TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 7 febbraio 2022, n. 279

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 7 febbraio 2022, n. 279

Pubblicato il 07/02/2022
N. 00279/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00504/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 504 del 2020 proposto dai Sigg. -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato Alessandro Tozzi e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Orlandi e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per il risarcimento
di tutti i danni derivanti ai ricorrenti dalla decadenza della concessione cimiteriale intestata alla famiglia -OMISSIS-disposta nel Comune nel 2016, mai notificata, e di tutti gli atti presupposti e conseguenti, ivi compresa la presunta segnalazione dello stato di abbandono della cappella del 2014 e l’estumulazione dei defunti avvenuta nel 2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune -OMISSIS- -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 novembre 2021 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. I ricorrenti, in qualità di eredi della famiglia -OMISSIS-che aveva in concessione dal -OMISSIS-una cappella gentilizia con 12 loculi, chiedono con il presente ricorso il risarcimento dei danni per l’illegittima decadenza della concessione cimiteriale, la traslazione delle salme e la perdita di alcune di esse.
Nell’ottobre del 2019 uno dei ricorrenti, il Sig. -OMISSIS-, si recava al cimitero a trovare la madre e gli altri parenti e, con sua grande sorpresa, non reperiva più la tomba della sua famiglia, che risultava intestata ad altra famiglia.
Dopo alcune ricerche effettuate col custode, scopriva che la tomba della madre (e di altri due componenti della famiglia) era stata spostata nel cd. “campo di consunzione”, mentre quella del padre era stata spostata direttamente nell’ossario comune, come quella delle altre salme della cappella, e non era sostanzialmente più rintracciabile; la cappella gentilizia recava un altro cognome, quello della famiglia -OMISSIS-.
A seguito di accertamenti effettuati in Comune, i ricorrenti venivano in possesso del provvedimento del dirigente comunale in data 31 dicembre 2015 con il quale era stata dichiarato lo stato di abbandono della cappella gentilizia -OMISSIS-per degrado delle parti in muratura. Del procedimento era stata data notizia mediante cartello affisso in data 18.03.2014 alla stessa cappella, con avvertimento che, in mancanza di interventi di ripristino, sarebbe stata pronunciata la decadenza della concessione cimiteriale e la sua riassegnazione, puntualmente avvenuta in via diretta a favore dell’incaricato dei lavori cimiteriali. Dell’estumulazione delle salme dalla tomba non risultano verbali ed il loro trasferimento in altra parte del cimitero risulta effettuato solo per alcune bare ed in via di mero fatto.
Contro gli atti adottati dal Comune, la cui legittimità è contestata ai fini risarcitori perché i ricorrenti non hanno più interesse ad una nuova sepoltura dei loro cari nello stesso cimitero ma preferiscono traslare le salme, vengono sollevati i seguenti motivi di ricorso:
I) Violazione di legge. Violazione artt. 7, 8 e 21 bis L. 241/1990.
I ricorrenti contestano la sufficienza delle forme di pubblicità sia dell’apertura del procedimento di decadenza, sia del procedimento di decadenza stesso, di cui non hanno mai avuto conoscenza, in quanto non pubblicato neppure al cimitero.
A loro dire il Comune non poteva in alcun modo esimersi dal porre in essere tutte le ricerche necessarie per comunicare agli eredi in qualche modo tale decadenza ed in particolare la ricerca anagrafica degli eredi attraverso la semplice consultazione del Registro Generale dei Testamenti presso il Ministero della Giustizia.
II) Eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza dei presupposti. Violazione artt. 71 e 71 bis regolamento comunale. Violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza.
I ricorrenti affermano che non sussisterebbe alcuna prova dello stato di abbandono della cappella e ciò risulterebbe confermato anche dall’esiguità del valore dei lavori di manutenzione assegnati in via d’urgenza al gestore dei lavori cimiteriali, che ammonta ad 11.000 €. per 5 cappelle dichiarate decadute.
III) Violazione artt. 7 e 8 L. 241/1990 sotto un altro profilo. Violazione artt. 71 e 71 bis regolamento cimiteriale.
I ricorrenti contestano la violazione dell’art. 71 bis del regolamento cimiteriale per due ragioni: a) sia per non aver inserito su Internet la comunicazione dello stato di abbandono; b) sia per non aver alla data del 31 dicembre 2015 riavviato il procedimento che era stato avviato nel marzo 2014 in totale dispregio di alcun regolamento, e dunque atteso almeno 90 giorni prima di procedere con la decadenza, avendo preferito invece stipulare convenzione subito dopo la decadenza dei vecchi Concessionari.
Ai fini risarcitori i ricorrenti evidenziano che la cappella con 12 loculi è stata per tabulas rilasciata in concessione dal Comune alla famiglia -OMISSIS- per la somma di 43,000,00 euro, che sarebbero quindi il parametro per il risarcimento patrimoniale. A tale somma vanno necessariamente aggiunti anche i costi di estumulazione e risepoltura delle tre salme, ad oggi conservate nel campo di consunzione, risepoltura che dovrà avvenire, per quanto dedotto, in un cimitero diverso da quello di -OMISSIS-, e alla quale dunque andrebbero aggiunti i costi del trasporto. Per quanto attiene ai costi per l’acquisto di una cappella i ricorrenti, -OMISSIS-, affermano che una cappella al cimitero del -OMISSIS- costa circa €. 170.000.
Per quanto attiene al danno morale i ricorrenti chiedono il pagamento di €. 50.000,00 in via equitativa per ciascuno dei figli ed €. 25.000,00 euro per il nipote.
La difesa del Comune ha contestato la legittimazione processuale dei ricorrenti in quanto mancherebbe la prova del rapporto di parentela con il fondatore della cappella. Inoltre contesta che la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento dipenderebbe da colpa dei ricorrenti che non hanno comunicato il subentro degli eredi nella concessione, così come contesta l’abusiva occupazione della cappella con defunti diversi da quelli indicati nella concessione.
Da ultimo chiede l’ammissione di prova testimoniale in merito allo stato di degrado della cappella.
Con ordinanza collegiale questa Sezione ha ritenuto necessario acquisire dalle parti i seguenti elementi di fatto, necessari per l’istruzione della causa:
– un documento dal quale risulti la ricostruzione del rapporto di parentela dei ricorrenti con i titolari della concessione (-OMISSIS- -OMISSIS-in -OMISSIS-) e con tutti i defunti che risultavano tumulati nella cappella al momento dell’atto di decadenza come desumibili da tale atto, indicante il grado di parentela ed eventuali altri parenti;
– la concessione cimiteriale dell’ultimo defunto tumulato (-OMISSIS-);
– la documentazione comunale dalla quale sia desumibile lo stato di degrado della cappella dichiarato nell’atto di decadenza ed il progetto per gli interventi edilizi eventualmente presentato dal nuovo concessionario per la ricostruzione della cappella con l’approvazione comunale;
– i certificati anagrafici storici di residenza del -OMISSIS-relativi ad -OMISSIS-e -OMISSIS-
.
In ottemperanza all’ordinanza il Comune ha depositato una dichiarazione del Comune che la signora -OMISSIS-fu sepolta nella cappella in base alla concessione del 1940 ed a regolare documentazione di trasporto e la dichiarazione che il nuovo concessionario della cappella ha svolto solo opere di manutenzione ordinaria senza titolo. In memoria chiede ammissione di prova testimoniale relativamente allo stato di degrado della cappella
I ricorrenti hanno depositato 1) l’estratto di nascita del Comune di Milano della signora -OMISSIS-padre dei ricorrenti, dal quale si evince che in data -OMISSIS-ha contratto matrimonio col sig. -OMISSIS-; 2) estratto matrimonio dei sigg.ri -OMISSIS-, genitori dei due ricorrenti e nonni del terzo, dal quale si evincono anche i nomi dei loro genitori; 3) Diploma di maturità del Sig. -OMISSIS-, padre dei ricorrenti, dal quale anche si evince il nome dei suoi genitori; 4) Estratto per riassunto atto di nascita del sig. -OMISSIS-.
All’udienza del 18 novembre 2021 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. In primo luogo occorre respingere le eccezioni di difetto di legittimazione dei ricorrenti per il fatto di non aver sufficientemente dimostrato di essere gli eredi del concessionario, in quanto il diritto di sepolcro consiste in una pluralità di diritti soggettivi che hanno contenuto diverso.
Esso, infatti non è formato dal solo diritto primario al sepolcro, che consiste nel diritto di essere seppelliti (jus sepulchri) o di seppellire altri in un dato sepolcro (jus inferendi mortuum in sepulchrum), che nel caso di specie i ricorrenti non hanno esercitato, non avendo richiesto la tumulazione di una salma; in particolare esso consta anche del diritto secondario di sepolcro, rappresentato dalla facoltà, spettante a chiunque sia congiunto di persone le cui spoglie si trovino in un determinato sepolcro, di accedervi per il compimento degli atti di pietas e di opporsi ad ogni atto che costituisca violazione e comunque forma di oltraggio a quella tomba.
Si tratta di un diritto personalissimo, che spetta agli eredi dei defunti ivi tumulati a qualsiasi titolo, e che consiste primariamente nella conservazione del luogo di conservazione dei resti e di essere primariamente avvertiti dello spostamento delle salme per esigenze connesse all’utilizzo del cimitero.
Esiste poi il diritto al sepolcro in senso stretto o diritto sul manufatto e sui materiali che lo compongono, avente ad oggetto l’edificio sepolcrale e gli eventuali accessori ed il diritto alla intestazione del sepolcro (c.d. ius nomini sepulchri), rappresentato dal diritto di apporre il proprio nome sul sepolcro da parte del fondatore e di tutti gli aventi diritto tumulati nel sepolcro stesso, che nel caso di specie è stato leso dall’eliminazione dell’intestazione della cappella alla famiglia dei ricorrenti.
Deve quindi escludersi che non sia stata idonea prova in giudizio, sia pur nei tempi ristretti richiesti dall’istruttoria processuale, della titolarità in capo ai ricorrenti di tutti i diritti di sepolcro diversi da quello primario, che i medesimi non intendono esercitare, come già chiaro dal fatto che hanno proposto una domanda risarcitoria e non di annullamento del provvedimento di decadenza.
2. In secondo luogo occorre respingere la richiesta di ammissione di prova testimoniale sulla condizione di degrado della cappella, in quanto la prova testimoniale non può essere assunta per ovviare ai vizi motivazionali del provvedimento.
Era infatti onere del Comune motivare sufficientemente il provvedimento di decadenza, spiegando le condizioni della cappella che richiedevano un intervento urgente ed utilizzando mezzi di prova idonei e relativi al momento della pronuncia di decadenza.
Il provvedimento, invece, facendo riferimento esclusivamente alla mancata risposta degli eredi del concessionario alla richiesta di interventi urgenti, si è limitato ai profili procedimentali della decadenza ma è risultato lacunoso con riferimento al profilo sostanziale della situazione di degrado dell’immobile.
Da ultimo occorre precisare che l’assunzione a testimoni dei nuovi titolari della cappella risulterebbe contraria alle esigenze di terzietà che la prova testimoniale richiede, in disparte che comunque di essa non vi è necessità in quanto è possibile desumere elementi di prova in merito allo stato dell’immobile dall’avviso di abbandono e dalle dichiarazioni comunali relative ai lavori richiesti al nuovo concessionario.
3. Nel merito il ricorso è fondato.
3.1 Il primo motivo di ricorso è fondato in quanto non è stata versata in giudizio alcuna prova dell’avvenuta affissione dell’avviso e della pubblicazione sul sito web comunale della segnalazione dello stato di abbandono, oltre che del regolamento cimiteriale aggiornato.
A ciò si aggiunge che l’impossibilità di rintracciare alcun discendente prevista dall’art. 71 bis del regolamento cimiteriale (tra l’altro non pubblicato sul sito internet comunale) dev’essere accertata con una ricerca anagrafica che non risulta effettuata. A ciò si aggiunge che, dai documenti del cimitero, risulta l’autorizzazione al trasporto dell’ultima salma tumulata prima della decadenza, dalla quale sarebbe stato possibile fare delle ricerche e probabilmente risalire agli attuali titolari del diritto di sepolcro. Né in senso opposto può valere il fatto che i documenti sono stati consegnati direttamente all’addetto del cimitero, in quanto essi costituiscono comunque atti amministrativi ed i provvedimenti attinenti al cimitero debbono essere motivati con riferimento ai documenti cimiteriali prima che a quelli anagrafici o di stato civile.
3.2 Per quanto attiene poi al ridotto decoro della cappella, la sua idoneità a giustificare la decadenza è insufficientemente motivata in quanto la pulizia, l’imbiancatura e la verifica dello stato del tetto costituiscono opere di manutenzione ordinaria che non raggiungono un livello tale da giustificare un provvedimento così grave qual è la decadenza dalla concessione. D’altro canto dalla concessione successiva risulta che il concessionario si è impegnato ad effettuare lavori per 11.000 euro lordi per 5 cappelle, compresa quella in giudizio, a dimostrazione che si trattava di opere veramente ridotte.
4. Deve quindi ritenersi sussistente la responsabilità del Comune per aver adottato un provvedimento illegittimo con comportamento colposo, in quanto perpetrato in violazione delle norme di legge e dei canoni di buon andamento ed imparzialità che reggono l’azione amministrativa.
5. Venendo ora alla quantificazione dei danni, occorre precisare che è ragionevole determinare in €. 43.000, oltre oneri fiscali, come da richiesta dei ricorrenti, il valore del diritto al sepolcro in senso stretto o diritto sul manufatto e sui materiali che lo compongono, avente ad oggetto l’edificio sepolcrale e gli eventuali accessori.
Non è possibile invece quantificare il danno nel valore di una cappella presso altro cimitero (quale il -OMISSIS- proposto dai ricorrenti), in quanto i valori risultano fortemente disparati in considerazione dell’importanza dei cimiteri e delle aree geografiche.
6. In merito poi alla violazione del diritto secondario di sepolcro, rappresentato dalla facoltà, spettante a chiunque sia congiunto di persone le cui spoglie si trovino in un determinato sepolcro, di accedervi per il compimento degli atti di pietas, il Collegio ritiene congruo stabilirlo in €. 5000,00 oltre oneri fiscali per ogni defunto, per un totale di 9 defunti, anche in considerazione del fatto che le tumulazioni alternative non sono di pari livello rispetto alle precedenti, la salma del padre dei due ricorrenti è stata gettata nell’ossario comune, altre salme di avi risultano disperse ed i trasferimenti, effettuati dall’acquirente della cappella, non sono stati in alcun modo registrati, cosicchè non esiste alcuna certezza delle operazioni svolte, di cui il Comune si è completamente disinteressato.
7. Per quanto attiene, invece, il diritto all’intestazione del sepolcro e le spese di trasferimento delle salme presso altro cimitero, il Collegio ritiene congruo liquidare forfettariamente la somma di €. 30.000 oltre oneri fiscali, in considerazione in particolare dell’alto numero di salme da trasferire.
8. In definitiva quindi il ricorso va accolto ed il Comune va condannato al risarcimento dei danni così come sopra quantificato.
9. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto condanna il -OMISSIS-al risarcimento dei danni ai ricorrenti, quantificato come in motivazione.
Condanna il Comune al pagamento delle spese processuali ai ricorrenti che liquida in €. 2000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Gabriele Nunziata, Presidente
Alberto Di Mario, Consigliere, Estensore
Oscar Marongiu, Consigliere
L’ESTENSORE (Alberto Di Mario)
IL PRESIDENTE (Gabriele Nunziata)
IL SEGRETARIO
[ In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. ]

Written by:

Sereno Scolaro

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