TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Regione Lombardia, Art. 70-bis T.U.LL.RR.SS. 30 dicembre 2009, n. 33
Massima
La giurisprudenza ha ormai chiarito che «il bacino di utenza è un concetto scientifico, e coincide con “l'area raggiungibile a partire da un punto prefissato su una cartina, il cosiddetto "baricentro", seguendo gli assi stradali. L'individuazione del "bacino di utenza" implica, quindi, l'applicazione di criteri specialistici e metodi di calcolo non surrogabili attraverso la comune esperienza o la scienza privata del Giudice»; pertanto, «per poter fornire la prova della c.d. vicinitas commerciale e, conseguentemente, della legittimazione a ricorrere, si palesa del tutto insufficiente la mera affermazione di parte della sussistenza di un comune "bacino d'utenza"» fra le due strutture commerciali confrontate (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 29.12.2023, n.11367; Id., 22.04.2024, n. 3619; Id., 28.06.2022, n.5353). Ne consegue che non è possibile, contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, desumere “alla luce dell’analogia dell’offerta dei servizi funebri, della prossimità delle strutture commerciali e della specificità della zona interessata, che le due società condividono il medesimo bacino di utenza con conseguente sovrapposizione concreta delle fasce di clientela”, in assenza di elementi di prova atti a delimitare e precisare il bacino d’utenza delle due imprese
Testo
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 28 ottobre 2024, n. 2912
Pubblicato il 28/10/2024
N. 02912/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01214/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1214 del 2023, proposto da
< omissis > S.a.s. di Antonio R. & Co., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Leonardo Sagnibene, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Mariano Comense, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Leonardo Salvemini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
S. Gianfranco e C. S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Murgia e Oscar Romolo Fumagalli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
– della SCIA n. 01577980137 – 08102018-1006 del 19.12.2018, presentata della società S. Gianfranco & Co. S.n.c., con i relativi allegati;
– della SCIA prot. 0037894 del 17.12.2018, presentata della società S. Gianfranco & Co. S.n.c. ai fini dell’agibilità, con i relativi allegati;
– del permesso di costruire convenzionato numero n. 242/PC del 18.05.2017 (pratica n. AP1234-548/2016 e pratica edilizia 489/2016), per opere consistenti nella ristrutturazione di fabbricato esistente per la realizzazione di una “casa funeraria” con i relativi allegati;
– del parere favorevole con condizioni espresso dalla Commissione Paesaggio del Comune di Mariano Comense nella seduta del 30.1.2017 con i relativi allegati;
– dell’art. 60, comma 4, delle N.T.A. – Norme Tecniche di Attuazione del Piano del Governo del Territorio adottato con Delibera di Consiglio Comunale del Comune di Mariano Comense n. 30 del 2.3.2016 richiamato nell’impugnato permesso di costruire convenzionato;
– di tutti i provvedimenti ed atti antecedenti, presupposti, connessi e consequenziali, comunque lesivi dell’interesse della società ricorrente, in particolare, ove ritenuto necessario, della Convenzione per l’attuazione del permesso di costruire convenzionato prot. 19644 del 20.6.2017.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mariano Comense e di S. Gianfranco e C. S.n.c.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2024 la dott.ssa Valentina Caccamo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente < omissis > S.a.s. di Antonio R. & Co. (di seguito anche solo “< omissis >”) premette di essere un’impresa del settore delle onoranze funebri attiva dal 2021 nel Comune di Mariano Comense, in cui opera anche la società concorrente S. Gianfranco & Co. S.n.c. (di seguito solo “S. Gianfranco & Co”), titolare di una “casa funeraria” denominata “Il Cedro”.
2. Espone di aver appreso, tramite accesso agli atti, le seguenti circostanze:
– in data 18.5.2017, la società S. Gianfranco & Co ha ottenuto dal Comune di Mariano Comense il permesso di costruire convenzionato n. 242/PC (pratica n. AP1234-548/2016 e pratica edilizia 489/2016) per la ristrutturazione, con cambio di destinazione d’uso da produttivo a “casa funeraria”, di un fabbricato esistente sul territorio Comunale, alla via per Cabiate n. 12;
– il progetto ha previamente ottenuto il parere positivo della Commissione paesaggio e dell’A.T.S. Insubria – Agenzia di Tutela della Salute dell’Insubria;
– la controinteressata ha quindi presentato la SCIA prot. 0037894 del 17.12.2018 ai fini dell’agibilità dei locali e la SCIA n. 01577980137 del 19.12.2018, con la quale ha comunicato al S.U.A.P. del Comune di Mariano Comense l’avvio dell’attività ai sensi dell’art. 32 della L.R. della Lombardia n. 6/2004, facendo riferimento all’apertura di una “sala di commiato”.
3. Con il presente ricorso < omissis > impugna, chiedendone l’annullamento, le suddette SCIA n. 01577980137 del 19.12.2018 e prot. 0037894 del 17.12.2018, il citato permesso di costruire convenzionato, il parere favorevole espresso dalla Commissione Paesaggio del Comune di Mariano Comense e l’art. 60, comma 4, delle N.T.A. – Norme Tecniche di Attuazione del Piano del Governo del Territorio (P.G.T.) del predetto comune, richiamato nel permesso di costruire convenzionato.
4. Premette, innanzitutto, la sussistenza della legittimazione ad agire sulla base sia della propria “qualità di operatore del settore funebre” che le consentirebbe di impugnare gli atti sottesi all’esercizio dell’attività di un’impresa “sua concorrente economica nel territorio comunale”, sia del criterio della vicinitas commerciale, intesa come interferenza col medesimo bacino di utenza tra operatori economici, oltre a evidenziare, sempre in via preliminare, la tempestività del gravame con riferimento all’impugnazione dell’art. 60, comma 4, delle N.T.A., in quanto impresa operativa sul territorio comunale con una propria sede soltanto a partire dal 2021. In particolare, secondo la ricorrente, la società controinteressata opererebbe «nel mercato di riferimento utilizzando una sede, non in possesso di legittimi titoli edilizi, laddove risulta ubicata a soli 65 metri dal cimitero comunale e tale da ledere gli interessi della ricorrente sviando la clientela ed instaurando un regime di “concorrenza sleale”» (cfr. ricorso, pagg. 7 e 8).
4.1 Nel merito deduce quanto segue:
– all’interno della zona di rispetto cimiteriale non sarebbero consentiti cambi di destinazione d’uso degli edifici esistenti per la realizzazione di “case funerarie”, come risulterebbe dal combinato disposto dell’art. 338, comma 7, del R.D. 27.7.1934 n. 1265 e dell’art. 70 bis, comma 5, L.R. della Lombardia n. 33/2009;
– l’art. 70-bis, comma 5, L.R. della Lombardia n. 33/2009, nel disciplinare l’ubicazione delle case funerarie, ne vieterebbe la collocazione “nelle immediate vicinanze” dei cimiteri, locuzione specificata dal successivo Regolamento Regionale n. 4/2022 che individua tale limite nella distanza non inferiore a 100 metri;
– l’art. 60 delle N.T.A., sulla cui base è stato rilasciato il permesso di costruire convenzionato, sarebbe illegittimo, in quanto, sebbene ponga un vincolo di inedificabilità assoluta all’interno della “zona di rispetto cimiteriale” ivi vietando la costruzione di nuovi edifici o l’ampliamento di quelli esistenti, ammetterebbe tuttavia, attraverso la presentazione di un permesso di costruire convenzionato, la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia con cambio di destinazione d’uso per l’insediamento di attività finalizzate all’onoranza dei defunti, in violazione dall’art. 70 bis della L.R. della Lombardia n. 33/2009. In particolare, consentire la costruzione di una “casa funeraria” nella fascia di rispetto cimiteriale pregiudicherebbe gli interessi degli altri operatori del settore non collocati in prossimità di detta area, con una evidente alterazione del regime concorrenziale nel settore dei servizi funerari del Comune e con la conseguente violazione dei principi di cui all’art. 41 della Costituzione;
– il Comune avrebbe rilasciato un permesso di costruire convenzionato, che presuppone la conformità con gli strumenti urbanistici dell’ente locale, consentendo illegittimamente il cambio di destinazione da produttivo a “casa funeraria” di un immobile preesistente, poiché in violazione dell’art. 70 bis della L.R. della Lombardia n. 33/2009;
– sarebbe evidente lo sviamento di potere dell’ente locale che, per ottenere la realizzazione di un parcheggio e la possibilità di utilizzare tre camere ardenti all’anno per esigenze comunali (cui è subordinato il rilascio del permesso di costruire convenzionato), avrebbe finito per garantire alla controinteressata la possibilità di realizzare una casa funeraria a 65 metri dal cimitero, in violazione della normativa di settore e senza il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria;
– sebbene la società controinteressata abbia ottenuto, con il permesso di costruire convenzionato, l’autorizzazione alla ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso da produttivo a “casa funeraria”, avrebbe tuttavia segnalato nella SCIA del 19.12.2018 l’apertura della nuova sede commerciale denominata “Il Cedro” indicando l’esercizio di una “sala di commiato”, attività del tutto differente quanto a presupposti normativi; inoltre, tale struttura non sarebbe dotata, come prescrive, l’art.70 bis, comma 4 lett. c), della L.R. della Lombardia n. 33/2009 di “almeno una cella frigorifera”, il che la renderebbe non a norma.
4.2. La ricorrente chiede inoltre al Tribunale di voler disporre, nell’esercizio dei poteri istruttori di cui all’art. 65 c.p.a., l’acquisizione di tutti gli atti afferenti al permesso di costruire con particolare riferimento a: “a) copia integrale della Tavole degli impianti allegate alla Relazione Tecnica e Documentazione Grafica di cui al permesso di costruire convenzionato per la realizzazione della casa funeraria della società “S. Gianfranco & Co.” ma non trasmesse in sede di accesso agli atti; b) alla copia del parere favorevole al progetto per la realizzazione di una “casa funeraria” dalla società “S. Gianfranco & Co. snc” dall’A.T.S. Insubria – Agenzia di Tutela della Salute dell’Insubria in data 2.3.2017”.
5. Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso il Comune di Mariano Comense e S. Gianfranco & Co, sollevando, con successive memorie difensive, eccezioni preliminari di inammissibilità del gravame per mancata dimostrazione dell’interesse ad agire e per tardività, nonché per difetto del requisito della diretta impugnabilità con riferimento alle SCIA presentate dalla società controinteressata; nel merito, entrambe le parti hanno insistito per il rigetto del ricorso in quanto infondato.
6. La ricorrente ha replicato a dette eccezioni con memoria e, all’udienza pubblica del 9.10.2024 fissata per la trattazione del merito del ricorso, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Come correttamente rilevato dalle difese dell’amministrazione resistente e della controinteressata, il gravame deve essere dichiarato inammissibile.
8. È innanzitutto inammissibile la domanda di annullamento spiegata dalla ricorrente con riferimento alla SCIA n. 01577980137 – 08102018-1006 del 19.12.2018 e alla SCIA prot. 0037894 del 17.12.2018 presentate dalla società controinteressata, poiché tali segnalazioni certificate sono riconducibili all’esercizio di attività non soggetta ad autorizzazione e, dunque, presentano natura oggettivamente e soggettivamente privata, non risultando conseguentemente impugnabili in via diretta. Difatti, ai sensi dell’art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241/1990, “la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, con conseguente inammissibilità del relativo gravame (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2022 n. 2697; sez. I, parere 22 gennaio 2020, n. 480; Corte cost. n. 153 del 2020)” (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 11.04.2023, n. 3654).
9. Ciò posto, anche nella restante parte il gravame risulta inammissibile.
10. Ritiene infatti il Collegio che sia fondata, in primo luogo, l’eccezione di difetto di legittimazione e interesse ad agire sollevata dal Comune di Mariano Comense, secondo cui sarebbe mancata la dimostrazione sia dell’esistenza di un comune bacino d’utenza (c.d. vicinitas commerciale) tra le due imprese in concorrenza tra loro, sia dell’effettivo pregiudizio subito dalla ricorrente a causa dell’attività della controinteressata che, a suo dire, opererebbe in violazione delle normative disciplinanti la localizzazione delle case funerarie. In particolare, evidenzia l’amministrazione che la ricorrente non avrebbe prodotto “alcun elemento tecnico – contabile volto a comprovare che il proprio bacino d’utenza coincida con quello della controinteressata e, in ogni caso, non può dirsi sufficiente il richiamo al criterio della vicinitas in combinazione con quello dell’identità del bacino d’utenza, ove manchi l’allegazione puntuale di un concreto pregiudizio, che non può essere affidata al generico rilievo contenuto nel ricorso introduttivo (Cons. Stato, sez. II, 21.04.2021, n. 3231)” (cfr. pag. 6, memoria ex art. 73 c.p.a. dell’amministrazione).
11. Come noto, l’azione di annullamento esperita dinanzi al giudice amministrativo è subordinata alla sussistenza delle condizioni dell’azione, quali sono la legittimazione ad agire, intesa come titolarità di una posizione giuridica qualificata che differenzia il ricorrente dalla generalità dei consociati, e l’interesse al ricorso, ovvero il vantaggio concreto che questi ricaverebbe dall’accoglimento del gravame e dal conseguente annullamento degli atti impugnati.
12. Ora, con riferimento specifico alla vicinitas urbanistico – edilizia, ma con enunciazione di principi di carattere generale, è intervenuta espressamente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato riconoscendo che, “riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato” (Ad.pl. n. 22/2021). Per dimostrare l’interesse ad agire è quindi indispensabile, da parte del ricorrente, fornire prova del concreto pregiudizio patito e patiendo derivante dall’atto impugnato, distinto da un mero interesse di fatto al ripristino della legalità violata (Ad.pl. n. 9/2021).
Le condizioni dell’azione, pertanto, in un sistema di giurisdizione soggettiva, costituiscono “un controllo di meritevolezza dell’interesse sostanziale in gioco volto a impedire che l’esercizio dell’azione divenga strumento per tutelare interessi emulativi, di mero fatto, pretese impossibili o contra ius” (cfr. inter alia, TAR Veneto, sez. II, 4 agosto 2017, n. 784). Funzione, questa, che appare particolarmente rilevante laddove si contrappongano in giudizio interessi entrambi meritevoli di tutela, come avviene nel caso di specie, in cui, a fronte della pretesa al rispetto delle disposizioni che regolano la collocazione delle imprese di onoranze funebri sul territorio e la gestione del servizio mortuario, si pongono la libertà di esercizio delle attività economiche e la concorrenza sul mercato.
13. Poste queste coordinate ermeneutiche, ritiene il Collegio che nel caso sub iudice la ricorrente non abbia adeguatamente allegato, né dimostrato, la sussistenza delle condizioni dell’azione nei termini sopra chiariti. In primo luogo, difatti, non vi è alcuna prova della sussistenza di una condizione di vicinitas edilizia o “commerciale” tra due imprese che operano nello stesso segmento di mercato, mancando finanche una chiara indicazione dell’ubicazione delle due aziende nel territorio comunale e della distanza – mai specificata – intercorrente tra le stesse, condizione preliminare affinché si possa prospettare un’interferenza oggettiva tra le due attività.
In sostanza, pur avendo invocato il succitato criterio ai fini della legittimazione ad agire, parte ricorrente non ha dimostrato che tale condizione di “vicinanza” fisica sussista effettivamente alla luce delle caratteristiche del territorio, della sua estensione e della distanza spaziale tra la sede delle due imprese prese in considerazione.
13.1 Né tantomeno è stata fornita alcuna prova circa la sussistenza di un comune bacino d’utenza – elemento centrale nella stessa definizione di vicinitas commerciale – inteso come “l’area in cui si dispiega l’influenza economica del concorrente ed è quindi idonea a incidere sulle posizioni di mercato del controinteressato” (cfr. C.d.S. sez. IV, 3 settembre 2014 n. 4480), essendo insufficiente a tal fine il mero riferimento alla collocazione di entrambe le aziende sul territorio del medesimo comune, peraltro con una popolazione di circa 25.000 abitanti e dunque di non piccole dimensioni (cfr. memoria di replica della ricorrente, pag. 3). In particolare, la giurisprudenza ha ormai chiarito che «il bacino di utenza è un concetto scientifico, e coincide con “l’area raggiungibile a partire da un punto prefissato su una cartina, il cosiddetto “baricentro”, seguendo gli assi stradali. L’individuazione del “bacino di utenza” implica, quindi, l’applicazione di criteri specialistici e metodi di calcolo non surrogabili attraverso la comune esperienza o la scienza privata del Giudice»; pertanto, «per poter fornire la prova della c.d. vicinitas commerciale e, conseguentemente, della legittimazione a ricorrere, si palesa del tutto insufficiente la mera affermazione di parte della sussistenza di un comune “bacino d’utenza”» fra le due strutture commerciali confrontate (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 29.12.2023, n.11367; Id., 22.04.2024, n. 3619; Id., 28.06.2022, n.5353). Ne consegue che non è possibile, contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, desumere “alla luce dell’analogia dell’offerta dei servizi funebri, della prossimità delle strutture commerciali e della specificità della zona interessata, che le due società condividono il medesimo bacino di utenza con conseguente sovrapposizione concreta delle fasce di clientela” (pag. 3 e 4 della memoria di replica), in assenza di elementi di prova atti a delimitare e precisare il bacino d’utenza delle due imprese.
14. Ciò posto, quand’anche fosse dimostrata la sussistenza della legittimazione ad agire sulla base della vicinitas commerciale o edilizia – cosa che non è per le ragioni prima dette – il mero astratto richiamo a tale criterio e alla presenza del medesimo bacino d’utenza non sarebbe comunque sufficiente a dare ragione del diverso elemento dell’interesse a ricorrere, “essendo al riguardo necessaria la prova del danno che il ricorrente riceva nella sua sfera giuridica e non essendo invece sufficiente il mero generico vanto di una pretesa a conservare il proprio flusso di clientela (cfr. ad es. in generale IV Sez. n. 7447 del 2009 nonché IV Sez. n. 2458 del 2018)” (cfr. Cons. di Stato, Sez.IV, 14.11.2018, n. 6419). Del resto, è stato sottolineato che “il rilievo attribuito dall’Unione europea e dal legislatore nazionale alla libertà di concorrenza induce a ritenere che la prova del pregiudizio derivante dall’insediamento della nuova impresa (che si vuol contestare)” – o, come nella specie, di quella già operativa sul mercato di cui si vorrebbe bloccare l’esercizio – “debba esser data in modo rigoroso, senza che esso si possa presumere, e che si debba trattare di un pregiudizio significativo (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 5 settembre 2022 n. 7704)” (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 8.08.2024, n. 7052).
15. E ciò a prescindere dalla circostanza che < omissis > non contesti l’apertura di una nuova impresa concorrente, ma la regolarità dei titoli edilizi rilasciati per l’insediamento di un’attività preesistente e già operativa sul territorio, poiché il pregiudizio subito dal soggetto che agisce in giudizio costituisce corollario indefettibile dell’interesse al ricorso, che, in una giurisdizione di natura soggettiva, deve essere sempre collegato all’incidenza negativa sulla sfera giuridica del ricorrente dei provvedimenti amministrativi di cui questi chiede l’annullamento. Peraltro, la giurisprudenza ha precisato che non è necessario fornire dimostrazione di tale pregiudizio nella sua effettiva consistenza – così da poter consentire il soddisfacimento di detto onere di allegazione anche nei casi in cui la concreta quantificazione del danno subito o paventato non sia possibile – purché esso “venga prospettato in modo non implausibile e suffragato da elementi di prova dotati di apprezzabile significatività, specie a fronte dell’altrui contestazione di tale condizione” (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 23.02.2017, n. 853). Nel caso in esame, tuttavia, non è dato rinvenire alcuna prospettazione del danno collegato alla presenza dell’impresa concorrente sul territorio comunale, vieppiù considerando che la stessa era già attiva nel momento in cui si è insediata l’odierna ricorrente.
16. < omissis >, peraltro, nel replicare alle eccezioni sollevate dall’amministrazione comunale in merito all’insussistenza delle condizioni dell’azione, ha chiaramente riconosciuto che “l’azione della società ricorrente è tesa a ristabilire la libera concorrenza e ad eliminare le cause della posizione dominate della controinteressata, causata dall’illegittima posizione della sede della stessa per la violazione delle norme urbanistiche di zona”, così delineando i termini di un interesse a ricorrente tutt’altro che personale, qualificato e differenziato rispetto alla generalità dei consociati, come richiesto sul piano della verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione. Né vale in senso contrario l’ulteriore precisazione secondo cui l’odierno ricorso sarebbe comunque anche finalizzato a “garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente ivi incluso l’ambiente urbano”, come sarebbe dimostrato “dalla coeva istanza di avvio del procedimento di verifica ex art. 70 bis, comma 6, della L.R. Lombardia 30.12.2009 n. 33”. Tale affermazione, invero, è irrilevante ai fini di cui si discute nella presente sede, poiché l’interesse e la legittimazione ad agire devono emergere nel quadro della specifica azione giudiziaria spiegata dalla parte, nei termini che sono stati ad incipit delineati, e non possono trovare indirettamente riprova o conferma tramite iniziative che non si collocano all’interno della medesima cornice processuale.
17. Peraltro, ove si riconoscesse la possibilità di agire in giudizio in mancanza di allegazioni e adeguata prova del pregiudizio subito o potenziale correlato agli atti di cui si chiede l’annullamento, si rischierebbe di legittimare azioni finalizzate “a tutelare interessi emulativi, di mero fatto o contra ius, siccome volti nella sostanza a contrastare la libera concorrenza e la libertà di stabilimento” (Cons. Stato, sez. IV 29 marzo 2018 n.1977, ripresa da Cons. Stato, sez. IV, n. 11367 del 2023, cit.)” (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 16.08.2024, n. 7146), di fronte alle quali non può configurarsi alcuna legittimazione processuale.
18. Infine, nemmeno è ravvisabile un interesse ad agire in termini di vicinitas edilizia, mancando in atti – oltre, come anzidetto, alla chiara indicazione della distanza intercorrente tra la sede dell’impresa ricorrente e quella della controinteressata, nonché della rilevanza che tale distanza potrebbe assumere in ragione dell’estensione del territorio e della sua conformazione – qualsivoglia allegazione in ordine allo specifico pregiudizio che la costruzione della casa di commiato “Il Cedro” potrebbe arrecare, sotto il profilo edilizio o urbanistico, al sito che ospita la sede della società ricorrente.
19. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato complessivamente inammissibile.
20. Fermo quanto sopra, rileva per completezza il Collegio che è fondata anche l’eccezione preliminare di irricevibilità del ricorso per tardività, sollevata dalla difesa della controinteressata. Come correttamente evidenziato da quest’ultima, tutti gli atti oggetto di gravame risalgono agli anni 2017/2018 e attengono a situazioni ormai consolidate, essendo stati completati i lavori costruttivi autorizzati in forza dei predetti titoli in data 11.12.2018 (cfr. ricorso, pag. 5).
La società ricorrente, pertanto, ha avuto conoscenza della localizzazione della casa funeraria “Il Cedro” sin dal momento in cui ha dato avvio alla propria attività commerciale sul territorio del Comune di Mariano Comense, nel mese di luglio del 2021, essendo a quella data già realizzata e operativa presso l’attuale sede la struttura gestita dalla controinteressata. Nonostante le caratteristiche dell’opera e la sua collocazione in prossimità del cimitero comunale fossero immediatamente percepibili, < omissis > ha formalizzato istanza di accesso agli atti onde acquisire i titoli edilizi relativi alla realizzazione della predetta struttura soltanto nel corso del 2023, disattendendo ogni onere di diligenza che impone alla parte di attivarsi tempestivamente a fronte di un intervento edilizio che riveli chiaramente profili di illegittimità – come accade con riferimento alla localizzazione di un’opera in area ritenuta inidonea – proponendo poi il presente ricorso nel giugno del medesimo anno. Anche sotto questo profilo, pertanto, il ricorso non potrebbe andare incontro a una delibazione favorevole.
21. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Mariano Comense e di S. Gianfranco e C. S.n.c., che liquida in euro 1.000,00 (mille/00) per ciascuna di dette parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Gabriele Nunziata, Presidente
Antonio De Vita, Consigliere
Valentina Caccamo, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Valentina Caccamo)
IL PRESIDENTE (Gabriele Nunziata)
IL SEGRETARIO