TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, 7 maggio 2019, n. 5733
MASSIMA
TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, 7 maggio 2019, n. 5733
Non sussiste la giurisdizione amministrativa, bensì quella della A.G.O., sulla controversia avente il petitum sostanziale dell’accertmento della sussistenza del diritto ad essere accolto in un dato sepolcro, ossia la titolarità dello ius sepulchri.
L’eccezione circa la sussistenza o meno della giurisdizione amministrativa è suscettibile di positiva definizione in forza di un iter argomentativo che richiede una preliminare disamina della giurisprudenza elaborata dalla Suprema Corte (e radicatasi al punto di poter essere considerata, da tempo, diritto vivente) in ordine alla distinzione tra sepolcro ereditario e sepolcro familiare, ed, a tal riguardo, torna del tutto opportuno riportare testualmente Cass.civ. n.7000 del 1990 che è stata la sentenza che, per prima, ha elaborato la distinzione, ed alla quale tutte le altre decisioni sino ad oggi si richiamano: << Nel caso del sepolcro ereditario, l’identificazione dei soggetti titolari del diritto primario di sepolcro o “ius sepulchri”, inteso nella sua accezione di diritto alla tumulazione in un determinato luogo (con la conseguenza che le salme ivi tumulate non possono esserne rimosse e che i congiunti più prossimi o gli eredi delle persone ivi sepolte possono accedere alla tomba – in forza del diritto secondario di sepolcro loro spettante – per compiervi gli atti di pietà consentiti dalla religione o dall’uso), va fatta in base alle norme che regolano la successione “mortis causa” o i trasferimenti in genere dall’originario titolare, trattandosi di un diritto che si trasferisce nei modi stessi di ogni altro bene, che può persino essere alienato in tutto o in parte e può essere lasciato, anche in legato, a persone non facenti parte dalla famiglia.
Invece, nel sepolcro gentilizio o familiare (carattere questo da presumersi nel caso di silenzio o anche di solo dubbio al riguardo), l’identificazione è fatta in base alla volontà del fondatore del sepolcro in stretto riferimento alla cerchia dei familiari presi in considerazione come destinatari del sepolcro eretto: il diritto del singolo si acquisterà “iure proprio” sin dal momento della nascita, non potrà essere trasmesso né per atto tra vivi, né per successione “mortis causa”, non si perde per prescrizione o rinunzia, e dà luogo a una particolare forma di comunione tra i contitolari, che non va confusa con la comunione di proprietà o di altro diritto reale del bene. …… Il diritto di esservi inumato o tumulato si acquista per il solo fatto di trovarsi in quel determinato rapporto col fondatore, previsto nell’atto di fondazione o desunto dalle regole tradizionali sopra ricordate, in ogni caso “iure sanguinis” e non “iure successionis”. ….. Ma, se lo “ius sepulchri” si esaurisce e viene ad estinguersi per ciascun titolare nel momento stesso in cui il cadavere ne viene deposto in quel determinato sepolcro e se in ordine ad esso, nel caso di esistenza in vita di più contitolari, si ravvisa – come si è detto – quella particolare forma di comunione, differenziata dalla comunione di proprietà o di altro diritto reale sul bene, non può non riconoscersi la concentrazione dello stesso diritto nelle mani dell’ultimo superstite compreso nella cerchia dei familiari, qualunque sia il suo vincolo col fondatore, sì che alla sua morte il diritto seguirà le sorti del trasferimento secondo le ordinarie regole della successione “mortis causa”. Appunto a tale momento di estinzione della classe degli aventi diritto al sepolcro – momento che può verificarsi sia a breve distanza temporale dalla morte del fondatore sia a lunga distanza col decesso dell’ultimo dei suoi discendenti maschi o della vedova dell’ultimo discendente maschio – deve ricollegarsi il mutamento del carattere del sepolcro da familiare in ereditario. Mutamento questo, che sarebbe assurdo invece riportare nei suoi effetti indietro nel tempo – risalendo talvolta lungo tutta una serie interminabile di discendenti – alla morte del fondatore. Perciò, non potendosi che aver riguardo all’ultimo superstite della cerchia degli aventi diritto, nelle mani del quale si sia concentrato lo “ius sepulchri”, questo, dalla morte e in riferimento all’apertura della successione di detto soggetto, diviene trasmissibile per via ereditaria >>.
La stessa Corte non ha poi mancato, a più riprese, di precisare per lo “ius sepulchri“, cioè il diritto alla tumulazione (autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul manufatto funerario o sui materiali che lo compongono), che, nel caso di sepolcro familiare, la volontà del fondatore del sepolcro è sovrana, potendo senza limiti restringere od ampliare la sfera dei beneficiari del diritto e determinare entro quali limiti vada intesa la “famiglia” ai fini della titolarità di tale diritto (ex plurimis, Cass. Sez. II, Sent., 19-07-2016, n. 14749). Non solo, ma la Suprema Corte ha altresì, con detta ultima cit. decisione, ribadito che:
– Nei confronti del soggetto individuato dal fondatore del sepolcro, questi acquista il diritto alla tumulazione “iure proprio” sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, “iure sanguinis” e non “iure successionis“, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o “mortis causa“, imprescrittibilità e irrinunciabilità;
– Poiché la titolarità dello jus sepulcri in ordine ad una tomba gentilizia, quale diritto primario di essere seppellito o di collocare le salme in un sepolcro familiare, determina una comunione indivisibile in virtù del mero rapporto consanguineo (Cass. 532/1979), il diritto non è più disponibile neppure da parte del fondatore del sepolcro, una volta costituito con l’atto di fondazione (o, altrimenti: di concessione) il diritto a favore dei familiari: il discrimine fondamentale per la determinazione del giudice fornito di giurisdizione deve dunque essere individuato nella posizione giuridica che il privato interessato fa valere significando che, nei casi in cui il rapporto concessorio di una delle parti con la Pubblica Amministrazione costituisca il semplice presupposto storico della controversia tra i privati che non coinvolge in alcun modo l’amministrazione, un problema di difetto di giurisdizione del giudice ordinario non si può neppure porre (cfr. in tal senso, in generale, Cass. Sez. Un. 4/2/1993, n. 1392; Cass. Sez. Un., 8/1/1992 n. 114; Cass. Sez.Un., 19/4/1990, n. 3269).
NORME CORRELATE
Pubblicato il 07/05/2019
N. 05733/2019 REG.PROV.COLL.
N. 06788/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6788 del 2018, proposto da
Francesco Maria F., rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli, Marco Coletta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vincenzo Cerulli Irelli in Roma, via Dora 1;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Angela Raimondo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove 21;
nei confronti
Ama S.p.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento n.11;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Sabina C., Francesca F., Federica F., rappresentati e difesi dagli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli, Marco Coletta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vincenzo Cerulli Irelli in Roma, via Dora 1;
per l’annullamento
della nota di AMA Cimiteri Capitolini n. 7970 del 4.4.2018 comunicata in data 16.4.2018, nella parte in cui ha rigettato l’istanza dei sig.ri Francesco Maria F. e Mario F. intesa ad ottenere la tumulazione della salma del sig. Ivo F. presso il Cimitero monumentale del Verano; nonché per la condanna di AMA s.p.a. ad autorizzare la tumulazione di detta salma presso il loculo oggetto della concessione cimiteriale n. 003597 del 1951 rilasciata dal Comune di Roma;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Ama S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2019 il dott. Fabio Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. Francesco Maria F. ha adito questo Tribunale per l’annullamento della nota di AMA Cimiteri Capitolini n. 7970 del 4 aprile 2018 nella parte in cui ha rigettato la domanda presentata dall’odierno istante nonché dal sig. Mario F. volta ad ottenere la tumulazione della salma del sig. Ivo F., deceduto il 28.12.2017 presso il Cimitero monumentale di Roma del Verano, nonché per la condanna di AMA s.p.a. ad autorizzare detta tumulazione presso il loculo oggetto di concessione cimiteriale n. 003597 del 1951, rilasciata dal Comune di Roma in favore della sig.ra Ermelinda M. di cui il de cuius in quanto nipote ed erede deve considerarsi titolare del diritto alla sepoltura.
Parte ricorrente riferisce che l’atto di concessione cimiteriale, innanzi richiamato, di natura perpetua poiché antecedente all’entrata in vigore del d.p.r. n. 803/1975, recante regolamento di polizia mortuaria, ha previsto sotto la voce “norme ” i nominativi dei sigg.ri “F. Giulio (marito)V. Filomena, Tulli Luigia, F. Adolfo e per sé e non altri”, legati dalla concessionaria Ermelinda M. da vincoli di parentela o di affinità.
Espone di aver presentato ad AMA, in data 17 gennaio 2018, a seguito del decesso del sig. Ivo F. – unitamente alle sig.re Sabina C., Federica F. e Francesca F., odierni intervenienti ad adiuvandum, rispettivamente coniuge e figli del de cuius – istanza volta ad ottenere la estumulazione dei propri genitori dal loculo in concessione per il conseguente restringimento osseo, al fine di creare lo spazio necessario per procedere alla tumulazione del sig. Ivo F., di lui germano.
Su tale istanza AMA s.p.a. si è determinata in senso sfavorevole riguardo alla tumulazione del sig. Ivo F., stante “l’impossibilità di procedere alla richiesta operazione stante il divieto contenuto nelle norme di concessione originariamente dettate dalla concessionaria”, ed innanzi riferite.
Avverso tale provvedimento il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
a)Erronea applicazione ed interpretazione delle norme della concessione cimiteriale; carenza d’istruttoria, eccesso di potere sotto differenti profili; violazione dei principi in materia di concessioni cimiteriali e trasmissione mortis causa dello ius sepulchri, avendo l’AMA illegittimamente ritenuto che la locuzione “per sé e non per altri” riportata nell’atto di concessione fosse da interpretarsi nel senso di escludere dal diritto alla tumulazione tutti i soggetti diversi da quelli nominativamente indicati nell’atto concessorio.
Secondo il ricorrente, alla locuzione “solo per sé e non altri” ove correttamente interpretata altro non potrebbe che essere attribuito il significato di riconoscere il diritto alla tumulazione ai discendenti diretti ed indiretti con esclusione dei soli soggetti estranei alla famiglia.
Tale opzione semantica, ad avviso del ricorrente, sarebbe corroborata dalla dichiarazione contenuta nella quietanza di pagamento n. 6447/1951 nella quale si dà atto del versamento della somma dovuta da parte della sig.ra M. per i diritti cimiteriali di F. Giulio “per sé suoi parenti ed affini”.
AMA s.p.a. non avrebbe, dunque, erroneamente considerato il sig. Ivo F. erede discendente della sig.ra M., a lei subentrato nella titolarità del rapporto concessorio e, dunque, nella titolarità dello ius sepulchri, trattandosi, nel caso in esame di sepolcro ereditario, successibile agli eredi in caso di decesso del titolare della concessione.
b) Illegittimità della nota AMA del 4 aprile 2018 per violazione degli artt. 50 e 51 del regolamento di polizia cimiteriale di Roma, dell’art. 4 del regolamento recante la nuova disciplina per la sepoltura nel Cimitero monumentale del Verano e per la concessione di aree e loculi cimiteriali, essendo consentita, ai sensi del riferito art. 50, la tumulazione di salme, resti mortali o ceneri non comprese nelle norme della concessione ove trattasi “a) di parenti ed affini del concessionario; b) degli eredi”, nonché, ai sensi dell’art. 51, comma 5 “la tumulazione di salme estranee al concessionario anche in tumuli con un numero di posti inferiore a tre nel caso di ricongiungimento fra figli e genitori.
Sono intervenuti ad adiuvandum i sigg.ri Sabina C., Federica F. e Francesca F., , rispettivamente coniuge e figli del deceduto sig. Ivo F..
Si è costituita in giudizio AMA s.p.a. che in via preliminare eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice adito attenendo l’azione proposta alla identificazione dei soggetti titolari del diritto alla sepoltura in un determinato luogo, riservata alla cognizione del giudice ordinario, essendo il petitum sostanziale volto ad accertare il diritto del de cuius ad essere seppellito nel loculo de quo, ossia la spettanza dello ius sepulchri.
Nel merito chiede il rigetto del ricorso per infondatezza delle doglianze, attribuendo unica ed esclusiva valenza alla volontà manifestata dalla originaria concessionaria riguardo ai soggetti beneficiari della tumulazione, a nulla rilevando il contenuto della quietanza di pagamento.
Controdeduce in ordine alla prospettazione della parte ricorrente secondo cui il sig. Ivo F., discendente della sig.ra M., sarebbe subentrato mortis causa nel diritto alla sepoltura, stante la presunzione circa il carattere familiare – e non ereditario – del sepolcro.
Con memoria depositata in data 3 gennaio 2019 l’odierno ricorrente, contrariamente a quanto eccepito da AMA s.p.a., afferma la giurisdizione del giudice amministrativo in merito alla controversia in esame, trattandosi di atti e provvedimenti relativi a concessioni e, dunque, riservate alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo.
Il Collegio ritiene, in via pregiudiziale, pronunciarsi sull’eccezione di difetto di giurisdizione opposta da AMA s.p.a. .
L’eccezione è suscettibile di positiva definizione in forza di un iter argomentativo che richiede una preliminare disamina della giur.za elaborata dalla Suprema Corte (e radicatasi al punto di poter essere considerata, da tempo, diritto vivente) in ordine alla distinzione tra sepolcro ereditario e sepolcro familiare; e a tal riguardo torna sommamente opportuno riportare testualmente Cass.civ. n.7000 del 1990 che è quella sentenza che, per prima ha elaborato la distinzione, ed alla quale tutte le altre decisioni sino ai giorni nostri si richiamano: <>.
Dunque la Suprema Corte da tempo ha dato atto della distinzione, risalente a diritto romano, tra sepolcro ereditario e sepolcro familiare o gentilizio – distinzione tuttora accolta senza contrasti dalla dottrina e dalla giurisprudenza (v., per quest’ultima, anche: Cass. 29 gennaio 2007 n. 1789; Cass. 29 settembre 2000 n. 12957; ma già in tal senso, Cass. 19 maggio 1995 n. 5547; Cass. 30 maggio 1997 n. 4830; Cass. 8 settembre 1998 n. 8851; Cass. 22 maggio 1999 n. 5020).
La stessa Corte non ha poi mancato, a più riprese, di precisare per lo “ius sepulchri”, cioè il diritto alla tumulazione (autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul manufatto funerario o sui materiali che lo compongono), che, nel caso di sepolcro familiare, la volontà del fondatore è sovrana, potendo senza limiti restringere od ampliare la sfera dei beneficiari del diritto e determinare entro quali limiti vada intesa la “famiglia” ai fini della titolarità di tale diritto (ex plurimis, Cass. Sez. II, Sent., 19-07-2016, n. 14749). Non solo. La Suprema Corte ha altresì, con detta ultima cit. decisione, ribadito che:
– Nei confronti del soggetto individuato dal fondatore, costui acquista il diritto alla tumulazione iure proprio” sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, “iure sanguinis” e non “iure successionis”, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o “mortis causa”, imprescrittibilità e irrinunciabilità;
– Poiché la titolarità dello jus sepulcri in ordine ad una tomba gentilizia, quale diritto primario di essere seppellito o di collocare le salme in un sepolcro familiare, determina una comunione indivisibile in virtù del mero rapporto consanguineo (Cass. 532/1979), il diritto non è più disponibile neppure da parte del fondatore, una volta costituito con l’atto di fondazione il diritto a favore dei familiari.
Dunque e riepilogando:
a) nel caso di specie è chiaramente evidente la natura gentilizia e non ereditaria del diritto al sepolcro e da tanto deve evincersi la sussistenza di una volontà sovrana del fondatore di escludere che ivi potessero essere seppellite persone diverse da quelle designate;
b) fino a quando i titolari designati sono vissuti fra gli stessi vi era una comunione caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o “mortis causa”, imprescrittibilità e irrinunciabilità (altrimenti detto nessuno poteva cedere a favore di altri il proprio diritto alla tumulazione né rinunciarvi);
c) con la morte degli altri contitolari (come evincesi dagli atti di causa) si è concentrato in capo all’ultimo sopravvissuto contitolare (Luigia Tulli, madre di Francesco Maria, Mario ed Ivo F.) lo ius sepulchri che dovrebbe essere divenuto trasmissibile per via ereditaria.
Ed è questi la tesi, solo graficamente posta in via subordinata, che i ricorrenti sostengono, affermando che quand’anche il sepolcro fosse gentilizio e non ereditario in ogni caso è divenuto tale alla morte dell’ultimo titolare (che era la madre di Ivo) e quindi trasmesso ad Ivo e ai suoi fratelli che oggi avanzano detta richiesta. Sennonchè detta prospettazione è da escludere coinvolga il contenuto dell’atto di concessione, ponendo in discussione il rapporto stesso nel suo aspetto genetico o funzionale e pertanto sia strettamente correlata alla cognizione sul rapporto concessorio sottolineandosi la natura meramente residuale della competenza giurisdizionale del giudice ordinario; in realtà – come sottolineato da da SS.UU. civili n.21598 del 2018 (che ha cassato Cons. St. sez. V 02 settembre 2016 n. 3796 ) – il discrimine fondamentale per la determinazione del giudice fornito di giurisdizione deve dunque essere individuato nella posizione giuridica che il privato interessato fa valere significando che nei casi in cui il rapporto concessorio di una delle parti con la Pubblica Amministrazione costituisca il semplice presupposto storico della controversia tra i privati che non coinvolge in alcun modo l’amministrazione, un problema di difetto di giurisdizione del giudice ordinario non si può neppure porre (cfr. in tal senso, in generale, Cass. Sez. Un. 4/2/1993, n. 1392; Cass. Sez. Un., 8/1/1992 n. 114; Cass. Sez.Un., 19/4/1990, n. 3269). Ed è questa la prospettazione principale della parte: in questa domanda, essa sostiene che a prescindere dalla natura del sepolcro (ereditario o familiare) in ogni caso con la morte dell’ultimo dei contitolari si è aperta la successione e che quindi la tumulazione invocata costituisce manifestazione di tale diritto ereditario.
Ed invero il ricorrente chiede, pur attraverso l’impugnativa della nota di AMA s.p.a. del 4 aprile 2018, che ha negato la richiesta di tumulazione del sig. Ivo F. richiamando il contenuto della concessione assentiva in favore della sig.ra M., che venga accertato il diritto del ricorrente e, segnatamente, del di lui germano sig. Ivo F. deceduto in data 28.12.2017, ad essere tumulato nel loculo ubicato nel Cimitero monumentale del Verano, ancorchè l’atto concessorio espressamente individui i nominativi dei beneficiari – rectius titolari, dello ius sepulchri unitamente alla locuzione “per sé e non per altri”.
Dunque occorre dare atto che la situazione giuridica soggettiva per la quale l’odierno istante risulta aver azionato il presente giudizio, pur mediante una formale contestazione rivolta agli atti comunali relativi alla concessione cimiteriale, assuma la consistenza di un diritto soggettivo vieppiù confortata anche dall’accertamento del (proprio) diritto del sig. Ivo F. a subentrare nella concessione cimiteriale, con ciò assumendo la controversia in esame non a proprio oggetto (se non in via mediata e riflessa) il proprium del rapporto concessorio – così come gli obblighi dallo stesso rinvenienti -, bensì l’individuazione della titolarità del ius sepulchri (i.e.: un aspetto che esula dagli ambiti pubblicistici della vicenda e concerne unicamente la titolarità di un diritto di matrice civilistica).
Nel caso odierno, atteso che il “petitum sostanziale” trae legittimazione dal diritto soggettivo della parte odierna ricorrente alla tumulazione del proprio congiunto entro un sepolcro del quale intende disporre (sostanzialmente “iure successionis”), è evidente che nessun aspetto delle censure dedotte può far ritenere, ad avviso del Collegio, radicabile rispetto alla controversia in esame la giurisdizione del giudice amministrativo, la quale deve ritenersi così riservata alla cognizione – rectius giurisdizione – del giudice ordinario al quale soltanto spetta di esaminarne il fondamento, ancor piu’ evidenziandosi come la nota di AMA non scaturisca da questioni attinenti il rapporto concessorio (che implica la spendita di poteri pubblicistici di tipo conformativo della concessione, vedasi ad esempio la fattispecie di TAR Lazio, II ter, 8 luglio 2015, nr. 9214 oppure Consiglio di Stato, 23 novembre 2018, nr. 6643), ma riguardi la titolarità a disporre del sepolcro, e ciò a prescindere dalla natura del sepolcro sia esso familiare o ereditario
Peraltro, al fine del decidere, il Collegio non può che riaffermare l’insegnamento giurisprudenziale per il quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per la definizione della controversia avente ad oggetto la pretesa del ricorrente al riconoscimento del proprio diritto all’utilizzo di un sepolcro che l’Amministrazione comunale ha invece riconosciuto ad altri – nel caso di specie negato – facendo cattivo uso delle regole in tema di famiglia e di successioni e, in tal modo, negandogli illegittimamente il diritto a subentrare in qualità di erede del concessionario d’origine; si tratta, quindi, di una controversia che non ha ad oggetto, se non in via mediata e riflessa, il proprium del rapporto concessorio così come gli obblighi dallo stesso rinvenienti, bensì l’individuazione dell’originaria titolarità del ius sepulchri, cioè un aspetto che esula dagli ambiti pubblicistici della vicenda e concerne unicamente la titolarità di un diritto di matrice civilistica.
Pertanto, per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Le spese di giudizio possono essere integralmente compensate, fra le parti in causa, tenuto conto della peculiarità della controversia in esame.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario dinanzi al quale la causa potrà esser riassunta nei termini di legge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Fabio Mattei, Consigliere, Estensore
Maria Laura Maddalena, Consigliere
L’ESTENSORE (Fabio Mattei)
IL PRESIDENTE (Pietro Morabito)
IL SEGRETARIO