TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 93 d.P.R. 10/09/1990, n. 285
Massima
Non è ammissibile un rifiuto dell’Amministrazione comunale ad attivarsi nell'esplicazione dei propri poteri di polizia mortuaria, demaniale e di autotutela esecutiva, che impongono di vigilare sull’uso delle cappelle private o di famiglia e di reprimere eventuali utilizzi difformi dalle concessioni dallo stesso rilasciate, a fronte di segnalazione o di denunce di privati. In particolare, quando sia prodotta una “scrittura privata pro-forma”, che – sempre in toto estraneo rimanendo il Comune concedente – ad opera di soggetti privati “concede” al controinteressato, quale altro soggetto privato, l’uso non motivato di alcuni posti della cappella di famiglia, da utilizzarsi per tumulare congiunti ed affini di quest’ultimo; soggetti che tabulas estranei o in alcun modo legati per benemerenza al concessionario e, a fortiori, ai suoi eredi. Una tale scrittura privata, parimenti prodotta in sola fotocopia, invero, palesa un potenziale reiterato utilizzo della cappella in discussione contrario all’atto di concessione risalente al 1956 e tutt’ora vigente. Un tal atto privato, qualificato “scrittura privata pro-forma”, rispetto al quale il Comune è in toto estraneo, prodotto nell’odierno processo, sottolinea vieppiù la necessità che l’Ente territoriale conduca ogni opportuno accertamento, al fine di scongiurare usi contrari alla concessione della cappella cimiteriale.
Testo
TAR Puglia, Bari, Sez. III, 19 luglio 2024, n. 878
Pubblicato il 19/07/2024
N. 00878/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01185/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1185 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Palieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Barletta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Caruso e Isabella Palmiotti, con domicili digitali come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Michelangelo Ferrazzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
– del provvedimento del 10 agosto 2023, del Comune di Barletta, settore ambiente, avente ad oggetto il diniego di estumulazione delle salme estranee alla famiglia, contenute all’interno della “cappella della famiglia-OMISSIS-”, nel cimitero della Città di Barletta, adottato a seguito della sentenza, avverso il silenzio-rifiuto, con condanna all’obbligo di provvedere, emessa dal T.A.R. Puglia, sez. III, 30 maggio 2023, n. 832;
– nonché degli atti e provvedimenti presupposti, conseguenti ovvero connessi, tra cui la nota del 12 ottobre 2023;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e del signor Alfonso Capone;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 giugno 2024 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori avv. Marco Palieri, per la parte ricorrente, avv. Giuseppe Caruso, per il Comune resistente, e avv. Michelangelo Ferrazzano, per il controinteressato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- L’istante è familiare ed erede diretto del concessionario della cappella di famiglia “-OMISSIS-” nel cimitero della Città di Barletta; indi, avvedutosi dell’avvenuta tumulazione nella predetta di salme di due persone estranee alla famiglia del concessionario, chiedeva e diffidava l’Ente territoriale, quale soggetto concedente e titolare del demanio cimiteriale, con due atti-diffida motivati e datati ad agosto 2022, di provvedere all’estumulazione dei resti dei soggetti estranei, nel rispetto della concessione rilasciata e risalente al 5 settembre 1956, il cui art. 5, ultimo periodo, impone: “[…] è fatto assoluto divieto di tumulare persone estranee alla famiglia”.
A fronte di tale richiesta, il Comune rimaneva silente, tant’è che veniva proposto ricorso avverso il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, deciso con sentenza della Sezione del 30 maggio 2023, n. 832, che accoglieva il ricorso e ordinava al Comune di Barletta di provvedere.
Indi, con il provvedimento espresso del 10 agosto 2023, il Comune, sebbene, da un lato, prendesse atto pro futuro della espressa “volontà del sig. -OMISSIS- di negare l’autorizzazione alla tumulazione di salme di defunti estranei alla propria famiglia nella cappella funebre”, dall’altro lato, non riteneva tuttavia di dover assumere alcun altro atto pro praeterito, in presenza dell’acquisizione illo tempore di, ritenute sufficienti, dichiarazioni sostitutive di atto notorio, ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, con le quali taluni esponenti della famiglia del ricorrente avevano acconsentito alla tumulazione di salme di soggetti estranei alla propria famiglia; pur poste ulteriori ferme rimostranze, in ordine al disconoscimento della stessa autenticità delle predette dichiarazioni sostitutive, invero reperite soltanto in fotocopia, irreperibili essendo invece gli originali, il Comune ribadiva di non poter adottare altro provvedimento.
L’istante impugnava tale atto censurando, con unito motivo, la violazione e malgoverno dell’art. 5 della concessione del 5 settembre 1956, repertorio n. 130, la violazione e malgoverno dell’art. 130 della delibera consigliare del 8 giugno 2015, n. 39 recante “Regolamento comunale di polizia mortuaria”, la violazione e malgoverno dell’art. 94 del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (“Regolamento di polizia mortuaria”), abrogato e sostituito dall’art. 93 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (“Approvazione del regolamento di polizia mortuaria”), nonché deduceva l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, per sviamento e ingiustizia manifesta.
2.- Si costituiva inoltre il controinteressato, il quale evidenziava come il d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, avesse introdotto la possibilità per l’amministrazione, su richiesta dei concessionari, di consentire “la tumulazione di salme di persone che risultino essere state con loro conviventi, nonché di salme di persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei confronti dei concessionari, secondo i criteri stabiliti nei regolamenti comunali”, di tal modo il divieto posto al concessionario di cappelle gentilizie o di famiglia di tumulazione di soggetti estranei alla famiglia, contenuto nella richiamata concessione risalente all’anno 1956, sarebbe stato mitigato dalla normativa sopravvenuta.
3.- Si costituiva l’intimato Comune, il quale depositava gli atti del procedimento, nonché resisteva, evidenziando in via successiva: i) che, al tempo, fu acquisita una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, corredata dai relativi documenti, di assenso da parte del ricorrente e di suoi familiari alla tumulazione di persone terze; ii) che la titolarità al consenso alla tumulazione all’interno delle cappelle gentilizie è questione tra privati; iii) che null’altro è tenuto l’Ente a fare, in presenza di dati formali legittimanti (ossia le dichiarazioni sostitutive di atto notorio), segnalando infine che, nella controversia, non risulta essere stata presentata alcuna istanza di “querela di falso”, circa l’addotto contenuto apocrifo degli atti di assenso ex parte consegnati agli uffici competenti.
4.- Rinunciata la domanda cautelare, depositati ulteriori documenti, memorie e repliche, alla fissata udienza pubblica, dopo ampia discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1.- La controversia impone di rammentare i principi generali e la normativa primaria e secondaria in materia di disciplina del demanio cimiteriale, di polizia mortuaria e di autotutela-polizia demaniale.
Va considerato in primis che il cimitero comunale è bene demaniale (art. 824 c.c.), in ordine al quale, dato il connaturato carattere della inalienabilità, i possibili utilizzi dello stesso “non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano” (art. 823, comma 1°, c.c.); mentre spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni, che fanno parte del demanio, anche a mezzo di poteri di polizia demaniale (art. 823, comma 2° c.c.), atti a garantire il corretto uso degli stessi, mediante l’intimazione di ordini o di divieti e, se del caso, di autotutela, idonei a darne esecuzione coattiva, anche in danno dei soggetti inottemperanti.
Di conseguenza, l’uso non diretto del bene demaniale è possibile, per principio generale, solo in via d’eccezione e previa concessione, alla stregua della legge vigente, nella quale sono stabiliti, in modo tassativo, modalità e limitazioni, che consentono, per l’appunto, il c.d. uso eccezionale del demanio.
La manutenzione, l’ordine e la vigilanza sanitaria dei cimiteri sono di competenza del Sindaco (art. 51 del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285; nello stesso senso disponevano pure i previgenti d.p.r. 21 ottobre 1975, n. 803, e r. d. 21 dicembre 1942, n. 1880); l’art. 16 (Attività di vigilanza), comma 2, della legge della Regione Puglia 15 dicembre 2008, n 34 (“Norme in materia di attività funeraria, cremazione e dispersione delle ceneri”) prevede che “Il comune vigila sulla correttezza dell’esercizio dell’attività funebre”.
In via d’eccezione al principio generale di seppellimento di tutti i cadaveri nei cimiteri comunali, è, per l’appunto, prevista la possibilità di edificare «cappelle private o gentilizie» previa concessione; attualmente è l’art. 90 del d.P.R. n. 285 del 1990 a contemplare la possibilità, per il comune, di concedere a privati l’uso di aree per la costruzione di sepolture (a sistema di tumulazione individuale) “per famiglie”. In base all’art. 92, comma 3, del d.P.R. n. 285 citato “Con l’atto della concessione il comune può importare ai concessionari determinati obblighi […]”; mentre, alla stregua dell’art. 92, comma 4, d.P.R. n. 285 citato, viene precisato che “Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone […] che mirino a farne oggetto di lucro e di speculazione” (e, nello stesso senso, si esprimevano l’art. 70, commi 2° e 3°, del r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880, e anche l’art. 93, comma 4°, del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803).
Gli appellativi di cappelle “private” o “famigliari” o “gentilizie” sono evocativi della natura di simili piccole strutture, edificate sul cimitero demaniale, in base ad atti concessori in favore di soggetti privati, volte essenzialmente ad accogliere le spoglie di coloro che siano appartenuti alla “familia” o alla “gens”, ossia in senso generale ai discendenti o ai parenti di una famiglia legata ad un antenato comune, al fine di serbare il culto dei defunti, che sono appartenuti appunto ad un’unica famiglia.
La «cappella» di famiglia o gentilizia è dunque quella eminentemente destinata dal fondatore – sulla scorta della tradizione romanistica e del diritto intermedio – a persone legate fra loro da rapporti di sangue o di affinità; talché, in assenza di una volontà espressa del fondatore, la cappella si presume familiare o gentilizia e riservata in primis ai familiari più prossimi e, via via, agli altri; indubbiamente, la c.d. tomba di famiglia trova il suo fondamento nell’esigenza di conservazione e trasmissione del culto nell’ambito della familia. L’individuazione dei familiari, titolari del diritto d’uso del sepolcro, non può che essere effettuata, secondo il modello di famiglia racchiuso in norme civilistiche, quali l’art. 230-bis, comma 3°, o l’art. 1023 (Ambito della famiglia) del codice civile oppure in norme penalistiche, come l’art. 307, comma 4°, del codice penale, che usualmente richiamano il coniuge o il convivente, i discendenti, gli affini, gli ascendenti, in via ulteriore i parenti collaterali, semmai coloro che hanno prestato servizi nella famiglia. Particolarmente significativa è la disposizione normativa di cui all’art. 1023 del codice civile, che “nella famiglia” comprende anche “le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi”.
La concessione di un’area cimiteriale è, come tutte le concessioni amministrative, un atto che conferisce una posizione giuridica soggettiva predeterminata nel contenuto, che si atteggia a diritto nei confronti dei soggetti privati terzi, ma anche nei riguardi della pubblica amministrazione (così per dottrina unanime; in giurisprudenza cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 1° aprile 1995, n. 119). La concessione di aree cimiteriali consta di un atto amministrativo unilaterale, con cui la pubblica amministrazione delibera di concedere l’area al privato, unito ad un coevo contratto, con cui si stabiliscono le condizioni della concessione e dal quale scaturiscono reciproci diritti e obblighi.
Il diritto di sepolcro nella cappella di famiglia si risolve nella deposizione della salma e si estingue, per tutti, o con l’esaurimento della cerchia familiare rilevante nel caso di specie, tenuto conto del termine di scadenza della concessione, o con l’esaurimento della capienza del sepolcro, quale stabilita nell’atto di approvazione del progetto. Dopo la morte del concessionario, il sepolcro «familiare» viene ereditato dai membri della famiglia del defunto, intesa l’espressione in senso molto ristretto, quindi il coniuge e i discendenti e ascendenti in linea retta: spettando il diritto solo a tali soggetti non tanto in quanto eredi, ma in quanto familiari del defunto; esso è, per principio, incommerciabile.
2.- Poste siffatte linee ermeneutiche generali, in verità di antica origine ma tutt’ora vigenti e attuali, la controversia fra le parti in causa va risolta in applicazione sillogistica delle disposizioni normative rilevanti nel caso di specie, alla luce del particolare contenuto precettivo dell’atto di concessione della cappella gentilizia de qua. Dette norme, per l’appunto, sono state richiamate dalla parte ricorrente, nel censurare d’illegittimità gli atti dell’Amministrazione comunale che hanno inteso denegare l’esercizio di alcun potere.
Come evidenziato, in virtù dell’art. 93, comma 1, del d.P.R. n. 285 citato: “Il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari […]. In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro”; tuttavia, ai sensi dell’art. 93, comma 2: “Può altresì essere consentita, su richiesta di concessionari, la tumulazione di salme di persone che risultino essere state con loro conviventi, nonché di salme di persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei confronti dei concessionari”; tale facoltà è però espressamente prevista “secondo i criteri stabiliti nei regolamenti comunali”.
Orbene, il “Regolamento comunale di Polizia Mortuaria” del Comune di Barletta (approvato con la deliberazione del Consiglio comunale n. 39 del 8 giugno 2015) ha previsto, all’art. 130, expressis verbis che, nella cappella gentilizia in concessione, “è consentita la tumulazione di salme o di resti mortali di parenti ed affini del concessionario, in tutti i gradi e linee, sempre che l’atto di concessione non disponga diversamente”; di conseguenza, pone la regola per la quale simili cappelle sono ad uso esclusivo della famiglia del concessionario (e di coloro cui in via ereditaria e sempreché appartengano alla stessa famiglia competa lo ius sepulchri), salvo che l’atto di concessione non contempli dunque altra disposizione più estensiva.
Nel caso di specie, però, la concessione rep. n. 130 del 5 settembre 1956 (prodotta agli atti) prevede, al “Punto 1°)”, che la “concessione, per quanto non previsto nel presente atto, è sottoposta alle norme regolamentari e legislative vigenti o che saranno emanate nonché ai principi generali del diritto pubblico che regolano le concessioni in oggetto e tutte le altre concessioni governative”; al “Punto 3°)” che il “concessionario si obbliga di uniformarsi alle norme del regolamento generale e del regolamento comunale di Polizia Mortuaria […]” e – come in particolare censurato dal ricorrente – al “punto 5°)” impone una previsione perentoria, dal chiaro contenuto precettivo, del seguente tenore: “[…] È fatto assoluto divieto di tumulare persone estranee alla famiglia”.
Tale previsione, oltreché coerente con il disposto di cui al vigente art. 93 del d.P.R. n. 285 del 1990, è in linea con quanto era previsto, al tempo, dall’art. 71, comma 2°, ultima parte, del r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880 (ora abrogato), che ammetteva le (eventuali) previsioni più ampliative, solo laddove i regolamenti comunali e i singoli atti di concessione disponessero in tal senso, e poi dal successivo art. 94 del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (parimenti ora abrogato), che, invece, più restrittivamente, contemplava: “Il diritto di uso delle sepolture private è riservato alla persona del concessionario ed a quelle della propria famiglia”, con esclusione di ogni altra possibilità.
A comprova di quanto finora esaminato, nota il Collegio che, al capo XV, recante “Disposizioni generali e transitorie” del “Regolamento comunale di Polizia Mortuaria” della Città di Barletta, l’art. 130 (Disciplina delle concessioni perpetue) ribadisce eguale concetto e cioè che “le concessioni […] rilasciate anteriormente all’entrata in vigore del D.P.R. n. 803/1975 [ora abrogato], restano perpetue ed è consentita la tumulazione di salme o di resti mortali di parenti ed affini del concessionario, in tutti i gradi e linee” pure in tal caso “sempre che l’atto di concessione non disponga diversamente”; dunque, nel Comune di Barletta, quanto alle cappelle cimiteriali (di famiglia o gentilizie), è affidata eminentemente al contenuto dell’atto di concessione la disciplina del loro possibile utilizzo.
In merito, può ad abundantiam osservarsi in linea generale che un simile assetto normativo è quello di consueto rintracciabile nei regolamenti di polizia mortuaria di molti comuni, volti ad assegnare all’atto di concessione-contratto la disciplina in concreto della possibile fruizione della c.d. cappella gentilizia o di famiglia.
Infine, l’art. 132 (Norma di rinvio) del “Regolamento comunale di Polizia Mortuaria” della Città di Barletta, con norma di chiusura, stabilisce che “Per quant’altro non previsto nel […] regolamento comunale di Polizia mortuaria, si fa rinvio al regolamento nazionale di polizia mortuaria introdotto con D.P.R. n. 285/1990, e alla legge regionale Puglia introdotta con deliberazione n. 34 del 15 dicembre 2008 […]”.
Coerentemente alla ratio dell’eccezionalità della concessione della cappella familiare e all’esigenza di vietare la commercializzazione (anche indiretta) di porzioni di aree demaniali, è dunque l’atto di concessione a stabilire quali siano i confini dei possibili utilizzi delle cappelle de quibus, nei limiti temporali di validità della stessa concessione.
3.- Ciò posto, non è ammissibile il persistente rifiuto dell’Amministrazione della Città di Barletta ad attivarsi nell’esplicazione dei propri poteri di polizia mortuaria, demaniale e di autotutela esecutiva, che impongono di vigilare sull’uso delle cappelle private o di famiglia e di reprimere eventuali utilizzi difformi dalle concessioni dallo stesso rilasciate, a fronte di segnalazione o di denunce di privati.
Nella fattispecie concreta, va rimarcato che il ricorrente, erede del concessionario della cappella in questione, ha esposto, con dovizia di particolari, nei confronti del Comune resistente, il constatato avvenuto utilizzo difforme dalla concessione della cappella di famiglia. Lo stesso ha disconosciuto l’autenticità delle (scarne) dichiarazioni sostitutive di atto notorio, al tempo acquisite dal Comune, che peraltro non recano nel testo alcuna motivazione o indicazione circa la “pregressa convivenza”, oppure l’acquisizione di “particolari benemerenze” nei confronti del concessionario della cappella.
Le dichiarazioni sostitutive di atto notorio in discussione sono state rinvenute, presso il pubblico depositario costituito dal Comune, nel caso di specie, soltanto in fotocopia, pure prive di contrassegno alcuno, quanto a ricezione e protocollo ufficiale del Comune; non sono dunque documenti originali; in tal modo, costituiscono mere scritture private, che una volta disconosciute, non comportano alcun altro incombente a carico del ricorrente (art. 214 del codice di procedura civile).
Ancor più, è stata prodotta altra “scrittura privata pro-forma”, datata al mese di maggio 2017, che – sempre in toto estraneo rimanendo il Comune concedente – ad opera di soggetti privati “concede” al controinteressato, quale altro soggetto privato, l’uso non motivato di ben 6 nicchie e 12 loculetti della cappella di famiglia “-OMISSIS-”, da utilizzarsi per tumulare congiunti ed affini di quest’ultimo; soggetti che tabulas estranei o in alcun modo legati per benemerenza al concessionario e, a fortiori, ai suoi eredi. Una tale scrittura privata, parimenti prodotta in sola fotocopia, invero, palesa un potenziale reiterato utilizzo della cappella in discussione contrario all’atto di concessione risalente al 1956 e tutt’ora vigente.
Un tal atto privato, qualificato “scrittura privata pro-forma”, rispetto al quale il Comune di Barletta è in toto estraneo, prodotto nell’odierno processo, sottolinea vieppiù la necessità che l’Ente territoriale conduca ogni opportuno accertamento, al fine di scongiurare usi contrari alla concessione della cappella cimiteriale in discussione.
Infine, va ricordato che il disconoscimento fatto a pubblici ufficiali del Comune e/o l’insorgenza di dubbi in ordine all’autenticità di dichiarazioni sostitutive di atto notorio, rese ai termini del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, impone – come previsto dall’art. 71, comma 1 – alle amministrazioni di effettuare idonei controlli “nei casi di ragionevole dubbio”, sulla veridicità delle dichiarazioni rese, “anche successivamente all’erogazione dei benefici […] per i quali sono rese le dichiarazioni”.
In ultima analisi, il Comune resistente, a fronte di specifica istanza o denuncia, fatta da parte del concessionario o di chi abbia successiva facoltà di utilizzo, per sé e per i propri familiari o congiunti, di una cappella privata, in base a valido atto di concessione, che preveda l’esclusività dell’utilizzo della stessa, di un probabile uso improprio o contrario a concessione, deve attivare i poteri di polizia demaniale, mortuaria e, nel caso, di autotutela esecutiva, nonché quelli inerenti al disconoscimento di autenticità di dichiarazioni sostitutive di atto notorio, al fine di poter ripristinare l’osservanza della concessione, che pone diritti ed obblighi in capo ad entrambe le parti.
Va dunque assicurato da parte del Comune il precetto contenuto nell’atto di concessione, sul quale hanno interesse comune e speculare entrambe le parti (concedente e concessionario) a che sia fatto rispettare “[l’] assoluto divieto di tumulare persone estranee alla famiglia”, in conformità alla ratio stessa della concessione dell’edificazione della cappella di famiglia, mai suscettibile di utilizzo ad libitum ad opera di terzi, data la natura demaniale del suolo su cui viene edificata.
4.- In conclusione, per le sopra esposte motivazioni, il ricorso proposto va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
5.- Le spese del giudizio seguono il principio della soccombenza e sono liquidati come in dispositivo. Il contributo unificato va rifuso, in applicazione dell’art. 13, comma 6-bis.1, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei limiti dell’interesse e nei sensi in motivazione.
Condanna in solido il Comune di Barletta e il -OMISSIS-al pagamento delle spese del giudizio in favore del ricorrente, che sono liquidate in €. 2.000,00, a carco di ciascuna parte, per complessive €. 4.000,00, oltre accessori di legge. C.U. rifuso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppina Adamo, Presidente
Carlo Dibello, Consigliere
Lorenzo Ieva, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Lorenzo Ieva)
IL PRESIDENTE (Giuseppina Adamo)
IL SEGRETARIO