TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 3 L. 30/3/2001, n. 130
Massima
Il provvedimento di diniego dell’autorizzazione alla cremazione costituisca atto proprio dell’Ufficiale dello Stato Civile con carattere strettamente vincolato, limitandosi quest’ultimo alla verifica dei presupposti che legittimano la domanda e, dunque, all’accertamento della manifestazione della volontà del de cuius nelle forme previste dalla legge. Trattandosi di una valutazione di corrispondenza fra i requisiti richiesti dalle fonti normative che regolano la materia – segnatamente l’art. 3, comma 1, lett. b) della Legge n. 130/2001 – e quelli dichiarati dall'istante, l’amministrazione non opera alcuna ponderazione discrezionale ai fini dell'accoglimento o del diniego dell'istanza rispetto alla quale possa configurarsi una posizione di interesse legittimo, essendo il potere pubblico interamente predeterminato . Difatti, nonostante la ratio sottesa alla Legge n. 130/2001 (“Disposizioni in materia di cremazione e di dispersione delle ceneri”) sia, in linea di principio, riconducibile primariamente alla tutela della salute pubblica e solo in via secondaria all’attuazione dell'interesse privato, tale affermazione non vale con riferimento alla situazione soggettiva che viene in considerazione laddove debba essere autorizzato l’an e non il quomodo della cremazione, trattandosi, in questo caso, di azionare in giudizio una situazione di diritto soggettivo del de cuius – cioè lo ius eligendi sepulchrum – garantendone la piena attuazione, anche quando, come nella fattispecie, essa presupponga l’esecuzione di una sorta di mandato post mortem affidato ai familiari. Tale diritto, difatti, “inteso come potere di determinare la località, il punto e le modalità di sepoltura della salma di una determinata persona”, spetta “alla persona medesima cui il corpo appartiene trattandosi di diritto della personalità per sua natura assoluto ed intrasmissibile” (cfr. Tribunale di Ancona, Sez. I, 03.03.2021, n. 308), del quale il de cuius può disporre in vita e per il futuro. Ne consegue che “ogni persona fisica può (…) determinare la destinazione del proprio cadavere, ponendo in essere un negozio giuridico avente per oggetto una cosa futura e classificabile tra i negozi di ultima volontà, di tipo unilaterale e revocabile” (cfr. Tribunale di Ancora, cit.), la legge consentendo espressamente che tra le disposizioni testamentarie rientrino anche quelle a carattere non patrimoniale (art. 587 c.c., comma 2) (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 23.05.2006, n.12143).
Testo
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 24 agosto 2024, n. 2358
Pubblicato il 24/08/2024
N. 02358/2024 REG.PROV.COLL.
N. 02515/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2515 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabrizio Donegani, Claudia Barzaghi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Como, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Chiara Piatti, Marilisa Ogliaroso, Antonio Tafuri, Andrea Romoli Venturi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia
– della nota del Servizio stato civile del Comune di Como prot. -OMISSIS- dell’11 ottobre 2023;
e per la condanna
– del Comune di Como a provvedere sull’istanza del ricorrente del -OMISSIS-, in conformità a quanto stabilito dalla emananda sentenza e al pagamento delle spese di giudizio;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Como;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2024 la dott.ssa Valentina Caccamo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il presente ricorso il signor -OMISSIS- ha impugnato l’atto dell’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Como con cui è stata negata l’autorizzazione alla cremazione della salma della madre, -OMISSIS-, ivi deceduta il -OMISSIS-. Nel contestato provvedimento si afferma che, in assenza di specifiche disposizioni testamentarie o dell’iscrizione ad apposite associazioni aventi tra i propri fini statutari la cremazione delle spoglie degli associati, la volontà del defunto di procedere alla cremazione è espressa dal coniuge o dal parente più prossimo; pertanto, poiché nella fattispecie la signora -OMISSIS- era coniugata, seppur in regime di separazione legale, la richiesta di cremazione della salma avrebbe potuto essere inoltrata soltanto dal coniuge superstite, cui spetterebbe in questi casi, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. b) della Legge n. 130/2001, il diritto di esprimere post mortem le volontà della defunta con prevalenza rispetto ai figli.
2. A sostegno del gravame il ricorrente ha articolato censure di violazione di legge, con riguardo agli articoli 3, 7, 8, 9, 10, 10-bis L. 241/1990 e alla Legge n.130/2001, eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, lamentando violazioni attinenti al corretto svolgimento del procedimento amministrativo sottostante e contestando, nel merito, l’erroneità della motivazione del provvedimento finale, in quanto la signora -OMISSIS- era legalmente separata da venticinque anni con addebito al marito, peraltro irreperibile da oltre vent’anni, e in vita aveva espresso l’intenzione di far cremare le proprie spoglie.
3. Si è costituito in giudizio per resistere al ricorso il Comune di Como, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale amministrativo e insistendo nel merito per il rigetto del gravame.
4. Alla camera di consiglio del 31.01.2024, il ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare. Le parti hanno successivamente depositato scritti difensivi a sostegno delle rispettive posizioni e, all’udienza del 26.06.2024, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, essendo la stessa devoluta al giudice ordinario.
6. Va premesso che, in termini generali, la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, ai fini del relativo riparto, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il “petitum” sostanziale da identificarsi non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della “causa petendi”, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati (cfr. Cass. Civ. Sez. Un., 8.05.2007, n. 10374; Cass. Civ., Sez.Un., 5.7.2013, n. 16883; Cass. Civ., Sez. Un., 7.4.2015, n. 6916; Cass. Civ., Sez. Un., 25.2.2016, n. 3732; Cass. Civ. Sez. Un., 14.01.2020, n.416).
7. Ciò posto, ritiene il Collegio che il provvedimento di diniego dell’autorizzazione alla cremazione costituisca atto proprio dell’Ufficiale dello Stato Civile con carattere strettamente vincolato, limitandosi quest’ultimo alla verifica dei presupposti che legittimano la domanda e, dunque, all’accertamento della manifestazione della volontà del de cuius nelle forme previste dalla legge. Trattandosi di una valutazione di corrispondenza fra i requisiti richiesti dalle fonti normative che regolano la materia – segnatamente l’art. 3, comma 1, lett. b) della Legge n. 130/2001 – e quelli dichiarati dall’istante, l’amministrazione non opera alcuna ponderazione discrezionale ai fini dell’accoglimento o del diniego dell’istanza rispetto alla quale possa configurarsi una posizione di interesse legittimo, essendo il potere pubblico interamente predeterminato ex lege.
7.1 Tale conclusione mantiene validità anche alla luce dell’insegnamento giurisprudenziale secondo cui il carattere vincolato dell’attività svolta dall’amministrazione non denota ipso facto l’assenza di una posizione di supremazia e non dimostra automaticamente la natura paritetica degli atti adottati dalla stessa nel rapporto con l’amministrato (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 9.12.2020 n.7820), in quanto la circostanza che l’esercizio del potere amministrativo sia predeterminato dalla legge nell’an e nel quomodo può comunque correlarsi a una situazione di interesse legittimo laddove l’amministrazione “eserciti una funzione di verifica, controllo, accertamento tecnico dei presupposti previsti dalla legge, quale soggetto incaricato della cura di interessi pubblici generali” (cfr. C.G.R.S., 13.09.2021, n.802).
8. Nel caso di specie, invero, il Collegio ritiene che l’attività svolta dall’Ufficiale dello Stato Civile sia non solo rigidamente vincolata nei termini sopra chiariti, ma anche interamente posta nell’interesse unico del de cuius e in funzione della piena attuazione del suo diritto primario di sepolcro attraverso l’accertamento della volontà da questi manifestata in vita – sia pure, nel caso in esame, attraverso l’intervento dei familiari in mancanza di esplicite disposizioni testamentarie – non agendo l’amministrazione per la tutela in via diretta ed esclusiva di interessi pubblici o afferenti alla generalità dei consociati.
8.1 Difatti, nonostante la ratio sottesa alla Legge n. 130/2001 (“Disposizioni in materia di cremazione e di dispersione delle ceneri”) sia, in linea di principio, riconducibile primariamente alla tutela della salute pubblica e solo in via secondaria all’attuazione dell’interesse privato, tale affermazione non vale con riferimento alla situazione soggettiva che viene in considerazione laddove debba essere autorizzato l’an e non il quomodo della cremazione, trattandosi, in questo caso, di azionare in giudizio una situazione di diritto soggettivo del de cuius – cioè lo ius eligendi sepulchrum – garantendone la piena attuazione, anche quando, come nella fattispecie, essa presupponga l’esecuzione di una sorta di mandato post mortem affidato ai familiari. Tale diritto, difatti, “inteso come potere di determinare la località, il punto e le modalità di sepoltura della salma di una determinata persona”, spetta “alla persona medesima cui il corpo appartiene trattandosi di diritto della personalità per sua natura assoluto ed intrasmissibile” (cfr. Tribunale di Ancona, Sez. I, 03.03.2021, n. 308), del quale il de cuius può disporre in vita e per il futuro. Ne consegue che “ogni persona fisica può (…) determinare la destinazione del proprio cadavere, ponendo in essere un negozio giuridico avente per oggetto una cosa futura e classificabile tra i negozi di ultima volontà, di tipo unilaterale e revocabile” (cfr. Tribunale di Ancora, cit.), la legge consentendo espressamente che tra le disposizioni testamentarie rientrino anche quelle a carattere non patrimoniale (art. 587 c.c., comma 2) (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 23.05.2006, n.12143).
8.2 Nel caso di specie, pertanto, l’accertamento in ordine ai contenuti della volontà manifestata in vita dalla defunta è funzionale esclusivamente all’esecuzione delle disposizioni post mortem della stessa, non risultando in alcun modo coinvolti in questa fase – e tenuto altresì conto delle ragioni del rifiuto – interessi correlati alla tutela della salute pubblica sottesi alle disposizioni di polizia mortuaria, né prospettandosi alcun esercizio di potere autoritativo da parte dell’amministrazione.
9. Conferma di tale ricostruzione si rinviene anche nella disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 396/2000, il cui art. 7 prevede innanzitutto che “nel caso in cui l’ufficiale dello stato civile rifiuti l’adempimento di un atto” – come avviene nella fattispecie, a fronte del rifiuto di autorizzare la cremazione – “deve indicare per iscritto al richiedente i motivi del rifiuto”. Secondo l’art. 95 del predetto corpus normativo, poi, chi “intende opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l’atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l’adempimento”. La citata disposizione, pertanto, prevede un apposito rimedio giudiziale da esperire dinanzi al giudice ordinario nel caso in cui l’Ufficiale dello Stato Civile rifiuti di eseguire un adempimento del proprio munus, confermando, anche sotto questo profilo, la sussistenza della giurisdizione ordinaria in considerazione della riconducibilità delle questioni all’ambito dei diritti soggettivi e, nella specie, all’accertamento della volontà manifestata in vita dal de cuius in merito alla scelta delle modalità di sepoltura.
10. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione di questo Giudice amministrativo.
11. In applicazione dell’istituto della translatio iudicii, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 11, comma 2, c.p.a., la causa va rimessa al Giudice ordinario dinanzi al quale potrà essere riassunta nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente decisione, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute e fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda.
12. Considerata la peculiarità della questione e l’esito in rito del giudizio, vi sono giustificate ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in favore del Giudice ordinario, dinanzi al quale la causa potrà essere riassunta nei termini di cui all’art. 11 cod. proc. amm.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del ricorrente e delle altre persone fisiche menzionate nella presente sentenza.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:
Gabriele Nunziata, Presidente
Antonio De Vita, Consigliere
Valentina Caccamo, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Valentina Ceccamo)
IL PRESIDENTE (Gabriele Nunziata)
IL SEGRETARIO
[ In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. ]