TAR Puglia, Bari, Sez. II, 15 aprile 2020, n. 491

TAR Puglia, Bari, Sez. II, 15 aprile 2020, n. 491

MASSIMA
TAR Puglia, Bari, Sez. II, 15 aprile 2020, n. 491
Non si può disconoscere in capo al comune il potere di imporre un corrispettivo per l’esercizio, da parte dei privati, dei trasporti funebri, al di là della questione sull’attualità o meno del diritto di privativa (stabilito dall’articolo 1, R.D. 15 ottobre 1925 n. 2578) in relazione a tale servizio pubblico comunale” (cfr.; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 6 giugno 2006, n. 6756). Il fondamento normativo dell’imposizione si rinviene nell’art. 19, comma 2, del regolamento di polizia mortuaria, il quale prevede che “Nei casi previsti dall’art. 16, comma 1, lettera a), ove il servizio dei trasporti con mezzi speciali non sia esercitato dal comune e con diritto di privativa, il comune per i trasporti funebri che consenta di eseguire a terzi nel territorio comunale, e sempre che non si tratti di trasporti eseguiti da confraternite con mezzi propri, può imporre il pagamento di un diritto fisso la cui entità non può superare quella stabilita per trasporti di ultima categoria”. Dalla formula della norma, che deve ritenersi tuttora vigente, discende la facoltà del Comune d’imporre un corrispettivo ai privati per lo svolgimento di trasporti funebri “al di là della questione – non pertinente – sulla attualità o meno del diritto di privativa (stabilito dall’art. 1 del R.D. 15.10.1925 n. 2578) in relazione a tale servizio pubblico comunale” (cfr.: TAR Campania, Napoli, n. 6756, cit., nonché, nel medesimo senso, TAR Campania, Salerno, Sez. II, 15 febbraio 2012, n. 226 e id., 1° agosto 2012, n. 1584).
Considerato che l’attività funebre è rimessa alla potestà regolamentare dei comuni e che il servizio funebre può essere svolto anche disgiuntamente dall’attività di onoranza funebre non si vede perché mai il comune non possa, come nel caso di specie, prevedere dei requisiti specifici in relazione all’accreditamento per il trasporto funebre nonché specifiche ipotesi di decadenza e revoca, verificatesi le quali il soggetto autorizzato potrà continuare a svolgere solo i servizi di onoranza funebre diversi dal traporto.
NORME CORRELATE
Pubblicato il 15/04/2020
N. 00491/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00071/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 71 del 2016, proposto da
< omissis > sr.l., < omissis> C.F.R.P., < omissis > s.r.l. e < omissis > di Pino S., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Aldo Loiodice e Michelangelo Pinto, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
contro
Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito;
per l’annullamento
“- della Deliberazione del Consiglio Comunale di Bari n. 57 del 16.10.2015, pubblicata all’Albo Pretorio in data 4.11.2015 e resa esecutiva a partire dal 5.11.2015, nelle parti impugnate con il presente ricorso ed in particolare: art. 9, art. 14, artt. 24, 26, 29, 30, art. 5 del regolamento comunale (ed ogni altro articolo eventualmente menzionato nel presente ricorso);
– nonché di ogni altro atto ad essa presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2019 l’avv. Donatella Testini e udito per la parte resistente il difensore avv. Pasquale Procacci, su delega dell’avv. Aldo Loiodice;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità di alcuni articoli del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Bari, approvato con delibera consiliare n. 57 del 16 ottobre 2015, che la parte ricorrente impugna per violazione della disciplina regionale (legge regionale 15 dicembre 2008 n. 34 e regolamento regionale 11 marzo 2015 n. 8) nonché per eccesso di potere in relazione alla mancata osservanza della circolare regionale n. 10790 del 20 luglio 2015.
Con la prima censura, la parte ricorrente impugna l’articolo 9 nella parte in cui non include il rilascio del certificato medico di trasporto di salma e il rilascio dell’autorizzazione al trasporto di cadavere tra le prestazioni gratuite a carico del Comune, lasciando intendere, a suo dire, che per il rilascio di tali autorizzazioni il Comune sia titolato a richiedere il pagamento di una tariffa, laddove, al contrario, la disciplina regionale ne prevederebbe la gratuità.
Censura altresì il comma 6 del predetto articolo 9 nella parte in cui prevede che il servizio di trasporto funebre possa essere assoggettato a tariffe stabilite dal Comune ai sensi dell’articolo 42, comma 2, lettera f), del T.U.E.L.(decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), trattandosi, invece, di attività liberalizzata per effetto dell’abrogazione del diritto di privativa del servizio pubblico di trasporto funebre di cui all’articolo 1, punto 8, del regio decreto n. 2578 del 1925 ad opera dell’articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, poi trasfuso nell’articolo 112 del T.U.E.L.
Con il secondo motivo, impugna l’articolo 14, commi 4 e 5, nella parte in cui stabilisce che le ditte del settore eseguano il trasporto funebre secondo le tariffe stabilite unilateralmente dal Comune e non in base a prezzi remunerativi e di mercato, in contrasto anche con la liberalizzazione dell’attività derivata dall’abrogazione della privativa comunale.
Con il terzo motivo, impugna tutte le norme del regolamento comunale che prevedono la necessità, per le imprese che intendono operare nel comune di Bari, di dotarsi dell’accreditamento, così introducendo un titolo autorizzatorio aggiuntivo rispetto all’ordinaria autorizzazione all’esercizio, non previsto dalla normativa regionale.
Si tratta, segnatamente, degli articoli 24, commi 2 e 13, 26 e 29.
Con il quarto motivo, impugna l’articolo 5, comma 3, che, nel prevedere un sistema di controlli a campione come possibile alternativa al sistema dei controlli periodici, sarebbe incompatibile con la disciplina regionale che, invece, impone ai comuni il compito di verificare la permanenza dei requisiti in capo a tutte le imprese di onoranze funebri.
Conclude per l’annullamento delle disposizioni impugnate, in accoglimento del gravame.
Il Comune di Bari, ancorché ritualmente intimato, non si è costituito.
Previo deposito di ulteriore memori, la causa viene ritenuta per la decisione alla pubblica udienza del 22 ottobre 2019.
2. Il ricorso non è suscettibile di favorevole apprezzamento.
2.1 Con il primo motivo di ricorso, la parte ricorrente si duole di una serie di norme contenute nell’articolo 9 del regolamento comunale.
2.1.1. Sotto un primo versante – dopo aver precisato che l’autorizzazione al trasporto della salma da parte del Comune è stata soppressa, essendo a tal fine sufficiente la certificazione rilasciata dal medico del SSN che il trasporto non arreca pregiudizio per la salute pubblica e che è escluso il sospetto che la morte sia dovuta a reato (articolo 10, comma 2, della legge regionale n. 34 del 2008) – rileva che tale certificazione non è inclusa nell’elenco dei “servizi di interesse pubblico” definiti gratuiti dal primo comma dell’articolo 9 in disamina.
Ulteriormente rilevato che, ai sensi del successivo comma 6, i servizi non inclusi nel comma 1 fra quelli gratuiti “sono sottoposti al pagamento delle tariffe secondo i criteri i cui all’articolo 42, comma 2, lettera f), del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267”, la parte ricorrente paventa la possibilità che il Comune possa assoggettare a tariffa il rilascio della certificazione medica, lamentando un contrasto con l’articolo 10, comma 2, della legge regionale n. 34 del 2008, con l’articolo 3 del regolamento regionale n. 8 del 2015 e con la circolare regionale del luglio 2015.
L’articolo 10, comma 2, della predetta legge regionale dispone che “2. Per effettuare il trasporto della salma, che deve avvenire entro le ventiquattro ore dal decesso, non occorre alcuna autorizzazione da parte del comune, ma è sufficiente apposita certificazione rilasciata dal medico curante o dal medico dipendente o convenzionato con il SSN, intervenuto in occasione del decesso, attestante che il trasporto non arreca pregiudizio per la salute pubblica ed è escluso il sospetto che la morte sia dovuta a reato”.
L’articolo 3 del regolamento, rubricato “Adempimenti conseguenti al decesso”, dispone, al comma 7, che “Per il trasporto dal luogo di decesso alle predette sedi di destinazione” [sala del commiato, camera mortuaria di struttura sanitaria pubblica e/o privata accreditata, previa disponibilità all’accoglimento della salma, civico obitorio, abitazione propria o dei familiari, luoghi di culto purché idonei all’osservazione della salma come prescritto dall’art. 12 comma 2 del D.P.R. n. 285/1990], “è necessaria l’acquisizione del certificato, di cui all’art. 37, co. 1, lett. a.1, da compilare in ogni sua parte, che dichiara l’idoneità della salma ad essere trasportata”.
Trattasi del c.d. certificato di “trasporto salma” emesso dal medico di medicina generale ai sensi del suddetto articolo 10.
La circolare regionale del luglio 2015 specifica che il certificato di “trasporto salma” viene redatto dal medico di medicina generale a titolo gratuito.
È appena il caso di sottolineare che, trattandosi di attività obbligata per il medico, la gratuità è ovvia.
A fronte di siffatta normativa sovraordinata al regolamento impugnato, così come interpretata dalla Regione, il ricorrente paventa la possibilità che il Comune possa richiedere il pagamento di una tariffa per il rilascio del certificato di “trasporto salma”.
La censura, in disparte ogni considerazione sulla dubbia concretezza dell’interesse che la sorregge, è palesemente infondata.
Il rilascio del certificato è un’attività che rientra nell’ambito necroscopico e, come tale, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del regolamento impugnato, è assicurata “in via obbligatoria sia da parte del comune sia del servizio sanitario regionale”.
La considerazione dirimente, comunque, è che il rilascio della certificazione sanitaria non può definirsi “servizio d’interesse pubblico” trattandosi con tutta evidenza dell’esercizio di una funzione amministrativa di carattere certificativo, ragion per cui la preoccupazione della parte ricorrente non ha ragion d’essere in quanto l’ambito oggettivo di applicazione dell’articolo 9 è limitato ai servizi.
2.1.2 Medesima preoccupazione viene espressa in relazione all’autorizzazione del trasporto di cadavere, rilevando come la circolare regionale del luglio 2019 espressamente la qualifica “non a titolo oneroso, essendo un atto dovuto e previsto dalla norma, contrariamente al solo servizio di trasporto”.
L’articolo 10 <i>bis</i> della legge regionale n. 34 del 2008, rubricato “Trasporto di cadavere”, prevede al primo comma quanto segue:
“Costituisce trasporto di cadavere il suo trasferimento dal luogo di decesso all’obitorio, alla camera mortuaria, alle strutture per il commiato, al luogo prescelto per le onoranze, compresa l’abitazione privata, al cimitero o al crematorio o dall’uno all’altro di questi luoghi. L’autorizzazione al trasporto di cadavere deve essere rilasciata dal sindaco del comune del luogo ove è avvenuto il decesso. Tale autorizzazione è necessaria anche per il trasporto del cadavere dall’abitazione privata del defunto alla struttura cimiteriale o al crematorio”.
Si tratta anche in questo caso di una funzione amministrativa e non di un servizio pubblico, ragion per cui non rientra nell’ambito oggettivo di applicazione dell’articolo 9 e dell’assoggettabilità a tariffa.
2.2 La restante parte del motivo va trattata congiuntamente con il secondo per evidente connessione logica.
2.2.1 In primis, occorre chiarire che il Collegio aderisce all’orientamento giurisprudenziale per cui “non si può disconoscere in capo al comune il potere di imporre un corrispettivo per l’esercizio, da parte dei privati, dei trasporti funebri, al di là della questione sull’attualità o meno del diritto di privativa (stabilito dall’articolo 1, r.d. 15 ottobre 1925 n. 2578) in relazione a tale servizio pubblico comunale” (cfr. T.A.R Campania Napoli, sez. I, 6 giugno 2006, n. 6756).
Invero, come osservato dai Giudici partenopei, il fondamento normativo dell’imposizione si rinviene nell’art. 19, comma 2, del regolamento di polizia mortuaria, il quale prevede che “Nei casi previsti dall’art. 16, comma 1, lettera a), ove il servizio dei trasporti con mezzi speciali non sia esercitato dal comune e con diritto di privativa, il comune per i trasporti funebri che consenta di eseguire a terzi nel territorio comunale, e sempre che non si tratti di trasporti eseguiti da confraternite con mezzi propri, può imporre il pagamento di un diritto fisso la cui entità non può superare quella stabilita per trasporti di ultima categoria”.
Dalla formula della norma, che deve ritenersi tuttora vigente, discende la facoltà del Comune d’imporre un corrispettivo ai privati per lo svolgimento di trasporti funebri “al di là della questione – non pertinente in questa sede – sulla attualità o meno del diritto di privativa (stabilito dall’art. 1 del R.D. 15.10.1925 n. 2578) in relazione a tale servizio pubblico comunale” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, n. 6756, cit., nonché, nel medesimo senso, T.A.R. Campania, Salerno, sezione II, 15 febbraio 2012, n. 226 e id., primo agosto 2012, n. 1584).
Ciò posto, la previsione nell’articolo, 14 comma 5, del regolamento impugnato di “tariffe stabilite dall’Ente” per il pagamento della tipologia di trasporto funebre appare pienamente legittima.
2.2.2 Il ricorrente lamenta la mancata specificazione, da parte del predetto articolo, del carattere di remuneratività delle tariffe, espressamente previsto, invece, dall’articolo 8, comma 11, del regolamento regionale n. 8 del 2015, a mente del quale “I corrispettivi di detti servizi sono stabiliti dalla Giunta Comunale e regolati da convenzioni con le imprese funebri locali disponibili. In mancanza di totale disponibilità, detti servizi sono resi obbligatori, a rotazione, per le diverse aziende, previa corresponsione dei corrispettivi che siano remunerativi per i servizi resi”.
La censura è ictu oculi generica, non essendovi alcun automatismo tra la previsione di tariffe e la loro asserita e non provata remuneratività.
Invero è l’intero articolo 14 che va letto in correlazione proprio con quel successivo articolo 25 che la parte ricorrente richiama a fondamento della censura dedotta.
Sebbene con discutibile tecnica normativa, è chiaro che la disciplina specifica e puntuale delle imprese di onoranze funebri è contenuta nel Capo II, articoli da 24 a 30. E l’articolo 25, per stessa ammissione della parte ricorrente, è fedele trasposizione del regolamento regionale.
Il primo e il secondo motivo di ricorso, in conclusione, sono infondati sotto ogni aspetto.
2.2.3 Con il terzo motivo, la parte ricorrente impugna tutte le norme del regolamento comunale che prevedono la necessità, per le imprese che intendono operare nel comune di Bari, di dotarsi dell’accreditamento, così introducendo un titolo autorizzatorio aggiuntivo rispetto all’ordinaria autorizzazione all’esercizio, non previsto dalla normativa regionale.
La censura è infondata.
L’articolo 15 legge regionale n. 34 del 2018 chiarisce che “per attività funebre si intende un servizio che comprende e assicura in forma congiunta le seguenti prestazioni:
a) disbrigo, su mandato dei familiari, delle pratiche amministrative inerenti il decesso;
b) fornitura di casse mortuarie e di altri articoli funebri in occasione di un funerale;
c) trasporto di salma, di cadavere, di ceneri e di ossa umane”. Su tali presupposti stabilisce che, per l’esercizio della stessa, le imprese, pubbliche o private, devono essere in possesso di un’apposita autorizzazione rilasciata dal comune in cui ha sede legale l’impresa (secondo comma).
L’individuazione dei requisiti per l’autorizzazione è di competenza dei comuni che adottano a tal fine apposito regolamento comunale “nel rispetto dei principi igienico – sanitari vigenti, delle disposizioni comunitarie e nazionali regolanti la materia e delle norme relative al miglioramento della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro” (terzo e quarto comma).
Il quinto comma stabilisce il criterio per cui le imprese “devono disporre di mezzi, risorse e organizzazione adeguati, fra cui:
a) la disponibilità continuativa di almeno un carro funebre e di autorimessa attrezzata per la disinfezione e il ricovero di non meno di un carro funebre;
b) la disponibilità di almeno una sede idonea alla trattazione degli affari amministrativi, ubicata nel comune ove si richiede l’autorizzazione;
c) personale in possesso di sufficienti conoscenze teorico-pratiche attinenti le specifiche mansioni svolte;
d) un responsabile della conduzione dell’attività funebre, che deve essere specificamente individuato, anche coincidente col legale rappresentante dell’impresa”, in tal guisa determinando i requisiti minimi che i regolamenti comunale devono prevedere per il rilascio dell’autorizzazione.
Il sesto comma, da ultimo, contempla la possibilità che le imprese possano svolgere il solo servizio di trasporto funebre in modo disgiunto dall’attività di onoranza funebre, chiarendo che in tal caso “devono essere dotate di apposita autorizzazione rilasciata dal comune e devono uniformarsi, per le caratteristiche dei mezzi da utilizzare, delle rimesse e del personale, a quanto previsto per l’esercente l’attività funebre”.
Considerato che la materia è rimessa alla potestà regolamentare dei comuni e che il servizio funebre può essere svolto anche disgiuntamente dall’attività di onoranza funebre non si vede perché mai il comune non possa, come nel caso di specie, prevedere dei requisiti specifici in relazione all’accreditamento per il trasporto funebre nonché specifiche ipotesi di decadenza e revoca, verificatesi le quali il soggetto autorizzato potrà continuare a svolgere solo i servizi di onoranza funebre diversi dal traporto.
Anche questa censura, pertanto, è infondata,
2.2.4 Con il quarto motivo, le istanti impugnano l’articolo 5, comma 3, che, nel prevedere un sistema di controlli a campione come possibile alternativa al sistema dei controlli periodici, sarebbe incompatibile con la disciplina regionale che, invece, imporrebbe ai comuni il compito di verificare la permanenza dei requisiti in capo a tutte le imprese di onoranze funebri.
La censura è inammissibile in quanto le fonti sovraordinate si limitano, come è ovvio, ad attribuire al comune il potere di vigilanza sulla correttezza dell’esercizio dell’attività funebre.
Le modalità di esercizio di tale potere rientrano nella piena discrezionalità del comune e rispetto alle stesse la parte ricorrente non è titolare di alcuna posizione qualificata e differenziata.
3. Il ricorso, in definitiva, è in parte infondato e in parte inammissibile e va respinto.
4. Non occorre statuire sulle spese di giudizio, in assenza di attività difensiva da parte del Comune intimato.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppina Adamo, Presidente
Francesco Cocomile, Consigliere
Donatella Testini, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Donatella Testini)
IL PRESIDENTE (Giuseppina Adamo)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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