Collegio non ritiene che le plurime e specifiche ragioni assunte dal Consiglio Comunale a fondamento dell’autorizzata deroga siano viziate sotto il profilo in esame.
Né i rilievi formulati dalla ricorrente in ordine all’esistenza di altra attività di casa per il commiato possono inficiare la correttezza delle valutazioni discrezionali espresse dal Comune.
Parimenti infondate sono le lamentate carenze istruttorie – procedimentali.
Gli atti gravati, per quanto documentazione in atti, sono stati resi all’esito di una lunga istruttoria caratterizzata da una attenta analisi dell’istanza e della sua conseguente funzionalità al soddisfacimento dell’interesse pubblico, alla luce del quadro normativo di riferimento.
A ciò si aggiunga che la società ricorrente, benché notiziata dell’avvio del procedimento in esame – affissione nell’albo pretorio dell’avviso n. 6952 del 13.04.2023 – non ha proposto, in tale sede, osservazioni e/o memorie difensive.
Del che ne viene dato conto – non contestato – nel gravato provvedimento.
Né poi parte ricorrente ha offerto elementi idonei ad individuare circostanze, diverse ed ulteriori da quelle esaminate, di cui l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto tener conto in sede procedimentale.
A ciò si aggiunga che da quanto in atti, contrariamente alle asserzioni attoree, il Consiglio Comunale e il Responsabile del Settore Urbanistico – Edilizio hanno provveduto, ciascuno secondo le rispettive competenze, agli incombenti istruttori – procedimentali richiesti dall’art. 14 del D.P.R. n. 380/2001.
Parte ricorrente poi, si duole della violazione della Legge Regionale n. 34/2008 e del Regolamento Regionale Puglia n. 8/2015.
In tesi attorea, difetterebbero, nella specie, i requisiti di assentibilità propri dell’attività di sala per il commiato.
Le contestazioni non sono fondate.
Le stesse risultano smentite dalla documentazione tecnica e di progetto allegata all’istanza presentata dal sig. D. Davide.
Del pari, generiche oltre che indimostrate, poi, sono le contestazioni sollevate avverso il parere igienico sanitario reso dalla Asl.
Non sono meritevoli di condivisione, infine, le censure relative all’asserita natura commerciale – casa del commiato dell’attività svolta dalla ditta controinteressata.
Come chiarito dalla giurisprudenza, anche di sezione di questo T.A.R. vi è una netta differenza tra l’attività funeraria propria della casa del commiato e l’attività commerciale in genere; ciò in quanto: “l’esercizio di una “sala del commiato” – anche ai fini della destinazione di zona secondo la normativa urbanistico-edilizia – non può in alcun modo ritenersi attività commerciale o ad essa equiparata, rientrando a pieno titolo tra le attività cimiteriali” (TAR Lecce, Sez. I, 07.02.2019, n. 197; id. TAR Lecce, n. 1178 17.7.2018).
Nella specie, l’Ente civico non ha assentito alcuna attività commerciale ma una attività, per quanto in atti, funzionale all’interesse pubblicistico della promozione dei luoghi per la libera manifestazione del cordoglio, dei sentimenti di solidarietà e del culto dei defunti.
Infondata è anche la richiesta risarcitoria per mancanza di elementi oggettivi e soggettivi necessari per il suo accoglimento.
In definita, per quanto esposto, il ricorso introduttivo e il primo atto di motivi aggiunti sono infondati e vanno pertanto respinti.
L’infondatezza dei gravami si riflette, in via derivata, sul secondo atto di motivi aggiunti con cui la ricorrente ha fatto valere solo vizi derivati dagli originari atti impugnati.
In conclusione il gravame è infondato e va respinto.
Sussistono, infine, giustificate ragioni (tra cui la particolarità della vicenda esaminata) per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sezione Prima di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui due atti di motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Patrizia Moro, Consigliere
Daniela Rossi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Daniela Rossi)
IL PRESIDENTE (Antonio Pasca)
IL SEGRETARIO