TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 17 maggio 2021, n. 152
Pubblicato il 17/05/2021
N. 00152/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00122/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 122 del 2021, proposto da
< omissis > S.r.l., < omissis > S.r.l. Unipersonale, < omissis > S.r.l., < omissis > S.r.l., < omissis > S.r.l., < omissis > S.r.l., < omissis > S.r.l., < omissis > S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Paolo Fiorilli, Roberto Brun, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Isabella Passeri in Trieste, via San Nicolo 4;
contro
Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia non costituito in giudizio;
Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Sbisa’, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Trieste, via Donota n. 3;
nei confronti
< omissis > S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Raengo, Pio Rinaldi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pio Giuseppe Rinaldi in Milano, corso Italia n. 68;
per l’annullamento
previa sospensione,
del decreto n.73 del 4.2.2021 della Azienda sanitaria universitaria del Friuli centrale (ASU FC) pubblicato ai sensi dell’art.32, comma 1, della LR FVG n.69/2009 in data 5.2.2021
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale e di < omissis > S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e l’art. 4, comma 1, periodi quarto e seguenti del d.l. 30 aprile 2020, n. 28 (convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70);
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2021, tenutasi da remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams, il dott. Luca Emanuele Ricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Le società ricorrenti domandano l’annullamento del decreto emesso dall’Azienda sanitaria universitaria del Friuli centrale (ASU FC), che ha autorizzato la ditta < omissis > s.r.l. alla produzione, commercializzazione ed uso in ambito nazionale di un manufatto in polipropilene (PP), in sostituzione della cassa di metallo di un feretro, per la tumulazione con trasporto di salme a distanza inferiore a 100 km. Sono dedotti i seguenti motivi:
1.1. Violazione dei principi del federalismo amministrativo attuato con legge n. 59/1997 e decreto legislativo n. 112/1998 in relazione agli artt. 5, 114, 116, 117 co. 3 e 5, 118, 134 Cost, 7 D.Lgs. n. 112/98 e 1 delle preleggi. Illegittimità per carenza di potere regolamentare, perché la possibilità di emanare atti amministrativi, esecutivi di prescrizioni di natura regolamentare, quale deve considerarsi il decreto impugnato, sarebbe venuta meno con la perdita di efficacia del regolamento D.M. 05.07.2011, che fissava in via sperimentale le condizioni per l’autorizzazione dei feretri in polipropilene.
1.2. Violazione dei principi del federalismo amministrativo attuato con legge n. 59/1997 e D. Lgs. n.112/1998 in relazione agli artt. 5, 114, 116, 117 co. 3 e 5, 118, 134 Cost , art.7 D.Lgs. n.112/98 e art.2 D.Lgs. n.126/2005. Incompetenza, perché il decreto impugnato, autorizzando il trasporto entro 100 km anche verso regioni diverse dal Friuli-Venezia Giulia, ha una portata nazionale e risulta lesivo della competenza costituzionale delle altre regioni.
1.3. Violazione dell’art. 7 della legge n. 59/97, del DPCM 26 maggio 2000 (G.U. 11.10.2000 n. 238) All. A lett. c), art. 17 della legge n. 400/88, perché il provvedimento autorizzatorio dell’ASU FC non può trovare fondamento nelle circolari ministeriali n. 361 dell’11.12.2015 e n. 24678 del 13.12.2016, menzionate nell’atto.
1.4. Violazione dell’art.3, comma 2, della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo. Difetto di istruttoria, perché l’autorizzazione all’utilizzo del polipropilene (PP) nella fabbricazione dei feretri doveva essere preceduto da una rinnovata istruttoria, essendo scaduto il precedente atto autorizzatorio (come da precedente di questo Tar n. 275/2019, passato in giudicato).
1.5. Illegittimità della autorizzazione regionale ex art. 31 del D.P.R 10.09.1990, n. 285 a favore della società < omissis > srl per difetto di presupposti di fatto e di legge. Violazione del combinato disposto degli artt. 30 e 31 del DPR n. 285/1990, perché non sarebbero note le risultanze della sperimentazione sull’uso del polipropilene, materiale che – come risulta dallo studio prodotto – presenta diverse criticità nell’utilizzo cimiteriale.
2. L’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale, con memoria del 06.05.2021, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e di legittimazione ad agire. Le ricorrenti agiscono infatti nella qualità di “produttrici di cofani di zinco conformi alle prescrizioni tecniche del DPR 18.09.1990, n. 285 (…)”, a tutela di un interesse anticoncorrenziale, del tutto diverso da quelli alla cui tutela è volta l’autorizzazione contestata e le norme che disciplinano il relativo potere. Ugualmente, le ricorrenti non hanno adeguatamente rappresentato il proprio interesse ad agire, che non può essere costituito dalla potenziale lesione economica derivante dall’ingresso nel mercato di un nuovo prodotto. Nel merito, l’amministrazione ha concluso per l’infondatezza del ricorso.
3. La controinteressata < omissis > srl ha parimenti eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ed interesse ad agire, sulla base di argomentazioni corrispondenti a quelle dell’amministrazione resistente e concluso per l’infondatezza del ricorso.
4. Con note d’udienza, le ricorrenti hanno replicato osservando che le questioni di inammissibilità sollevate in via preliminare sono state respinte dal Tar Lazio, dal Consiglio di Stato e dal precedente del Tar Friuli e risultano pertanto coperte dal giudicato interno. In ogni caso, le ricorrenti non agiscono a tutela di un interesse anticoncorrenziale (non vi sarebbe un problema di concorrenza tra prodotti di diverso materiale e caratteristiche), ma nell’interesse generale, “a garanzia per tutti del corretto esercizio da parte della Pubblica Amministrazione dei propri poteri in subiecta materia”.
5. Nella camera di consiglio del 12.05.2021 le parti hanno discusso come da verbale.
6. Il giudizio viene definito nel merito all’esito della trattazione dell’istanza cautelare ai sensi dell’art. 60 c.p.a., come espressamente consentito dalla legge (art. 25, comma 2, d.l. 137 del 2020) anche nel contesto del processo c.d. da remoto.
7. Deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sotto il profilo della carenza di legittimazione a ricorrere delle società ricorrenti.
7.1. Rispetto alla questione, contrariamente a quando affermato dalle società ricorrenti nelle proprie note d’udienza, non può invocarsi l’autorità del giudicato formatosi sulle pronunce Tar Friuli-Venezia Giulia, 17 giugno 2019, n. 275 (R.G. 87/2019), Tar Lazio, sez. III quater, 28 febbraio 2013, nn. 2174 e 2175, Cons. St., sez. III, 2 luglio 2014, n. 3323, né sottoforma di “giudicato interno” (menzionato dalle ricorrenti), che è solo quello formatosi nel corso del medesimo procedimento, in un diverso grado di giudizio o per effetto di una pronuncia non definitiva, né di “giudicato esterno”.
7.2. A quest’ultimo riguardo, si rileva che non possono discendere effetti preclusivi all’esame della questione (ex art. 2909 c.c.) da sentenze pronunciate tra parti diverse e in relazione a differenti provvedimenti. Nei giudizi decisi dal Tar del Lazio e dal Consiglio di Stato, aventi ad oggetto l’impugnazione dell’atto regolamentare (il D.M. 05.07.2011) l’amministrazione resistente è il Ministero della Salute; nel precedente del 2019 di questo Tar, che ha annullato il decreto di rinnovo dell’autorizzazione concessa alla ditta < omissis > spa, ha resistito la Regione Friuli-Venezia Giulia. Divergono, altresì, rispetto al presente giudizio, le parti ricorrenti e i motivi di impugnazione dedotti. Sotto altro profilo, un giudicato esterno non sarebbe comunque invocabile con riferimento a questioni di mero rito, quali sono quelle relative alle condizioni dell’azione (Cass. civ., sez. lav., 16 settembre 2015, n. 18160).
7.3. Alle decisioni menzionate non può riconoscersi nemmeno un’efficacia meramente persuasiva, per quanto attiene al dovere – comunque non vincolante giuridicamente – di uniformità decisoria e coerenza argomentativa rispetto ad altri precedenti analoghi dello stesso o di altri Tribunali. Infatti, nel giudizio di cui alla sentenza Tar Friuli-Venezia Giulia, 17 giugno 2019, n. 275, conclusosi con l’accoglimento del ricorso, l’amministrazione resistente e la controinteressata hanno argomentato nel merito senza sollevare alcuna questione preliminare di ammissibilità. Nei precedenti del Tar Lazio e del Consiglio di Stato, invece, le eccezioni di inammissibilità del ricorso non sono state esaminate per motivi di economia processuale, a fronte della manifesta infondatezza nel merito delle censure svolte.
8. Venendo alla sostanza dell’eccezione, le società ricorrenti, nella qualità di “produttrici di cofani di zinco conformi alle prescrizioni tecniche del DPR 18.09.1990, n. 285 recante approvazione del regolamento di polizia mortuaria, (artt. 30 e 31) e di certificazione UNI 11520 commercializzati in tutto il territorio nazionale” non sono legittimate ad impugnare il provvedimento di autorizzazione all’uso di un determinato materiale, rilasciato ad altra società operante nel medesimo settore dei prodotti e materiali funerari, perché non rivestono una posizione qualificata rispetto a tale atto.
8.1. L’autorizzazione contestata è stata infatti emanata nell’esercizio di un potere riconosciuto all’ASU FC a tutela di interessi generali di natura sanitaria, all’esito di un procedimento finalizzato a verificare l’idoneità del materiale “ad assicurare la resistenza meccanica e l’impermeabilità del feretro” (art. 31, D.P.R. 285 del 1990). Il provvedimento non coinvolge le odierne ricorrenti, né appare idoneo a ledere direttamente la loro posizione, con la conseguenza che le stesse non rivestono la qualità di soggetti controinteressati, legittimati all’impugnazione.
8.2. Priva di pregio è l’affermazione secondo cui le società agirebbero “a garanzia per tutti del corretto esercizio da parte della Pubblica Amministrazione dei propri poteri in subiecta materia”, non essendo ammissibile che enti privati, con scopo lucrativo, possano farsi rappresentanti di un interesse di natura generale. Si tratterebbe, peraltro, di un interesse alla “buona amministrazione” in materia di regolamentazione del settore mortuario, privo di cittadinanza nel contesto di una giurisdizione amministrativa di carattere soggettivo, deputata cioè alla tutela di situazioni giuridiche facenti capo direttamente a chi agisce in giudizio.
8.3. L’unico elemento realmente “individualizzante”, idoneo a circoscrivere e connotare la posizione delle odierne ricorrenti rispetto alla generalità dei soggetti, è il loro far parte del medesimo settore merceologico, con conseguente interesse ad impedire che, per effetto dell’autorizzazione all’uso di nuovi materiali, venga incentivata la concorrenza e stimolato l’ingresso di nuovi operatori nel mercato. Sono però proprio le stesse società a disconoscere il rilievo dell’interesse anticoncorrenziale quale fattore legittimante, affermando che “nel caso che ci occupa non si pone un problema di concorrenza (sarebbe come dire che c’è concorrenza per il vetro e la plastica nei bicchieri e nelle bottiglie)”. In ogni caso, il Tribunale rileva che un siffatto interesse non potrebbe comunque fondare la legittimazione delle società ricorrenti, non essendo quello alla cui tutela è preposto l’atto impugnato (si veda Tar Friuli-Venezia Giulia, 27 ottobre 2020, n. 374). Le norme che disciplinano il rilascio dell’autorizzazione all’uso di materiali alternativi allo zinco, a partire dall’art. 31 del D.P.R. 285 del 1990, perseguono infatti un interesse di natura sanitaria, come evincibile dal chiaro dettato normativo e dall’attribuzione del relativo potere ad autorità preposte alla tutela della salute (Ministero della salute e, in ambito regionale, Aziende sanitarie).
9. Il ricorso deve pertanto dichiararsi inammissibile per difetto di legittimazione attiva.
9.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna le ricorrenti a rifondere all’amministrazione resistente e al controinteressato le spese del presente giudizio, che liquida per ciascuna parte in € 1.500,00, oltre spese generali e accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2021, tenutasi da remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams, con l’intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Manuela Sinigoi, Consigliere
Luca Emanuele Ricci, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Luca Emanuele Ricci)
IL PRESIDENTE (Oria Settesoldi)
IL SEGRETARIO