TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 24 luglio 2020, n. 8739
MASSIMA
TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 24 luglio 2020, n. 8739
Un impianto di cremazione non può essere assimilato ad un impianto d’incenerimento (art. 237 ter, comma 1, lett. b) del T. U. ambiente), stante la dignità che connota la persona umana in quanto tale anche successivamente alla fine della vita,per cui non può essere revocata in discussione l’incidenza che da un tale impianto deriva per il procedimento che lo stesso attua, di combustione termica con produzione di emissioni nell’aria, nel suolo ed in generale nell’ambiente circostante, tenuto anche conto delle modalità attraverso le quali si articola il relativo ciclo e dei materiali e reagenti utilizzati. Possono esservi misure di massima cautelare da adottare in applicazione del principio, di matrice europea, di precauzione (art. 191 del TFUE), norma che obbliga le autorità competenti ad adottare provvedimenti per scongiurare rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi e prima che subentrino più avanzate e risolutive tecniche di contrasto. In rapporto alla natura e consistenza dei rischi considerati e al livello di protezione definito, le prescrizioni appaiono congrue e proporzionate, non connotate da una maggiore gravosità rispetto a quelle imposte a società dello stesso gruppo < omissis > in relazione alle medesime attività svolte in altri contesti territoriali (segnatamente nel Comune di Cervignano del Friuli) con impianti similari, anche per tipologia di inquinanti e relativi sistemi di monitoraggio.
NORME CORRELATE
Art. 2 R.D. 27/7/1934, n. 1265
Pubblicato il 24/07/2020
N. 08739/2020 REG.PROV.COLL.
N. 05913/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5913 del 2017, proposto dalla Società Tempio Crematorio Civitavecchia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Botasso e Carlo Ruga Riva, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gian Marco Grez in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 18 e domicilio digitale all’indirizzo p.e.c. come da Registri di Giustizia;
contro
il Comune Civitavecchia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Silvio Sbragaglia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonino Galletti in Roma, Piazzale Don Giovanni Minzoni, n. 9 e domicilio digitale all’indirizzo p.e.c. come da Registri di Giustizia;
nei confronti
Città Metropolitana di Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sabrina Barra, con domicilio eletto presso l’Avvocatura dell’ente in Roma, via IV Novembre, 119/A e domicilio digitale all’indirizzo p.e.c. come da Registri di Giustizia;
Asl RM4 Dipartimento SISP ed Arpa Lazio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituite in giudizio;
per l’annullamento
della determinazione di conclusione positiva della conferenza dei servizi decisoria per il rilascio dell’A.U.A. prot. n. 28545 del 04.04.2017, nella parte in cui richiama, dichiarandone l’efficacia, le prescrizioni sindacali di cui al verbale della conferenza dei servizi prot. n. 25966 del 27.03.2017 e, ove occorra, del parere prot. n. 24891 del 22.03.2017 reso dal Sindaco del Comune di Civitavecchia, nonché di ogni altro atto connesso, consequenziale ovvero presupposto e, in particolare, del verbale della conferenza dei servizi prot. n. 25966 del 27.03.2017, limitatamente alle citate prescrizioni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune Civitavecchia e della Città Metropolitana di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 luglio 2020 la dott.ssa Brunella Bruno ed uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza, in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020, convertito con l. n. 27 del 2020, e dall’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio la Società Tempio Crematorio Civitavecchia S.r.l., aggiudicataria della procedura indetta per l’affidamento in concessione – mediante project financing – della progettazione definitiva – esecutiva per la costruzione e gestione di un impianto di cremazione e urne cinerarie presso il nuovo cimitero del Comune di Civitavecchia, ha agito per l’annullamento della determinazione in epigrafe indicata, concernente l’Autorizzazione Unica Ambientale (di seguito anche AUA) per il predetto impianto di cremazione, limitatamente alle specifiche prescrizioni impartite dal Sindaco.
Premessa una illustrazione della procedura di affidamento, dei relativi esiti e del procedimento avente ad oggetto il rilascio dell’autorizzazione unica ambientale, la difesa di parte ricorrente ha dedotto avverso le prescrizioni sindacali vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, censurando sia l’assenza di un potere del Sindaco in relazione alla procedura de qua, nell’’ambito della quale, dunque, non avrebbe neanche dovuto essere acquisito il parere, collocandosi quest’ultimo in una fase distinta e successiva, sia la violazione dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza, stante l’arbitraria equiparazione del tempio crematorio ad un impianto di smaltimento di rifiuti urbani e speciali, essendo, peraltro, le sostanze potenzialmente inquinanti prodotte da un ciclo di cremazione facilmente individuabili ed eliminabili. Le deduzioni successive si appuntano sulla carenza dell’istruttoria e della motivazione, tenuto, in specie, conto dell’assenza di operatività dell’impianto, necessaria al fine di una apprezzamento in concreto della possibile incidenza sui possibili conseguenti pregiudizi che dallo stesso potrebbero derivare. In particolare, le contestazioni di parte ricorrente sono incentrate: sulla prescrizione con la quale l’attivazione dell’impianto è stata subordinata alla elaborazione di uno studio, il cui onere è posto totalmente a carico del gestore, finalizzato “a rilevare l’eventuale presenza di diossine, furani e mercurio”; sulla imposizione della misurazione delle emissioni inquinanti con cadenza semestrale per il punto di emissione E/1 e trimestrale per il monitoraggio di diossine, furani e mercurio; sulla prescrizione della installazione di analizzatori in continuo per parametri ulteriori e diversi (polveri totali e ossidi di azoto espresso come biossido di azoto) rispetto a quelli previsti dalla Città Metropolitana; sugli obblighi di monitoraggio continuo degli inquinanti emessi da camino; sulla prescrizione della tenuta di più registri nei quali annotare le diverse operazioni di manutenzione, i tipi di cremazioni effettuate, la quantità e la tipologia di reagenti usati per neutralizzare i gas acidi.
Il Comune di Civitavecchia si è costituito in giudizio per resistere al gravame, concludendo, con articolate deduzioni, per il rigetto del ricorso in quanto infondato.
Si è costituita in giudizio anche la Città metropolitana di Roma Capitale, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, non venendo in rilievo, in relazione ai profili di censura, attività di propria competenza.
Con ordinanza n. 3950 del 2019 questa Sezione ha rigettato la domanda cautelare, valutando non sussistenti i relativi presupposti. Tale ordinanza ha costituito oggetto di parziale riforma in appello, con ordinanza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 747 del 2020, limitatamente alla “prescrizione del Sindaco di Civitavecchia relativa al limite di 2080 servizi di cremazione annuali (cfr. relazione del responsabile del procedimento del Comune depositata il 6 febbraio 2020 in ordine all’assenza di impedimenti all’aumento delle cremazioni)”.
Successivamente, la difesa dell’amministrazione comunale, nel formulare istanza di rimessione in termini al fine di poter meglio articolare le proprie difese, in conformità alle previsioni dell’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020, ha rilevato che l’accoglimento sia pure parziale dell’appello cautelare è scaturito dalla produzione, in quella sede, di una relazione ufficiosa e neppure protocollata di cui restano ignote le modalità con le quali la società ne abbia acquisito la disponibilità, tanto da avere l’amministrazione ritenuto di presentare una denuncia alla locale Procura della Repubblica su tale circostanza. L’amministrazione resistente, inoltre, nel richiedere lo stralcio di tale documento, ha sottolineato ed eccepito che detta relazione è stata utilizzata dalla società per avvalorare una contestazione non tempestivamente proposta, in quanto riferita ad una prescrizione del tutto diversa da quelle censurate con il ricorso introduttivo del giudizio, risultando, peraltro, sottoscritta da un funzionario privo di competenze in materia ambientale e recante valutazioni erronee ed immotivate.
Con atto depositato in data 30 aprile 2020, la difesa di parte ricorrente ha formulato richiesta di differimento della trattazione della causa, intendendo articolare una difesa orale e ritenendo le prescrizioni recante dall’art. 84 del d.l. 18 del 2020 lesive del diritto di difesa nella misura in cui stabiliscono un “contraddittorio cartolare «coatto»”.
Con ordinanza n. 5134 del 2020 il Collegio ha accolto l’istanza di rimessione in termini formulata dalla difesa dell’amministrazione resistente, in applicazione dell’art. 84, comma 5 del d.l. n. 18 del 2020, contestualmente rilevando la manifesta infondatezza dei profili di illegittimità costituzionale delle previsioni dell’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020 prospettati dalla difesa di parte ricorrente, stante il carattere temporalmente limitato della loro efficacia, l’assenza di irragionevolezza e la conformità al canone di proporzionalità, tenuto conto dell’attuale stato emergenziale, da ricondurre alle ipotesi eccezionali in cui sono ammesse deroghe al principio di pubblicità delle udienze
All’udienza pubblica del 20 luglio 2020 la causa è stata trattenuta per la decisione, previa discussione dei difensori delle parti, in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020, convertito con l. n. 27 del 2020, e dall’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28.
DIRITTO
1. Il Collegio deve preliminarmente esaminare l’eccezione sollevata dalla difesa della Città metropolitana di Roma Capitale, la quale, nel rilevare la propria carenza di legittimazione passiva, alla luce delle censure dedotte, del tutto estranee al proprio operato, ha richiesto l’estromissione dal presente giudizio.
1.1. L’eccezione non merita accoglimento in quanto se è vero che parte ricorrente non ha articolato alcuna censura avverso le valutazioni espresse dalla sopra indicata amministrazione, nella fattispecie assume rilievo il procedimento nella sua unitarietà tenuto conto in particolare della considerazione da parte della Città Metropolitana del parere espresso dal Sindaco del Comune di Civitavecchia, con recepimento delle relative prescrizioni.
2. Il ricorso non merita accoglimento.
3. Il Collegio rileva, in primo luogo, l’infondatezza delle deduzioni dirette a contestare l’assenza di attribuzioni del Sindaco in relazione all’adozione del parere censurato.
3.1. Si evidenzia, infatti, che l’adozione del parere gravato da parte del Sindaco trova il proprio fondamento nel ruolo dal medesimo rivestito anche nell’attuale assetto ordinamentale quale ‘autorità sanitaria locale’, investita di una funzione di garanzia della salubrità e dell’igiene della collettività amministrata.
3.2. Giova precisare, peraltro, che scopo perseguito dal dettato legislativo di cui all’art. 216 del T.U. delle leggi sanitarie (R.D. n. 1265 del 1934), è quello di impedire che dallo svolgimento di determinate attività possa derivare pericolo per la salute dei cittadini e che l’attivazione dell’impianto di cremazione è suscettibile produrre una incidenza in relazione a tali profili di tutela.
3.3. Si evidenzia, inoltre, che il parere della Città metropolitana del 23 marzo 2017, espressamente richiamato nella determinazione dirigenziale di conclusione positiva del procedimento, ha recepito le valutazioni espresse dal Sindaco, le cui prescrizioni, dunque, sono state per tal via rese obbligatorie per la società ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica ambientale, costituendo l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all’art. 269 del decreto legislativo n. 152 del 2006 uno dei procedimenti sostituiti dall’AUA, in conformità alle previsioni di cui ali artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 59 del 2013, recante il regolamento di disciplina di detta autorizzazione.
3.4. Coerentemente con la funzione assolta dal modulo procedimentale della conferenza di servizi, pertanto, sono state acquisite tutte le valutazioni delle amministrazioni coinvolte, assicurandosi, in tal modo, anche attraverso la considerazione del parere del Sindaco del Comune di Civitavecchia, una più congrua ponderazione degli interessi implicati, connotati, quanto ai profili ambientali, da una particolare rilevanza, tale da escludere la fondatezza delle contestazioni dirette a censurare un aggravamento del procedimento, stante anche la certezza dell’assetto definito dagli esiti del procedimento da riguardare in termini di vantaggio per gli stessi operatori economici interessati in luogo di un intervento successivo, secondo quanto esposto in ricorso.
4. Come correttamente rilevato dalla difesa dell’amministrazione comunale, inoltre, la convenzione stipulata tra il Concessionario e il Comune di Civitavecchia, rep. n. 28/2015, prevede espressamente all’art. 1 il rispetto “delle disposizioni di legge vigenti in materia ambientale, di sanità e di polizia mortuaria”, con specifico riferimento al “R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e ss. mm. ii. (…)”.
5. Se è di tutta evidenza che un impianto di cremazione non possa essere assimilato ad un impianto d’incenerimento di cui all’art. 237 ter, comma 1, lett. b) del T. U. ambiente, stante la dignità che connota la persona umana in quanto tale anche successivamente alla fine della vita, non può essere revocata in discussione l’incidenza che da tale impianto deriva per il procedimento che lo stesso attua, di combustione termica con produzione di emissioni nell’aria, nel suolo ed in generale nell’ambiente circostante, tenuto anche conto delle modalità attraverso le quali si articola il relativo ciclo e dei materiali e reagenti utilizzati. E, del resto, come pertinentemente rilevato dalla difesa del Comune resistente, la stessa società ricorrente nella relazione relativa al ciclo lavorativo dell’impianto presentata in sede di istanza di AUA, a pag. 35, con riguardo al processo di pulizia e raffreddamento dei gas di combustione, alla lettera “B” definisce l’impianto quale forno crematorio/inceneritore.
6. Tenuto conto delle prescrizioni contestate con il ricorso introduttivo, inoltre, non emergono i censurati vizi di irragionevolezza e di violazione del canone di proporzionalità, né le contestate carenze sul piano istruttorio e motivazionale.
6.1. Il parere si inserisce, infatti, nell’ambito di un procedimento nel quale sono stati acquisiti congrui elementi in ordine al contesto inciso ed ai rischi sul piano della salubrità.
6.2. Rileva, al riguardo, il parere dell’ASL Roma 4 che dà conto della pubblicazione, successivamente al 2016, di uno studio epidemiologico condotto dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale della Regione Lazio, concernente gli “Effetti delle esposizioni ambientali ed occupazionali sulla mortalità della popolazione residente nell’area di Civitavecchia”, le cui conclusioni hanno evidenziato che “è indispensabile attuare oggi le misure di prevenzione primaria limitando la esposizione della popolazione a tutte le fonti inquinanti presenti sul territorio legate agli impianti. Con precipuo riferimento, inoltre, al territorio comunale, il Sindaco ha sottolineato i numerosi e rilevanti fattori di pressione ambientale che hanno determinato uno stato di sofferenza sanitaria della popolazione, ampiamente documentato nella letteratura epidemiologica, tra cui anche il predetto studio. Emerge, dunque – a prescindere dalla relazione prodotta dall’amministrazione comunale in data 23 giugno 2020, oggetto di richiesta di stralcio da parte della ricorrente per tardività –, una piena convergenza di tutte le amministrazioni coinvolte in ordine alle misure di massima cautelare da adottare in applicazione del principio, di matrice europea, di precauzione, di cui all’art. 191 del TFUE, il quale obbliga le autorità competenti ad adottare provvedimenti per scongiurare rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi e prima che subentrino più avanzate e risolutive tecniche di contrasto (cfr. Cons. St., sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655 e giurisprudenza ivi richiamata).
6.2. In rapporto alla natura e consistenza dei rischi considerati e al livello di protezione definito, le prescrizioni contestate da parte ricorrente con l’atto introduttivo del giudizio appaiono congrue e proporzionate, non connotate da una maggiore gravosità rispetto a quelle imposte a società dello stesso gruppo Altair del quale fa parte anche la ricorrente in relazione alle medesime attività svolte in altri contesti territoriali (segnatamente nel Comune di Cervignano del Friuli) con impianti similari, anche per tipologia di inquinanti e relativi sistemi di monitoraggio.
6.3. In particolare, con il ricorso introduttivo sono state articolate deduzioni al fine di contestare le seguenti specifiche prescrizioni: subordinazione dell’attivazione dell’impianto alla elaborazione di uno studio, il cui onere è posto a carico del gestore, finalizzato “a rilevare l’eventuale presenza di diossine, furani e mercurio”; imposizione della misurazione delle emissioni inquinanti con cadenza semestrale per il punto di emissione E/1 e trimestrale per il monitoraggio di diossine, furani e mercurio; installazione di analizzatori in continuo per parametri ulteriori e diversi (polveri totali e ossidi di azoto espresso come biossido di azoto) rispetto a quelli previsti dalla Città Metropolitana; obblighi di monitoraggio continuo degli inquinanti emessi da camino; tenuta di più registri nei quali annotare le diverse operazioni di manutenzione, i tipi di cremazioni effettuate, la quantità e la tipologia di reagenti usati per neutralizzare i gas acidi.
6.4. In relazione alla predisposizione dello studio con finalità di rilevazione della presenza delle sostanze sopra indicate, le deduzioni appaiono prive di adeguate argomentazioni a supporto, dovendosi ascrivere nell’ambito dei generali obblighi di protezione e informazione la compiuta e puntuale acquisizione della situazione di fatto esistente prima dell’avvio dell’attività con precipuo riferimento alla presenza di diossine, furani e mercurio, riconosciuti notoriamente ed univocamente quali inquinanti persistenti e, cioè, connotati da particolare stabilità e tossicità sia per l’ambiente che per l’uomo.
6.5. Tale prescrizione al pari delle altre sopra indicate risponde, invero, attraverso la puntuale individuazione della situazione nella fase di avvio dell’impianto e dei meccanismi di controllo e monitoraggio successivi, alla più adeguata prevenzione di rischi di superamento dei valori di emissioni, alla luce delle evenienze occorse proprio presso l’altro impianto sopra indicato, secondo quanto adeguatamente documentato in atti, relativamente alle quali sono state stabilite analoghe misure. Quanto alla incidenza degli oneri, deve, altresì, considerarsi che il piano economico finanziario prevede una gestione protratta per un arco temporale di 27 anni, con un periodo, dunque, più che congruo per il loro ammortamento, stante anche le previsioni riferite ai ricavi derivanti dal servizio, destinati ad aumentare progressivamente, e previsti nell’anno di scadenza pari ad euro 1.333.240,00, consistentemente superiori ai costi stimati riferiti all’attuazione delle prescrizioni.
7. Con riferimento alle contestazioni concernenti il limite di cremazioni annuali ed il limite delle dodici ore di lavorazione giornaliere, a prescindere dalla anomala vicenda riferita alla acquisizione da parte della società della relazione interna e neppure protocollata per la prima volta depositata dalla società nel giudizio di appello avverso l’ordinanza cautelare di questa Sezione – oggetto, secondo quanto pure rappresentato dalla difesa dell’amministrazione comunale, di formale segnalazione alla competente Procura della Repubblica – il Collegio ritiene meritevole di accoglimento l’eccezione sollevata dall’ente resistente di irricevibilità per tardività, in quanto tale censura avrebbe dovuto essere tempestivamente e ritualmente proposta entro i prescritti termini di decadenza.
7.1. Nel ricorso introduttivo del presente giudizio, infatti, la ricorrente non ha articolato nessuna deduzione diretta a far valere le predette limitazioni, né risultano formulate censure in modo da consentire di enucleare una specifica contestazione delle stesse. Per univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni specifiche), infatti, la chiarezza e specificità dei motivi del ricorso si riferiscono all’ordine delle questioni, al linguaggio da usare, alla correlazione logica con l’atto impugnato, alle difese delle controparti; ne consegue che è onere della parte ricorrente articolare le proprie deduzioni assicurando una piena comprensione e valutazione delle censure. Essendo stata omessa in relazione alle limitazioni in argomento – inequivocabilmente emergenti dall’atto gravato e, dunque, immediatamente percepibili quanto alla loro valenza ed efficacia – qualsivoglia contestazione e non potendosi ammettere elusioni dei termini decadenziali prescritti, si palesano irricevibili le deduzioni nuove concernenti il limite delle cremazioni annuali ed il limite delle dodici ore di lavorazione giornaliere proposte oltre il termine di decadenza, nonché irritualmente, con memoria non notificata.
7.2. Esclusivamente per completezza, il Collegio ritiene di sottolineare che il limite di cremazioni annue è quello previsto dal piano economico e finanziario approvato in sede di gara ed al quale è stata parametrata la durata dell’affidamento, circostanza, questa, che esclude l’irragionevolezza della previsione e che il riferimento al dato di 2080 cremazioni è del tutto erroneo in quanto superato dal parere definitivo nel quale, appunto, si prevede la possibilità di effettuare annualmente un numero di cremazioni esattamente corrispondente a quello contemplato nel piano economico-finanziario predisposto dalla società ricorrente.
8. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso va in parte dichiarato irricevibile e per la restante parte rigettato.
9. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto del differente apporto alla dialettica processuale fornito dal Comune di Civitavecchia e della Città metropolitana di Roma Capitale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda bis), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, in parte lo dichiara irricevibile e per la restante parte lo rigetta.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 1.000,00 (mille/00) in favore della Città metropolitana di Roma Capitale ed in euro 2.000,00 (duemila/00) in favore del Comune di Civitavecchia, oltre accessori di legge se ed in quanto dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2020, tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020, convertito con l. n. 27 del 2020, e dall’art. 4 d.l. 30 aprile 2020, n. 28:
Elena Stanizzi, Presidente
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere
Brunella Bruno, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Brunella Bruno)
IL PRESIDENTE (Elena Stanizzi)
IL SEGRETARIO